Fragilità Scottanti

Infermeria Takeshi Morachi

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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Il buio regnava sovrano nella mia mente. Non pensavo, non vedevo, non parlavo, non mi muovevo. Ero.. morto?
    Mi trovavo al preludio degli inferi?
    No. Era soltanto la prima volta che svenivo dal dolore. Era come dormire in un sonno profondo per alcuni minuti, forse addirittura secondi. Riaprii gli occhi a suon di schiaffi da parte di Zaraki. Lentamente cercavo di riprendere conoscenza mentre la testa mi girava e il Jonin mi urlava in faccia. La situazione sfuggeva al mio controllo.
    La prima sensazione fu l'atroce dolore al petto ancora presente, lo stesso dolore si percuoteva in diverse zone del corpo. Dalle gambe alle braccia, alla schiena e su piccole ma varie zone del busto. Insomma.. quel magma era stato la mia rovina. Un'abilità impressionante tanto quanto distruttiva. Erano infinite le cose che permettevano di fare le Kekkai Genkai, mai avrei pensato una cosa del genere prima di quel giorno. Quel ragazzo oltre ad aprirmi le ferite (O a scioglierle, dipende dal punto di vista) mi aveva anche aperto gli occhi su ciò che potevano diventare davvero gli shinobi: delle terribili armi da guerra!
    E la cosa mi faceva ribollire il sangue più del magma stesso che mi aveva sciolto il corpo. La possibilità di confrontarmi con ninja sempre più forti e vari mi estasiava. Era un motivo in più per diventare sempre più forti e accrescere le proprie abilità guerrigliere. Ciò mi indusse a pensare e a ripensare alla manipolazione ossea; dovevo migliorarne il controllo e la distruttività ancora di più!
    Ma prima di ciò dovevo pensare a rimettermi in sesto, le ferite che portavo non sembravano una roba da poco.


    - SEI UN MALEDETTO COGLIONE! TI SEI FATTO PRENDERE A CALCI IN CULO COME UN BAMBINO DI CINQUE ANNI! E ORA MI STAI FACENDO PERDERE TUTTO QUESTO TEMPO IN QUESTO CAZZO DI OSPEDALE!! -

    Zaraki era più arrabbiato del solito, tanto che tutta la clinica sentiva le sue urla, rendendomi parte di un piccolo teatrino di cui ero il protagonista.


    - Puoi smetterla di schiaffeggiarmi *coff* *coff* sono sveglio.. -

    Mi ritrovai seduto per terra, appoggiato su una parete della sala attesa dell'infermeria della roccia. Il bruciore che mi coceva lentamente il corpo non abbandonava neppure per un attimo la morsa sulle mie carni. In quel momento gli schiaffi del Jonin non mi facevano neppure il solletico, provocandomi soltanto del fastidio che per fortuna finì presto.

    - AVEVAMO DETTO SENZA ROTTURE DI PALLE, TI RIICORDI?! E INVECE MI STAI BLOCCANDO QUI' TUTTA LA GIORNATA!!! -

    - Scusami, mi farò perdonare in qualche modo... -

    Non avevo voglia di discutere in quel momento, cercavo di calmarlo in qualche modo con la speranza che ci riuscissi in fretta. Se solo l'avessi contraddito per un secondo, le sue urla sarebbero arrivate fino a Kiri. La testa mi stava scoppiando. Dannata irascibilità.
    Ferite da liquefazione.


    Edited by _Akito - 15/5/2017, 19:59
     
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    Il ragazzo non era in codice rosso seppur il suo caso fosse abbastanza grave. Era stato sistemato su una barella e sistemato in un angolo della sala di attesa, lui come altri sfortunati che, se possibile, se la passavano tra la bell'e meglio. Chi a contorcersi sulle sedie, circondati da parenti, chi, ancora sconvolto, tentava di raccontare agli infermeri che cosa gli fosse successo. Chi se ne stava immobile su di una barella, piangendo, gemendo o semplicemente dormendo. Sperando che dormisse. Senza che neanche se ne fossero accorti, ad ognuno dei pazienti trasportati d'urgenza al pronto soccorso era stato infilato un bracciale bianco a polso; lo stesso riportava un codice numerico. Uno ad uno, i pazienti venivano presi dalla sala d'attesa e smistati nei vari reparti dell'ambulatorio di Iwa. Stessa sorte toccò al ragazzo dai capelli grigi, forse uno dei casi più gravi a trovarsi lì in quel frangente. Tre infermieri maschi, dopo aver avuto indicazioni da una ragazza in camicie e mascherina bianca che reggeva un grosso registro, si avvicinarono alla barella. Il ragazzo era sveglio ma l'uomo chinato su di lui stava facendo un gran baccano. Il modo in cui si rivolgeva al giovane era oltremodo sconsiderato e, per questo, i più alti dei due infermieri si frapposero tra lui e la barella. Ciò che arrivava al ragazzo erano voci lontane, ma ciò che vide, seppur malamente, fu come i due in camicie verde allontanavano Zaraki. La sua presenza non era gradita, le sue urla avrebbero potuto agitare gli altri pazienti. L'infermiere più bassino aveva afferrato l'estremità destra della barella, cominciando a spostarsi oltre la grossa porta che portava ai corridoi. Afferrate le altre estrmità del mezzo, i tre si precipitarono in una corsa verso il reparto chirurgico. Parlavano tra di loro, uno che non reggeva la barella stava tentando di prendere la pressione del ragazzo dal braccio, poi sondava i suoi riflessi oculari con una torcia mentre la mano inguantata apriva e chiudeva le palpebre. La corsa sembrò forse durare un'eternità al ragazzo ma si concluse in fretta. La sala operatoria era un luogo silenzioso e cupo. Dalla barella, Takeshi fu posizionato su un tavolino dove l'operazione si sarebbe svolta. Ma non era ancora il momento. I tre infermieri restarono lì fino al sopraggiungere di altre persone. Due infermiere, un ragazzo con un registro di foglil in mano e un uomo grosso e alto, dallo sguardo di ghiaccio. Con la mascherina già sul volto, il cappellino dello stesso materiale in testa e i guani in lattice, verdi, si chinò sul ragazzo.

    Situazione?

    Domandò semplicemente. Gli rispose uno degli infermieri che avevano portato il ragazzo lì. Velocemente, mentre quello coi fogli annotava ogni cosa. Nel mentre, gli occhi del dottore sondavano il corpo del ragazzo che, grazie alle due infermiere, fu sposgliato dei propri vestiti, o meglio, di ciò che ne rimaneva.

    Pressione piuttosto bassa. Risponde agli stimoli esterni ma sta di nuovo perdendo conoscenza.

    Queste qui sono ustioni molto più gravi di quelle normali. Sembra siano state provocade da fuoco solido.

    Magma, professore?

    Lui si voltò verso l'infermiera alla sua sinistra. Ciufetti biondi spuntavano da sotto la retina per capelli, asettica.

    Magma.

    Convenne, chinandosi verso il ragazzo. Alzò la voce, puntando lo sguardo proprio su di lui. Finché era in grado di capire, avrebbe potuto aiutarli.

    Ragazzo, il tuo nome? Che cosa ti è successo?

    Quasi urlava nel tentativo di farsi sentire da Takeshi. Nel mentre, i tre infermieri che lo avevano portato in sala operatoria sparirono e, le altre due, colleghe del dottore, iniziarono subito a posizionare gli strumenti sul tavolo, sterilizzandoli. Sarebbe stata una lunga operazione, le condizioni del ragazzo sembravano piuttosto gravi.


    Edited by Kerberotte - 14/5/2017, 11:22
     
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    Era la seconda volta che venivo costretto all'infermeria per gli ingenti danni ricevuti. Ed era anche peggio della prima, la lava di quel tizio era dannatamente pericolosa, scioglieva le carni fino a portarle all'osso, causando un bruciore e un dolore fuori dal comune. Fortunatamente non passò molto da quando gli infermieri mi vennero a prelevare, controllarono il numero del braccialetto che portavo al polso, un braccialetto che non mi ero neanche accorto di avere. Zaraki venne allontanato da me e dall'ospedale in generale, le sue urla continuavano a rimbombarmi nella testa nonostante fosse lontano. I miei sensi erano a farsi fottere in quegli attimi, la vista era offuscata mentre i suoni riflettevano lunghi e acuti nei miei timpani. Non riuscivo a distinguere bene cosa stesse succedendo. Dovevo essere disteso sopra qualcosa che si muoveva, provai a scrutare la mia destra, muovendo lentamente la testa nella direzione desiderata. Vidi solamente una figura maschile vestita di verde, poi il mio sguardo tornò sul tetto bianco e infinito prima che uno di quei dottori mi aprisse le palpebre per inondarmi le iridi con una forte luce giallastra. Non mi venne neanche l'istinto di chiudere gli occhi, la stanchezza accumulata oltre al dolore mi faceva venire una sonnolenza prepotente.
    Possibile che quel ragazzo mi avesse provocato così tanta agonia? Era questo che avevo provocato io stesso a tutti i miei avversari sconfitti fino a quel giorno? La cosa non era di certo piacevole, probabilmente ero il ragazzo più odiato al mondo per gli allenamenti. Ma la cosa non mi toccava più di tanto, infondo era questo ciò che mi meritavo per la mia mancata forza contro Kenji. Non ero stato abbastanza veloce da evitare il suo magma, e neanche abbastanza forte da metterlo al tappeto prima che potesse colpirmi. La colpa era soltanto mia, mi aveva battuto sul fisico ma non nella mente. Sarei diventato più forte e più veloce e avrei avuto la mia rivincita, costi quel che costi!
    I miei pensieri vennero meno non appena fui alzato dalla barella per passare su un tavolino freddo come il ghiaccio. Solo in qell'istante mi accorsi malamente di essere in una stanza buia, con dei riflettori puntati in tutto il corpo.
    Delle figure attorno a me parlavano di qualcosa, non mi sforzai neanche di ascoltare poiché non mi interessava più di tanto in quel momento, volevo solamente guarire in fretta.
    Dannati, sbrigatevi a fare qualcosa!
    I ninja medici erano famosi per i loro jutsu curativi, ma perché allora perdevano tanto tempo?
    Qualcuno mi tolse i resti dei vestiti che coprivano busto e gambe, poi un signore con una msacherina, probabilmente dottore, si avvicinò più del dovuto al mio viso, urlandomi più e più volte delle parole.


    - Ragazzo, il tuo nome? Che cosa ti è successo? -

    - T-takeshi... Morachi... -

    Sforzai le labbra e le corde vocali per far si che le parole uscissero il più chiaro possibile. Ma non era tutto, mi aveva chiesto qualcos'altro. Mi dimenai nel posto dal dolore mentre cercavo di mettere sopra un discorso sensato.

    - Uno scontro.. lava liquida... mi ha...-


    Strinsi i denti dal dolore che improvvisamente si era fatto più forte del normale. Che stava succedendo?! Il petto sembrava ancora immerso in quell'orribile e terrificante lava rossastra.


    - ..colpito!.. Aaargh! .. -


    In quel momento odiavo a morte Kenji, la sua lava e persino Zaraki che aveva accettato di accompagnarmi in quel posto del cazzo.
     
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    Lava liquida, dobbiamo intervenire immediatamente. Preparatevi.

    Il medico lanciò un'occhiata alle due infermiere che prontamente risposero. La prima eseguì il sigillo della Pecora, cominciando ad impastare il chakra. Il medico si poggiò per un attimo sul lettino, in pensiero. Nel mentre, la seconda infermiera preparava l'anestesia. Poggiò la maschera respiratoria trasparente, collegata ad una macchina attraverso un tubo, fissando negli occhi il ragazzo che si agitava dal dolore. Takeshi ricordava ciò che aveva vissuto e le poche informazioni erano più che sufficienti per il dottore.

    Takeshi, mi senti?

    Con tono dolce ma concitato, l'infermiera tentò di attirare l'attenzione del ragazzo. E intanto il gas stava già facendo effetto.

    Contiamo da cento a scendere. Cento. Novantanove. Novantotto. Novantaset-

    Il ragazzo si addormentò al novasette. Soddisfatta, l'infermiera lo liberò dalla maschera, poggiandola sul tavolo degli strumenti. Nel mentre, l'altra infermiera era pronta e anche lei eseguì il sigillo della Pecora, richiamando il chakra. E il dottor Yakushi era pronto per dare indicazioni.

    Cominciate con l'idratare la zona mentre rimuovo la lava. E' importante che mi veniate dietro, mentre la rimuovo dagli organi dovete idratarli per evitare che si logorino. E' salvabile ma non dobbiamo lasciare che la lava si solidifichi. Siete pronte?

    Un cenno affermativo e l'operazione cominciò.



    Per ore ed ore, i tre si impegnarono per rimuovere tutta la lava e ridratare gli organi. La fortuna del ragazzo fu l'avere delle ossa incredibilmente resistenti e spesse. La gabbia toracica lo aveva salvato. In ogni caso, i tre avevano fatto un ottimo lavoro e Takeshi Morachi poteva dirsi salvo. Solo una cicatrice gli era rimasta: una macchia grande quanto il palmo di una mano sotto il pettorale sinistro, leggermente spostata verso il centro. Era tutto ciò che sarebbe rimasto al ragazzo. Quello e un affaticamento momentaneo. Se l'era vista brutta. Dopo l'operazione, era stato spostato in rianimazione, in una sala singola. Una stanza quasi vuota, se non fosse stato per un tavolo e una televisione piccola, in un angolo alto. Era accesa ma il volume era così basso da poter essere sentito appena. Dalla finestra della clinica, un paesaggio buio risplendeva silenziosamente. Era notte.
    Fu allora che un'infermiera raggiunse il ragazzo che si svegliò in quel momento. Vestito di un camicie leggero, bianco, con una flebo al braccio, per nutrirlo. Era infilato sotto sottili coperte di lino.

    Ben svegliato, Takeshi. Come ti senti?

    Gli domandò con un sorriso. Si fermò ai piedi del letto, con una cartella sottobraccio. Al momento, l'accompagnatore del ragazzo li stava raggiungendo. Il tempo di accertarsi che il giovane shinobi stesse bene per lasciarlo andare.
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Una mascherina respiratoria mi venne poggiata su tutta l'estremità inferiore del volto, coprendo naso e bocca. Nel frattempo qualcosa cominciò ad entrare dentro i miei polmoni tramite le vie respiratorie di cui disponevo. I miei occhi erano fissi sull'infermiera biondina che si stava occupando di somministrarmi l'anestetico. Il viso delicato e gli occhi azzurri come il cielo, profondi come il fondo di un oceano. Altro non mi era concesso vedere per via della mascherina bianca che gli copriva parte della faccia. Il camice verde e i capelli raccolti, sotto una retina per, appunto, i capelli. Bisbigliò qualcosa, il mio udito captò le parole ma la mia mente era già altrove, chissà in quale mondo dei sogni. L'unica cosa che ricordai poco prima di crollare furono gli occhi azzurrini della ragazza. Poi il buio totale. La stessa sensazione di quando persi i sensi poco prima di arrivare all'ospedale, con la differenza che la seconda fu più piacevole e meno dolorosa. Il dolore e il bruciore nelle zone colpite era sempre presente ma fortunatamente la presenza del chirurgo mi rilassava. Dovevo solamente resistere qualche minuto, o qualche ora, poi tutto sarebbe passato.
    La mia soglia di resistenza al dolore era molto alta, era difficile mettermi in crisi ma quella cazzarola di lava era fin troppo calda, troppo dolorosa per chiunque. Potevi sentire il tuo corpo sciogliersi a pezzi come la cera di una candela accesa a fiamma alta. Kenji.. non avrei di certo dimenticato il suo nome.



    Mi svegliai con la parlantina della giornalista che stava esponendo il telegiornale, parlando di una frana avvenuta non molto lontana dal villaggio. Fortunatamente non v'erano stati danni gravi o comunque ingenti da causare vittime di alcun tipo, solamente strade da riparare e montagne da sistemare. Il volume della televisione era di certo basso, ma il mio udito riusciva a captare quei suoni alla perfezione, chiarendo e scolpendo ogni singola parola nella mia mente. Aprii gli occhi e i cenni di un leggero mal di testa si fecero presenti. Mi trovavo in una delle tante stanze della clinica, un camice bianco e un filo attaccato all'avambraccio sinistro. I dolori erano scomparsi, persino il bruciore atroce che sembrava infinito. Ero guarito ma non mi accorsi della cicatrice che mi era rimasta al petto come segno indelebile della battaglia, o della sconfitta per chi preferisce.
    Una nuova infermiera entrò nella stanza, capelli lunghi castani, occhi del medesimo colore e la carnagione leggermente scura. Poteva sembrare la solita montagnola se non fosse per i lineamenti sottili e il fisico snello e slanciato.


    - Ben svegliato, Takeshi. Come ti senti? -

    - Abbastanza stonato. Ho un leggero mal di testa, ma nulla di più. Grazie per l'interesse. -


    Risposi con sincerità, usando i modi cortesi che mia madre mi aveva insegnato. Dopodiché cercai di alzarmi dalla posizione supina, spostando le coperte e mettendomi seduto nel letto, rivolto verso la ragazza. Poco dopo notai dei vestiti sopra la sedia accanto la scrivania, maglietta e pantalone bianchi, con tanto di sandali. I miei vestiti si erano sciolti e avrei dovuto affrontare il viaggio di ritorno sembrando una specie di infermiere. Sul tavolo invece era presente il mio equipaggiamento e sembrava esserci proprio tutto.

    - Quando potrò tornare a casa? -

    Mi rivolsi all'infermiera che sembrò consenziente nel permettermi di abbandonare l'edificio seduta stante. Pochi minuti dopo entrò il famigerato e irascibile Zaraki. Era più calmo del solito e ne approfittai per cominciare il discorso delle scuse.

    - Zarak-

    - Zitto! Non dire una parola, sbrigati e andiamocene. -
     
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    L'infermeria sorrise, rincuorata nel sentire come Takeshi si fosse realmente. Aveva ascoltato la sua domanda e risposto poco dopo, non aveva avuto difficoltà a forumlare e pronunciare una frase di senso compiuto. Più che stanco non poteva essere. Conclusione? A parte una cicatrice che non sarebbe più scomparsa dal suo petto, si sarebbe ripreso in fretta.

    Il medico che ti ha curato ha fatto un ottimo lavoro. Dovrai solo stare a riposo per un po', magari compra un unguento per le scottature, giusto per idratare un po' la pelle.

    La giovane fissò il ragazzo che, senza aggiungere chissà cosa, forse giusto sforzandosi un pochino, si mise a sedere sul letto. Lanciò un'occhiata ai vestiti che gli erano stati dati (i suoi erano inutilizzabili) e agli effetti personali che erano stati disposti accanto a lui. La donna si avvicinò di un passo, titubando per un secondo. Avrebbe detto al ragazzo di non fare sforzi, di sedersi, ma stava bene, si vedeva. E le sue condizioni erano abbastanza buone da permettergli di non dover tracorrere la notte in osservazione. Infatti, dai gesti del grigio era chiaro quanto volesse andarsene. Infatti, la domanda che le porse non stupì l'infermiera.
    CITAZIONE
    Quando potrò tornare a casa?

    Di nuovo, la donna sorrise, congiungendo le mani tra loro davanti al grembo. Il suo sguardo la raggiunse e lei sospirò leggermente.

    Anche adesso, se vuoi. Come dicevo, le tue condizioni sono stabili e gli organi non sono stati intaccati. Potresti giusto sentirti un po' debilitato per qualche giorno, ma conun bel po' di riposo tornerai come nuovo!

    Spiegò con un sorriso. E proprio in quel momento l'accompagnatore del ragazzo fece irruzione nella stanza. Non sembrava affatto contento che si fosse ripreso.
    CITAZIONE
    Zarak-

    Zitto! Non dire una parola, sbrigati e andiamocene.

    L'infermiera guardò storto l'uomo, senza paura alcuna. Non apprezzava affatto quel comportamento ma, più che manifestare fisicamente il suo disappunto, non avrebbe potuto dire altro. Ciò che competava la relazione tra i due non le doveva interessare.

    Ricorda, Takeshi, per un po' devi stare a riposo.

    Commentò più severamente l'infermiera, lanciando un'occhiata gelida verso Zaraki. Voleva fargli capire il concetto, ovvero di non dover tormentare qualcuno che ha rischiato di finire davvero male. E verso Takeshi, infine, sorrise, lasciando la stanza. Il suo lavoro era finito.

    Hai la cicatrice permanente che puoi aggiungere in scheda, come descritta nel mio post prima. Puoi prenderti 30 exp. Attendo exp anche io :soso:
     
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    30 anche per te.
    Grazie kerbabbina
     
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