Il MIO lavoro inutile.

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    Giustamente, vado sempre a dimenticarmi la metà delle cose. Di solito, io, che combino come una Ninja? Semplice: un bel nulla proprio! Ma io non volevo fare sta cosa. Però mi torna utile, anzi, mi torna molto più che utile tante volte. Ma forse bisogna partire da come sono finita ad essere una Genin, sì. Mi sa che è la cosa migliore.
    Il fatto è. Perché ci sto pensando quando fuori è praticamente mezzanotte? Ok, non che mi dispiaccia, perché tanto son sdraiata sul letto ed a voi questo certamente interesserà perché si parla di ME, ma è comunque mezzanotte. Ed oh, facciamo alla svelta che stasera ho sonno. Beh, oggi ho lavorato, quindi è il momento più adatto per risplendere come una stella nel cie... Da quando faccio la finta romantica?
    Insomma, tutto iniziò quando avevo - credo - dieci anni. Però per ambientare questa cosa bisogna pensare un po' a dove vivo. Allora, io e mio padre stiamo in un monolocale della zona probabilmente più povera di Taki. La Cascata è un villaggio piccolino e non molto ricco, anche se abbiamo la potenza tecnologica di chissà che cavolo ne so. Nel senso, tra un po' creiamo i robot.
    Allora, per dirla, IO e lui abitiamo in questa zona per persone tutt'altro che piene di soldi, un po' spostata verso l'interno del Villaggio, vicino quanto basta al centro così come lontano dalle zone di quelli coi soldi, come per dirci che siamo una sottospecie di feccia quasi del tutto inutile e che serviamo a far campare quelli al di sopra di noi nella catena sociale.
    In questo contesto di bellissima povertà ci sono le nostre casette, piccoli monolocali accatastati uno vicino all'altro - o in alcuni casi uno sopra l'altro - dove abitano un bel po' di famiglie. E trattandosi di un villaggio piccolino, di solito, quando le famiglie sono un bel po' gli altri son tutti pieni di soldi ed abitano nei villoni enormi messi chissà dove.
    Sì, anche una casetta è un villone per me, cavolo volete? Bene, detto questo, la nostra casa di per se io me la faccio allegramente con tipo sei passi, dal cesso alla cucina, e quasi ci campo stretta. E questo divano-letto diventa sempre più scomodo. Credo che si sia rotta una molla. Allora, praticamente succede che io vivo da allora in questa casa che puzza ormai di muffa di legna.
    Ed a dieci anni non è che facevo molto. La scuola l'avevo abbandonata oramai, praticamente vivevo solo con mio padre e mi allenavo. Già avevo il mio bel fisichetto, che vi credete! Ero più grossa di alcuni dei bambini con cui giocavo. E quello che facevamo era fare spesso a botte, giocare con i bastoncini di legna o con una palla.
    Non mi ricordo bene chi era il fortunato, ma qualcuno di noi piccoletti aveva una palla. Ed era uno dei pochi divertimenti che noi avevamo. Ma beh, a me bastava eccome così come agli altri, visto che ci divertivamo. Ogni tanto facevamo anche a botte e ci divertivamo, e siccome i nostri pomeriggi passavano così ai nostri genitori non importava tanto.
    Conosco i parenti di tanti miei amici, ma non quelli di Chun. Chissà come mai, forse perché sono la sua quasi-ragazza e sotto sotto noi due ci amiamo una follia. Ed in un certo senso pure lei centra con il mio avvento a Ninja di Taki. Ed anche con il mio lavoro, in un certo senso! E per fortuna che sgobbo, se no passerei tutti i giorni su una panca, e dopo un po' magari mi parte lo schizzo di smettere.

    - Ecco, ora penso pure a come son diventata Ninja... Non riesco a dormire proprio stasera. Che male, la schiena... Cavolo. -

    Sussuro quelle parole, mentre continuo a ripensare a quei particolari avvenimenti. A come da piccolini era più divertenti, perché già a sedici anni in questa zona di Taki già sei grande e devi pensare a portare una pagnotta a casa. E lo faccio combattendo legalmente ed illegalmente. Ma da piccolina mica mi curavo di questo. Avevo i miei sogni e speranze.
    Ma non è il momento di parlare dei miei sogni, con alcuni che si sono sfracellati ed altri si potrebbero realizzare, quanto invece dovrebbe essere il momento di parlare del perché io mi sono unito ai Ninja di Taki. Anche perché è successo in maniera estremamente strana, in un modo che nemmeno io posso ancora pensare di credere!
    In pratica, ci serviva un lavoro. Esatto. Io guadagno pochissimo da Ninja. Ed un lavoretto come copertura per i pomeriggi spesso e volentieri mi potrebbe tornare utile, anche se al momento non riesco praticamente a tirare fuori un soldo dallo sgobbare come una matta in giro per le viette cercando di aiutare - che schifo - chi è indegno.
    Ma, sì, in sostanza è per questo. Ed avevo quattordici anni. E già mi serviva un lavoro. Ma beh, si sopravvive così in questa zona. E gli incontri non è che mi davano ancora molto, ero piccolina e non si fidavano assolutamente a dare un pacco di soldi a me, potevo anche scappare chissà dove! Anche se non volevo.
    In ogni caso, mentre mi giro e mi rigiro, già vi ho fatto capire perché mi sono unito ai Ninja. Ma invece mio padre si sta preoccupando un po'. Il divano cigola tantissimo quando i miei quasi settanta chili di bellissimi muscoli e bellissime poppe si girano su di esso.

    - H-Hong. Ho sonno... Non riesci a dormire...? -

    - No, sto cazzo di letto è tutto sfasciato... Ma provo a non muovermi. Scusa. *Yaaaaaaaaaaaaaaawn* -

    Povero. E' comunque lui. E nulla, per ora me ne resto ferma, piazzando le mie manone dietro la nuca e continuando a pensare. "Perché lavoro per un gran cazzo di nulla?"
     
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    Niente, mi continuo a non-addormentare. La schiena mi da fastidio ed evidentemente non ho sonno, visto che continuo a fissare quel punto ammuffito sulla cima del salotto. Mh, dormire in salotto accanto ai miei pesi forse mi può dare una mano, anche se devo muovermi e mio padre mi ha già detto che ha sonno. GRRRRRR!
    La rabbia che si palesa sul mio facciotto si vede poco ma sicuro. Poco, perché tutto sommato casa nostra di notte è un totale buio per via delle finestre letteralmente blindate. Già abbiamo poco, ma se ci derubano ci prendiamo il corpo del ladro. Sì, mio padre magari non è immensamente forte, ma io con un pugno gli spezzo il collo. Che piacere immenso, spezzare la vita di chi vuole derubare parte della mia. E la cosa più costosa che abbiamo qui dentro sono i miei pesi. O la cornice attorno alla foto di mia madre sulla quale avrei voglia di sputare ogni giorno.
    Insomma, comunque, forse è meglio se continuo a pensare al mio lavoro da Ninja. Magari va a finire che mi addormento per via della noia che mi fa provare nei pomeriggi in cui ho voglia di fare servizio e che finisco per rovinarmi sempre e comunque perché non succede nulla e soprattutto non sono con Chun. Lei fa la sarta, io la Ninja. E' come se io ricoprissi la parte dell'uomo e non solo per i bicipiti ed i pettorali.
    Allora, dopo che mi son dovuta ingeniare tipo cinque minuti per trovare un lavoro adatto a me che mi permettesse anche di mettere le mani avanti o di chiudere qualcuno in una morsa tra le mie braccia. Ed è per questo, alla fine della fiera, che ho deciso di fare la Ninja per questo Villaggio che mi da una casa da poveraccia.
    E fu così che partì la mia avventura con gli studi. Forse per la prima volta ero costretta a ficcare la mia testa completamente a posto e mettermi sotto con un libro a studiare tutte quelle robe strane che sono in grado quei tizi. Sì, insomma, a creare copie di loro stessi e quelle boiate come ad esempio palle di fuoco o palle d'acqua.
    Ed appunto quando mi iscrissi in Accademia, tipo due anni fa mi pare, pensai che dovevo solo mettermi a studiare per imparare quelle cose immensamente strambe che sanno fare i tizi. Proprio per questo la prima lezione credevo che già se ne usciva un tipo e ci diceva subito che dovevamo fare delle cose impossibili per creare un clone accanto a noi. Toccò prima ad un paio di tipi più piccoli di me. E poi mi chiama a me. Non so come, ma dalla distanza mi ha scambiato per un tipo, e non appena l'ho affiancato mi disse "Sei un colosso!". Ovviamente capii cose.
    Le capii subito quando mi disse "Forse a te non servono le tecniche" dandomi un pizzicotto sul braccio destro che quasi mi ricordo pure ora. Rimane il fatto che mi dice comunque di muovermi, fare, provare. Ma già non avevo un minimo di capacità, ma ogni volta mi spronava. Ed io semplicemente non sentivo quella roba di cui lui parlava - il Chakra - scorrere dentro le mie vene. Non esisteva. Zero, niente, nulla! Nada!
    Mi ero sforzata così tanto da strapparmi una parte dei vestiti. E li ho ancora, nell'armadio, perché non ho i quattrini per cambiarli quelli. Erano alcuni dei vestiti migliori che avevo. Ma no, nulla. E la gente rideva, mi prendeva in giro, uno addirittura strillò qualche oscenità sul mio conto. E semplicemente mi partì l'embolo, perché mi incazzo facile quando mi insultano. Ero una specie di furia, fu il Sensei a calmarmi o sfondavo di pugni uno o due tizi.
    Andarono a casa piangendo, quel giorno. Io invece no, me ne andai soddisfatta. Perché la vendetta è il miglior piatto, quello succulento che si ferma sulle labbra e mi inebria le papille gustative! Ma poi c'era quell'altro pezzo di fatto. Quello che mi impediva di usare il Chakra. Io. Non ne avevo. E mi sentivo figa a non averlo, mi sentivo speciale, diversa, più forte sotto sotto.
    Quello che successe era semplice: mi sentivo strana, per la prima volta. Anormale. Non che io sia più di tanto normale eh! Ma ad essere l'unica, praticamente, priva di Chakra all'interno dell'Accademia di Taki mi faceva davvero sentire anormale per la prima volta nella mia vita. Ed ecco che entra in gioco Chun. Anche perché glielo dissi, ed ancora mi ricordo che devo soltanto credere in me stessa e tirare dritto, poco importava di quello che diceva il resto del volgo. E nulla, semplicemente dovevo tirare dritto.
    Già, tirare bella dritta come un carretto stile solito verso la mia bella salvezza, verso un lavoro semidecente. E Chun - la amo, cavolo... - mi impose, praticamente, di riuscire almeno a trovarmi un lavoro e mettere da parte qualche spiccio per abbandonare questo monolocale che, non so come mai ma

    - Puzza di merda... -

    Già. Puzza un fracco! Che schifo! Comunque, alla fine, l'Accademia me la sono fatta. Come? EHEH.


    Edited by »Nico« - 11/4/2016, 11:30
     
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    L'Accademia me la sono fatta a picchiare duro. Infatti, diciamo che il Sensei alla fine della fiera sembrava usarmi in un certo senso. Forse anche a lui sembravo malata di qualche cosa, o magari ero un uomo con le tette. Qualcosa del genere? Insomma, quello che è successo è che io l'Accademia probabilmente l'ho fatta stile picchiaduro.
    Quello che succedeva era semplice: anziché mettermi a fare le Tecniche assieme al resto della classe, non so come mai ma finivo per ricevere istruzioni su come si combatte. Ed io ero lì che dicevo continuamente la stessa frase, sghignazzando come mio solito e con quell'aria irriverente ed imponente che mi contraddistingue sempre. Un amore, praticamente. Sì, insomma, quello che gli dicevo era sempre la stessa cosa:

    - Ho già sfondato la faccia a metà di questa gente, so combattere. -

    Ma non voleva sentirne, diceva che non ero abbastanza agile, che non ero forte e tutte queste cose. Benché se uno qualsiasi degli studenti si avvicinava finiva dritto al tappeto o veniva praticamente centrato da un pugno nello stomaco. E giustamente se ne andavano al tappeto al sicuro con un pugno nello stomaco piegati su loro stessi.
    C'è anche da dire che un po' mi divertivo, in Accademia, ad insegnare alla gente a prenderle. Ma allo stesso tempo, ogni tanto, mi diceva pure di prenderle. Non mi facevano un granché quegli studentelli, ma forse perché erano anche più piccolini di me. E quella vita mi divertiva abbastanza da decidere quasi quasi di farmi bocciare di proposito per riuscire a fare quelle cose con quei poverelli. Anche perché mi divertivo a picchiarli e non essere picchiata. Tutti convintissimi che con le loro copie mi avrebbero messo al tappeto.
    Finiva sempre allo stesso modo: tiravo un pugno ruotando il braccio e centravo tutti quanti, prendendo anche sul fianco la gente. Sì, insomma, mi divertivo a modo mio con quei poveretti. E mentre lo facevo in qualche modo mi sentivo stranamente bene e me la spassavo quanto bastava, più o meno allo stesso modo di quando me ne andavo in giro con i miei amici.
    Ma poi veniva la parte più idiota e difficile: studiare le robe. Già. Per la prima volta nella mia vita dovevo studiare per lavorare. E mi innervosivo così tanto che prendevo i pesi e mi concentravo di più su quelli che sul libro che avevo davanti. Era una rottura indefinita di balle. Mi innervosivo, me la prendevo e finivo per lanciare il libro sul pavimento totalmente scoglionata.
    Studiare per me è difficilissimo perché non riesco a concentrarmi su qualcosa che non mi piace proprio per niente. Ed appunto studiare mi annoia, dovendo rimanermene ferma immobile a fare soltanto una cosa senza doverne parlare con qualcuno o comunque senza un aiuto vero. Mi manca la concentrazione per farlo.
    Ed è per questo che mi hanno cannata una volta. Già! Son stata bocciata una volta in Accademia con lo stile dei più ignoranti mai esistito. In due parole, mi sono fatta sbattere fuori dalla classe d'Esame perché non sapevo davvero niente - già detto che non studio! - e quindi ho provato a copiare dal mio vicino.
    Il fatto era che il mio vicino era un totale stronzo e si è messo sia una specie di muretto davanti per non farmi vedere quello che scriveva, sia ha fatto la spia e si è fatto sbattere fuori a sua volta perché, parole del Sensei, "avrebbe fatto la fine del Mukenin". Insomma, ha fatto la spia con me e non avrebbe fatto la spia col primo che passava? Ma razza di idiota, vattene!
    Beh, io sono finita fuori perché copiavo. Per altro, mi disse che avevo copiato anche male e mi chiese se ero... Dislessica? Disgrafica? Paroloni assurdi che difficilmente ora mi ricordo. Comunque sì, mi sa che ho uno di quei paroloni che mi corrode il cervello ed in pratica sono incapacissima a studiare per una di quelle robe.
    Alla fine, grazie ad una spesa piuttosto grossa - ci ho rimesso i Ryo di un paio di incontri illegali per 'sto lavoro - ho contattato una tizia. Ovviamente non raggiungeva l'infinita bellezza di Chun, ma mi diede una mano enorme assieme alla mia quasi-ragazza a studiare le cose che mi dovevano chiedere per l'esame.
    Ed appunto, il giorno del secondo esame arrivai, presi posto da sola prima che sbattevo qualcuno contro il banco e lo conclusi con una sufficienza quasi risicata. Ma bastò ed avanzò per farmi ammettere al pratico, che per me era un tantino diverso. Comunque, la teoria fu la parte davvero difficile e noiosa.
    Allora, il mio esame pratico fu immensamente facile: piglio delle armi e le lancio e poi pesto un tizio. Finì benissimo, passato praticamente a pieni voti, distruggendo pure un bersaglio perché lanciai quel coltellino con troppa forza. Mi dissero di darmi una calmata, anche, perché probabilmente avrei rotto qualcosa di sbagliato alle persone sbagliate.
    Ma che me ne frega! Io vado dritta per la mia strada e se mi fanno girare le scatole io gli tiro un gancio destro tremendo in faccia e li spedisco in ospedale. Quindi nessuna calmata, niente di niente, proprio un bel cavolo di nulla, me ne vado dritta e se sbaglio qualcosa ripulisco tutto a furia di pugni. Felicità e cazzotti!
    Ma ora veniamo alla parte noiosa: il mio lavoro effettivo. Ogni tanto me ne esco con il mio bel coprifronte sul braccio destro - quasi non ci sta - me ne vado in tutta calma a girare per i quartieri. E spesso e volentieri lo devo fare con alcuni miei amici dandoci spintarelle e colpetti perché il mio lavoro è passeggiare mostrando un simboletto ed eventualmente salvando roba.
    Quello di cui mi devo prendere cura è la gente. Devo fare la brava samaritana per nessun soldo, nemmeno per i pantaloni nuovi, neppure per una coperta. E nulla, io devo solo andare in giro e fare delle cose per salvare gattini o evitare che le vecchie siano investite dai cavalli mentre camminano per il centro. Ed alle volte devo fare lavori pesanti.
    Ecco perché io devo portarmi dietro alcuni miei amici. Perché è una noia mortale. Ne ho parlato pochissimo perché davvero mi annoia. E non prendo soldi. E mi ha fatto venire sonno. Oh, finalmente posso dormire, dopo un paio di sbadigli di fila. E niente, con le manone dietro la nuca chiudo gli occhi. E finalmente posso dormire. CHE MAL DI SCHIENA.
     
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