Ustionate ma comunque beffarde

[riabilitazione Mokou e Kagome]

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    Continua da qui, è ancora estate

    Mokou riusciva ancora ad assaporare il vago ricordo del sapore del ramen piccante, consumato appena un'ora prima. Affamata com'era, aveva lasciato la ciotola formato maxi (larga quanto il suo avambraccio) completamente ripulita, così tanto che un cameriere distratto avrebbe potuto pensare che fosse stata appena lavata e rimetterla tra quelle pulite. Non aveva lasciato che neanche una goccia sfuggisse alla sua fame vorace e aveva quindi consumato, afferrato e deglutito ogni cosa per mezzo delle sue bacchette che muoveva davvero abilmente. Era una sciocchezza ma si trattava di un talento vero e proprio: Gekikara era così tanto abituata ad impugnare bacchette di vario genere da riuscire anche a tirare fuori dei trick niente male, che la maggior parte delle volte lasciavano a bocca aperta chi la guardava. Faceva roteare la bacchetta tra tutte le dita, tra solo due dita in maniera velocissima. Oppure la impugnava perfettamente prendendola dapprima con il pollice e facendola rigirare dal dorso al palmo. Ma dei trick poco le importava allora, voleva solo gustarsi il suo ramen piccante. In religioso silenzio, aveva scambiato poche parole con Kagome, tutta presa dagli spaghetti, dal manzo e da tutto il resto. Della sua amica Tewi e di sua sorella Kaguya si era completamente dimenticata, preferendo quella nuova esperienza culinaria. I vestiti erano ancora bruciacchiati come la pelle, messa non molto bene. Anche Kagome, la sua compare, stava messa esattamente come lei. Non se ne curarono però, fino a fine pasto. Quando, con la pancia piena, il dolore e le scottature parvero più dolorose che mai. Ci avevano davvero dato dentro con il fuoco, quelle due, scontrandosi fino a finire le forze, recuperate giusto un po' con quel pranzo. Rigirandosi scomodamente sullo sgabello, Mokou sentì tutta la pelle ustionata bruciare e tirarsi. Orgogliosa, lanciò un'occhiata alla vinaccia giusto per assicurarsi che anche lei provasse i suoi stessi fastidi, in quel caso avrebbe anche potuto fare il primo passo e proporre una visita in ospedale. Ad una prima occhiata sembravano avere il medesimo problema le due quasi coetanee. Con un sorriso che era praticamente un ghigno di fastidio, Gekikara balzò giù dallo sgabbello, diventando rossa per trattenersi dall'imprecare ad alta voce per il dolore.

    Mh, mi sa che tocca andare a far vedere 'ste bruciature.

    Asserì, cominciando subito a muoversi, dando le spalle all'altra. Che la seguisse lo dava per scontato e da una parte aveva anche ragione. Disse a Kagome che l'avrebbe portata in ospedale, non troppo distante da lì. La gioranta era abbastanza calda nonostante tirasse una brezza fresca a scompigliare i capelli bruciacchiati e spettinati delle due ragazze. Mokou avanzava a passo abbastanza spedito seppur aspettasse l'altra che si portava quel violoncello dietro, così importante per lei. Al suo contrario, l'albina non era il tipo da affezionarsi a qualcosa di materiale, però non per questo volle pensare male di quella passione. Anzi, ignorò completamente la cosa, che tanto a pensarci o no non le cambiava poi molto. Faceva spesso questo ragionamento, restando quindi ignorante per scelta sulla maggior parte di ciò che vedeva o scopriva. Non le interessava delle altre persone, degli avvenimenti del mondo, di cosa fosse giusto o non, perché non voleva pensarci. La annoiava terribilmente e quindi preferiva ignorare e continuare con la sua vita, a parer suo molto più interessante. Le strade del villaggio della Foglia erano abbastanza trafficate a quell'ora, con la gente che si riversava in strada per tornare a casa o andare a mangiare, tutta per i fatti suoi. Era estate del resto, c'erano anche un bel po' di turisti che non avrebbero potuto infastidire la kunoichi di Konoha più di così. Li detestava, ma era solo invidia perché personalmente non aveva mai messo piede fuori dal villaggio. Ad ogni modo, lanciò un'occhiata a Kagome, senza alcuna particolare espressione sul volto. Sembrava sempre scontrosa, seccata e beffarda, anche se il suo umore era in realtà più che tranquillo.

    Speriamo non ci sia fila. L'ultima volta ho aspettato due ore per farmi cucire una ferita, proprio qui.

    Spiegò indicandosi il sopracciglio destro con il dito. Sbuffò poi, sperando davvero di non dover aspettare così tanto tempo, anche perché iniziava a pensare che non le facesse proprio bene starsene in quel modo per troppo tempo. Si trattava sempre di ustioni, anche se non così gravi. La pelle le tirava in ogni caso.

    Siamo quasi arrivate, eh.

    Disse dopo un po' che camminavano lungo una grossa via, imprecando ogni due secondi contro chiunque le urtasse anche solo di striscio. Troppe persone in uno spazio troppo piccolo, anche se quella strada piccola non era affatto. E non era piccolo neanche il grosso edificio bianco con il tetto spiovente che raggiunsero. Il grosso ospedale era circondato da giardini e vialetti che conducevano a questo e quell'altro edificio, ai bar e all'entrata per i mezzi. Le due ragazze si infilarono subito nell'entrata principale, accelerando il passo per superare delle vecchiette che sembravano messe meglio di loro. Una volta entrate nella grande sala d'attesa, non restò nient'altro da fare che registrarsi e attendere con il numeretto in mano il loro turno. L'intero era ripieno di gente e c'era un gran vociare per essere un ospedale. Mokou si lasciò cadere pesantemente su una sedia, guardando male un vecchietto che le ricambiò lo sguardo, tenendole testa.

    Appoggia il culo, tanto prima che tocca a noi! Tsk!

    Rise sguaiatamente, più maleducata che mai. Si sentiva padrona del mondo di natura e di certo non la intimoriva quel posto pieno di vecchietti e malati. Incrociò le braccia con un ghigno, sbuffando e guardandosi intorno. Toccava solo aspettare.
     
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    Piena.
    C'è soltanto una parola per definire in questo momento Kagome. Ed è piena. Anche più di un uovo con le gambe. Quel Ramen la ha saziata e riempita al punto tale da apparire come ingrassata di un paio di chili. E finalmente quella strana sensazione di fame che le chiude la bocca dello stomaco e le da noie continue da ormai mesi pare essersi momentaneamente calmata. Affievolita. Al punto da apparire praticamente inesistente in ogni sua possibile versione.
    A far capolino però son quelle bruciature e quei colpi che ha subito per regalarsi cibo a sazietà.

    - OOOOOOH LA'. Ed io son piena per almeno due settimane... -

    Mai mangiato tanto. E mai mangerà tanto, probabilmente. Ma avendo ricevuto un'offerta irrifiutabile in ogni modo, altra possibilità non vi è se non l'accettare, stare zitta e riempirsi a spese altrui. Una volta fatto, però, fan capolino i segni che il Karma esiste. Le bruciature - specialmente per via di quell'arietta - che sono apparse sul ventre, alcune minori sulle spalle ed in viso cominciano a pizzicare. La pelle bruciata pare farsi decisamente poco gradevole e stonare con quello che è il resto di quella specie di pallore che si porta sempre sulle membra. Al punto da farle decisamente male.
    Ruotare quegli addominali mai così pieni di grasso, manzo, spaghettini, verdure di sorta e brodo non le ha mai pizzicato e infastidito così tanto. E no, non è perché è strapiena di mangiare fino a poter sfamare almeno venti famiglie nelle Risaie di Oto. Son le ferite. Che fan capolino facendo sempre più male ed un pizzicorio sempre più insistente.
    Non ha quasi aperto bocca con Gekikara. Troppo impegnata a mangiare a sazietà e con una voracità così paurosa da nemmeno curarsi dei trucchetti che l'altra esprimeva con le sue dita. Se non, magari, per una battuta non appena entrambe sarebbero uscite dal locale. Battute anche troppo spinte che spesso e volentieri derivano dal suo vecchio e più redditizio lavoro.

    - A quanto hai imparato a muovere le dita così? A cento Ryo per colpetto? -

    Non la capirà.
    E se la capirà, beh, potrà capire quanto Kagome sia sinonimo di pudore. Zero. Ma già si capiva dalla battuta sul fondoschiena, no? Che nemmeno tanto battuta era, data la palese pansessualità della giovane di Oto quasi ventenne. Anche minorenni? Che ne sapeva lei!

    - Forse è meglio. -

    Sanare le ferite. Assolutamente. Ammette con un pallido sorriso un po' disinteressato e con un semplice assenso del capo che ha intenzione di seguire, eventualmente, l'altra per farsi curare. Anche perché quegli addominali che dovrebbe avere se solo mangiasse e si allenasse le danno parecchio bruciore.
    Comincia quindi a seguire side-by-side l'altra ragazza. Non manca anche di lanciarle qualche sguardo, cercando di capirci qualche cosa di più su età ed altro che appartengono proprio a quest'ultima figura, ancora leggermente misteriosa per lei. Le sembra realmente un ragazzo, sa che è una ragazza, non capisce e va quasi in panico. Un panico per cui ridere e sorridere però.
    Tutto sommato parlano poco. Ma non si odiano, si rispettano. Kagome la rispetta perché le ha dato del denaro sotto forma di così tanto cibo da potercisi buttare dentro ed affogare in tutto quanto. Gekikara forse perché ha finalmente tirato fuori una sfida. Erano entrambe stremate e sa che in qualche modo le sue abilità sono migliorate in seguito a quella insulsa scazzottata.
    La segue fino a quella che dovrebbe essere la struttura ospedaliera della foglia senza nemmeno aprire bocca, solo andando avanti. Socchiude anche i suoi occhi di tanto in tanto, digrignando in parte la propria dentatura quando le capita di sentire una di quelle fitte alle bruciature.

    - Grasso per pelle. - Ci ragiona qualche istante. - Scambio accettato. -

    Parla anche tra se e se, praticamente a caso. Ma il problema non è quello. Il problema è che, una volta entrate nella struttura, pare che ci sia un bel po' di gente ad attendere il proprio turno e che le due avranno di che rompersi le scatole a stare sedute. Ovviamente, l'albina si lascia andare ad espressioni scurrili che strappano un sorriso alla povera menestrella del Suono.

    - Tranquilla, su... Senti. Sai prendere una cosa senza farti sgamare? -

    Le ha appena chiesto se sa rubare? Sì. E tanto che le interessa! Mica è a casa sua, Gekikara è a casa sua e forse già non ha una meravigliosa reputazione qui in giro. Tanto vale che si provi a prendere un numero che sia più basso del loro. Cerca di indicare alla ragazza un tizio, anziano, seduto non molto lontano. E forse ha anche un numero minore di quello delle due. Sempre che non vengano casualmente reclamate prima.

    - Meh. Fammi provare... -

    Sussurra. Dovrebbe aver recuperato qualche energia da quando ha concluso la scazzottata. Giustamente - ? - tenta di prendere il suo Violoncello, sfilandolo dalla schiena. Con movimenti lenti ed estremamente aggraziati tenta di afferrare poi il suo bastoncino e di iniziare a suonare una melodia quasi tranquilla, calma, rilassata. Distende i nervi, quel suono. Punta a rendere calmi e rilassati tutti coloro che dovrebbero esser bersagli di quelle note, Gekikara inclusa. Una mossa quasi semplice, qualcosa che si ritrova collegato alle sue abilità. Qualcosa di collegato al Chakra.
    Lo sente che scorre.
    Sente che la musica diventa altro.
    La musica si eleva.
    La musica diventa Tecnica.
    La musica diventa Pericolo.
    La musica diventa Attrazione. Fatale.

    Sì, sto sparando le tecniche del clan in un ospedale. LELLE. :asd:
     
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    L'ospedale, cosa abbastanza risaputa, non è mai stato veramente un posto tranquillo. Vuoi per la mole di anziani che si presentano, inevitabilmente, lì, soprattutto nel primo giorno della settimana, vuoi perché i medici sono scansafatiche, vuoi perché semplicemente si respira aria di morte. Indipendentemente dal motivo, in ogni caso, passare una giornata in ospedale, in compagnia o meno, non deve essere assolutamente nulla di piacevole. Soprattutto se, poi, come la nostra carissima Kagome, il suo intento è quello di provare a fregare il prossimo. E si sa cosa si dice dei vecchietti: più furbi di una volpe, più scaltri di una cernia. Da quando le cernie sono scaltre, chiederete voi? Da quando devono cernere informazioni di qualsiasi tipo. Sono pettegoli, i vecchi. Sono furbi. Infingardi. Veramente delle pessime persone. E quello che Kagome ha preso di mira non è certamente il primo arrivato. Anzi. Sembra essere un anziano piuttosto sveglio per la sua età. Probabilmente era un ninja, prima di iniziare ad avvertire un'insana passione per gli scavi. Nel momento esatto in cui Kagome afferra il violoncello e inizia a infondere il Chakra per sfruttare la sua tecnica, una carta bomba non attiva si materializza, completamente dal nulla, sulla cassa armonica del violoncello. E' lì, ferma, impossibile da rimuovere, indipendentemente dagli sforzi. Una voce nella testa di Kagome si fa strada come il coltello sul burro.

    Possiamo finirla con questi giochini, qui?

    Un pensiero nella testa di Kagome. Se avesse un minimo di buon senso saprebbe di aver fatto una cosa sbagliata. E a ricordarglielo è quella voce. La voce di un signore anziano, potenzialmente potrebbe essere veramente quella di quell'uomo lì, che a dire il vero non si sta minimamente rendendo conto di nulla. Il suo sguardo è rivolto altrove, sta guardando disperatamente il numero che tiene in mano, nella speranza che si abbassi di un paio di numeri e che arrivi prima il suo turno. Deve stare male, decisamente.

    Dove guardi?

    Sempre la stessa voce, sempre nella testa di Kagome, questa volta sembra essere decisamente più femminile. Come di una donna anziana. Sempre anziana, quello sì. Voltando il capo verso destra, verso il lungo corridoio con le varie stanze, Kagome potrà tranquillamente notare la presenza di una ragazza. Il problema? L'età non corrisponde minimamente alla voce che aveva sentito. Una ragazza così giovane non può avere una voce così adulta, così anziana. Ancora, la stessa voce.

    Sorpresa? Muovetevi, venite qui.

    L'avvenente ragazza, sulla ventina, capelli corti fatta eccezione per una coda, decisamente più lunga, con delle forme piuttosto evidenti, si gira e, semplicemente, lascia aperta la porta, facendo chiaramente capire alle due ragazze che sta semplicemente attendendo loro. Perché quella corsia preferenziale, per le due Kunoichi, non è dato saperlo. A ben vedere, ora che la ragazza è rientrata nella stanza – e sì, prima che vengano dubbi strani quella ragazza è effettivamente un medico – la carta bomba sembra essere sparita. Volatilizzata nel nulla, come se non fosse mai realmente stata lì. Che si trattasse di un'illusione? Chissà quali strani capacità magiche possedeva quel Ninja Medico. Il vecchietto, intanto, sembra essere sparito. Probabilmente è stato chiamato il suo numero, o gli alieni l'hanno portato via, o ancora potrebbe essere andato in bagno. Cose strane succedono in quell'ospedale.
     
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    Eh no.
    Infatti, vedere che, mentre suona, qualcuno pensa di farle un bellissimo scherzo e di mettere una carta bomba su quella che è la cassa audio del suo stesso Violoncello. Non dovrebbe essere Mokou/Gekikara, che poverella sembra rimanere lì pronta ad infilarsi nell'arte dello scambio Ninja del Bigliettino Ospedaliero, ma qualcuno che si diverte. Bene. Perché Kagome non si diverte affatto.
    Della voce che sente non capisce proprio tanto bene. Ma la carta bomba, dannazione, le fa saltare i nervi ancora di più di quel dolore che stava attenuando anche grazie a quei suoni in grado di alleviare determinate sensazioni. Che poi finiva anche in maniera indiretta sul vecchietto non è un problema suo! Ma da quando c'è una carta bomba sulla cassa del Violoncello il problma è diventato molto più che suo.
    Il bello è che lo sguardo disperato e quella voce anziana potrebbero far sospettare che sia proprio il vecchio. Peccato che quella sonata lenta e rilassata dovrebbe rendere il tipo ancora più spossato e stanco, più che disperato. Quindi forse c'è qualcosa di un po' diverso nei dintorni. Qualcuno che non fa le cose come dovrebbe.
    Altra voce.

    - ... -

    Il silenzio è l'arma dei forti. La canzone si interrompe e beh, l'anziano rimane lì. Forse tocca a lui tra poco, ed è anche meglio così. Rimane comunque il fatto che la Vinaccia di Oto non è nel suo Ospedale e che qualcuno si diverte alle sue spalle. Qualcuno che le ha fatto arrivare i nervi a fior di pelle. Che sia vecchio, o vecchia, non importa. E sì, complimenti per la doppia voce, ora nessuno sa che la stessa persona è in grado di modulare i propri suoni vocali.
    Mette a posto il tutto e cerca di strappare via quella schifezza? No. Diffonde il panico.

    - CARTA BOMBA, TUTTI FUORI! -

    Giocare pessimi tiri.

    - Sta qui Gekikara. -

    Le sussurra. Praticamente l'idea è sbattere tutti fuori in un impeto di finto attentato terroristico. Così, chiunque sia la persona che dovrebbe aver giocato quel tiro, si ritroverà in men che non si dica radiata da qualsiasi albo esistente sulla faccia della terra.
    E nel caso quella ragazza spunti, ci sarà ben altro problema: il sospetto di un attacco all'Ospedale della Foglia. Che ne sa Kagome che è un'illusione vocale? Ancora non ha ottenuto certi "poteri" da rendersi conto delle illusioni vocali. Però, un po' stupida potrebbe anche esserlo lei stessa.
    La ragazza, avvenente quanto basta per far brillare gli occhi alla Suonatrice, spunta da una porta e si rivolge, pare, proprio al duo di Ninja ignoranti ed ignobili. Ha finto un attentato, Kagome, ma ancora non ne ha idea! E beh, sarebbe proprio una bella combinazione di scherzi.
    Segue con lo sguardo quella figura, le sue parole. Le invita dentro. Giusto un piccolo istante per guardare sul suo Violoncello se quella cartina che ha cercato di strappare ci sia ancora. Zero. Niente. Ed ora il quadro si fa molto più chiaro alla ragazza.

    - Brutta puttana... -

    Non è un problema per li finire in eccessi vocali al limite del chissà cosa, specialmente in un ospedale.

    - Illusione, nh... -

    Trilla, quasi sottovoce. Frega niente se Gekikara capisce o meno - tanto è un po' scemotta, quella lì, forse finirà per non comprenderci proprio una cippalippa in ogni caso - ma lei già ha compreso quanto basta. Ed un ghigno le compare in viso, quasi soddisfatto. Simulazione di attentati terroristici a Konoha: ha già una nomea a dir poco eccellente.
    Si alza, segue quelle chiappe da forse Statua verso la destinazione a lei designata cominciando a farsi anche troppo sospettosa. Tenta di tenere la guardia ben alta, i sensi all'erta, il sospetto ed il naso ben dritti verso quella strana figura. Prima di riaprire quella sua boccaccia larga.

    - Se ti azzardi a mettere una Carta Bomba sul mio Violoncello, anche solo per illusione, ti strappo le ovaie, te le faccio ingoiare e te le faccio cagare. - Lo sguardo si adagia giusto per un velato istante anche su Gekikara. Intende farle capire che neppure lei può permettersi di scherzare con il suo Violoncello, i suoi Strumenti Musicali ed i suoi pochissimi averi. Uno sguardo tremendo, basso, freddo, distaccato, gelido. Quasi perfido. Sicuramente furibondo.

    La segue, comunque, diretta verso chissà dove. E si tiene comunque all'erta, o ci prova. Le gambette si muovono, quasi vispe e rilassate. In realtà, tutti i suoi muscoli sono in completa tensione. Perché? Semplice, è dannatamente pronta a sollevare quei glutei e correre come non ha mai fatto nella sua vita ignobile!

    - Son delle stupide bruciature, nulla di eccessivo. Devo andare a dormire. - Missione incoming! (?)
     
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    Le braccia ustionate poggiate in una posa assai maschile e maleducata sullo schienale delle sedie in fila l'una accanto all'altra. Le gambe secche lunghe distese sul pavimento così pulito da odorare costantemente di varechina o cose del genere, sgradevoli a dir poco. Le vesti della ragazza puzzavano di fumo e bruciato, le punte dei capelli bianchi e la frangia erano arricciati e di pochi centimetri più corti. Il volto coperto di fuliggine nonostante mantenesse l'espressione da padrona del mondo. Dalle labbra pallide spuntava il pezzo di carta che era il numero che, come tutti gli altri, le avrebbe permesso a tempo debito di ristabilirsi. La superficie delle braccia magre e con quell'accenno di muscolatura era ricoperta di chiazza e bruciatura, ma a Mokou non sembrava importare nulla, nonostante il fastidio lo sentisse chiaramente. Si annoiava a morte a aveva già passato in rassegna con lo sguardo chiunque avesse a portata di tiro. Esistevano tre categorie da trovare in un ospedale come quello e non importava affatto l'ora e il giorno. C'erano due o tre monache, come sempre. Loro non mancavano mai. Credevano nel loro Dio, lo pregavano affinché guarisse robe tipo le guerre, le malattie e che donasse la pace del mondo. Ma non era capace di fare loro il vaccino contro questo o quel virus, quindi eccole lì. C'erano sempre le monache, nelle loro umili toghe, custodendo chissà quali arti segrete, a mettersi in fila con gli altri perché Dio non poteva neanche dare loro dei numeri speciali o una specie di pass. Oltre a loro erano immancabili i bambini. Se ne stavano con le famiglie, solo che mentre gli adulti attendevano seduti e disperati il loro turno, questi piccoli demonietti urlavano e andavano da tutte le parti. Mokou aveva pensato di spaventarli un po' ma, con sua piacevole sorpresa, scopri che quei tre/quattro stavano venendo messi sotto torchio da una ragazzina che sembrava farsi rispettare. Di lei quindi non c'era bisogno. Infine, la categoria che surclassava tutte le altre con una percentuale di presenza del 97,7% erano gli anziani. Se ne stavano nei loro cappelli e nei cappotti, poggiati ai bastoni e con quelle scarpe tutte uguali, marroni o nere. Orribili alla vista. Erano così tanti in quel posto che l'aria sembrava in qualche modo pregna del loro odore, odore di anziano. Di case chiuse, medicine e vecchi vestiti. Con uno sbuffo, Mokou alzò lo sguardo al tabellone digitale che segnava i numeri: il suo era ancora lontano, ci sarebbe stato da aspettare un po'. "Che palle.." pensò, evitando gli sguardi altrui. Per quanto Kagome non la infastidisse, preferì starsene in silenzio. Non si accorse minimamente di ciò che stava avvenendo alla vinaccia. O meglio, aveva visto con la coda dell'occhio il suo intento di tirare fuori il violoncello e aveva voltato il capo. "Di nuovo con quel coso mio dio!" e, come ad averla chiamata, la musica risuonò all'improvviso. Per un solo istante. Cessò nell'immediato e Gekikara, nella sua ignoranza, ne fu così sollevata che non si rese conto nè si chiese cosa avesse spinto una musicista come Kagome a interrompersi.

    CARTA BOMBA, TUTTI FUORI!

    L'albina sobbalzò così forte che non capì neanche cosa diamine avesse detto l'altra. Aveva urlato ma la natura delle sue parole le era sconosciuta. Arrossendo, ancora col batticuore, sgraziatamente invenne contro l'altra.

    Massei fuori?!

    Il panico? Non le interessava neanche. Fissò dapprima malamente l'altra, poi la sua espressione si fece confusa. Le aveva appena detto di restarle accanto ma.. per qual motivo? Così persa nelle sue cose, Mokou non aveva per nulla capito ciò che era successo e, non guardandosi neanche attorno (come se trovasse interessante un esercito di ottantenni) non si accorda di nulla. Mandò a quel paese l'altra, incrociando le braccia di getto e gemendo poi per il dolore. Prese ad esaminarsi la pelle spaccata è bruciata con una smorfia schifata sul volto.

    Ma tu guarda che schifo.. Eh? Dove vai?

    Alzando lo sguardo non poté non chiedersi perché mai Kagome si fosse alzata e si stesse allontanando. Gli occhi scarlatti seguirono la sua figura che, alzata, sembrava dirigersi verso il corridoio. Non aveva udito nulla di nulla, troppo presa per i fatti suoi, ignorando completamente ciò che era avvenuto nella testa di Kagome, e forse anche altrove. Con uno sbuffo, l'albina si alzò in tutta la sua altezza, andando dietro all'altra, seccata. Avrebbe voluto lamentarsi come al solito ma si accorse della donna che stavano seguendo. L'espressione si fece più cauta e sospettosa. Mokou si avvicinò all'altra ragazza, quasi per sussurrarle.

    Chi diavolo è quella là?

    Le chiese in un soffio, lanciando un'occhiata storta a quella che era forse un medico? Ma perché chiamarle a se? Se non avesse avuto urgenza di farsi togliere quelle piaghe schifose di dosso, Mokou sarebbe sicuramente rimasta a sedere, ignorando la faccenda. Ma Kagome non le sembrava così sprovveduta da andare incontro a rischi del genere, per cui la seguì.

    Se ti azzardi a mettere una Carta Bomba sul mio Violoncello, anche solo per illusione, ti strappo le ovaie, te le faccio ingoiare e te le faccio cagare.

    Cos..

    Confusa incontrò lo sguardo dell'altra, fin troppo serio.

    Ma che vuoi da me?

    Abbaiò di rimando, seccata. Lei non ne sapeva nulla né di violoncelli né carte bomba, e di che diavolo stava parlando Kagome? Bah, aveva rinunciato a capirla, tanto.

    Oh, ma dirci dove stiamo andando?

    Tuonò verso la figura sconosciuta, giusto per farle capire con chi aveva a che fare. Sempre gentile con il prossimo, mi raccomando.
     
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    Non è ben chiaro il motivo per il quale l'infermiera decise di interagire con la mente di Kagome piuttosto che con quella dell'albina. Noia? Era il suo modus operandi? Voleva semplicemente fare qualcosa di diverso? Probabilmente la sua attenzione era stata richiamata proprio dal tentativo di sfruttare un Jutsu innato per provare ad ammaliare qualcuno, all'interno dell'ospedale. Un po' come se l'ospedale stesso fosse un porto sicuro, un luogo dove non bisognava ricorrere ad arti ninja o altro per cercare di ottenere un vantaggio rispetto agli altri presenti. E a ben pensarci il ragionamento non era affatto sbagliato. Kagome aveva bisogno di cure, o comunque di assistenza, esattamente come ne aveva bisogno l'anziano di turno, in egual maniera. Che potesse esser non accettata, come cosa, era un altro discorso, che a quanto pare all'infermiera non interessava più di tanto. Anzi. Le minacce di Kagome, indirizzate all'infermiera, costrinsero quest'ultima a ridere, palesemente divertita. Si stava già accertando delle condizioni di entrambe, piuttosto malmesse. Non disse niente, si limitò ad attendere l'ingresso delle due nella stanza. Era un piccolo studio, una stanza da ospedale come tante, con un lettino, una poltroncina, una scrivania, uno scheletro e altri gingilli tipici dei medici. Si sedette dietro la scrivania, guardando alternativamente le due ragazze, sospirando appena.

    Sicura di essere nelle condizioni di avanzare minacce?

    La reazione di Kagome, incredibilmente forzata, comunque, non sortì alcun effetto all'interno dell'ospedale. Sembrava quasi che le due situazioni viaggiassero in due linee temporali differenti: nessuno scappò in preda al panico, nessuno si mosse, nessuno fece assolutamente niente. Esclusa una coppia di anziani ma solamente perché era il loro turno.

    Sai quanto è difficile modificare le vibrazioni per impedire che una ragazza qualsiasi, proveniente da un altro paese, scateni il panico all'interno dell'ospedale?

    Domandò quasi innervosita, ora, retoricamente, verso la violoncellista, sbattendo un bastoncino sulla scrivania e provocando un rumore piacevole alle orecchie delle due presenti. Indicò a Gekikara il lettino e a Kagome la poltroncina, invitando entrambe le donne ad accomodarsi.

    Allora? Cosa avete combinato?

    Si alzò in piedi attendendo che le due si fossero accomodate esattamente dove l'infermiera aveva indicato loro, mettendosi in mezzo alle due.

    Non muovetevi.

    Iniziò a comporre dei sigilli e… la stanza si riempì d'acqua, improvvisamente. Comparve dal nulla e inglobò le tre presenti come se fosse una prigione acquatica, ma con effetti palesemente diversi: nessuna delle tre aveva difficoltà alcuna a respirare e le due, ferite e bruciate in più punti, iniziarono a sentire una piacevole sensazione pervaderle un po' ovunque. E quanto dico ovunque, è perché il la sensazione piacevole sfociò rapidamente nel piacere carnale. Non c'era niente a stimolarle così tanto, sembrò quasi fosse l'acqua l'artefice di quel piacere, per quanto fosse comunque una sensazione non eccessivamente potente, niente di invasivo. Era un'evidente sensazione piacevole e di piacere. Durò almeno un paio di minuti, durante il quale le due ragazze avrebbero potuto fare qualsiasi cosa che non implicasse il muoversi: avrebbero potuto parlare, guardare, ascoltare, persino provare a richiamare il Chakra. Era letteralmente come se fossero all'esterno dell'acqua pur essendo all'interno. Le ferite iniziarono a chiudersi, le piaghe guarirono, persino l'affaticamento iniziò a scemare. I segni non scomparvero del tutto. Poi la tecnica finì e l'acqua sparì esattamente come era comparsa, lasciando spazio alla solita stanza. Non c'erano segni di bagnato, neanche addosso alle ragazze. Era una tecnica segreta di quella ragazza? Che fosse un Ninja ormai era assodato, ma nessuno si sarebbe mai potuto aspettare capacità rigenerative del genere.

    Scusate il ritardo!
     
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    » S l e e p y «

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    E pensare che in quel tentativo di provocarle dei danni - fortunatamente solo mentali, con quella piccola illusione di carta bomba - voleva divertirsi un po' e basta. Ma nulla di tutto ciò deve avvenire. C'è un qualcosa che non va, palesemente, lei urla e forse soltanto l'altra albina riesce a sentirla. Infatti è proprio lei che le chiede con qualche parola anche troppo esplicita, ovvero un "cos...", che diamine sta succedendo e soprattutto come mai sembra avercela anche con lei.
    In realtà quelle di Kagome erano semplici parole di allerta. Non tanto perché non sa che l'infermiera - o cosa - può prenderla in castagna da un momento all'altro ed eventualmente distruggerle il Violoncello su due piedi, ma anche e soprattutto per dimostrare quanto immensamente sia materialista e non gli interessi di distruggere relazioni o suicidarsi pur di difendere ciò che di più caro ha tra le zampacce. Delle risate della dottoressa non si cura più di tanto, ritenendo di prim'ordine fornire una spiegazione alla mestruata di Konoha.

    - Abbiamo una bambinetta che si diverte a fare illusioni. Mi ha fatto credere di aver messo una carta bomba sul Violoncello. -

    Spiegazioni un po' di base.

    - E niente. Volevo divertirmi, ma la stronzetta sa fare qualcosa di strano. -

    Quello che sa fare anche lei, modificare le vibrazioni in modo da creare illusioni e particolarità con dei suoni anche semplici. Lei però non lo sa e le ci vorrà sicuramente un bel po' di tempo prima di raggiungere tale livello di prestazione, è limitata a suonare uno strumento e sperare che le sue canzoni rilassino le persone. Occorre anche riferire che non è a completa conoscenza delle sue vere e proprie abilità e di cosa può realmente fare all'interno delle sue conoscenze con gli strumenti musicali e la musica in generale.

    - Ma non me ne frega proprio niente della mia condizione. Rifallo e ti sfondo a colpi di tettate sul muso. -

    Vorrebbe aggiungere anche altre parole, ma probabilmente finirebbe per guadagnarsi un altro paio di giorni di ospedale.

    - Zoccola. -

    E lo fa, ben conscia che forse quel paio di giorni nella struttura potrebbe passarli così tanto bene da ritrovarsi avvolta in chissà quali comfort che non è in grado di avere nella sua sottospecie di villetta che ha ad Oto, in cui abita con una tonnellata di fratelli. Sfoggia anche un ghigno, non si comprende bene se è malefico o in qualche modo divertito. O peggio, speranzoso.
    Segue la figura verso quello che è il luogo predestinato, rendendosi ben conto che ai suoi occhi nulla pare cambiare, come se si trovassero realmente in un universo parallelo e venisse mostrato loro poco o nulla di ciò che avviene realmente. Insomma, i vecchi che si alzano lo fanno perché è il loro turno. Il suo tentativo di smuovere un pochettino di panico in quella struttura ospedaliera è finito in un nulla di fatto. Lo spiega direttamente la donzella come mai. Onde sonore.

    - E allora perché lo fai? Al diavolo, è divertente vedere la gente scappare, no? Movimentare 'sto mortorio, ci stavi riuscendo pure bene... Mi ricorda l'ospedale di casa, ogni volta che ci entro cazzo voglio scappare, danno a mia madre sempre meno giorni di vita. Maledetti. -

    Il rumore del bastone è diverso dal normale. Ah, giusto, nel mentre entrambe dovrebbero raggiungere l'ufficio della donna. E per fortuna quel rumore del bastoncino pare essere utile a calmare le membra innervosite della vinaccia da quelle ultime affermazioni. Purtroppo è vero: senza i soldi per le medicine a sua madre resta sempre meno tempo su quella terra piena di stupidi e di sofferenze. Però la fortuna vuole che quelle onde sonore paiano rilassare il cervello e renderla decisamente più calma.
    Le viene indicata una seduta, la quale viene provvidenzialmente avvicinata e recuperata dalla ragazza. Dovrebbe spettarle la poltroncina, dato che sembra indicare all'altra ragazza il lettino. Fa per sedersi, poggiando in maniera abbastanza plateale i suoi glutei sul comodo tessuto della poltroncina stessa.

    - Non volevo aprire le gambe. - Volgare, con tanto di sorrisetto divertito che compare sulle labbra. - Nah. Questioni di debiti risolti. -

    La fa davvero molto spiccia, cercando di non rivelare tantissimi dettagli relativamente allo scontro avuto tra le due ragazze, con tanto di piccoli screzi a seguito e del fatto che Gekikara sia stata ripetutamente scambiata per un uomo. Al fatto di non muoversi semplicemente acconsente, lasciando momentaneamente il Violoncello non molto distante dalla poltrona, adagiato al primo muro che dovrebbe vedere. Una volta fatto ciò e sedutasi nuovamente, si lascerà avvolgere da quella bolla curativa. Ovviamente, la sensazione di affogare la prova, così come quella del sollevarsi da terra.

    - EHI, MA CHE C-... Mh? -

    Rendendosi conto che dovrebbe essere in grado di respirare senza problemi e della sua stessa possibilità di parlare, sembrerebbe rilassarsi un po' di più. Un momento quasi zen.

    - Eeeh... Boh. Posso rimanere qui? Non voglio tornare a casa, mi sto rilassando. -
     
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    Di cosa avessero da discutere tanto Kagome e l'altra lì, la dottoressa (o infermeria), a Mokou non importava proprio nulla. Non le era mai piaciuto discutere, almeno a parole, per cui incrociò stupidamente le braccia. Le lasciò subito distendersi lungo i fianchi poiché ovviamente le dolevano. I passi svelti proprio come quelli di Kagome per stare dietro alla donna. La kunoichi dai lunghi capelli bianchi sbuffava, ignorando ciò che le altre due si dicevano. Aveva la mente altrove al momento, al nulla più assoluto. Ignorò la spiegazione della vinaccia che tanto non capì. Carte bomba? Illusioni? Non le importava granché, neanche quando le due presero a rimbeccarsi a vicenda. Ridacchiò di gusto solo quando la kunoichi di Oto sembrò incavolarsi sul serio e insultò l'altra senza preoccupazioni. Le parolacce la facevano ridere, ma finì ben presto. Non aveva intenzione di litigare, il medico, ma disse qualcosa all'altra che doveva averla fatta indispettire. Questo perché Mokou intercettò solo parte della risposta della violncellista.

    Mi ricorda l'ospedale di casa, ogni volta che ci entro cazzo voglio scappare, danno a mia madre sempre meno giorni di vita. Maledetti.

    Calò un silenzio pesante e l'albina prese a fissare l'altra. Le diede un'occhiata confusa ma non ebbe il cuore di dire nulla. D'altronde lei non ci capiva nulla né di genitori né di malattie, visto che sua nonna era arzilla quasi più di lei. Ma restò comunque in silenzio, senza trovare nulla da dire. Anche solo il pensare all'argomento la metteva a disagio quindi si sforzò di tornare al suo solito umore, limitandosi a seguire Kagome che seguì l'altra donna in una stanza. Aveva tutta l'aria di essere un semplice studio da dottori, non diverso da quello al quale Mokou era abituata. Ci era andata spesso da piccola, perché, tra lei e la sorella, in casa giravano più virus che altro. Una scrivania piena di penne, post-it e fogli; poltrone comode, sedie ed un lettino già pronto. Un simpatico scheletro che fece ridacchiare la kunoichi di Konoha, tanti scaffali ricolmi di libri e flaconi di medicinali. Uno studio qualsiasi. Il medico invitò con un cenno entrambe le giovani a prendere posto e Mokou si stese sul lettino con uno buffo. Digrignò i denti, parecchio infastidita dal dolore delle bruciature sulla pelle. Rimase comunque ferma a fissare il soffitto, finché la fatidica domanda non la raggiunse.

    Allora? Cosa avete combinato?

    Non volevo aprire le gambe.

    Esclamò subito Kagome, con un sorrisetto che fece scattare in piedi l'albina, che le urlò contro, contrariata. Si scaldava facilmente, era fatta in quel modo, anche quando sapeva di avere ragione. O meglio, di non avere torto.

    Ma chi ti si fila!

    Abbaiò ma repentinamente l'altra si corresse. Aveva ormai capito che Gekikara non prendeva di buon gusto gli scherzi, neanche di quel genere. Ma la risposta fu abbastanza per lei e si limitò ad un semplice sbuffo, per poi tornare a sdraiarsi, chiudendo debolmente gli occhi, per godersi un po' di silenzio. Respirò a fondo mentre neanche si accorgeva che il medico aveva preso ad eseguire una serie di sigilli modestamente lunga. E l'albina se ne rese scioccamente conto solo quando si ritrovò avvolta da una sensazione piacevole ma ambigua, in qualche modo. Non di certo la sensazione che provi quando sei sul punto di dormire, ad esempio. E fu così che aprì gli occhi e si tirò su a sedere, imprecando. Si rese conto di essere completamente immersa dall'acqua, come tutta la stanza, e si portò istintivamente le mani al collo, imapurita dal poter affogare. Ma si fermò.

    Che diavolo..

    Poteva respirare e.. parlava. Non era nella sua testa, la sua voce era uscita limpida e chiara dalle sue labbra. Freneticamente la ragazza si guardò intorno confusa, scoprendo che tutta quell'acqua era stata richiamata dal medico e che si trattava di una qualche sorta di arte magica curativa. Perché solo una volta ristabilita la calma Mokou sentì che effetto aveva tutta quell'acqua sul suo corpo. Leggera come non mai, la pelle era carezzata da quel fresco che non era affatto invasivo, anzi, sembrava star sanando da capo a piedi le sue ferite. Era assai piacevole e ciò provocò il rossore delle guance delle ragazza, che rimase però seduta, fissando storta Kagome. Sembrava alla spa.

    Eeeh... Boh. Posso rimanere qui? Non voglio tornare a casa, mi sto rilassando.

    Sei proprio una balena.

    La schernì l'albina, ripagandola per prima. Osservò poi con diffidente curiosità l'altra, la sconosciuta. Non che fosse nei suoi obbiettivi diventare un medico in grado di fare certe medicazioni così spettacolari e su larga scala, ma quella strana situazione la interessava.

    Senti ma.. cos'è 'sta roba?

    Chiese indicando con la testa tutto quanto. Aveva perso il ghigno e sembrava parecchio interessata, seppur dovesse comunque mantenere una certa distanza. Non voleva di certo farsi prendere di nuovo in giro da Kagome.

    Scusate il ritardo, ragazzi..
     
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    Le due ragazze erano state completamente guarite, nonostante gli screzi della violoncellista verso il medico, palesemente inspiegabili. Era stata lei, d'altro canto, a provare a usare Jutsu all'interno dell'ospedale senza una motivazione sensata, il Medico l'aveva solamente fermato e aveva impedito che ne venisse fuori un casino senza precedenti.

    Lo faccio semplicemente per evitare che le bambine come te si divertano in un luogo pubblico. Hai idea di cosa comporterebbe scatenare il panico in un ospedale di un villaggio che non è il tuo? Come minimo verresti interrogata e torturata. E poi dovrei venire a curarti di nuovo, e la cosa non mi piace.

    Decisamente più seria, avere a che fare con gente irresponsabile la metteva di cattivo umore. Non solo erano state imprudenti in allenamento, ma poteva tranquillamente sorvolare su quella questione, ma non mostrava un minimo di rispetto né per i medici, né per i pazienti né per la struttura ospedaliera in sé. In poche parole, incarnava quei valori che il medico odiava, forse anche per ovvie ragioni. La terapia fu velocissima e le due si sentirono decisamente più rinvigorite ed energiche, oltre che completamente in salute. Certo, rimanevano dei segni, ma niente di troppo grave.

    Questa? Nulla, sono un Ninja Medico e ho sviluppato, nel corso degli anni, questa tecnica. E non solo.

    Ammiccò verso l'albina che si era interessata alla tecnica, giustamente incuriosita da tale stranezza, andando poi a sbattere le mani e a indicare la porta, facendo capire alle due che erano libere di uscire.

    Mettete questo due volte al giorno per tre giorni sulle ferite e si rimargineranno completamente, senza lasciare alcun segno. E vedi di tenere a freno la lingua, tu.

    Le ultime parole, dirette verso la violoncellista, furono molto più dure e più distaccate, mentre il tono di voce quando parlava con l'albina era più soave, molto più rilassato. Consegnò alle due un unguento piuttosto semplice, almeno a giudicare dalla confezione, invitandole poi a uscire, dal momento che anche lei aveva da fare e non poteva di certo continuare a perdere tempo con quelle due.


    Se volete potete fare gli ultimi post, altrimenti abbiamo finito qui. Prendete entrambi 30Exp, e andate in pace. Attendo che qualcuno mi assegni l'Exp!
     
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    30 exp pure per Doc!
     
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