[C] Il palco abbandonato!

max 3 Genin

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    Cari Kage,
    avrei bisogno del vostro aiuto, di chiunque abbia un minimo di sale in zucca, per lo svolgimento di un compito assai particolare. Sono il proprietario di una Casa di Spettacoli, ma è successa una cosa terribile. Prima sono state rubate tutte quante le mie attrezzature ed i vestiti dei performers e poi... Una di loro è stata fatta fuori in maniera brutale e crocefissa nel suo camerino.
    Non so chi sia stato a far questo ma noi siamo barricati qui, a Kumo, nella zona montana, coordinate --X, --Y, vi prego, qualcuno venga ad aiutarci. Ormai sono due settimane che non succede "nulla", però noi abbiamo una paura altissima di allontanarci, davvero, e di notte ogni tanto ci sono dei suoni sinistri e terribili.
    Vi prego, aiutateci!

    3 Genin! Date da conto che le coordinate siano scritte ed esplicite, chiaramente :si2:
     
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    Il deserto di notte è forse tra le meraviglie più belle che il Paese del Vento ha da offrire.
    Ed io, essendo cresciuto nel deserto per anni, non potevo non esserne a conoscenza. Di tanto in tanto, quando la nostalgia per il deserto era notevole, qualche scappatella notturna fuori le mura era l'unico rimedio a tale nostalgia.
    Vagavo per le dune intorno al villaggio, senza allontanarmi troppo da esso. Temevo il villaggio la notte, lo temevo maggiormente rispetto al giorno. Mi interrogavo sul perché di ciò, riconducendolo ad un atteggiamento piuttosto razionale ed umano. Infondo, come qualunque ragazzo, covavo in segreto le mie paure e timori, e come ogni uomo o donna che sia il timore verso l'ignoto è sempre dietro l'angolo.
    Quindi vagavo, guardandomi attorno spesso, guardingo. Ma allo stesso tempo, un sentimento di affetto e rispetto per quei luoghi mi svuotava completamente la mente. Ero a mio agio, conscio di quanto le dune fossero entrate nel mio cuore e nel mio spirito.
    D'altronde come biasimarmi? Ero stato forgiato nella sabbia, in pratica. Hido mi aveva cresciuto tra tempeste di sabbia e commerci sotto al Sole più caldo del globo. Come potevo non essermi abituato a quel posto?
    Vagavo, dunque, vagavo rimembrando gli anni passati nel deserto da schiavo.
    Un pizzico di malinconia, spesso, mi impensieriva, quando ricordavo le fatiche in mezzo a quei luoghi. I compleanni passati al lavoro, senza una famiglia accogliente o un sorriso di ringraziamento. Non che Hido fosse malvagio o manesco. Mi garantiva un pasto caldo, mi aveva insegnato l'arte del commerciante come nessun altro, ma era corroso dal denaro, dall'avidità e dalla costante ricerca della ricchezza.
    E proprio sul più bello, ma ci pensate, questa gli venne portata via insieme a me.
    Camminavo per le dune, riflettendo sulla sua possibile fine. Probabilmente non era più tra i vivi, pensai.
    Ma spesso, durante quelle passeggiate, la mia mente viaggiava e all'improvviso, mi voltavo verso una duna alle mi spalle, credendo di rivedere Hido piombarmi di fianco con quel suo faccione equivoco. Sorridevo tra me e me nell'immaginarmelo, chiedendomi come sarebbe stato un incontro di quel genere.
    Quella sera rientrai molto tardi, in effetti tutto aveva quel momento della giornata: tranne che il buio e le stelle. Oramai la mattina era sopraggiunta insieme al suo grande fratello Sole. Lo osservai per un istante, per poi dirigermi verso casa.
    Fortunatamente gli occhiali da sole mi coprivano gli occhi quella mattina. Altrimenti, se qualcuno mi avesse scorto privo di essi, avrebbe potuto scambiarmi per un cadavere. Occhiaie pesanti mi disegnavano i contorni, pesando notevolmente sul mio aspetto fisico. Facevo fatica a dormire in quei giorni.
    Poi, improvvisamente, la mia attenzione venne catturata da qualcosa, anzi qualcuno. Un giovane ninja d'accademia, un probabile Chunnin, trafficava con dei fogli nella bacheca delle richieste d'aiuto, attaccandone una nuova. Incuriosito, mi avvicinai per osservarla con circospezione.

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    Cari Kage,
    avrei bisogno del vostro aiuto, di chiunque abbia un minimo di sale in zucca, per lo svolgimento di un compito assai particolare. Sono il proprietario di una Casa di Spettacoli, ma è successa una cosa terribile. Prima sono state rubate tutte quante le mie attrezzature ed i vestiti dei performers e poi... Una di loro è stata fatta fuori in maniera brutale e crocefissa nel suo camerino.
    Non so chi sia stato a far questo ma noi siamo barricati qui, a Kumo, nella zona montana, coordinate --X, --Y, vi prego, qualcuno venga ad aiutarci. Ormai sono due settimane che non succede "nulla", però noi abbiamo una paura altissima di allontanarci, davvero, e di notte ogni tanto ci sono dei suoni sinistri e terribili.
    Vi prego, aiutateci!

    Una donna era stata uccisa? Lessi tutto il messaggio, trasalendo al momento della notizia. Sicuramente doveva essere un compito importante e più rischioso della scorsa missione, riflettei tra me e me. E forse, il margine di ricompensa era maggiore. Inoltre, da buon curioso ed avventuriero, Kumo meritava la mia attenzione ed una mia visita.
    Dovevo prendere una decisione.
    Quindi mi allontanai dalla bacheca, incamminandomi verso casa. Una volta aperta la porta del piccolo appartamento, un bilocale, entrai, per poi sedermi sull'unica sedia della casa.
    Rimasi in silenzio, contemplandolo in tutta la sua magnificenza. Un'arma letale il silenzio, se utilizzato al momento giusto. Può innervosire le persone a tal punto da far loro perdere il senno. Ma in quel caso, era un silenzio apparente. Nella mia mente, invece, avveniva una grossa discussione, un conflitto a dire il vero.
    Una parte di me, quella più avventuriera e spericolata, adorava le prove difficili e faticose. Ero animato dalla voglia di emergere, di divorarmi la fetta di torta che mi era stata negata da bambino ed adolescente. Volevo prendermi tutto ed il fato, dal momento della mia promozione a genin, mi stava offrendo tanto. Nel giro di pochi, pochissimi mesi, avevo appreso moltissime nozioni e segreti. Senza mai rischiare, però, la mia incolumità più del dovuto. Ma quella mattinata, il fato, o il manovratore del destino, colui che ne detta i tempi e le mosse, mi aveva posto di fronte ad un bivio.

    Quale strada intraprendere?

    Sì, era strano il parlare da solo, ma non troppo. Infondo tutti, se da soli, secondo me lo fanno di tanto in tanto. Ed in quell'occasione dovevo udire bene la mia voce, assicurandomi di non essere ammattito nel frattempo.
    Il secondo percorso, invece, era la prudenza. La prudenza che, nei mesi, aveva caratterizzato le mie uscite ed i miei allenamenti. Ma qualcosa, qualcosa stava cambiando. La voglia di emergere, di lottare e confermarmi come il migliore era troppa.
    Mi alzai, quindi, per avvicinarmi alla mappa del mondo che avevo appeso al muro: Kumo era posta a Nord-Est di Suna, a Nord di Konoha, quindi la strada era davvero notevole. Ma la cosa, in cuor mio, non mi spaventava.
    La giara l'avevo già sulle spalle quando, con determinazione, chiusi a chiave la porta dell'abitazione. Potete da soli, voi che mi ascoltate, quale fu la mia scelta.



    Dopo ore ed ore di cammino...


    Finalmente, nella mattinata del giorno successivo, giunsi nei pressi della zona indicata.
    Il viaggio non fu dei più confortevoli ma, durante il tragitto, un mercante del deserto mi accompagnò nei pressi di Konoha col suo carro trainato da cavalli molto veloci. Allungai di molto il tragitto in termini di metri, ma riuscii a chiudere occhio qualche ora. D'altronde venivo da una notte insonne.
    Giunsi quindi nel luogo indicato nella richiesta d'aiuto, facendomi strada tra le pendici dei monti fino a scorgere un edificio in lontananza.
    Doveva proprio essere quel che cercavo, supponendo di non aver sbagliato con le coordinate. Mi incamminai verso l'edificio: non avevo mai visto una Casa di Spettacoli, quindi la curiosità oramai era padrona delle mie azioni e della mia ragione.
    Oramai ero giunto nei pressi dell'entrata, cosa mi attendeva?

    Non ho descritto l'edificio volutamente... Spero di non aver sbagliato



    Edited by ShaneH - 11/12/2016, 12:22
     
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    I giorni passavano ed il ninja di Konoha si ritrovava come al solito nella sua casa, oltre le mura del villaggio, appena ai confini della foresta. Un’abitazione rudimentale lasciatagli in “custodia” dal padre fino al suo ritorno. Sorseggiava un thé caldo al limone appena preparata, dei biscotti al miele andavano ad inzupparsi per poi essere mangiati con calma, quasi con svogliatezza. Lo sguardo era opaco, vuoto, stanco. Era sveglio ormai da qualche ora eppure la sua mente non aveva intenzione di alzarsi del tutto e di prendere il suo fare quotidiano anche se, in effetti, era quello il suo fare quotidiano.
    Passano i minuti, finisce la bevanda. Si alza e si reca alla finestra, la apre. Quel giorno c’era un bel sole. Il cielo si era già sfogato abbastanza la sera prima tra pioggia, tuoni e… fulmini.
    Il capo si voltò, lo sguardo andò ad osservare quel pezzetto di carta con cui aveva eseguito il test il giorno precedente per scoprire quale fosse la sua affinità elementale.
    Fulmine. Questa era stata la decisione presa dal fato in merito a all’elemento predisposto per Fujiwara.
    Un altro passo avanti. Piccolo, minuscolo, come un insetto, ma essenziale. Il brusco si era poggiato su di un ramo e lentamente aveva iniziato ad avvolgersi in un bozzolo. Il filamento di seta che lo avrebbe adornato era appena all’inizio di quello che ne sarebbe seguito, la metamorfosi era ancora lunga, il tempo però non poteva attendere.
    La sigaretta che stava fumando con tanta calma e serenità giunse al termine, l’ultimo mozzicone cadde nel posacenere, la mano andò con l’esercitare una pressione sull’oggetto da essa tenuta comportandone lo spegnimento. Fu un attimo. Come quell’ultimo residuo di fumo che uscì dalla sua bocca, come quell’ultimo respiro tirato dalla sigaretta prima di terminare il proprio compito. Chiuse gli occhi per un istante. Quello che bastava per pronunciare un “si” mentale, per affermare una convinzione che già nei giorni precedenti si era fatta largo tra le fila del suo cervello e aveva coinvolto i suoi pensieri in una sequenza di ragionamenti e deduzioni.
    Doveva conoscersi. Doveva testarsi. Doveva capire quanto fosse avanti e quanto indietro rispetto alle sue aspettative e a ciò che era. Doveva comprendere chi era e qual’era la sua effettiva forza.
    Il genin decise dunque di mettersi alla prova. Andò a prendere il lungo cappotto nero per coprirsi dal freddo, nonostante la giornata soleggiata, che accompagnava quel dì. Tirò su la cerniera della felpa a collo alto che indossava e si diresse verso il villaggio. La meta era la bacheca dove venivano affisse le missioni.
    Fu una passeggiata confortevole, quasi divertente se si poteva considerare tale il battibecco tra le due guardie all’ingresso del villaggio…

    “Ti dico che era uno Shinobi della Nebbia, aveva sicuramente qualche abilità innata…”
    “Tsk… secondo me ti sei fatto fregare come un allocco dal solito velo…”
    “Mi hai preso per un genin alle prime armi?”
    “Questo lo stai dicendo tu…”
    “Ti avrei voluto vedere al posto mio cosa avresti combinato..”

    Dai toni la conversazione sarebbe proseguita a lungo e forse era già iniziata da un po’ di tempo. Beh almeno non si sarebbero annoiati nello stare lì, in piedi, davanti ad un portone tutta la giornata.
    Era un periodo di pace e serenità, il mondo stava riprendendo pian piano il suo ciclo di vita e prosperità.
    Molti fiori sarebbero sbocciati ed altrettante uova si sarebbero schiuse. La natura è qualcosa di spettacolare, pacifico e armonioso, basterebbe soltanto lasciar scorrere il tempo e convivere con ciò che ci circonda nella maniera più “naturale” (per l’appunto) possibile. Sarebbe tutto più semplice. Sarebbe tutto più bello. Sarebbe tutto più vero.
    Mentre queste riflessioni sull’esistenza e la convivenza pacifica con il prossimo, uomo, animale, insetto o pianta che sia, accompagnavano il giovane, questo si ritroverebbe innanzi alla bacheca delle missioni.
    Inizierebbe a leggerne un paio. Ha bisogno di qualcosa di interessante. Qualcosa che lo metta alla prova.
    Se c’è una sola cosa che conosce di se stesso e che non darebbe il massimo di se stesso per qualcosa che non lo sproni realmente a dare il massimo, si limiterebbe a fornire l’essenziale impegno al superamento di quest’ultima ma lui… non aveva bisogno di questo. Doveva rischiare. Doveva conoscere il suo limite ed il suo punto massimo. Soltanto allora avrebbe compreso come comportarsi in seguito.
    Tra tutte quelle elencate, una su tutte spiccò ai suoi occhi. Era una missione di Livello C. Non consigliata ad un neo-genin. Adatta a ninja più esperti, in certi casi (forse era uno di quelli), adatte più a dei chunin che a dei genin. ERA PERFETTA!
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    Cari Kage,
    avrei bisogno del vostro aiuto, di chiunque abbia un minimo di sale in zucca, per lo svolgimento di un compito assai particolare. Sono il proprietario di una Casa di Spettacoli, ma è successa una cosa terribile. Prima sono state rubate tutte quante le mie attrezzature ed i vestiti dei performers e poi... Una di loro è stata fatta fuori in maniera brutale e crocefissa nel suo camerino.
    Non so chi sia stato a far questo ma noi siamo barricati qui, a Kumo, nella zona montana, coordinate --X, --Y, vi prego, qualcuno venga ad aiutarci. Ormai sono due settimane che non succede "nulla", però noi abbiamo una paura altissima di allontanarci, davvero, e di notte ogni tanto ci sono dei suoni sinistri e terribili.
    Vi prego, aiutateci!

    Strappò dunque il foglio dalla bacheca e si recò agli uffici per presentare la sua richiesta e dare la sua disponibilità per la missione. Ci furono un po’ di storie, qualche discussione sul fatto che fosse la sua prima missione, poi però tutto si risolse in maniera burocratica, un timbro e via. Poteva svolgere la missione.
    Non avrebbe deluso le sue aspettative. Gli altri si sarebbero ricreduti. Soltanto così avrebbe dato prova che quel potere da lui tanto bramato, pian piano gli si stava avvicinando, quando quel bruco completerà la sua metamorfosi potrà dirsi farfalla, lui, si dirà gigante.
    Tornò di corsa a casa, prese tutto quello che gli sarebbe potuto essere utile, dalle armi alle provviste, zaino in spalla, cappuccio tirato in alto e via. Il viaggio aveva inizio.
    Kumo si trovava a nord di Konoha, esattamente dall’altra parte della foresta.
    Conosceva quegli alberi, conosceva quelle bestie e conosceva quell’ambiente. Mai però si era spinto oltre, fuori dal confine, ove gli alberi non si nutrono più della Volontà del Fuoco ma saldano le loro radici su ben altro suolo, un suolo sconosciuto, un suolo estraneo.
    Il viaggio durò una si e no una giornata. Era partito con il sole nascente e stava arrivando con un sole calante. Decise dunque di fermarsi ed attendere le ore di luce del mattino in un posto al sicuro non appena l’avesse trovato.
    Vi era un vecchio casolare abbandonato. Non sembrava esservi segno di effrazione o vita al suo interno, ne segni di animali ne altro, sarebbe andato più che bene per riposare qualche ora.
    Il giorno seguente, ai primi raggi del sole, il genin di Konoha si alzò in piedi, buttò giù due sorsi di latte che si era portato dietro e diede qualche morso ad un panino per riempirsi lo stomaco quel tanto che bastava, successivamente, riprese il suo cammino…
    Ormai la terra di Kumo si mostrava lui innanzi. Fece un giro per il villaggio chiedendo informazioni sulla zona ove si sarebbe dovuto recare. Incontrò una vecchietta molto gentile che fornì lui tutte le indicazioni necessarie per giungere nel loco. Fujiwara ringraziò gentilmente quest’ultima e si incamminò verso la meta.
    Di lì a poco avrebbe intravisto la “Casa degli Spettacoli”…

    Ho fatto appena in tempo ad aggiungere una tecnica ahah ho seguito Shane nella non descrizione del posto.
     
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    Dopo un po' di tempo qualcuno aveva davvero risposto alla loro richiesta di aiuto, e nel frattempo le cose non sembravano decisamente essere cambiate, anzi, tutti quanti se ne stavano barricati lì, impauriti, con le scorte di cibo che erano praticamente ridotte al minimo e nessuno che era andato ancora a salvarli, ma questo l'avrebbero visto dopo, i nostri ragazzi.
    Una volta giunti non troppo distanti da quella costruzione, comunque, avrebbero potuto vedersi anche a vicenda, e probabilmente i due shinobi più esperti sarebbero rimasti nelle vicinanze per intervenire in caso le cose si fossero complicate, in caso di pericolo. Avrebbero detto loro che se ne sarebbero andati, ma comunque sarebbero rimasti di nascosto: da ninja esperti quali erano potevano ben farlo.
    Una volta lasciati i giovani, comunque, loro avrebbero potuto vedere come mancava davvero pochissimo per raggiungere quel posto, giusto una cinquantina di metri su un percorso roccioso abbastanza regolare con una pendenza non troppo elevata: la Casa degli spettacoli era proprio arroccata su un'altura, un posto decisamente suggestivo.
    Una volta arrivati lì vicino, comunque, oltre al grosso spiazzo di pietra, potranno avere libera vista di quell'edificio: dalla pianta circolare del diametro di circa venti metri, mentre l'altezza massima pareva arrivare addirittura ad una decina metri, con tanto di grossa insegna colorata al neon ma che in quel momento pareva essere decisamente spenta. "Pralineaus Domus! La casa degli Spettacoli!" recitava.
    Decine e decine di colori e maschere di diverse fattezze tappezzavano gentilmente quel posto come se non potessero far altro, mentre le finestre parevano avere tutte quante dei vetri oscurati e varie figure di animali intarsiate nello stesso scuro cristallo. Il portone era a due ante, alto almeno tre metri, tutto rosso e coi bordi e due maniglie tonde e dorate. Era socchiuso, piccolo dettaglio, ma non abbastanza per farci entrare animali od altro, troppo pesante per delle bestiole, ma non per degli umani.
    Se i ragazzi avessero osservato con attenzione, comunque, essendo giorno, avrebbero potuto vedere come in alto a destra, su quello che pareva essere il secondo piano, una finestra sembrava essere aperta e delle figure si muovevano lì, vestite strambe: uomini, donne, insomma, un gran via vai, anche se nessuno osava affacciarsi.

    Bene, altro post descrittivo! Vedete voi che fare, conoscetevi... Insomma, go!
     
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    Incuriosito, prima di bussare al portone socchiuso, mi fermai a contemplare l’edificio che avevo di fronte. Non dei più grandi, ma sicuramente molto interessante.
    Il portone, come la costruzione stessa, non era dei più grandi, era forse il doppio di me, anche qualcosa in meno. Insomma, sì, non è sicuramente una porta di un semplice appartamentino, ma neanche un qualcosa di così maestoso. Mi concentrai prima su di esso, tastando con circospezione la maniglia dorata di una delle due ante. Il pomello, anzi, a dirla tutta.

    Dev’essere vero oro... Non male

    Poi, come catturato dall’eccentricità del luogo, feci qualche passo indietro per osservarlo meglio. Nel mondo degli shinobi dovevano esserci innumerevoli luoghi così eccentrici e bizzarri. L’azienda “Magnificent Carrot” lo era, ma non reggeva il confronto con la Pralineaus Domus.
    La Casa degli Spettacoli probabilmente era l’edificio più bizzarro e pacchiano della nazione per come si presentava. Se mi avessero chiesto di definire il colore dell’edificio, o la fantasia delle mura, non sarei stato capace di dare una risposta completa.
    Gli artisti che ci avevano lavorato dovevano essere dei più capaci ed esperti per tirar fuori un opera così cangiante e unica nel suo genere. Le mura, dicevo, erano di mille colori. Vi erano i più classici e conosciuti come: nero, bianco, grigio o rosso, ma di mille e più sfumature. Ambra, Antracite, Blu Elettrico, l’Oro e chi più ne ha più ne metta! Le sfumature, spesso, mutavano negli schizzi, come in una transizione tra realtà e fantasia. Strabuzzai gli occhi, accorgendomi poi anche di ciò che era appeso a tali muri. Maschere. Maschere di forma, tipologia e grandezza d’ogni genere. Maschere raffiguranti animali, dei, miti e personalità celebri.
    Mi avvicinai meglio, notando, poi, con interesse che le maschere non erano appese, ma incastonate all’interno dei muri. Dovevo possederne una. Assolutamente.

    Mmh!? Chi si sta avvicinando?!

    Improvvisamente, mi accorsi, di passi alle mie spalle. Subito mi voltai, per poi rimanere in qualche modo deluso da quel che vidi. Speravo fosse la bestia feroce da sconfiggere, l’assassino della vittima, magari. E invece no.
    Una strana figura, meno bizzarra dell’edificio, ma comunque abbastanza strana, si avvicinava anch’essa alla porta. Lo osservai, notando il coprifronte della Foglia.

    Konoha eh? Piacere, Kenta. Credo che tu sia qui per il mio stesso motivo, giusto?

    Nel pronunciare tali parole, notai, che il giovane teneva la bocca coperta dalla felpa. Se ne stava tutto rannicchiato all’interno dei suoi vestiti, incappucciato come un fantasma. Pensai che chiedere il perché di tale uniforme fosse abbastanza scortese, quindi decisi di ignorare l’abbigliamento inusuale del giovane. Piuttosto cercai di farmelo amico, spezzando la tensione con domande abbastanza tranquille e semplici da rispondere.

    Notato anche tu l’eccentricità del posto, vero? E’ piuttosto bizzarro.. Se ci riesco, entro la fine della missione, provo a sgraffignarmi una bella maschera!

    Sorrisi, indicando le maschere incastonate sul muro.
    Dopodiché, tornando serio, osservai le finestre, oscurate come l’insegna che recitava il nome del posto. Notai, con incredibile sorpresa, che le finestre sembravano osservarci. Aguzzai al meglio la vista, incrociando lo sguardo di un cane all’interno della finestra. Sì, avete capito bene. Nelle finestre, erano state intagliate delle forme di animali che, forse per spaventare i visitatori con cattive intenzioni, cozzavano un po’ con i bei colori e le belle maschere del luogo, che ora stava assumendo un aspetto molto più lugubre. Persino le maschere, così inespressive, erano molto meno piacevoli da osservare nel luogo periodo.
    Feci per avvicinarmi alla porta, quando la mia attenzione virò altrove. Le finestre del secondo piano erano aperte. Ero troppo concentrato su quelle chiuse, paradossalmente, da non accorgermi di quelle già aperte. Vi era un via vai di figure mascherate ed agghindate in mille modi, ma decisi di non concentrarmici troppo in quel momento. Volevo entrare, spinto dalla curiosità.
    Mi rivolsi al mio compagno, domandandogli:

    Allora, busso ok?

    Non aspettai neanche la risposta, preso com’ero, e diedi tre colpetti alla porta socchiusa. Avremmo potuto già fare irruzione nel locale, ma d’altronde l’educazione non va dimenticata, no?
     
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    Il suo passo schiacciava il duro suono emettendo un suono altrettanto rude e solido. Come dei forti rintocchi battevano in quel silenzio e, per quanto minime, quelle frequenze avrebbero disturbato un orecchio attento. D'altronde era lì per una missione di soccorso, sicuramente non poteva esserci un clima di festa e d’allegria e, tutto quel nulla, rendeva l’atmosfera decisamente lugubre.
    Il cammino stava giungendo a termine, l’alta insegna già poteva scorgersi alla sua vista, lo sguardo fissò la scritta “Pralineaus Domus! La casa degli Spettacoli!”…

    “sono arrivato quindi…”


    Penserebbe tra se e se mentre, avvicinandosi sempre di più al loco, osserverebbe sempre meglio la costruzione che pian piano andava palesandosi lui innanzi.
    Era qualcosa di eccentrico, sgargiante, luccicante, ammaliante… sin troppo per i suoi gusti.
    Quasi che lo preferiva così, muto, in quel clima di desolazione e quell’orizzonte desertico che lo adornava.

    “Almeno nessuno finge di sorridere…”


    Commenterebbe tra se e se con gli occhi puntati, quasi catturati, dalle numerose maschere incastonate in quella sfarzosa “Casa degli Spettacoli…

    “Maschere…”


    Uno sguardo di disapprovazione, di disappunto. Stanco, offeso, denigratorio.
    La dimostrazione della falsità di quest’ultime era dimostrato dal luogo stesso. Le maschere prendono forma e vita in base a ciò che le circonda, se questa è allegra loro allora emaneranno gioia, se questa è triste proveranno a divorare i vostri sogni.
    L’uomo vive in maschera. C’è chi ne ha più di una. Chi l’adatta all’occasione. Le maschere ci servono per vivere serenamente, stabiliscono il nostro “quieto vivere” messo in relazione con gli altri, delle volte ci servono per andare avanti, quando non si conosce la propria identità spesso si tende ad indossare una maschera per non sentirci nudi, per non sentirci vuoti.
    La maschera è il simbolo di questa società che nasconde pianti dietro sorrisi, dolori dietro finte gioie, sentimenti con stupidi oggetti materiali, amore con guerra, vita con morte.
    Quando cessiamo di essere noi stessi, quando cadiamo nelle maschere, a quel punto cessiamo anche di esistere.
    Non vi è più una nostra identità ma soltanto il frutto di una serie di situazioni ed esperienze che abbiamo raccolto ed assemblato per poter vivere più serenamente ma, nel momento in cui ci leviamo quella maschera, anche fosse solo per un istante, ci sentiamo indifesi, privi di quel velo di menzogna che ci aveva nascosti fino ad allora agli occhi degli altri, non sappiamo più come reagire, non è per noi una situazione di agio, ci sembra opprimente, eppure siamo soltanto noi.
    Nudi. Privi di falsità. Senza Maschera.
    Terminato questo flusso di pensieri e riflessioni, la sua mente tornerebbe sulla terra, ed il suo sguardo si focalizzerebbe su di una figura stanziante innanzi al portone della Casa degli Spettacoli.
    Questo aveva dei corti capelli neri brizzolati, indossava degli occhiali da sole dalla lente scura che celava il suo sguardo, la carnagione era visibilmente stata baciata dal sole e rispecchiava quel contornato nero che rifletteva la sua immagine.
    Il ninja si presentò, disse di essere lì per il suo stesso motivo. Dunque per quella missione avrebbe dovuto collaborare con uno shinobi della Sabbia.

    “Fujiwara…”


    Rispose secco. Rimanendo con uno sguardo che attraversava la figura dell’uomo puntando direttamente all’enorme portone alle sue spalle. Si avvicinerebbe a quest’ultimo sfiorandolo con la mano mancina per poi rispondere alla seguente affermazione del genin di Suna…

    “Fin troppo eccentrico per i miei gusti…”

    Poi, riprendendo posizione affiancata all’altro, andrebbe a guardare verso quel via vai di persone che si potevano scorgere dalle finestre, tutte queste indossavano una maschera, alche continuò con il suo solito tono tra il seccato ed il distaccato…

    “Detesto le maschere. Il mondo ne è pieno… non trovi?”


    Domanderebbe all’altro per poi successivamente acconsentire con un cenno di capo alla sua idea di bussare, seppur la ritenesse futile, il portone era socchiuso, sarebbero potuti entrare nel silenzio, lui adora il silenzio, shhh fate silenzio… ora tocca vedere cosa succede...
     
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    Ragazzi scusatemi assolutamente per il ritardo ma non era venuta fuori la notifica e pensavo non aveste risposto: sono una persona orrenda :sigh:

    Due ragazzi sicuramente educati loro due, il vero problema era che probabilmente nessuno avrebbe risposto, e difatti passarono un bel po' di minuti senza che nessuno rispondesse a quella sorta di cenno di saluto. Tuttavia la porta aperta parve muoversi verso l'interno ed aprirsi da sola con uno scricchiolio sinistrissimo.
    Il cielo si stava incupendo sempre di più, tanto che dei nuvoloni carichi di pioggia ormai in pochissimi tempo avevano ricoperto quasi tutto quanto con violenza e potenza, ed ogni tanto i lampi rilucevano su quella distesa informe e facevano presagire il peggio: insomma, proprio una situazione dal film horror.
    Anche il vento cominciò a soffiare potente, tanto che l'unica finestra dalla quale avevano intravisto qualcuno che non li aveva assolutamente notati da lì. Fu proprio una fortissima botta di vento che fece spalancare completamente la porta, mostrandone l'interno: il tutto era illuminato da candele, sì, ma che non sarebbero durate più di un paio di ore, ormai consumate fino all'osso.
    Davanti a loro si presentava un grandissimo salone con un pavimento a quadri rosso e blu, largo almeno una ventina di metri. Anche le pareti avevano la stessa fantasia, per quanto la disposizione delle decorazioni fosse molto diversa. A circa 10 metri davanti a loro c'erano due rampe di scale, una che portava sul pianerottolo a destra ed una a sinistra, identiche e con dei fregi dorati sul corrimano e delle maschere intarsiate qua e là secondo uno schema fisso.
    Sulla parete sinistra c'erano varie foto di spettacoli e maschere di ogni tipo ed anche un quadro del proprietario e sotto recitava: "Sig. Pralineaus". Un signore magro ed alto, con dei baffetti neri arricciati verso l'alto e dei capelli lunghi legati in una coda. In quel quadro aveva in testa una tuba nera ed un frac a coprirne il corpo magrissimo.
    Sulla parete di destra invece era presente una porta con su scritto "Deposito Giacche", un paio di metri più in là invece c'era l'ascensore che portava ai pianerottoli superiori come le scale, difatti erano comunque collegati per quanto le rampe differissero. Sui pianerottoli, invece, c'erano almeno quattro porte ciascuno sui lati e due frontali, quelle sulle quali c'erano scritte due cose: "Palco A" e "Palco B". Porte di legno rosso con i pomelli dorati, delicatamente istoriate.

    ODDIO AIUTO COME HAI FATTO AD ENTRARE?! SCAPPATEEEEEEE!

    Un urlo si diffonde dal pianerottolo di destra e la terza porta si apre di schianto, mostrando una decina di persone: quattro ballerine, due ballerini, tre cantanti ed il proprietario vestito come nel quadro. Queste, senza prestare attenzione e senza accorgersi di nulla corsero rapidamente verso il Palco A, chiudendo la porta dietro di loro.
    L'altra porta che era stata aperta, invece, si chiuse rapidamente e probabilmente i giovani avrebbero fatto in tempo a vedere una figura scura, ammantata completamente di viola, che chiudeva tutto quanto ed aveva una forma decisamente strana, inusuale, come se fosse quasi deformata da qualcosa.
    Beh... dove andare?

    Decidete dove andare e chi cercare!

    Appunto per chi possiede le Conoscenze Popolari almeno lv.1: Chi possiede queste conoscenze può sapere che il viola, in teatro, è un colore che non va MAI indossato perché porta malissimo.
     
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    *Toc, toc, toc...*

    Il bussare, scandito quasi meccanicamente, dalla mia mano risuonò solenne per parecchi minuti, mentre intorno l'atmosfera cominciava a cambiare.
    Le nuvole, che a Kumo sono spesso alte nel cielo, erano sempre lì, dove le avevo lasciate, ma qualcosa di nuovo sembrava esserci nel paesaggio. Le nuvole stesse, osservatrici del sentiero su cui risiedeva la Casa Spettacoli, sembravano essersi turbate. Forse, quel bussare, non era gradito, o forse temevano un pericolo ben più grande. Cominciarono a scurirsi, pronte a scaricare sull'edificio una notevole quantità di pioggia.

    *Toc, toc, toc..*

    Bene, decisi di finirla col bussare. Nessuno aveva risposto alle mie buone maniere, ma non mi scoraggia molto. Me lo sarei potuto aspettare. Quindi, rimasi per un secondo in attesa, per poi osservare la aprirsi all'improvviso. Un scricchiolio sinistro accompagnò l'apertura, rendendo il tutto abbastanza lugubre. Mi voltai, lanciando un'occhiata eloquente al mio compagno di missione. Cosa ci aspettava all'interno? Non potevamo esserne a conoscenza, ma qualcosa mi diceva di proseguire avanti.
    Feci per entrare nella casa, quando un lampo cadde proprio alle spalle di essa. Un fulmine enorme, che fece assumere all'ambiente circostante un aspetto a dir poco grottesco. Il lampo alle spalle della Pralineaus Domus, l'annuvolarsi del cielo ed il calare prematuro dell'oscurità; una serie di coincidenze parecchio bizzarre. Ma non era finita lì. Anzi, tutt'altro. Misi, quindi, con un po' di terrore, il piede all'interno dell'abitazione, voltandomi verso Fujiwara.

    Andiamo... E stiamo uniti.

    Sentenziai, facendomi strada nell'ingresso. Fortunatamente, però, l'ambiente circostante era tutto tranne che in condizioni pietose. Per cui, il senso di spossatezza e timore era leggermente svanito. Il pavimento era abbastanza curato: i colori del blu e del rosso facevano da padrone. Così, come sui muri, dove varie forme e fantasie si alternavano. Sicuramente un posto caratteristico. Ma non riuscivo a sentirmi del tutto tranquillo. Quindi, sperando che qualcuno mi venisse in aiuto, accogliendomi, rimasi in attesa, guardandomi attorno.
    Potei subito notare, senza troppi problemi, una porta sulla destra con su scritto: "Deposito Giacche". Niente di sospetto, nulla che facesse presagire al peggio. Quindi passai oltre. Notai, scorrendo lo sguardo sul lato destro, delle scale. Beh, non che non me l'aspettassi. Una casa di quel genere non poteva non avere delle scale.

    Chissà dove portano quelle scale..

    Borbottai tra me e me, osservando poi l'altro lato della parete del salone. Mi avvicinai, quindi, incuriosito ad ritratto. Vi era scritto: "Sig. Pralineaus". Doveva essere lo stesso Pralineaus del nome della casa. Doveva essere lui il proprietario. Notai subito, però, oltre ai baffetti arricciati, l'abbigliamento di quel tipo. Cozzava, non poco, con i colori e l'atmosfera della casa. Appariva serio, professionale, in quel frac forse un po' consumato dagli inverni. Il cappello invece, che con ignoranza non identificai come una tuba, era piuttosto allungato. Lo sguardo dell'uomo non comunicava alcun ché, sembrava, a dirla tutta, piuttosto inespressivo proprio il volto dell'uomo. Era stranamente allungato, facendolo sembrare, almeno dal ritratto, abbastanza alto. I lineamenti appuntiti, come a sottolineare la magrezza dell'individuo, non lo rendevano così simpatico, sapete come si dice, "a pelle". Mi sembrava a dirla tutta un po' spettrale come figura. Comunque, non ci badai, ma improvvisamente venni distratto da qualcosa. Anzi, da qualcuno.

    ODDIO AIUTO COME HAI FATTO AD ENTRARE?! SCAPPATEEEEEEE!

    Un grido lacerò il silenzio della casa, mettendomi in allarme. Non persi tempo, voltandomi subito verso l'origine da cui era provenuto il grido. Mi accorsi, quindi, guardando in alto, dell'esistenza di un pianerottolo dove vidi delle persone, tra cui il proprietario della casa, spostarsi da un lato all'altro, entrando in una porta. Cosa diavolo stava accadendo? Poi, di scatto, anche la porta del "Deposito Giacche" si era aperta. All'interno di essa, per un istante, vidi un qualcosa di molto bizzarro. Una forma indistinta, probabilmente non umana, di colore viola. La porta però si chiuse con grande rapidità, non dandomi il tempo di osservare meglio.

    Meglio stare all'erta...

    Mi dissi, parlando nuovamente a voce bassa, iniziando a comporre i sigilli per la Moltiplicazione. Non volevo essere assalito all'improvviso. Non conoscevo neanche la casa nel suo insieme e non volevo rischiare inutilmente. Quindi, composi i sigilli, provando a moltiplicarmi in due copie di me stesso.
    Dopo un istante passato a riflettere sul da farsi, mi diressi verso la scalinata di sinistra. Giunto in cima, scoprii, però, che vi erano ben due porte sul lato sinistro. Perché avevo scelto di andare lì? Beh, volevo informazioni sulla casa da parte del proprietario e lui, e tutta la banda di fenomeni da baraccone, si erano diretti in quella direzione. Entrambe le porte, finemente rifinite sui pomelli, recitavano: "Palco A".
    Qualcosa doveva esser accaduto, forse un secondo omicidio. Non potevo perdere troppo tempo, ne ero cosciente, ma la ragione mi impose di raccogliere tutti gli strumenti possibili per migliorare le ricerche. Sperando che nel frattempo il mio compagno non se ne fosse scappato con la coda tra le gambe.


    Stamina: 150-5=145
    Resistenza: 150

    Azioni:
    - Tecnica della Moltiplicazione (2 copie)
    - Raggiungere il Palco A per rivelarmi al proprietario e a gli altri!

    Ho supposto che, dal salone, il mio pg potesse vedere il pianerottolo su cui davano entrambe le scale. Non completamente, ma una parte soltanto. Come una sorta di balaustra che da sulla stanza d'ingresso praticamente. Forse ho sbagliato.

    Spero Fuji ci sia perché questa missione da affrontare da soli, magari se si spengono pure le candele dell'ingresso, non è piacevolissima :unsure:
     
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    I peggiori timori di Kenta presero vita. Non quei timori infantili, niente paure segrete che improvvisamente tornavano a galla. Semplicemente, il suo compagno di squadra non resse quell'ambiente privo di tranquillità. Il via vai di persone, la paura e il clima di terrore che si respirava, fu troppo per lui. Senza prendere in considerazione la sua posizione, l'impegno che si era preso e anche l'affidamento che Kenta, silenziosamente, riponeva in lui, semplicemente il ragazzo girò i tacchi, dandosela a gambe levate. E il genin di Suna fu solo, nel grande teatro. Improvvisamente ci fu un silenzio spaventoso, niente a che vedere con il baccano che era stato fino ad un attimo prima. Qualcosa, o qualcuno, si era richiuso una porta alle spalle. La banda di teatranti, però, era riuscita a mettersi in salvo. Sembrava infatti che la misteriosa figura, avvolta da qualcosa come un manto, di un intenso viola scuro, non avesse puntato nessuno dei presenti. Ciò cozzava con quanto scritto nella missiva, che ritraeva quell'unica e solitaria figura, come assassino. Kenta, rimasto solo, si moltiplicò, cercando un supporto non solo in battaglia ma una compagnia vera e propria, in quella situazione. Salì le scale, dirigendosi verso la porta in rosso legno che recitava "Palco A", in bella vista. Quando posò la mano sulla maniglia, i barricati trasalirono. Qualcuno cercò di zittire le voci. Lentamente, il ragazzo aprì la porta, ritrovandosi in un corridoio sospeso. Un muretto di cinta in legno e rifiniture di un tenue rosso, mostrava dall'altra parte un grosso palco in legno, con platee e tribune. Era nient'altro che l'entrata ad una zona delle tribune, vuote. Ma, accatastati in un angolo come stracci e tremanti come foglie, l'intera compagnia teatrale. Ballerini, cantanti e il direttore, con la sua tuba in testa. Lo osservarono dapprima atterriti, per poi aprirsi in sorrisi emozionati. Alcuni piansero dalla contentezza e fu proprio l'alto e magro uomo, dai baffi arricciati all'insù, a precipitarsi verso il ragazzo di Suna.

    Finalmente, che tu sia benedetto, ragazzo! Quel mostro è ancora qui in giro.. devi aiutarci!

    Balbettò, cercando di stringere le mani del ragazzo, fissandolo con il cuore in gola. Era molto più che spaventato. Negli occhi ancora il riflesso della donna crocefissa e grondante di sangue che aveva trovato. Era la star femminile della sua opera, un astro nascente del teatro. Al solo ripensarci, gli occhi dell'uomo si riempirono di lacrime, sicché tirò fuori un fazzoletto dalla tasca dell'elegante completo, asciugandosi.

    Oh, è stato terribile. Ha ucciso Maria a sangue freddo.. Lei era davvero incredibile. Nessuna aveva la sua estensione..

    Spiegò, lasciandosi andare ai ricordi di quella ragazza, sparita prematuramente. Il resto della banda sembrava aggregarsi al suo cordoglio, tranne una ragazza. Era bella ma non così giovane. Il volto fine e gli occhi come due smeraldi sotto i capelli ricci e biondi. Una bella donna, sulla trentina, che però aveva il volto rovinato da un unico dettaglio: le labbra sottili. Rendevano il suo sguardo perennemente disgustato.

    Oh, ma smettila, Howard!

    Esclamò seccata. Tirò fuori dal bel vestito rosa, tutto fronzoli e pizzi, una lunga sigaretta che accese con uno zippo nascosto nella alte calze che nascondevano il pizzico di cellulite sulle cosce.

    Ancora a piangere per la povera Maria? Fattene una ragione! Siamo NOI ad essere in pericolo, adesso!

    Sbraitò e qualcuno riuscì persino a darle ragione. Altri, invece, la guardarono storto, non più del solito. Sapevano tutti della sua invidia per Maria. Tanto che se non fosse stato per la visione di quel tremendo individuo che ancora si aggirava per la struttura, avrebbero addirittura potuto immaginare che fosse stata lei ad aver ordito l'atroce delitto. Il signor Pralineaus bofonchiò qualcosa ma non ebbe il tempo di discutere con la passata stella dell'opera. Improvvisamente si udì un fortissimo squillo acuto, esattamente come il rumore di un microfono impazzito. Proveniva dal palco in legno, metri e metri sotto di loro. Alcuni si nascosero ma i più che si sporsero dalle tribune laterali, riuscirono a vedere con i loro occhi la scena. Le tende rosse che nascondevano il palco erano state tirate, mostrando un unico pianoforte a coda, al centro del palco, che suonava da solo una musica terrificante poiché non una era musica. Sembrava quasi che qualcuno si divertisse nel spingere con forza tasti a caso, creando un vortice di chiasso e angoscia. Sopra di loro, quell'essere volava a mezz'aria. Non lo si poteva vedere con chiarezza se non per alcuni particolari. Indossava un grosso cappotto viola scuro, quasi nero sotto i riflettori del palco, che gli copriva praticamente tutto il corpo. guanti neri, una grossa tuba del medesimo colore del cappotto. Solo la faccia bianchissima risplendeva, ma non si poteva vedere con chiarezza. Con orrore, tutti la compagnia urlò, disperata dal terrore. Nessuno di loro notç quindi che il misterioso uomo non stava fluttuando come pensavano. Era legato a delle corde, quelle usate per calare gli oggetti in scena.

    TREMATE, VOI, SCHIAVI DI QUESTA TEATRANTE FOLLIA!
    SONO COLUI CHE NELLA NOTTE VI ATTERRISCE E VOLA VIA!
    NON PENSIATE CHE NASCONDERVI VI DIA SICUREZZA:
    DELLA MORTE, PRIMA O POI, PROVERETE L'EBREZZA!
    SE VI GUARDERETE ATTORNO VEDRETE OSCURITA'
    ED IO SONO QUELLO CHE STRISCIANDO ARRIVERA'..
    QUINDI SMETTETE, OH INGRATI, SMETTETE DI LOTTARE
    POICHE' LE VOSTRE VITE, STANNO PER FINIRE..


    Recitò con voce disarmante, roca come l'abisso e gelida come la tormenta. Un gioco di fumo oscurò il palco per intero e, quando esso si diradò, l'uomo, o qualsiasi cosa fosse, era sparito. Tra i teatranti v'era il panico, nessuno sapeva più cosa fare. Uno di loro, in preda al terrore, cominciò a ridere, salutando tutti a gran voce. Nessuno poté fermarlo quando si lanciò oltre la balconata. Le urla dei presenti coprirono il rumore delle sue ossa rotte e il rumore degli organi che collassavano, sotto il peso della gravità. Una grossa macchia di sangue imbrattò la moquette. Il misterioso assassino del palcoscenico era riuscito a mietere un'altra vittima.

    Purtroppo Fujiwara fallisce la missione poiché sparito. In ogni caso, prende il minimo, 40 punti exp, che potrà riscorrere entro un mese da questo post, massimo.
    Procediamo, dunque, con la missione. Hai carta bianca. Puoi decidere cosa fare, dove muoverti e con chi parlare. Bastano anche post brevi nel caso tu voglia convincere qualcuno a seguirti/parlare con qualcuno o azioni che in qualche modo necessitano un'interazione con png. Per qualsiasi dubbio mandami pure un mp


    Edited by Kerberotte - 20/8/2017, 09:19
     
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    Una volta abbassata la maniglia, entrai in quello che scoprii essere il teatro. Mi ritrovai in piedi, al centro del corridoio, circondato da sedili vuoti. Scorsi più in là, verso il palco, tutti gli attori, addetti ed il proprietario sopra di esso, impauriti. Rimasi un istante in attesa, osservandoli a distanza. Loro sembravamo fare lo stesso, come piccoli topi chiusi in trappola in attesa d'esser mangiati. Fortunatamente per loro, non ero un gattaccio affamato.
    Accennai un piccolo passo in avanti, facendo un cenno con la mano. Un saluto incerto che raccontava al meglio il mio stato d'animo. Non ero abituato a rapportarmi con gruppi di persone così elevati, figuriamoci con un gruppi di persone così bizzarre e stravaganti. Salutai quindi a distanza, senza dare troppa enfasi al saluto. Dopo qualche altro secondo d'incertezza, qualcosa si mosse.
    Il proprietario, il signor Pralineaus, cominciò ad avvicinarsi emozionato. Nel mentre, tra i suoi dipendenti, ci fu una reazione quantomai improvvisa. Tra lacrimoni e sospiri di sollievo, il proprietario baffuto sembrava anche lui visibilmente emozionato.

    Finalmente, che tu sia benedetto, ragazzo! Quel mostro è ancora qui in giro.. devi aiutarci!

    Esordì, balbettando, afferrandomi la mano per stringermela con agitazione. Sembrava un misto di terrore e speranza fusi nello stesso individuo. Fortunatamente era un attore quindi, supposi, sapesse come nascondere quel vortice d'emozioni, dissimulandolo, seppur a fatica. Traspariva il turbamento nei suoi occhi, nelle sue movenze. Se da un momento all'altro avesse iniziato a manifestare un piccolo "tic", o addirittura a perdere il senno, avrei ritenuto che non ci fosse stato nulla di strano. Vi era fin troppa tensione in quell'uomo, anche un ingenuo se ne sarebbe accorto.
    Poi, improvvisamente, i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime. La mia presenza faceva addirittura quell'effetto? Ne rimasi quasi lusingato.

    Oh, è stato terribile. Ha ucciso Maria a sangue freddo.. Lei era davvero incredibile. Nessuna aveva la sua estensione..

    Ah, d'accordo, tutto tornava. Le lacrime erano per quella Maria e la sua estensione.

    Sig.Pralineaus, mi domandavo se potevo esaminare il corpo della povera vittima.

    Oh, ma smettila, Howard!

    Una voce, improvvisamente, catturò la mia attenzione. Proveniva dal gruppo di teatranti, che ora sembravano aver preso un po' più di coraggio. Molti degli uomini e delle donne presenti osservarono in malo modo la fonte, mentre il proprietario sembrava, forse, un po' disorientato da quell'uscita.
    Per un istante, un brevissimo istante, rimasi colpito dalla bellezza della fonte. Lineamenti pressoché perfetti, circondati da una chioma bionda, arricciata, che dava alla donna proprio quel poco di sensualità in più che meritava. Mi concentrai poi sugli occhi: verdi smeraldo. Purtroppo però, il momento d'ammirazione terminò. Un'espressione arcigna, quasi infastidita, sembrava essersi impossessata della donna, che non appariva più così bella. Anzi, tutt'altro. Sembrava quasi deformata da quell'espressione malevola.

    Ancora a piangere per la povera Maria? Fattene una ragione! Siamo NOI ad essere in pericolo, adesso!


    Aggiunse, in tono spazientito. La squadrai nuovamente, riflettendo sul da farsi. Dovevo interrogarla? Sì, dovevo. Sembrava fin troppo sospetta per non centrare qualcosa con quella storia. Mi domandai, però, come mai nessuno della troupe avesse pensato di interrogarla o di cavargli qualche informazione. L'invidia che la donna trasmetteva per Maria era papabile, persino la tensione nell'aria del teatro era aumentata. Come se il suo stato d'animo rendesse l'edificio inquieto.
    Mi avvicinai verso il palco, lentamente, quando qualcosa di improvviso distrasse la mia attenzione. Un grido lacerò il teatro, incutendo terrore nei presenti. Ovviamente non potevo lasciarmi intimidire per così poco. Continuai ad avvicinarmi al palco, che improvvisamente venne denudato completamente. Le tende vennero tirate da un'entità invisibile ed un'improvvisa musica iniziò ad animare il tutto. Ma, dopo brevi secondi, mi accorsi che era tutt'altro che musica. Se avessi provato anch'io a suonare quel pianoforte, probabilmente avrei fatto miglior figura. Era un premere a caso di tasti, producendo una melodia sgraziata, lugubre, nel suo essere così poco armoniosa.
    Mi accorsi, guardandomi attorno, che un'ombra piuttosto grande si era posata sul palco di legno: era la figura in viola!! Rimasi ad osservarla, attendendo con trepidazione. Non vedevo l'ora di scoprire di più su quella persona. Sì, poiché a mio parere non poteva essere nulla di diverso da una persona. Qualcuno voleva spaventare o torturare i presenti, non era alcun tipo di entità sovrannaturale. Non credevo assolutamente a quel genere di idiozie.

    TREMATE, VOI, SCHIAVI DI QUESTA TEATRANTE FOLLIA!
    SONO COLUI CHE NELLA NOTTE VI ATTERRISCE E VOLA VIA!
    NON PENSIATE CHE NASCONDERVI VI DIA SICUREZZA:
    DELLA MORTE, PRIMA O POI, PROVERETE L'EBREZZA!
    SE VI GUARDERETE ATTORNO VEDRETE OSCURITA'
    ED IO SONO QUELLO CHE STRISCIANDO ARRIVERA'..
    QUINDI SMETTETE, OH INGRATI, SMETTETE DI LOTTARE
    POICHE' LE VOSTRE VITE, STANNO PER FINIRE..


    Il tutto divenne estremamente macchiettistico e rocambolesco. Rimasi ancora in attesa, finché all'improvviso del fumo avvolse tutto il palco. Cercai di captare qualcosa, qualunque movimento, ma purtroppo la mia vista fu oscurata del tutto in quella zona. Una volta diradatosi il fumo, la figura in viola era svanita.
    Non feci neanche in tempo a muovere un muscolo che uno dei teatranti si gettò oltre la balaustra.

    FERMATELO!

    Ordinai, ma oramai era troppo tardi. Immediatamente un senso di panico e terrore avvolse tutta la compagine, rendendomi alquanto irrequieto. Dovevo intervenire per formare il vociare che si stava creando.

    BASTA COSI'! SILENZIO!

    Gridai, riuscendo ad ottenere un silenzio improvviso. Rimasi quasi sorpreso di me stesso.

    Ora, calma, tutti quanti. Lasciate lì quel pover uomo ed uscite dalla struttura per favore. Non fatevi prendere dal panico. Qualcosa mi dice che qualcuno vuole solamente spaventarvi. E ci sta riuscendo appieno. Sig. Pralineaus, lei invece mi dica: dove posso esaminare il corpo della prima vittima?

    Ripetei, cominciando ad indicare la porta da cui ero entrato a tutta la compagine teatrale.

    Seguitemi! Vi scorterò io! Per evitare che nessuno di voi rimanga indietro io sarò dietro di voi e la mia copia di fronte a voi. State uniti, una volta usciti di qui potrò operare con maggiore facilità. Una volta fuori, vi darò disposizioni su come agire. Sig.Pralineaus ha lei le chiavi di tutte le uscite e l'entrate della struttura?

    Avevo in mente un'ottima soluzione al problema: chiudere dentro la cosa. Se tutti fossero riusciti ad uscire dalla Domus, gli avrei ordinato di sorvegliare ogni uscita, facendo uso di tutto il loro coraggio e della violenza. Ma ovviamente tutto a suo tempo. Come primo step dovevo pensare ad uscire dalla Casa Spettacoli, per poi setacciarla da cima a fondo accompagnato dal proprietario. Non potevo sorvegliare tutta quella gente durante l'indagine ed un eventuale scontro.

    E tu, invece, bionda riccia, tu starai al centro della compagine, con tutti i tuoi colleghi intorno a te. Ti osservo quindi nessuna mossa falsa. Ora, disponetevi come richiesto e non abbiate paura. Non commettete azioni inutili. Se mi darete retta avrete salva la vita. E se proprio siete presi dall'ansia o dalla paura, sfruttate tutte le vostre energie per uscire vivi dalla casa. Ma sono convinto che non attaccherà quella cosa. E se lo farà... Beh, la prenderò io con le castagne sul fuoco. TU AL CENTRO! E SBRIGATEVI!

    Ordinai, con fermezza. Non volevo indugiare oltre. Volevo scoprire se il tutto era una semplice pagliacciata, o se ci fosse qualcosa di autentico. Comunque un altro uomo era morto, dovevo stare attento.

    Spero sia tutto ok. Infondo l'ingegno Nara e le Conoscenze Popolari devono pure servire a qualcosa! Le sfrutto per fare presa sulla compagine teatrale. E, seppur le conoscenze sono di livello 1, con una compagine così suscettibile e impaurita, la cui unica speranza è il mio pg, dovrebbe funzionare.
     
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    Kenta prese in mano la situazione, dimostrando come il suo ingegno e il suo saper influire sulle altre persone, specialmente se in stato di shock, gli risultasse più che facile. Come per magia, la banda di teatranti si trasformarono come pecorelle che seguivano il cane pastore. Il direttore, in questo caso, si dimostrò disponibile e tentò di aiutarlo, laddove possibile, nel realizzare ciò che aveva chiesto. Il ragazzo, infatti, aveva intenzione dapprima di espugnare la struttura, tenendo così la compagnia al sicuro, dato che l'assassino si aggirava per le stanze della Domus. Partire poi con l'esaminare il cadavere, frutto dell'omicidio che aveva spinto la compagnia a richiedere l'aiuto degli shinobi. Kenta e la sua copia riuscirono senza problemi a scortare fuori la compagnia, grazie anche alle chiavi del signor Pralineaus che davano l'accesso a qualsiasi stanza. Il modo in cui poi lo Shinobi si rivolse alla bella donna dai capelli biondi che aveva dimostrato di non avere in simpatia la vittima, la fece storcere il naso.

    Ma dico! Non è questo il modo di rivolgersi ad un'artista!

    Eppure ubbidì, nonostante il suo sguardo si fece diffidente e cominciò a preoccuparsi di qualcosa. Ci aveva forse visto giusto, lo Shinobi? L'avrebbe scoperto solo indagando sulla faccenda, è chiaro. Il direttore sia avvicinò quindi al ragazzo, con il grosso mazzo di chiavi stretto in pugno.

    Ti accompagnerò al camerino di Maria ma resterò con te, non importa se c'è quel.. quel..

    Sembrava tremare al solo pensiero ma si fece coraggio e scosse la testa, accolto da applausi e sospiri emozionati, provenienti dal resto della compagnia.

    .. quel mostro! Vengo con te! Seguimi!

    E, come per dimostrare il proprio coraggio, fece strada al giovane Kenta, accostando il grossissimo portone d'ingresso alle proprie spalle. Solo allora, abbassò la voce, afferrando qualcosa dentro la tasca del completo.

    L'ho preso dagli oggetti di scena, con questo potrò tentare di difendermi se dovesse accadere qualcosa di brutto..

    Non sembrava affatto abituato ed era impallidito alla sola idea, ma mostrò il grosso coltello, che ripose nella sua giacca. Aveva tutta l'intenzione di andare a fondo a quella storia. Il camerino di Maria era al piano inferiore, sulla destra, dove un lungo corridoio dava su tanti camerini diversi. Non sembrava ci fosse nessuno lì e tutte le porte erano chiuse. Quella più in fondo, era degna di una star. Davanti ad essa erano rimasti fiori e un grosso cartello tutto sbrilluccicoso diceva "Guest Star: Maria". A quelle parole il signor Pralineaus sospirò.

    Era così bella e brava, una vera tragedia..

    Disse a bassa voce, come se il ricordo lo angustiasse sempre di più.

    Una vera tragedia..

    Continuò. Il camerino era aperto e, per un attimo, i due titubarono sulla soglia. Il direttore scambiò uno sguardo eloquente al ragazzo.

    Maria aveva problemi.. in casa. Il suo ex fidanzato aveva cominciato a tormentarla e le lasciava biglietti.. prima erano dolci e le chiedevano di tornare insieme. Poi sono diventati minacciosi e l'uomo è anche riuscito ad entrare in casa sua. So cosa stai pensando ma non è così, quel maniaco è stato arrestato più di due mesi fa.

    Spiegò, guardando cupamente la porta, semi aperta.

    Le avevo dato questo camerino che in realtà era come un piccolo appartamento per lei, gli altri non ne sanno nulla. Viveva qui, praticamente..

    Ciò che l'uomo non sapeva è che la maggior parte della compagnia sapeva, eccome se sapeva. Una spia dagli occhi chiari e i capelli biondi non ci aveva pensato due volte prima di tirare fango addosso alla nuova arrivata che le aveva soffiato il posto di star indiscussa. Ma ciò, i due non lo sapevano. Quando aprirono la porta, essa non fece alcun rumore. Un piccolo salotto li accolse, al buio. C'era tanto disordine e si vedevano tracce di lotta: alcune lampade da terra erano state rovesciate, dei libri erano caduti, riversi a terra. C'erano persino tracce di sangue sul pavimento. La piccola casa puzzava di aria viziata.. e sangue. Il direttore si poggiò ad una parete, tenendosi una mano sulla bocca. Stava provando esattamente ciò che aveva provato entrando lì per la prima volta.

    Lei è.. era in cucina..

    Disse con un filo di voce, indicando un'altra stanza, alla quale si accedeva senza aprire alcuna porta. Erano comunicanti, il salotto e la cucinetta. C'era una finestrella dalla quale entrava un po' di luce, illuminando i profili del lavabo e delle posate, per terra, nel bel mezzo del sangue. Del cadavere nessuna traccia. Ma quando Kenta, seguito dal signor Pralineaus, si avvicinarono per entrare in cucina, qualcosa li anticipò.
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    Dalla cavità nera della porta dall'altra parte della cucina, una sagoma scura fece il proprio ingresso Sembrava fluttuare in aria, nera come la pece. Il grosso giubbotto scuro che, quando egli passò sotto la luce della finestra, si tinse di viola. Il cilindro del medesimo colore e le lunghe braccia che terminavano con grosse dita, lunghe e acuminate. Non erano umane. Quel buio, dava alla misteriosa creatura una velatura demoniaca. Egli si avvicinò lentamente ai due, senza dire nulla, senza alcun rumore. Solo all'improvvisò allontanò di poco le braccia, sfoderando gli artigli. Artigli sporchi di sangue.

    Tirarla per le lunghe è inutile, stai giocando con il pg non attuale ed io sto cercando di portare avanti un'idea non mia.
    ShaneH sai già che fare
     
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    Per un istante, tutto si bloccò.
    Un senso di profondo terrore inondò il corridoio comunicante. Percepii il signor Pralineaus indietreggiare, ondeggiando come trasportato da un'invisibile marea. Tremolante, l'uomo indietreggiò ancora. Il timore, insito dentro di lui, oramai era finalmente uscito fuori.
    Una immersa nell'oscurità avanzava lentamente, avvolta costantemente nell'ombra.
    Non potevo di certo biasimare l'uomo per essersi tirato indietro, anzi, tutt'altro. Mi servì un aiuto preziosissimo. Affrontare un nemico con a fianco un civile impaurito è sicuramente una difficoltà enorme in uno scontro. Se invece, seppur guidato dall'istinto, il pover'uomo sceglie di arretrare, di concedere campo al proprio "difensore", regala ad esso parecchio spazio di manovra.
    Spazio di manovra. E' proprio quel di cui avevo bisogno in quel momento. Perciò, senza troppi convenevoli esclamai rivolto al direttore della casa spettacolo:

    Indietreggi ancora! Non devo preoccuparmi di lei in questo momento! Prima che questa cosa possa toccarla, dovrà mettermi fuori gioco.

    Di certo elaborare una strategia mi avrebbe permesso di chiuderla con maggiore sicurezza, ma purtroppo le condizioni non lo permettevano affatto. Il corridoio era piuttosto stretto ed, inoltre, mi trovavo sempre più vicino alla figura. Avrei dovuto prima di tutto immobilizzarlo. Fortunatamente non necessitavo di grosse funi, bastava la mia sabbia. Ed in men che non si dica la giara fu a terra, posizionata orizzontalmente per permettere alla sabbia di scivolare a terra.

    Ed ora... A NOI DUE!

    Gridai, mettendomi in guardia. La figura "oscura" nel frattempo giunse piuttosto vicino e, scricchiolando, allargò le braccia. O meglio un qualcosa di simile. Appariva infatti quasi robotica ai miei occhi, ma forse era più un gioco d'ombra che qualcosa di reale. Allargando le braccia, l'essere mostro gli artigli, le sue armi, gocciolanti. Del liquido rosso, del sangue, cominciò a colare da essi. Ma ciò non riuscii ad intimorirmi, se mirava a ciò. Il terrore era ben altro. Ero sopravvissuto a dei cannibali, che cazzo. Di certo non potevano bastare enormi artigli per mettermi sulla difensiva. Tra l'altro.. La sabbia garantiva potenziale offensivo e difensivo in egual misura!!
    Con determinazione mossi una mano in avanti, per poi infondere il chakra nella sabbia, tentando di immobilizzare le braccia dell'essere con la gabbia di sabbia. Due poderosi lacci avrebbero dovuto cingere le braccia della figura, permettendomi di scagliargli contro una serie di Sfere del Vuoto. Di certo non possedevo vere e proprie tecniche "omicide" ma non ne avevo un reale bisogno. Qualcosa mi diceva che gli omicidi non provenissero da degli esperti, rendendomi piuttosto fiducioso delle mie capacità.

    Non è stato semplice ruolare su un qualcosa di così vecchio. Spero vada bene!!

     
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    Ogni storia ha la sua trama. Protagonisti e maschere che si alternano in scene capaci di incollare lo spettatore allo schermo o alle pagine di un libro, mentre il tempo passa senza che neanche loro se ne accorgano. Gli ambienti, le parole, la psicologia dietro le scelte di chi cerca di cambiare il corso degli eventi in bene e in male. Accade sempre così, è il naturale scorrere degli eventi. Ma cosa succede quando c'è qualcuno a stravolgere ogni cosa? Un personaggio, una maschera che non fa parte della nostra storia. Ed egli uccide, spezzando i copioni di attori che, invece, non avevano recitato ancora la loro parte migliore. La scena che tutti avrebbero ricordato. Perché allora un uomo qualsiasi, senza che sia in alcun modo collegato agli eventi che arricchiscono la trama, dovrebbe incanalarsi in un vicolo buio e trascinare con lui delle povere vittime?
    E' lo Spettro del delitto. Esso viaggia silenzioso ovunque, in mezzo a noi, finché non si cala nei panni di questo e quest'altro uomo. E quando compie il suo lavoro e ti accorgi di lui.. puf. E' già sparito.
    Non c'era alcun movente nell'uomo che Kenta ridusse all'osso, incastrandolo con le sue arti magiche. Cadde a terra e si rivelò per ciò che era. Nient'altro che un funambolo, in grado di destreggiarsi con nodi, acrobazie teatrali. Qualcuno che conosceva bene quel teatro ma che, invero, nessuno fu in grado di riconoscere. Persino quando arrivarono i rinforzi di Kumogakure accorsero, togliendogli il trucco bianco e pagliaccesco dal volto, ebbene, anche allora nessuno seppe riconoscerlo. Non era nessuno. Fu comunque indagato e accusato di omicidio (di primo e secondo grado) e altre effrazioni minori. Egli confessò sicché la condanna fosse definitiva, seppur il movente fu scoperto solo qualche settimana dopo. Uno degli addetti alla biglietteria della Casa degli Spettacoli lo riconobbe. Non sapeva il suo nome ma affermò, pur senza alcuna prova (ma ciò non aveva più importanza a questo punto), di averlo visto diverse notti, a giorni di distanza, comprare il biglietto dello spettacolo in sala. Un uomo di un'intelligenza non comune, sopra o sotto la media, che trascorreva la propria solitudine andando a teatro. Un uomo che, invaghito di Maria, non aveva apprezzato una notte in particolare. Tutti insieme, la compagnia di teatranti e il Direttore, ne discussero. Era stata la notte in cui, colta da un attacco di depressione, l'etoile della Casa aveva abbandonato il palco. Da allora non era stata più la stessa, seppur rimanessero brillanti le sue interpretazioni. Era quello ciò che non aveva perdonato l'uomo. L'offesa di quella sera.
    Il resto era venuto da se.
    Nascondendosi in uno dei bagni, era riuscito a seguire la star fino a quello che era ben più che il suo camerino. L'aveva uccisa a sangue freddo, senza nascondere il corpo. Era stato impossibile per lui, rapito com'era dal proprio riflesso sullo specchio all'uscita. Perché l'aveva uccisa? Lui lo sapeva. Era per la sua interpretazione, sì. Per ciò che aveva fatto al dramma della sera. L'aveva brutalmente spezzato con le sue manie e le sue fisse esterne che, secondo lui, mal coincidevano con l'atto teatrale. Era per quello, no? Certo. Come avrebbe potuto essere il contrario? D'altronde, aveva fatto del bene, a quel punto. Aveva tolto al mondo dei drammi una donna incapace di lasciare da parte una vita di affanni. Una donna che non meritava il teatro. E se lui l'aveva capito.. forse poteva ritenersi migliore di lei.
    Gli bastò poco, in quella casa di costumi di scena ce n'erano parecchi, proprio come il trucco adatto. Un lungo cappotto nero, il cilindro, i guanti a coprire le mani estremamente lunghe e scheletriche, simili ad artigili. E la faccia bianca. Sapeva tutto di quel teatro, era stato un funambolo da giovane e quel posto non poteva essere più grande o complesso dei luoghi che frequentava allora. Decise quindi di trascorrere quella notte a teatro. E l'indomani, alla scoperta del cadavere, avrebbe mostrato all'intera compagnia come imbastire un copione di tutto rispetto.

    Ci sarebbe riuscito, ma gli shinobi non rientravano tra i personaggi menzionati. Incapace di affrontarli, perse. E terminava così quello sciame di follia che avrebbe rischiato di radere al suolo ogni cosa dalle fondamenta. A Kenta, l'esecutore materiale dell'arresto, furono concessi onori e un'ingente somma di denaro come ricompensa.
    Ma il ragazzo poteva poco contro quel fluido inanimato, capace di strisciare come uno spettro per le vie. Lo Spettro del delitto era ancora vivo, pronto a ghermire la sua preda e a guidarne la mano, dondando morte attorno a se.

    Finita!
    Ti sei mosso bene anche se abbiamo interrotto per un bel po'! Puoi prendere exp da chunin, esattamente 55. Il guadagno dei ryo è cambiato e tu non devi dividerlo con nessuno, puoi riceverlo tutto :ans: Non c'è bisogno del post conclusivo!

    Attendo exp anche io :asd:
     
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    Kashi prende il minimo nel caso tornasse, mentre Kerberotte si può prendere 60 :sisi:
    Chiudo.
     
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