Legami e lamenti

Riabilitazione Takeshi e Yamashita

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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Più venivo ferito e più volevo ferire. Ormai l'avevo ben capito e quel combattimento ne era stata la prova sacro santa. La battaglia ero l'ego che sosteneva le mattonelle del mio spirito, della mia anima. Non potevo sottrarmi ad essa, ed essa non poteva sottrarsi a me. Era come se anziché del sangue, quel sentimento di guerriglia pompasse il mio cuore, dandomi ogni giorno motivo di esistere e di andare avanti. L'enfasi che si scaturiva quando cominciavo un confronto era talmente forte che anche le ossa in corpo fremevano per lacerare il nemico, così come l'adrenalina stessa poteva paragonarsi ad acqua che rigenerava il fiato che andava scemando per via degli sforzi.
    Una sensazione che non riuscivo bene a spiegare ma ne avevo compreso bene il significato: Non potevo sottrarmi alla battaglia. E l'avevo appreso nell'esatto istante in cui oltrepassai il muro di fiamme di Yamashita per riuscire a colpirlo, ustionandomi ulteriormente e gravemente. L'adrenalina a mille del momento mi inibì il dolore per qualche momento, ma non appena terminai la danza del salice non potei fare a meno di cadere prima in ginocchia e poi a terra, fumante come uno spiedino cotto alla brace.
    Al mio avversario però non andò meglio, anzi, cadde più o meno in una pozza di sangue. Pieno di tagli e graffi anormali e irregolari su diverse zone del corpo. Ci ero andato abbastanza pesante e a dire il vero avevo dato tutto me stesso in quell'attacco, portando il mio fisico a livelli estremi.


    - Mi brucia ovunque, quel tuo fuoco maledetto... Sei più forte di quanto mi aspettassi *coff coff*.. -

    Eravamo distesi per terra come due tappeti mentre le ossa esternate rientravano lentamente nel loro allogio, non potevamo far altro che riposarci per qualche secondo prima di provare a rimetterci in piedi, la cosa sembrava più difficile del previsto visto che dopo svariati tentativi nessuno dei due era in grado di muovere un muscolo.

    - Tsk.. non avrei mai pensato di finire l'incontro in questo modo. Mi hai sorpreso... -


    La chunin di Konoha ci raggiunse qualche attimo dopo. Ci alzò uno per volta con forza disumana, passando le nostre braccia attorno al suo collo mentre le sue (di braccia) ci sostennero dalla schiena per aiutarci a camminare. Non disse nulla ma sbuffò tremendamente, farci da scorta fino all'ospedale del villaggio doveva essere una seccatura, ma la tipa robusta sembrava avere pochissime difficoltà nel farlo.

    - Ah, tieni. Te li meriti tutti, nessuno è mai riuscito a ridurmi in questo modo. -

    Presi i cinquanta ryo dal borsello e li consegnai a Yamashita. Era riuscito a mandarmi in infermeria e una scommessa era pur sempre una scommessa, visto e considerato che in ogni caso quel gruzzolo di ryo non avrebbe fatto un granché di differenza in un qualsiasi negozio d'armi.
    Le ustioni mi provocarono un dolore continuo e lancinante per tutto il tragitto, abbastanza duro da farmi stringere i denti. Non appena arrivammo in clinica la ragazza spalancò la porta e urlò aiuto ai dottori per accelerarli nel soccorso. La schiena sembrava quasi brustolita per il bruciore, non avrei mai immaginato di arrivare a tanto. Quel ragazzo mi aveva stupito abbondantemente, sapere che esistevano persone capaci come lui mi faceva ribollire lo spirito della competizione.

    Io e stompo facciamo l'infermeria insieme, doc ci ha dato il consenso
     
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    Takeshi

    Mio padre, uomo di grande saggezza, aveva più volte condiviso con me diverse perle di saggezze, frasi colme di significato che però non sempre erano di facile comprensione. Una volta, non riuscivo a ricordare in che occasione, mi disse la frase: " Attento a quello che desideri Yama, perchè potresti ottenerlo". Non riuscivo a capire perchè in quella circostanza mi fosse venuto in mente mio padre, ma in ogni caso fu quello il momento in cui compresi davvero le sue parole. Riuscii ad eseguire la tecnica del Fuoco che corre, creando un anello di fuoco che mi circondava. Potevo sentire il calore del fuoco su ogni centimetro del mio corpo, goccioline di sudore cominciarono a scendere copiose rigandomi le guance. Sapevo però che quel calore non era mio nemico, anzi mi proteggeva da quello che c'era fuori. Non avevo modo di vedere dove fosse Takeshi, sperai solo che si sarebbe tenuto alla larga dal muro di fuoco che avevo eretto:

    "Si terrà alla larga o continuerà la sua corsa?"

    La risposta arrivo veloce e tempestiva. In un istante il kiriano irruppe nell'anello infuocato, bruciandosi ulteriormente tutto il corpo. Prima che i suoi colpi arrivassero, cercai di prepararmi al dolore; sapevo di non poter fare niente in quella posizione, avrei ricevuto tutti i colpi e non avrebbe fatto bene. E poi arrivarono. Come in una danza, vidi il corpo di Takeshi roteare su stesso, mentre le sue estroflessioni dure come la roccia mi tagliarono e ferirono in più punti del corpo. Durò poco, ma in quel lasso di tempo mi sembrò di provare dolore in ogni parte del corpo. Finito il suo attacco caddi a terra senza energie, ero ancora cosciente ma non riuscivo a muovere un muscolo.
    Il mio avversario si accasciò a terra poco dopo di me, evidentemente la stanchezza e le bruciature l'avevano portato nella mia medesima condizione.

    "Mi brucia ovunque, quel tuo fuoco maledetto... Sei più forte di quanto mi aspettassi *coff coff*..."

    Mi venne da sorridere. Ci misi qualche secondo a rispondere, dato che anche muovere la bocca mi provocava un modesto dolore:

    "Anche tu sei stato fortissimo...Cavolo avevo difficoltà a seguire i tuoi movimenti e il tuo ultimo attacco è stato qualcosa di incredibile"

    Mi fece piacere sentire le sue parole, soprattutto perchè come previsto si era rivelato un forte avversario:

    " Tsk.. non avrei mai pensato di finire l'incontro in questo modo. Mi hai sorpreso..."

    " Beh riguardo a sorprese anche tu non sei stato da meno, non so come fai ma quelle cose bianche che fai uscire dal tuo corpo fanno malissimo"

    Rimasi qualche secondo in silenzio, pensando se fosse il caso di chiedergli l'origine di quelle estroflessioni:

    "Mmm...alle brutte mi dice di no, chiedere non costa nulla"

    "Senti ma...scusa se sono curioso ma volevo sapere sono quelle..."

    Indicando con gli occhi le parti che uscivano dal suo corpo:

    "...quelle... va beh hai capito. Sembrano tipo ossa o qualcosa di simile"


    Non ero sicuro se mi avesse sentito o se non volesse rispondermi, in ogni caso avrei aspettato un attimo prima di richiederglielo, non volevo sembrare invadente. Mitzune, che fino a quel momento era rimasta ferma a guardare lo spettacolo, capì che doveva intervenire visto che eravamo entrambi allo stremo. Si avvicinò a noi e con molta tranquillità mise un braccio intorno a ciascuno e ci sollevo come se niente fosse. Rimasi stupito dall'incredibile forza che dimostrava, soprattutto per le sue dimensioni:

    "Beh si sa che niente è quello che sembra, ma questo davvero non me lo sarei davvero aspettato"

    Non sembrò molto felice di quella situazione, ciononostante si mise subito a camminare sorreggendoci entrambi verso il villaggio. Takeshi, che come me stava cominciando a riprendersi un attimo, si girò un attimo verso di me:

    "Ah, tieni. Te li meriti tutti, nessuno è mai riuscito a ridurmi in questo modo."

    La scommessa, me ne ero completamente dimenticato. Lo vidi prendere i soldi dal borsello e con molta fatica me li porse. In realtà quell'idea iniziale era stata solo uno stratagemma per motivarlo a lottare, non volevo veramente dei soldi, ma probabilmente si sarebbe risentito se non li avessi accettati, per cui decisi comunque di prenderli per non mancargli di rispetto:

    "Sentire dire queste cose da uno forte come te mi fa davvero piacere, grazie. Comunque te lo devo dire non ho mai visto nessuno così coraggioso da saltare un muro di fuoco per attaccare il suo avversario, è stato davvero incredibile!"

    Misi con notevole difficoltà i soldi a posto. Ogni minimo movimento mi provocava un forte dolore, mi sembrava di avere un taglio o una ferita in ogni singola parte del corpo. Per tutto il tragitto cercai di pensare ad altro, per sentire meno dolore, ma non ottenni granché. Mi sentivo felice però, avevo raggiunto il mio scopo, mi ero confrontato con un degno avversario e sebbene non avessi vinto lo scontro avevo potuto però capire diverse cose su cui migliorare. In più avevo la possibilità di conoscere meglio Takeshi, sembrava un ragazzo simpatico, competitivo certo ma di sicuro un bravo ragazzo. Dopo diversi minuti Mitzune ci accompagnò all'infermeria locale, chiamò dei dottori per farci assistere e si mise seduto su un divanetto all'ingresso. Era palesemente contrariata da quella situazione, ma ero sicuro che si sarebbe vendicata nel viaggio di ritorno tramortendomi di chiacchiere. Decisi di non pensarci in quel momento e mi lasciai alle sapienti cure dei dottori.

    Edited by Stompo - 14/2/2017, 13:37
     
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    L'istituzione medica di Kiri non era certo famosa per l'impotenza delle sue costruzioni o l'incredibile bravura dei suoi medici. Eppure si poteva benissimo pensare diversamente di un paese così isolato e all'avanguardia. Semplicemente, le sue strutture mediche erano aggiornate e il personale pronto, nessuno si era mai lamentato dei medici del Paese dell'Acqua. Quando uno stava male e necessitava di cure, restava sempre soddisfatto, e tante grazie. A causa di ciò, quando Takeshi Morachi e Yamashita Kazuma si presentarono entrambi in codice giallo, furono subito smistati al reparto dei Ninja medici, portati dentro una delle stanze che ospitavano i convalescenti e fatti adagiare su due lettini identici, distanti poco più di un metro. L'infermiera che li aveva accompagnati sembrava straniera: la pelle era olivastra, i capelli biondi e gli zigomi alti. E lei, manco a dirlo, sembrava un armadio col rossetto. Li squadrò per bene, quei due, nella sua uniforme verde. Uno era bruciacchiato, l'altro doveva averle prese di santa ragione. Ma, per ora, alla donna non importava perché non era lei incaricata di occuparsi direttamente del duo. Attese ai piedi del letto di Yamashita, quello a sinistra, mentre numerosi e scombinati passi si udivano provenire dal corridoio. E quattro persone si palesarono sull'uscio. Il primo era grosso, barbuto e dall'aria burbera, con un grosso camice bianco. Dietro di lui, tre giovincelli che tentavano di sentirsi a loro agio ma invero incespicavano tra i loro stessi passi. Due erano davvero bassi, bruttini e simili tra loro, come fossero quasi fratelli, cugini per lo più. Uno, quello poco più alto, con i capelli ispidi, all'insù. L'altro, il più basso, con i capelli lisci e unticci, è una pettinatura parecchio fuori modi. Il terzo era alto quasi quanto il dottore che avanzò nel mezzo dei due letti. Sembrava il più tonto tra i tre ma aveva la faccia simpatica e sempre confusa, anche per via del del tratto distintivo sei capelli, che non aveva. Perfettamente rasato, ed era così giovane!

    Allora, allora. Cosa abbiamo qui?

    Annunciò schietto il dottore, fissando prima l'uno e poi l'altro paziente con sguardo critico.

    Che avete combinato? Su, infermiera, mi prenda il blocco, per cortesia.

    E allungò la mano senza neanche guardare mentre l'altra glielo porgeva, ubbidiente. I tre tirocinanti stavano intanto ingaggiando una silenziosa gara per chi dovesse stare vicino al dottore.

    Nome e cognome e sintomi.

    Domandò, fissando entrambi a pari merito. Aspettava solo che uno di loro cominciasse e magari spiegasse cos'era successo.
     
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    L'infermeria di Kiri si rivelò fin da subito un posto accogliente. Confrontandola con quella di Konoha risultava molto più piccola, ma si rivelò ben gestita: non appena Mitzune ci lasciò all'ingresso fummo subito presi da delle infermiere e accompagnati in una stanza con dei lettini sopra i quali ci fecero accomodare. Questa transizione non fu indolore, sentivo ancora fastidi in tutto il corpo e nonostante avessi un minimo ripreso la facoltà di camminare mi sentivo ancora a pezzi. Potersi riposare su di un letto comodo fu un sollievo immenso, avrei potuto benissimo dormire lì per qualche ora. Takeshi venne fatto sdraiare sul lettino vicino a me, era pieno di bruciature e sicuramente anche lui non se la stava passando bene. A vederci in quella situazione mi venne quasi da ridere, due prodi ninja che erano finiti entrambi in infermeria:

    "Beh dai...se i letti in infermeria sono così comodi penso che cercherò di finirci più spesso"

    Non era una della mie migliori battute, ma il dolore non mi aiutava e comunque sperai che avrebbe potuto lo stesso alleggerire l'atmosfera. Posai il mio sguardo sull'infermiera che ci aveva accompagnati e che sostava ai pochi passi dal mio letto. Dovetti sforzarmi per non guardarla con sguardo stupito: era enorme, probabilmente non avrebbe avuto difficoltà a sollevarci con un braccio come aveva fatto Mitzune. La sua carnagione scura mi diede l'impressione che non fosse nata qui a Kiri, probabilmente veniva da qualche terra lontana. Rimase per tutto il tempo in silenzio ad osservarci, con ogni probabilità si stava chiedendo cosa ci fosse capitato per ridurci in quel modo. Non potevo biasimarla, io e Takeshi facevamo una bella coppia di feriti, uno bruciacchiato e l'altro ricoperto di tagli. Dopo qualche minuto vidi entrare nella stanza un grosso uomo barbuto con il camice bianco seguito da tre ragazzi, due molti simili di aspetto mentre il terzo aveva la testa completamente rasata ed era alto quasi come il dottore:

    "Wow siamo così messi male che un dottore solo non bastava?"

    L'uomo ci guardò per qualche secondo facendosi probabilmente le stesse domande che si era fatta l'infermiera:

    "Allora, allora. Cosa abbiamo qui?"

    Mi sembrava quasi di sentire lo sguardo del dottore mentre cercava di analizzarmi, in più tutta quella gente intenta a fissarmi non mi metteva troppo a mio agio:

    "Che avete combinato? Su, infermiera, mi prenda il blocco, per cortesia"

    L'uomo nemmeno guardò la donna, allungò solo la mano che si trovò a stringere l'oggetto richiesto. Rimasi perplesso da quel gesto, non seppi decidermi se si trattasse di un gesto di fiducia o di ostentata superiorità:

    "Nome e cognome e sintomi."

    Decisi di cominciare parlare per primo, non che facesse particolare differenza, il medico avrebbe sicuramente sentito entrambi:

    "Buongiorno, mi chiamo Yamashita Kazuma. Sento dolore e tagli praticamente in ogni parte del corpo, penso che grazie a questi fastidi ho scoperto muscoli che nemmeno sapevo di avere. Siamo finiti così per un incontro amichevole."
     
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    Un modesto atrio corrispondente alla sala d'attesa ci accolse con indifferenza, ospitandoci temporaneamente dentro le sue larghe pareti bianche. Il bancone al centro era circondato da panchine e varie sedie appiccicate sui muri di fronte, quel centro informazioni fungeva anche da ''stazione di controllo'' e si poteva benissimo considerare il cuore della clinica, ove venivano scelti i medici per i vari interventi o archiviati i pazienti sotto forma di cartelle digitali, tramite i diversi computer presenti sul banco. Alcune persone si trovavano all'interno del perimetro del bancone, mentre altre ci scortarono subito verso una delle varie stanze sparse per il corridoio.
    Pur avendo vissuto sempre a Kiri non ero mai stato all'ospedale, quantomeno non di recente. Ne avevo avuto bisogno a circa tre o quattro anni per una febbre abbastanza pesante ma il tempo aveva sbiadito ogni ricordo di quel caso. Quindi potevo anche affermare di essere per la prima volta in quel luogo, perché in questo caso non avrei più dimenticato il posto per via delle scottature che mi stavano facendo passare delle ore infernali.
    Il luogo in sé era molto semplice e monotono, il bianco dominava sovrano persino negli infermieri e negli assistenti, coi camici del medesimo colore. Le porte in legno e le varie ma poche strutture in grigio sembravano voler spezzare la monotonia del contesto anche se non riuscivano a compiere il loro falso intento.
    La chunin che ci accompagnò per tutto il tragitto ci lasciò nelle veci di un'altra ragazza ancor più spaventosa della stessa per robustezza, seppur più che ragazza si poteva ben catalogare nella sezione delle donne adulte, zitella a parer mio. La konohiana si sedette in una delle tante panchine mentre noi una volta entrati in stanza ci adagiammo in due lettini, uno accanto all'altro. Tentennai per diversi secondi prima di sdraiarmi nel letto, ma appena ne tastai la temperatura delle lenzuola mi decisi in un attimo. Erano fredde come il ghiaccio, un'ottima condizione per affievolire leggermente e momentaneaente le bruciature della schiena e delle braccia.
    Non appena mi poggiai sul comodo letto una sensazione di freschezza avvolse il mio corpo ma sembrò durare un attimo, finché tutto tornò a bruciare. Sembrava come se i miei tessutti si stessero sciogliendo, messi allo spiedo sopra un fuocherello basso ma letale.


    - Beh dai...se i letti in infermeria sono così comodi penso che cercherò di finirci più spesso. -

    - Contento tu.. -

    Inarcai le labbra in un leggero sorriso mentre numerosi passi si avvicinavano alla nostra posizione. Potevo ben distinguerli grazie al mio udito, erano numerosi, tre, quattro o al massimo cinque persone, non di più. Pochi secondi dopo arrivarono da noi, un uomo grosso e abbastanza barbuto venne seguito da tre ragazzi molto più piccoli d'età.

    - Allora, allora. Cosa abbiamo qui? -

    - Bruciore ovunque dottore.. -

    Sbuffai seccatamente lasciando andare lo sguardo verso il tetto e il lampadario che lo incorniciava.

    - Che avete combinato? Su, infermiera, mi prenda il blocco, per cortesia. -

    Non risposi, ma mi misi subito a pensare ad una scusa plausibile per evitare rogne mentre i tre ragazzi presero a ad avvicinarsi creando un leggero mormorio.

    - Nome e cognome e sintomi. -

    - Buongiorno, mi chiamo Yamashita Kazuma. Sento dolore e tagli praticamente in ogni parte del corpo, penso che grazie a questi fastidi ho scoperto muscoli che nemmeno sapevo di avere. Siamo finiti così per un incontro amichevole. -

    *No!!! Ma che gli va a dire... un incontro amichevole...*
    Yamashita prese a parlare prima che potessi inventarmi qualcosa, dovevo quindi prepararmi ad una reazione inaspettata del dottore oppure cercare di intervenire per spezzare il suo discorso e tentare qualcosa che eviti di far infuriare l'infermiere. Non era di certo una cosa normale finire in quello stato per un normale incontro amichevole.


    - Ehm, no, sta scherzando. Yamashita dai, fai il serio! Il dottore non ha tempo da perdere... -

    Lanciai un'occhiata al compagno per fargli capire di reggermi il gioco e di essere il più convincibile possibile. Se il dottore avesse informato i nostri superiori avremmo potuto avere dei problemi al riguardo.

    - Siamo appena tornati da una missione abbastanza complicata per noi semplici Genin, ma fortunatamente sono arrivati i soccorsi e ci hanno salvati. Io sono stato colpito da diverse tecniche di tipo fuoco mentre lui è stato ferito da una wakizashi. Io sono Takeshi Morachi. -
     
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    Un'occhiataccia del dottore fece calmare in un lampo i tre studenti che finsero di starsene ritti come soldatini. Volevano tutti ingraziarsi il vecchio uomo che mal sopportava sia i giovani che i giovani studenti. Probabilmente per qualche brutto ricordo legato al suo passato da tirocinante. Ristabilita la calma, lo stesso prese a fissare entrambi i ragazzi che spiegarono, proprio come aveva chiesto (o ordinato, sotto un certo punto di vista) lui. E si accigliò quasi subito.

    Buongiorno, mi chiamo Yamashita Kazuma. Sento dolore e tagli praticamente in ogni parte del corpo, penso che grazie a questi fastidi ho scoperto muscoli che nemmeno sapevo di avere. Siamo finiti così per un incontro amichevole.

    Ahiahiahiahiahi!

    Fece l'infermiera, con una strana risata di rimprovero. Anche quei tre presero a gesticolare in modo nervoso, come per trasmettere la gravità di quello che non sembrava affatto un "incontro amichevole". Si affrettò l'altro a correggere lo sfidante, l'amico o qualsiasi cosa fosse.

    Ehm, no, sta scherzando. Yamashita dai, fai il serio! Il dottore non ha tempo da perdere...

    Non servì ingraziarselo. Il dottore gli lanciò un'occhiataccia e fu mal disposto a credere a ciò che il ragazzo dai capelli corti riferì poco dopo, storia che cozzava completamente con quella dell'altro. C'era qualcosa che non andava.

    Siamo appena tornati da una missione abbastanza complicata per noi semplici Genin, ma fortunatamente sono arrivati i soccorsi e ci hanno salvati. Io sono stato colpito da diverse tecniche di tipo fuoco mentre lui è stato ferito da una wakizashi. Io sono Takeshi Morachi.

    L'infermiera scriveva ma sembrava stesse pitturando quanto i suoi movimenti risultavano ampi. Il dottore scoccò un'occhiataccia anche a lei ma ignorò i tre che avevano ripreso la silenziosa lotta per stare al suo fianco. Decise di lasciar stare la verità sulla faccenda. Alla fine, incontro finito male o pericolosa missione, a lui importava ben poco e non era neanche dell'umore per fare una giusta ramanzina a quei due. Si avvicinò a Takeshi e subito l'infermiera gli fu dietro. Alla destra del letto, solo il più alto tra i tre riuscì a stare vicino al dottore, con aria trionfante, grazie alla sua stazza. I due bassetti gli lanciavano sputi silenziosi e occhiate di morte dall'altro lato del letto. Il povero Takeshi era circondato e subito il più anziano e saggio prese a studiarlo.

    Diamo un'occhiata a queste ferite, allora.

    Dottore, penso siano ustioni. Più o meno di secondo grado.

    I due bassetti fissarono il più alto, calvo, che si era messo in mezzo come se anche lui ne capisse qualcosa. Il dottore sorrise sarcasticamente, sistemandosi il camice.

    Ah, non sapevo fosse già medico!

    N-no, veramen-

    Qui i sintomi li dico io, stia zitto per cortesia.

    Più acido che mai, lo sgridò mentre gli altri due ridacchiavano. L'infermiera scuoteva la testa con disappunto e il giovane tirocinante sembrava essersi un poco abbattuto. Al medico, comunque, bastò un'occhiata per la diagnosi.

    Dunque, qui abbiamo delle belle ustioni di secondo grado.

    E fu un miracolo se non intravide neanche l'espressione contrariata e stupita del ragazzo, che dovette far di nuovo vinta di starsene buono. E gli altri due ridacchiavano. Con garbo, il dottore prese ad osservare più da vicino alcune crepature e bolle della pelle, tastando con gentilezza, ogni tanto. Commentando ad alta voce con monosillabi indecifrabili. E, ancora una volta, il calvo ci provò.

    Dottore, perché dopo non gli diamo un unguento? Sa, come ricostitu..ente..

    Si era fermmato all'occhiataccia del medico che fece smettere di ridacchiare anche gli altri due. L'infermiera rideva sotto i baffi, e sembrava che i baffi li avesse per davvero, poi.

    Senta, fino a prova contraria sono IO il medico, quindi la smetta! Vuole stare al mio posto? Eh? Vuole il camicie? Me lo tolgo e glielo do?! STIA ZITTO!

    E questa volta si zittì per davvero il più alto dei tre tirocinanti, mentre il medico sbuffava, continuando a concentrarsi su Takeshi. Il povero Yamashita era stato abbandonato al suo destino, per il momento.

    Senta, signor Morachi, adesso le vado a prendere un unguento che dovrà applicare la sera finché non le si richiudono le spaccature, va bene?

    Neanche diede il comando che la fida assistente corse a prendere questo famigerato unguento. E si spostarono finalmente a controllare il povero Yamashita, accerchiato anche lui, ora. Sembrava in tutt'altre condizioni rispetto al compare, ma la gravità non era da meno. Anche qui, il dottore prese a studiare per bene l'altro, tastando pian piano.

    Vediamo..

    Dottore, qui il paziente è chiaramente stato ferito da armi da taglio.

    Ha anche tumefazioni di vario genere, direi.

    Spiegarono gli altri due, guardandosi convinti. Il dottore li fissava senza battere ciglio ma poi l'attenzione di tutti si spostò verso il calvo. Il genio della situazione, che tentava ora di fare il lecchino.

    Ma lasciate fare al professore, no? Cioè, voglio dire, facciamo le cose come stanno. E' un profossorone.. lo sa lui..

    Si zittì dopo aver balbettato robe senza senso, tra il silenzioso schernimento generale. E si zittirono tutti. Il medico non sapeva più che pesci prendere. Sospirò e si allontanò, rivolgendosi ad entrambi i pazienti.

    Bene, Morachi e Kazuma. Adesso vi sottoporrò ad un trattamento veloce che vi aiuterà entrambi a guarire. Però dovrete applicarvi tu l'unguento (esclamò guardando Takeshi) .. e tu un'altra pomata.. infermiera?

    Eccole!!

    E tornò con ben due flaconi diversi. Quante ne sapeva. Lasciò entrambi sul comodino che separava i letti, mentre il professore si rimboccava le mani. Finalmente quel teatrino patetico giungeva al termine.

    Per voi sono gli ultimi post, tranquilli che con il mio ultimo assegno exp e vi mano a casa :soso:
     
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    Assistente3
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    Appena finì di parlare l'infermiera esplose in una stranissima risata, non avevo mai sentito nessuno ridere così:

    "Ahiahiahiahiahi!"

    Mi dovetti sforzare per non ridere a mia volta, non perchè non volevo far capire che trovavo la cosa divertente ma perchè nel mio stato avevo paura di provare un dolore notevole. Non fu l'unica però, gli assistenti infatti si misero a confabulare sulle mie ultime parole, non riuscivo però a vedere bene le loro espressioni dal mio metto, per cui non mi fu chiaro di cosa stessero parlando. La mia versione non piacque nemmeno a Takeshi, il quale appena capì dove il mio discorso voleva andare a parare si affrettò a modificare la versione:

    "Ehm, no, sta scherzando. Yamashita dai, fai il serio! Il dottore non ha tempo da perdere..."

    Accompagnò le sue parole con un'occhiata eloquente; sebbene non capissi perchè non volesse rivelare la verità decisi di reggergli il gioco, ipotizzai che avesse le sue ragioni:

    "Siamo appena tornati da una missione abbastanza complicata per noi semplici Genin, ma fortunatamente sono arrivati i soccorsi e ci hanno salvati. Io sono stato colpito da diverse tecniche di tipo fuoco mentre lui è stato ferito da una wakizashi. Io sono Takeshi Morachi."

    "Cavolo mi scopri sempre eh? Mannaggia non ci si può mai divertire un po'...Purtroppo ha ragione il mio amico dottore"

    Cercai di rafforzare le mie parole con un cenno di assenso con il capo, cercai di essere più convincente possibile. Il dottore dal canto suo non sembrò particolarmente interessato al motivo per cui ci trovassimo lì, di fatto non commentò la cosa e si concentrò piuttosto sul controllare le nostre ferite. Il primo che andò a visitare fu Takeshi, di fatto il più vicino a lui. Al suo fianco vi era solo il ragazzo alto con la testa rasata, gli altri erano costretti per la loro statura a rimanere dietro. Non mi era chiaro il perchè ci fosse quella competizione tra loro, essendo compagni avrebbero dovuto cercare di assistersi a vicenda, non osteggiarsi. Non commentai comunque e decisi di tenere per me questi pensieri:

    "Diamo un'occhiata a queste ferite, allora."

    "Dottore, penso siano ustioni. Più o meno di secondo grado."

    Il dottore non sembrò prendere bene l'intrusione del suo assistente, come testimoniò il commento che uscì poco dopo:

    "Ah, non sapevo fosse già medico!"

    "N-no, veramen-"

    "Qui i sintomi li dico io, stia zitto per cortesia."

    Il ragazzo da tanto grande si fece piccolo piccolo, quasi schiacciato dalle parole seccate del suo maestro. Sigillò la bocca, mentre gli altri due ridacchiarono per l'accaduto:

    "Non so come si possa ridere per le sciagure altrui...Stanno cominciando a darmi davvero fastidio"

    Finito questo breve teatrino il medico squadrò Takeshi e dopo pochi secondi diede la sua versione:

    "Dunque, qui abbiamo delle belle ustioni di secondo grado."

    Fu allora che vidi sul volto del ragazzo rasato una delle più grandi espressioni di stupore mista ad indignazione che avessi mai visto. Non che potessi biasimarlo, di fatto aveva detto le cose giuste da quel che sembrava. L' uomo poi, dopo essersi sistemato il camice, si avvicinò a Takeshi, iniziando a controllare da vicino l'entità delle sue bruciature:

    "Dottore, perché dopo non gli diamo un unguento? Sa, come ricostitu..ente.."

    A quanto pare il ragazzo ci aveva provato di nuovo. Questa volta però il medico si girò riservandogli un'occhiata che avrebbe fatto impallidire chiunque:

    "Senta, fino a prova contraria sono IO il medico, quindi la smetta! Vuole stare al mio posto? Eh? Vuole il camicie? Me lo tolgo e glielo do?! STIA ZITTO!"

    Rimasi stupito dall'acidità delle sue parole, in fondo il ragazzo voleva solo essere utile, proporre ed aiutare il suo mentore, non vi era niente di male in questo, specie se aveva ragione. Il dottore ripreso il suo controllo, visibilmente irritato per la faccenda. Il ragazzo non osò più aprire bocca per tutto il resto della visita:

    "Senta, signor Morachi, adesso le vado a prendere un unguento che dovrà applicare la sera finché non le si richiudono le spaccature, va bene?"

    L'uomo in realtà non mosse un muscolo, infatti fu l'infermiera a portarle l'oggetto di cui parlava. Più passava il tempo e meno mi piaceva questo dottore, con la sua aria saccente, il carattere acido e i modi imperiosi dava davvero fastidio. Dopo aver istruito il mio compagno il dottore si avvicinò finalmente al mio capezzale. Venni quasi subito circondato anche dagli altri assistenti, dire che mi sentivo osservato non rendeva appieno la situazione. Il medico iniziò a tastarmi le ferite, il suo tocco era incredibilmente morbido, non me lo sarei aspettato da un uomo di quella stazza. Nel complesso data la sua esperienza i suoi passaggi sui tagli mi provocarono meno dolore del previsto, cercai comunque di dissimulare il più possibile per non far vedere che stessi soffrendo:

    "Vediamo..."

    "Dottore, qui il paziente è chiaramente stato ferito da armi da taglio."

    "Ha anche tumefazioni di vario genere, direi."

    Mi aspettai un'altra reazione dell'uomo visto che a quanto pare quei due non avevano imparato la lezione dell'altro ragazzo, il quale comunque cercò di riprendere un minimo la faccia:

    "Ma lasciate fare al professore, no? Cioè, voglio dire, facciamo le cose come stanno. E' un profossorone.. lo sa lui.."

    Non ero sicuro se fosse un commento sarcastico o un tentativo di lisciarsi il suo maestro, in ogni mi fece calare quel poco di simpatia che avevo per lui. Il dottore, dal canto suo, era visibilmente alterato dall'atteggiamento dei suoi assistenti, ero sicuro che finita quella visita li avrebbe ripresi aspramente. Per il momento si limitò a sospirare avvilito e si rivolse a noi:

    " Bene, Morachi e Kazuma. Adesso vi sottoporrò ad un trattamento veloce che vi aiuterà entrambi a guarire. Però dovrete applicarvi tu l'unguento (esclamò guardando Takeshi) .. e tu un'altra pomata.. infermiera?"

    La donna si dimostrò ancora una volta scattante e tornò in men che non si dica con le boccette richieste lasciandole sul comodino tra i nostri letti:

    "Eccole!!"

    Lanciai a Takeshi un occhiata sollevata, finalmente potevamo pensare ai guarire piuttosto che a sopportare il trio degli assistenti. Il dottore a quel punto si tirò su le maniche del camice ed iniziò il trattamento.
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Come già sospettavo in precedenza la verità avrebbe potuto creare qualche problema a noi semplici Genin, e la risatina di rimprovero dell'infermiera occidentale ne fu la prova. Fortunatamente riuscii a interrompere il discorso prima che il mio compagno andasse oltre, nonostante il dottore mi avesse lanciato un'occhiata indecifrabile, quasi incredula. Magari non mi avrebbero creduto ma poco importava in quel momento, ciò che davvero mi interessava era il fatto di riuscire a passarla liscia avendo ridotto in quel modo un ninja straniero.
    I ragazzi studenti che cercavano di farsi concorrenza a vicenda per stare vicino al medico erano anche un'ottima distrazione per l'intera faccenda, riuscendo a catturare l'attenzione ormai nervosa del primario. Fortunatamente quest'ultimo non continuò ad indagare oltre e si avvicinò al mio lettino mentre la seconda infermiera lo seguiva, svelta e leggermente ansiosa. Avevano appena finito di scrivere qualcosa sul nostro conto, forse la nostra cartella di riferimento prima di concentrarsi maggiormente sulle ferite, o meglio, ustioni.


    - Diamo un'occhiata a queste ferite, allora. -

    - Dottore, penso siano ustioni. Più o meno di secondo grado. -

    Il ragazzo pelato e più alto del trio irruppe nel mezzo della situazione, cercando di mettere le sue conoscenze in mostra per pavoneggiarsi dinnanzi gli altri, ma il dottore non fu della stessa idea.


    - Ah, non sapevo fosse già medico! -

    - N-no, veramen-

    - Qui i sintomi li dico io, stia zitto per cortesia. Dunque, qui abbiamo delle belle ustioni di secondo grado. -

    Il ragazzo saputello venne sgridato e ripreso come un bambino alle elementari nonostante avesse ragione sul da farsi. Ma a nulla servì quel trattamento. Il giovane ci provò nuovamente pochi secondi dopo, mentre il primario continuava ad osservarmi il nudo torace con le varie ustioni più o meno gravi.
    Il calvo venne sgridato nuovamente e più pesantemente della volta precedente, facendo diventare la situazione imbarazzante e faticosa al livello mentale.


    - Senta, signor Morachi, adesso le vado a prendere un unguento che dovrà applicare la sera finché non le si richiudono le spaccature, va bene? -


    - Si, certo. Non c'è nessun problema. -

    Per cavarmela con un unguento potevo affermare che mi era finita comunque bene nonostante le condizioni e il bruciore che continuava ad infiammare il mio corpo. L'attenzione si spostò poi verso il Genin di Konoha pieno di tagli e graffi in molte parti del corpo. Guardando bene il risultato della mia tecnica e le sue condizioni, fui stupito da ciò che ero in grado di fare. Qualche altro colpo ben assestato e avrei potuto uccidere involontariamente l'avversario. Fu in quel momento che mi resi conto del potere e della pericolosità che avevo recentemente ottenuto. Le mie esternazioni erano letali quanto le spade, o forse peggio.
    Le lenzuola erano diventate praticamente rosse come il sangue che sgorgava dalle sue ferite mentre il dottore e i tirocinanti commentavano la sua situazione, decisamente peggiore della mia. Questa volta furono gli altri due studenti a fare i saputelli mentre il calvo cambiò strategia, attuando un piano più fallimentare del precedente.


    - Bene, Morachi e Kazuma. Adesso vi sottoporrò ad un trattamento veloce che vi aiuterà entrambi a guarire. Però dovrete applicarvi tu l'unguento (esclamò guardando Takeshi) .. e tu un'altra pomata.. infermiera? -

    - Eccole!! -

    L'infermiera tornò dalla stanza adiacente con un flaconcino e una boccetta contenente un liquido abbastanza denso e bianco come il latte. Il dottore invece si avvicinò nuovamente a me mentre tirava su le maniche per cominciare l'operazione. Le sue grosse mani pelose e scure stavano per arrivarmi addosso, nelle parti più ustionate del corpo. Speravo solo che facesse il più veloce possibile per evitare di continuare a soffrire silenziosamente. Non ne potevo proprio più di quel bruciore.
    Post di merda, scusami kerbe ma non ho proprio ispirazione.
     
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    Il professore si rimboccò le mani e calò un improvviso silenzio nella stanza. Era risaputo, in quell'ospedale, che il signore in questione fosse a dir poco insopportabile. Burbero, impaziente, orgoglioso e testardo, non gli piaceva né chi lo elogiava né chi sperava di affrontarlo. Un uomo che viveva unicamente per il suo ego. Eppure, c'era un motivo per il quale non era ancora stato fatto fuori (e non nel vero senso della parola, ma più messo da parte). Era uno dei medici migliori di Kiri. Aveva cominciato a studiare le arti mediche da giovanissimo, accompagnandole con le arti mediche degli Shinobi. Era altresì capace sia nell'uno che nell'altro campo, un vero genio. Per questo era sempre impegnatissimo, sommerso di lavoro, e mal sopportava chiunque avesse intorno. Ma quando si tirava su le maniche a quel modo (e come in questo caso, cominciava ad impastare il chakra con tanta veemenza da far meravigliare chiunque lo osservasse), c'era ben poco da lamentarsi. I suoi gesti erano calcolati e freddi, efficienti e spaventosamente perfetti. Si avvicinò dapprima al ragazzo dai capelli grigi, Takeshi, imponendo le mani ma restando immobile. Siccome era non solo orgoglioso ma anche egocentrico, volle spiegare a quei tre tirocinanti cosa stesse esattamente per fare.

    Guardate bene qua, voi. Adesso sto richiamando il chakra elementale suiton, quell'acquatico. Andrò a muoverlo sulle ustioni del paziente. Dovete avere ben chiara la struttura di una scottatura, sapere cos'è e come è composta. Solo così potete guarirla.

    Spiegò e subito i tre giovani si misero dietro di lui, per osservarlo attentamente mentre cominciava l'operazione di guarigione. Non sfiorò neanche il corpo di Takeshi, poiché l'aura di chakra che emanava era così potente da essere visibile ad occhio nudo e creare come una bolla attorno alle sue mani. L'operazione, sorvegliata dallo sguardo attento, curioso e ammirato dei presenti, durò una buona mezz'ora. Prima di tutto, con l'aiuto dell'infermiera, il ragazzo fu spogliato non completamente ma quasi, per mettere bene in evidenza ogni bruciatura. Poi, cominciando dalla parte superiore del corpo, il dottore impose il proprio chakra su quel corpo, sanando pian piano ogni spaccatura e ustione. Rigonfiava la pelle, la tonificava, la guariva con una facilità che aveva a dir poco dell'incredibile. Con cura e scrupolo, passò in rassegna ogni centimetro di pelle scoperta per guarirla e ritonificarla. E i frutti si potevano vedere nell'immediato. Quando l'aura azzurrina passava e si spostava da un'altra parte, quella che si era lasciata dietro era a dir poco perfetta. Certo, quando si trattava di ustioni particolarmente violente e importanti, esse si richiudevano ma restava il segno sulla pelle. Ci avrebbe pensato l'unguento a guarirle, in poche settimane. E così, con la dovuta calma e il massimo impegno, quell'omone che sembrava così scontroso e burbero, guarì completamente il ragazzo, dalla testa ai piedi. Quando il chakra smise di fluire attraverso le mani del dottore, egli sbuffò piano. I tre ragazzi applaudirono e l'infermiera tirò fuori un fazzoletto con il quale gli ripulì la fronte dal sudore, a piccoli tocchi. Seppur affaticato, il dottore sorrise.

    Bene, disse senza perdere tempo, spostandosi verso il secondo paziente. qui ci troviamo davanti a tutt'altro. Vede i lividi e i tagli? Per prima cosa dobbiamo assicurarci che non ci sia nulla di rotto internamente. Procediamo, quindi.

    Naturalmente gli sarebbe bastata un'occhiata di un esperto come lui per rendersi conto che non c'erano gravi danni, ma preferì fare le cose per bene. Tastò il ragazzo con garbo, aiutandosi anche con il parere dell'infermiera e seguendo le tracce delle tumefazioni.

    Di rotto non c'è nulla, per fortuna.

    Fu il suo parere. Questo permetteva a tutti di risparmiare un po' di tempo. Prima ancora di cominciare la spiegazione, il dottore richiamò il proprio chakra, imponendo le mani davanti a se. Questa volta, l'aura che emenava aveva un colorito etero, di una leggerissima sfumatura verdastra.

    Qui il processo è meno complesso. Andrò semplicemente a far fluire il sangue che si è raggrumato sui lividi. Al contempo, lì sgonfierò. Per quanto riguarda i tagli, sono i più semplici da curare, si ricuciono in un lampo.

    E, difatti, anche qui bastò poco meno di trenta minuti, il tempo di far spogliare anche Yamashita e fare le cose per bene. Ma quando il dottore ebbe finito e i due si rivestirono (nonostante a Takeshi non servirono a molto quegli abiti bruciacchiati), erano quasi come nuovi. L'infermiera consegnò l'unguento, in una scatoletta gialla, a Takeshi; a Yamashita un cofanetto bianco, con una pomata.

    Mettetene un po' dove ancora ci sono lividi e ustioni, ogni sera e di prima mattina. Nel giro di una settimana o due dovrebbero scomparire del tutto. Buona giornata.

    Non disse altro, semplicemente si ritirò giù le maniche, uscendo dalla stanza. I tre tirocinanti gli andarono dietro, correndo a più non posso per stargli attaccato alle costole. L'infermiera-armadio accompagnò i due ragazzi all'uscita. Era stata un'ora intensa e patita, ma per lo meno, era andato tutto per il meglio.

    Prendete entrambi 30. Siete guariti ma, se volete, potete ruolarvi in on che non siete ancora "in forze" e che continuate ad usare le pomate per far passare il dolore. Però, di fatto, siete guariti :asd:
    Aspetto che uno staffer dia exp anche a me :sisi: Non c'è bisogno dei post finali, chiudo!
     
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    30 pure a te, Kerberotta!
     
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