Mai voltare le spalle alla famiglia

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    "Chi sia io non è importante - è il mio messaggio ad esserlo."

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    Una Famiglia Speciale



    Non ero mai stato particolarmente affezionato a mio padre, il suo stile di vita non rendeva felice mamma e nemmeno me, tornava sempre a casa ubriaco, non ha mai picchiato mamma, non era un uomo violento, ma aveva dei modi di fare che, per quanto potessero andar bene sul lavoro, non andavano bene in famiglia.
    Ricorderò sempre una sera di febbraio in cui, non appena tornato a casa, mio padre andò in cucina e cominciò ad urlare in faccia a mia madre cose molto brutte e che la colpa di tutto quello che stava succedendo era colpa sua, che era per colpa sua se adesso dovevamo vivere in quel modo e non potevamo andarcene...poi si girò verso di me e mi afferrò per un braccio e mi strattonò, dicendomi che ero stato la sfortuna della famiglia.
    Io ero già grandicello, avevo 18 anni, e risposi a gli strattoni dandogli una spinta e gettandolo all'indietro, egli sbattè contro la mensola del salotto e cadde a terra.

    Come ti permetti ragazzino! Sono tuo padre!!

    E allora smettila di urlare alla mamma che non ha colpe, sei tu che sei un criminale!

    Esclamai con risolutezza, mamma non lo aveva mai affrontato direttamente, toccava a me.

    Povero stupido, pensi davvero che tua madre non abbia colpe? EH? Povero stupido..

    Adesso basta Albert!

    Intervenne mia madre

    Vattene e torna quando ti sarai calmato, e lascia in pace Klaus, lui non ha colpe..

    No...l'unica colpa è tua che non hai voluto abortire! E quando tutti sapranno che è figlio tuo, lui...lui verrà a cercarlo, e tu lo sai!

    Adesso basta! Vattene!

    A quel punto mio padre uscì di casa, e così com'era entrato, sbattè la porta dietro di se.
    Mia madre mi abbracciò, cercando di rassicurarmi, ma le parole di mio padre mi erano entrate in testa, a cosa si riferiva?

    Cosa voleva dire papà con quelle parole?

    Nulla tesoro, non voleva dire nulla, solo delle stupidaggini che non ti riguardano, tranquillo..

    No non è così! Chi è questo "Lui" di cui parlava? E perchè ce l'ha con te?

    Ho detto che sono sciocchezze senza importanza, adesso basta parlare di questo, non è nel il luogo ne il momento.


    Cercai di ribattere, ma lei si girò e se ne tornò in cucina a finire di preparare la cena, io mi diressi verso la mia stanza e dopo pochi minuti tornai giù e notificai a mia madre che sarei uscito e non ci sarei stato per cena, ma prima che potessi aprire bocca, la sentii piangere, non avevo mai sentito mia madre piangere, fu un colpo non da poco.
    Quella sera non tornai a casa, se non a tarda notte, avevo passato la sera a bere in un locale chiamato "Il Drugo" e dopo qualche birra di troppo tornai a casa un po traballante, la notte era scura e piovosa, l'illuminazione artificiale della città non era il massimo in quella zona di Ame, e la luna era totalmente coperta dalle nuvole.
    Il mio equilibrio era precario, e mentre cercavo di reggermi in piedi, sentii le forze che mi abbandonavano.
    D'un tratto, le mie gambe smisero di rispondere, ed io caddi all'indietro, di schiena, sdraiandomi sul cemento della strada, guardando il cielo e sentendo le gocce di pioggia cadermi sul viso, era una bella sensazione, forse anche grazie all'alcol.

    !!!!



    In un istante, fui colpito da un emicrania fortissima, come se qualcuno ti stesse trivellando il cranio con un trapano elettrico.
    Mi portai le mani alla fronte e cercai di trattenere un urlo, un urlo che però fuoriuscì selvaggiamente nel silenzio della notte, interrotto solo dal suono della pioggia che picchietta sul cemento.
    Nella mia testa si susseguirono immagini confuse, paesaggi strani e strane figure che non avevo mai visto, nulla di ben definibile però.
    Finì tutto in pochi secondi, e mi ritrovai ad osservare la luna, che adesso si era scoperta dalle nubi che la proteggevano, ed è di nuovo calma.



    Edited by Revan - 27/3/2017, 17:34
     
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    Il Funerale



    Durante la notte, ripensai a quelle immagini che avevo visto nella mia mente, non c'era nulla di chiaro o di ben definibile in esse, solo grandi macchie bianche, grigie e talvolta luminose, era durato tutto solo pochi secondi, non ero in grado di dire cosa avessi visto, ma sapevo che non era colpa dell'alcol, molte altre volte avevo alzato troppo il gomito, ma mai mi era accaduto di avere simili postumi.
    La notte passò veloce, mi risvegliai che in casa non c'era nessuno, saranno state le 11 circa, non avevo nulla da fare quel giorno, quindi me la presi comoda.
    Nei giorni precedenti, mio padre mi aveva intimato di trovarmi qualcosa da fare, una specie di lavoretto, giusto per mascherare il fatto che a 19 anni non facessi ancora nulla, ed in effetti aveva ragione, la mia vita non aveva una direzione ben precisa, avevo riflettuto sul darmi alla carriera da ninja, era in effetti l'unica opzione che avevo.
    Mia madre era restia all'inizio, non credeva che una carriera volta alla protezione del villaggio fosse la cosa migliore per me, ma anche lei comprendeva che non ci fossero molte porte aperte che non sfociassero nell'illegalità per un giovane uomo qui ad Ame, avrebbe fatto di tutto per tenermi lontana dalla vita che conduceva mio padre.
    La giornata non mi riservò nulla di particolare, e nemmeno i giorni a venire furono particolarmente interessanti, in casa c'era un clima teso, come sempre, mio padre mi voleva bene di questo ne ero sicuro, ma a volte tornava a casa ubriaco e non dosava bene le parole, come l'altra volta.

    Driin...Driin...Driiiiin

    Arrivo arrivo!

    Ricorderò per tutta la vita quella sera, erano le 22 circa, fuori diluviava, mia madre stava pulendo i piatti della cena ed io era al piano di sopra ad ascoltare della musica nelle cuffie, il volume era piuttosto basso, questo mi permise di udire il campanello di casa suonare, e mia madre rispondere.
    Non mi scomposi, immaginavo fosse mio padre che tornava a casa dal bar, quindi rimasi in camera.
    Non udii la conversazione che ci fu al piano inferiore, poichè alzai il volume delle cuffie e mi distesi sul letto, aspettando il momento buono per scendere, ovvero quando papà si mette in poltrona con la sua birra, il momento migliore per avvicinarsi.
    Dopo pochi minuti, mia madre salii e bussò alla porta, non udendo risposta, la aprì, io indossavo le cuffie e non la sentii bussare, quando la vidi aprire me le levai e le chiesi cosa volesse, la sua faccia era un misto di sconforto e paura, le lacrime le cadevano dalle rosee guance come un ruscello in piena, cosa poteva essere successo?

    Mamma, che succede? Che hai?

    Tesoro...non so come dirtelo...è venuto un uomo poco fa, un ninja del villaggio, mi ha detto che hanno trovatoil corpo di papà, è morto.

    Il mio cuore si fermò per un attimo, il mio sguardo si perse nel vuoto degli occhi di mia madre, non poteva essere vero, papà?

    Cosa..? Ma sei sicura? Forse c'è un errore mamma.

    No tesoro..

    Esclamò lei, venendo ad abbracciarmi.

    Papà era noto ai ninja del villaggio, lo hanno riconosciuto subito, mi dispiace..

    Non piansi, forse mamma si aspettava che lo facessi, ma non fu così, gli volevo bene questo è vero, ma gli avvenimenti degli ultimi tempi ci avevano allontanato non di poco.

    Si sa com'è successo?

    Non serve che tu conosca tutti i particolari tesoro..

    Non un bambino mamma, dimmelo..

    Un kunai nella schiena...è stato accoltellato alla schiena più volte, il ninja che è passato prima mi ha detto che secondo lui è stato per dei debiti di gioco non pagati.

    Tipico suo..

    La notte passò funesta, tra i pianti di mia madre nella sua stanza ed il mio risentimento verso quell'uomo che ci aveva abbandonati, risentimento misto ad un sentimento di amore che non potevo evitare di considerare, ma non potevo nemmeno evitare di pensare che se la fosse andata a cercare, contraendo debiti con persone con le quali non avrebbe dovuto avere nulla a che fare, membri della malavita.
    L'indomani ci fu subito il funerale, esso si tenne nella chiesa vicino casa, una piccola chiesa ricostruita dopo la Grande Guerra di 30 anni fa, nulla di speciale, poteva contenere al massimo 100 persone, ma quel giorno, in quella sagrestia, il numero delle persone che vennero per rendere omaggio a mio padre era di 7, io, mia madre, e quattro suoi amici di bevute che frequentavano assieme a lui il bar chiamato "Il Drugo", quando chiesi loro se sapevano qualcosa di quello che era successo, tutti e quattro negarono, dicendosi estranei ai giri di mio padre nella malavita.
    La celebrazione fu uno strazio per mia madre, non mi aveva mai raccontato come lei e papà si erano incontrati, ne quando si fosse sposati, ne dove..in effetti non sapevo nulla di loro prima che nascessi io, ma adesso non era più il momento di chiederlo.
    Dopo il funerale, mamma diventò più schiva, cominciò ad uscire meno di casa, cominciò a guardarsi più spesso le spalle quelle poche volte che lo faceva, come se temesse di essere inseguita.
    Dopo la morte di papà, mia madre mi chiese di limitare le mie uscite di casa, di non farmi vedere troppo in giro e di mantenere la copertura dell'adozione.
    Quale copertura dell'adozione? Bhe, è un altra storia.
     
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    I'Uomo con l'ombrello rosso



    Igiorni passarono interminabili quella settimana, le ore sembravano pesanti come macigni, e la mancanza di un qualcosa che mi tenesse impegnato favoriva il divagare della mia mente verso quella notte, la continua ricerca di una risposta alla sua morte, che nella mia testa era inevitabilmente collegata a quello che era successo pochi giorni prima..


    CITAZIONE
    No...l'unica colpa è tua che non hai voluto abortire! E quando tutti sapranno che è figlio tuo, lui...lui verrà a cercarlo, e tu lo sai!

    Adesso basta! Vattene!

    Quelle parole mi rimbalzavano nella cassa cranica come una pallina da tennis, non riuscivo a scollegare le due cose, c'erano troppe coincidenze, inoltre mio padre era un uomo duro e per nulla arrendevole, non si sarebbe mai fatto pugnalare alle spalle, si sarebbe girato ed avrebbe combattuto, quindi o era stato colpito di sorpresa, o si era reso conto di non potere nulla contro colui che lo inseguiva.

    Che diavolo hai combinato papà..

    La pioggia cadeva dirompente quella sera, io me ne stavo sulla finestra a guardarla cadere, da camera mia, al secondo piano, si vedeva bene tutta la zona circostante, decine e decine di ombrelli neri, grigi e di altri colori mi passavano sotto gli occhi, ogni tanto mi divertivo ad immaginare che tipo di persone ci fossero sotto di essi, lo deducevo dal colore dell'ombrello, dall'andatura, e da quale direzione provenissero, se dalla parte alta di Ame, oppure se dalla zona della centrale elettrica, operai oppure commercianti? balordi oppure onesti lavoratori?
    D'un tratto, notai uno ombrello decisamente particolare passare sotto casa...era di colore rosso, un rosso molto simile al sangue rappreso, proveniva dalla zona della centrale elettrica e invece che procedere verso l'unica direzione possibile rispetto alla sua provenienza, si fermò proprio nel mezzo della strada, mentre altre decine di ombrelli scuri gli passavano accanto.
    Avvertii uno strano senso di fastidio allo stomaco vedendolo, come se quel rosso stonasse da morire in tutto quel grigiume che erano le notti di Ame, provai quel senso di "fuori posto" che si prova quando sai di aver fatto qualcosa di sbagliato.
    Se ne stava li, fermo immobile, come ad aspettare qualcosa..io lo osservavo attentamente dalla mi finestra cercando ci capire le sue intenzioni in fatto di direzione, fino a quando, con un movimento del polso, colui che si celava sotto di esso lo scostò dal viso, mostrando due occhi che, nonostante la distanza, potrei giurare che fossero rossi.
    L'uomo sconosciuto fissava la mia finestra senza mai distogliere lo sguardo, ora i suoi occhi non mi parevano più rossi, ma di un indistinguibile colore scuro.
    Mi spaventai non poco, pensai che fosse l'assassino di mio padre e mi spostai subito dalla finestra, immaginavo fosse venuto per me e per mia madre, per finire il lavoro e per vedere se avessimo i soldi che gli spettavano.
    Quando tornai a vedere se fosse ancora li, l'ombrello rosso ed il suo possessore erano scomparsi nella pioggia, lasciando spazio al mare di ombrelli scuri che continuavano la loro imperterrita marcia, vista l'ora, verso casa.
    Scesi al piano di sotto ed avvertii mia madre che sarei andato al bar a bere qualcosa, inizialmente era restia a mandarmi fuori, mi aveva tenuto in casa per molti giorni, ma anche lei capì che non poteva tenermi chiuso in casa per sempre, quindi si arrese e mi fece le solite raccomandazione che ogni mamma fa.




    Preso l'ombrello, uscii di casa, ed in poco più di 10 minuti fui al Drugo, il bar più popolato nella mia zona, li si ritrova puntualmente tutta la gente della zona bassa di Ame, un locale in legno non troppo puzzolente ne troppo abbietto, ideale per una sbronza serale prima di tornare a casa, nel mio caso, serviva per evadere dalla prigionia di mia madre e dal tormento per la morte di mio padre...anche lui frequentava questo bar ogni tanto, ma non credo che qualcuno lo avesse mai associato direttamente a me, tutti sapevano che ero stato adottato da mia madre nell'orfanotrofio del villaggio poco dopo la guerra, credevano che il mio padre naturale fosse morto in guerra da qualche parte. Mi sedetti al bancone ed ordinai una birra media e dei salatini, appoggiai l'ombrello bagnato alla mia destra e cominciai a bere, fino a quando, dopo pochi minuti, una voce dalla mia sinistra interruppe i miei viaggi mentali.

    Tu devi essere Klaus, dico bene?

    Mi voltai per vedere chi mi stesse parlando, e con mio grande sgomento, sgomento misto a sorpresa, notai che si trattava della persona sotto l'ombrello rosso.

    Perchè? Chi sei?

    Lo sconosciuto appoggio il suo ombrello cremisi al bancone ed ordinò una birra media anche lui.
    Era un tipo di media corporatura, i capelli erano neri e bagnati, i suoi occhi erano color nocciola, la pelle chiara e i lineamenti delicati, non assomigliava ad un ninja, ne ad un operaio di queste parti.

    Mi chiamo Shanks, noi non ci conosciamo, ma conoscevo tuo padre, se è per questo conosco anche tua madre.

    Bhe, non mi hanno mai parlato di te, chi saresti, un parenti lontano?

    No no, niente del genere, sono un amico, vengo da lontano.

    E cosa ci fai qui? perchè sei venuto a spiarmi alla finestra prima?

    Esclamai, alzando la voce.

    Rilassati Klaus, non sono qui per farti del male, ma se non buoi fare la stessa fine di tuo padre devi ascoltarmi.

    Non sapevo cosa dire, chi diavolo era questo tipo?

    Cosa? Che signfica?

    Signfiica che ti stanno cercando...non sono sicuri che tu sia effettivamente tu, ma non credo che correranno il rischio.

    Effettivamente io? Che diavolo vuol dire?

    Vuol dire che adesso devi tornare a casa velocemente, mi farò vivo io quando sarà il momento, ma fino a quel momento non fidarti di nessuno, non parlare di me con tua madre e aspetta mie notizie.

    Con queste parole, l'uomo di nome Shanks si alzò e una volta preso il suo ombrello guadagnò l'uscita, io finii la mia birra e me ne tornai a casa con ancora più domande di quante ne avessi prima di quella sera.


     
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    Io vengo dalla luna che il cielo vi attraversa e trovo innopportuna la paura per una cultura diversa

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