Una convinzione non è solo un'idea che la mente possiede...

Personal Quest

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  1. Anselmo
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    Villaggio della Sabbia...

    ...tre giorni prima del Meeting dei Kage


    Mi sembra di vedere... qualcosa...

    Fu il mormorio dell'uomo. Fece un passo avanti, emergendo dall'ombra della tenda e spiccando un balzo per posizionarsi in equilibrio sul parapetto. Portò una mano alla fronte per schermarsi dalla pioggia di sole che investiva Suna in quel meriggio, e si chinò in avanti aguzzano la vista. Perlustrò nuovamente la distesa di dune incandescenti che si propagava dalle mura della Sabbia verso l'orizzonte infinito.

    Credevo di...

    Mormorò, senza terminare la frase, sotto lo sguardo annoiato dell'altra sentinella, che invece se ne stava comodamente distesa all'ombra della tenda. Miraggi ed altri falsi allarmi erano la prassi per chi passava le giornate di turno sulle mura del Villaggio. Presto il suo collega sul parapetto si sarebbe ricreduto per poi scendere e tornare lì al fresco, di questo la sentinella sotto la tenda ne era sicura.

    Si, si, eccolo là, c'è qualcosa che si muove laggiù! Lo vedo a tratti... Controlla!

    Ma si sbagliava. Con un sospiro udibile fino alle umide risaie di Oto, la sentinella si sollevò fiaccamente dalla sua sdraio e si trascinò verso il cannocchiale posizionato sul treppiede, un grosso strumento metallico che per essere mosso necessitava dell'azione di varie leve e manopole.

    Dove...?

    Laggiù.

    Fece l'altro con decisione, puntando l'indice verso un punto imprecisato dell'orizzonte.

    Direi massimo cinque gradi a nord del buddha.

    La sentinella al cannocchiale incollò gli occhi negli oculari e cominciò a ruotare una dopo l'altra le manopole graduate, finché non ebbe inquadrato "il buddha", una roccia appena visibile ad occhio nudo che ricordava vagamente l'idolo da cui prendeva il nome. Quindi ruotò per cinque gradi a sinistra, come indicato dal suo collega. Le dune filarono come un mare in tempesta nel limitato cerchio di visuale del cannocchiale. Arrivato nel punto indicato, ancora non vedeva nulla. Continuò, tornò indietro, provò ad elevare il puntamento, poi optò per un po' di profondità, ma...

    Niente.

    Amico, non farmi venire lì, io ho visto qualcosa! Continua a guardare, sarà dietro una duna in questo momento.

    Un grugnito scontroso in risposta, ma ubbidì. D'altronde non aveva nulla di meglio da fare, se diamo per scontato che il "non far nulla" non sia un opzione valida. La perseveranza paga sempre, ed infatti il cannocchiale inquadrò improvvisamente quel "qualcosa". Non era niente più di una macchia indistinta che aleggiava come uno spettro tra le onde di calore emanate dalla superficie della sabbia. Ma quello spettro si muoveva. Compariva, e poi scompariva, poi ricompariva, poi scompariva.

    Non so come diamine tu abbia fatto a vederlo ad occhio nudo ma si, c'è qualcuno in direzione est nord-est che sta venendo verso di noi. Bel colpo, collega! Sapevo che saremmo stati noi a beccare il primo tizio da Konoha! A te l'onore di informare il capitano. Vai!

    Non me lo faccio ripetere, eh eh!







    -[ X ]-



    Finalmente Suna. Raggiunta la sommità dell'ennesima collina sabbiosa, apparve ai miei occhi come una semplice linea squadrata leggermente in rilievo che interrompeva la piatta continuità dell'orizzonte. Così si presentava il Villaggio della Sabbia per chi vi giungeva via terra. Un'immagine che mi era profondamente familiare e sempre lo sarebbe stata, dopo i lunghi anni trascorsi in quel Villaggio sotto la falsa identità di Minato Muramasa. Ma non accolsi la visione con un moto di nostalgia, come chiunque si sarebbe aspettato. Avevo ben altro per la mente. I miei intenti erano talmente distanti dalla semplice visita di piacere, che abbandonarmi ai ricordi non mi passò nemmeno lontanamente per la testa. Nella mia scatola cranica turbinava sempre lo stesso flusso di pensieri, che nel corso di quella lunga traversata avevo ripetuto mentalmente, mormorato, recitato, gridato, pensato e ripensato. Il piano... avevo solo quello in testa. Quindi nel momento in cui avevo sollevato lo sguardo ed individuato in lontananza Suna, lo avevo riabbassato senza minimamente scompormi ed avevo continuato la mia avanzata di corsa. Falcata dopo falcata, giunsi alle porte meno di un'ora dopo.


    La strada che mi ero lasciato alle spalle era lunga, e difronte a me avevo solo una manciata di passi da compiere ancora. Ma tale lusso non mi fu concesso.

    FERMO LA', NON COMPIERE UN ALTRO PASSO!

    Ubbidii alla voce che proveniva dall'ombra del varco, immobilizzandomi all'istante. A vedermi in quel momento, molti mi avrebbero scambiato per una delle tante rocce affioranti dalla superficie della sabbia. In quei giorni di traversata le mie vesti già logore si erano sbiadite ed incrostate di polvere, esattamente come la mia pelle bruciata dal sole. Non fosse stato per il vento che smuoveva i lembi sdruciti, non ero dissimile da un piccolo sperone d'arenaria. Ero vestito di stracci, oramai.

    DICHIARATI!

    Portai una mano al capo e lo liberai dal turbante di fortuna con cui mi ero protetto, lasciandolo cadere ai miei piedi e rivelando il coprifronte della Foglia che mi scintillava sulla fronte tra i capelli stopposi.

    Mi chiamo Nonubu Senju, ex Capitano del Villaggio della Foglia, che sono stato costretto a tradire. Chiedo asilo.

    VILLAGGIO DELLA FOGLIA HAI DETTO?!

    Si.

    Seguì una pausa, durante la quale si udì soltanto il debole fruscio del vento che a tratti mascherava il debole ma perenne rumore di sottofondo che proveniva dalle centinaia di migliaia di persone che abitavano il Villaggio nascosto dietro quelle possenti mura.

    NON OPPORRE RESISTENZA!

    Opporre resistenza...?

    Mormorai senza capire. Poi vidi i granelli di sabbia attorno a me sollevarsi e circondarmi. Una spinta invisibile mi portò i polsi dietro la schiena, e resistenti manette di sabbia li circondarono. Seguì la sgradevole sensazione di una morsa che mi attanagliava tutto il corpo; il mio chakra era stato soppresso. A quel punto capii. Capii che le notizie dovevano essere giunte prima del mio arrivo. Capii che si aspettavano l'arrivo di qualcuno da Konoha, un fuggitivo, o forse un portavoce. Capii inoltre che in assenza di chiare informazioni, non sapevano come reagire. Zero aveva scosso il mondo con mille interrogativi, senza preoccuparsi di fornire le risposte. Ora Suna si trovava uno Shinobi della Foglia alle porte, e non sapeva se trattarlo come un rifugiato bisognoso d'aiuto, o come una potenziale minaccia. Da qui le precauzioni. Un fastidioso inconveniente per cui però non potevo biasimarli. Feci come dicevano e non opposi resistenza. Pochi minuti dopo mi trovavo già in una cella.

    Chiamatemi Kuroda Akasuna, lui mi conosce, sa che non c'è bisogno di tenermi qui. Kuroda Akasuna, capito? Chiamatelo subito, è urgente!


    Per chiarire: tra il mio "tradimento" di Konoha ed il mio arrivo a Suna dovrebbero essere passati tipo 5 giorni, sia per la lunghezza del viaggio che per le cure che ho ricevuto in una casa in mezzo al deserto, come narrato nella mia ultima PQ. Ecco perchè ho narrato che a Suna già si sa qualcosa di quel che è accaduto a Konoha e Kusa.

    A te, Lord :ans: Liberami :sigh:


    Edited by Anselmo - 9/11/2015, 18:59
     
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    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

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    Uscire di casa non era qualcosa che mi piaceva fare, dovevo essere continuamente coperto da un sottile strato d'acqua per evitare che, a causa del sole, diventassi una sottospecie di stufetta atomica. Tuttavia spesso non potevo esimermi dal controllare che il bazar di Suna non avesse messo qualche nuovo articolo in vendita, ed eventualmente salvare una palazzina in fiamme nel tragitto. Me la presi comoda, dopotutto non uscivo quasi mai ed un po' di luce non poteva che farmi bene.

    -Sta cercando qualcuno?-

    Piegai la schiena per lasciar cadere le buste di plastica al suolo, la sabbia si piegò creando degli incavi che tenevano in piedi le varie ferraglie comprate qualche minuto prima al bazar. Un uomo che portava il giubbotto grigiastro tipico dei Jounin era fermo dinanzi la porta della mia abitazione, si voltò sentendo la mia voce.

    -È lei Kuroda Akasuna?-

    Annuii sollevando la schiena. Non era una situazione rara, accadeva spesso che Nami mandasse qualcuno in suo nome per convocarmi al palazzo, forse le serviva una mano per qualche missione o semplicemente una commissione di qualche tipo, anche se adesso la Kazekage possedeva un nuovo galoppino. L'uomo copriva interamente il suo corpo, una visiera scura nascondeva gli occhi e scompariva sotto delle lunghe bende che lasciavano trasparire solo qualche ribelle ciocca castana, le braccia erano coperte dalle medesime bende che, a giudicare dai piedi, lo vestivano completamente.

    -La Kazekage richiede la mia presenza?-

    -Qualcun'altro chiede di lei. Un prigioniero.-

    Aggrottai il sopracciglio sinistro piegando la testa da un lato. Trovavo difficile che qualche mukenin potesse aver chiesto di me, non avevo rapporti con nessun avanzo di galera, se non quella Kunoichi che mi aveva elargito Asura durante il nostro secondo incontro, ma non poteva trattarsi di lei.

    -Un Mukenin ha chiesto di me?-

    -Mi è stato ordinato di riferirle ciò, non so altro.-

    Sparì in una nuvoletta di fumo, adoperando la semplice Luce Intermittente del Corpo. Digrignai i denti sbuffando, l'utilità di quello Shinobi era paragonabile solo a quella di una zanzara. Sollevai i sacchetti da terra ed aprii la porta, posandoli appena dopo di essa per eitare di perdere troppo tempo. Avrei preferito rivivere una missione simile a quella contro Rebecca piuttosto che andare dietro alle illazioni di un qualche folle mukenin, ma se diceva di conoscermi, era molto probabile che fosse stato qualcuno sopravvissuto ad un incontro con me, valeva la pena perdere qualche minuto per dare un'occhiata.

    Salii i gradini di Arenaria, erano circa una decina, e mi inoltrai attraverso il portone giallo. All'interno risplendeva una lampadina che emanava una fioca luce bianca, il pavimento era composto da piastrelle bianche di forma irregolare e con qualche macchia qua e là, le mura erano ricoperte da bacheche verdi ricolme di fogli, i Ricercati. Alla fine del corridoio v'era un bivio ed una scrivania di legno presidiata da un uomo di grossa stazza. Le prigioni di Suna non erano certamente una struttura lussuosa, non che ve ne fosse il bisogno, ma tutto era lasciato al minimo indispensabile, pure le difese ad una prima occhiata, ma l'edificio era pieno di telecamere e shinobi della divisione Intelligence, non una singola mosca poteva entrare all'interno senza essere notata. Mi avvicinai all'energumeno con il timore di disturbarlo, stava leggendo un giornale, e mi schiarii la voce con una faccia incerta.


    -Kuroda, suppongo.-

    Non una singola espressione attraverso la grossa faccia dell'uomo, un freddo ed inespressivo individuo, il mio stronzo preferito.

    -Esattamente, e là c'è il Mukenin che mi aspetta.-

    Dissi indicando le prigioni, dopotutto era l'unico posto dove si poteva trovare, visto che nessuno mi avrebbe mai convocato nella stanza degli Interrogatori.

    -No.-

    Quella risposta così secca ed immediata mi spiazzò, rimasi qualche secondo immobile, indeciso sul da farsi o su che dire, che avessi capito male? L'uomo chiuse il giornale posandolo sulla scrivania.

    -Come... No?-

    -Non c'è nessun mukenin, ma solo un ninja di Konoha o... uno che è fuggito da là a quanto hanno riportato le sentinelle.-

    Conoscevo poche persone di Konoha, ma solo una poteva fare il mio nome all'interno delle mura di Suna. Sgranai gli occhi qualche secondo, piegando la testa in avanti ed alzando leggermente il tono della voce.

    -Minato? Ma...-

    -No, un certo Nonubu Senju, Capitano della Foglia e... altro che non mi ricordo, il rapporto lo puoi trovare da qualche parte qua vicino.-

    -Capitano della Foglia? E perché l'avete arrestato?-

    Certamente non ero più un essere umano, ma l'atmosfera si era certamente freddata non poco. L'uomo cambiò finalmente faccia, come avesse visto un morto camminare si sollevò dalla sedia battendo i palmi sulla scrivania facendomi retrocedere di un passo dalla sorpresa.

    -Come fa un Jounin a non sapere cos'è successo a Konoha?! Ma lei è un ninja o un pezzo di legno?!-

    Nonostante mi sentissi leggermente offeso cercai di replicare con tono calmo ed evitando parole scomode.

    -Non mi è arrivata alcuna notizia, sono rimasto a casa negli ultimi giorni, può spiegarmi velocemente la situazione o preferisce insultarmi ancora?-




    L'atmosfera era gelida. Freddo mordente più dei lupi del Nord, ma vista la situazione sarebbe stato più appropriato definirlo un freddo simile a quello del Cocito. Le sbarre tagliavano la mia figura man mano che camminavo lungo le celle, la luce parca mi colpiva proiettando una lunga e terrificante ombra sul muro. I prigionieri esponevano le braccia e producevano versi gutturali, sbattevano ciò che trovavano sulle sbarre e ridevano, li sentivo, sapevo fosse per me, accrescevano la mia rabbia, o forse era la semplice paranoia che alimentava delle infantili preoccupazioni. Indipendentemente da ciò, ero pronto a sfondare l'intero edificio con un pugno qualora non avessi trovato le risposte che cercavo. Le guardie mi osservavano impaurite o con espressioni arcigne, era normale dopotutto, creavo un disordine immenso a causa del mio peso e la mia faccia era stata scambiata con quella di Satana. I miei occhi si scontravano con la luce, le sbarre proiettavano ombre anche su di essi che veloci scrutavano l'interno di ogni stanza, finché non arrivai a quella che cercavo, sulla sinsitra una scura figura catturò tutta la mia attenzione privandomi dalla realtà per una manciata di secondi. Le sbarre erano di sabbia, atte ad impedire l'emanazione di chakra e generate dai ninja stessi che facevano la guardia, la sabbia in realtà circondava l'animo di ferro delle stesse rendendole dunque parecchio più resistenti, ma niente mi impedì di afferrarle in un impeto di rabbia. La guardia alle mie spalle mi osservò stupita.

    -Può lasciarci soli un attimo?-

    Chiesi a denti stretti facendola scappare a gambe levate, ma forse non ero stato io a farla fuggire, bensì lo stress di dover guardare quell'uomo ricoperto da gloriose cicatrici di guerra. Minato era lì, con i polsi ammanettati, e quanto avrei desiderato di non esser legato ad alcun credo ninja solo per poter fare ciò che più mi aggradava.

    -Dimmi Minato, o devo chiamarti Nonubu Senju? Quale preferisci dei due, mio caro amico?-

    Lanciai dei fogli all'interno della cella, sicuro che arrivassero a faccia in su con l'ausilio del mio marionettismo. Afferrai la sedia alle mie spalle scaraventandola contro il muro.

    -Sai cosa c'è scritto Nonubu? Sai cosa c'è scritto in quei fogli del cazzo? C'è scritto che Zero si è chiuso a Konoha, c'è scritto che non si sa che cazzo stia accadendo lì dentro, c'è scritto che Zero... c'è scritto che Zero è a capo di Konoha.-

    Chiusi gli occhi abbassando lo sguardo per livellare la mia voce tremante comprimendo il diaframma, ma con le marionette non funzionava. La mia gamba tremava priva di controllo, le mie mani si muovevano incessanti allo scopo di trovare qualcosa da afferrare.

    -Ti hanno imprigionato perché potresti essere una spia di Zero, un messaggero, un qualsiasi figlio di puttana uscito da Konoha. Ti avevo chiesto solo una cosa, ti avevo affidato solo un compito, assicurarti che Zero venisse processato, che quel genocida dai cromosomi dispari fosse condannato, secondo un regolare processo sicuramente, ma non da un brando di idioti. CHE CAZZO VUOL DIRE CHE È DIVENTATO IL SIGNORE DI KONOHA?!-

    Urlai con tutta la voce che potevo generare dal fantoccio. Mi fermai qualche secondo passandomi una mano sulla faccia.

    -Persino Kusa è chiusa da tutti i lati, non si sa cosa stia accadendo, hai una spiegazione convincente, Capitano di Konoha, Nonubu? Hai una spiegazione che non mi debba far pensare tu mi abbia utilizzato solo per avvicinarti a Zero e successivamente convincerlo in qualche modo a realizzare la conquista del continente? Perché è una storia che mi piacerebbe sentire prima di decidere cosa fare.-

    Un filo di chakra partì verso la destra, andando a raccogliere una sedia ancora intatta sulla quale mi sedetti verso lo schienale, pronto ad ascoltare ogni parola, ogni singola stronzata che sarebbe potuta uscire dalla bocca di Minato.

    -E dimmi, sei tornato a Suna con la speranza di convincermi a far qualcosa per te, di nuovo? Sei un uomo pieno di speranze vecchio mio, ma voglio solamente sentire quali saranno le tue ultime battute da incidere sulla tua tomba, dopo andrò a chiedere un nodo scorsoglio per la tua bella faccia di cazzo.-

    Impazzii sul posto. Tutto quello in cui credevo, tutto ciò che ero convinto potesse esistere tra me e Minato non era che il niente, non vi era nulla che potesse supportare qualche legame se non una catena costituita da pure menzogne.
     
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  3. Anselmo
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    Il Kuroda che varcò il cerchio di luce generato da quell'unica, debole lampadina che pendeva dal soffitto, era un Kuroda diverso da quello che conoscevo io. Avanzò con una determinazione che non ricordavo, ed afferrò le sbarre come io stesso avevo fatto poco più di un mese prima, a Konoha. In lui vedevo il Jounin che era diventato, lo Shinobi esperto, una creatura che dopo vent'anni di crescita era divenuto ciò per cui era nato: uno strumento di difesa, di attacco! Qualcosa che esiste per soddisfare aspettative, eseguire ordini, portare avanti il normale corso delle cose.
    Io non sollevai lo sguardo. Rimasi seduto sulla panca a muro, i polsi legati dietro la schiena, piegato in avanti cosicché i miei capelli sempre un po' troppo lunghi nascondessero il mio volto. Le sue sentenze furiose rimbombarono nella cella in un vibrare carico di rabbia, tensione e delusione. Ma io non mi mossi di un centimetro. L'unica parte che concessi alla vista di Kuroda fu uno spicchio del mio zigomo destro, così debolmente illuminato dalla luce incerta che le ombre rendevano le cicatrici che lo ricoprivano ancora più orribili. Rimasi in quella posizione, apparentemente insofferente alle sue parole. Ma la mia calma, forgiata nei troppi inferni cui ero sopravvissuto, era solo un fragile guscio superficiale. Dentro di me gridavo, scalciavo e mi dilaniavo le carni, dissanguandomi nel disperato tentativo di far fronte all'irrefrenabile bisogno di dire ogni cosa, sputandola fuori come fosse un boccone amaro di cui ci si può liberare con un semplice gesto:

    ""Una spiegazione convincente... è questo che vuoi, Kuroda? Certo... come no... Allora forse dovrei raccontarti di come mi sono trovato faccia a faccia con Zero, nelle prigioni di Konoha, esattamente come ora tu ti trovi faccia a faccia con me. Forse dovrei raccontarti di come quegli occhi scarlatti abbiano riacceso i carboni fumanti della mia anima, e di come quella bocca abbia scavato nella mia essenza rigurgitandomela addosso. Forse dovrei raccontarti come, per la prima volta nella mia vita, io avessi riconosciuto in qualcuno un mio simile, un individuo capace di riempire il vuoto che ha sempre ammorbato la mia esistenza.
    ... raccontarti che è grazie a me se i Mukenin sono riusciti a irrompere dentro la Foglia. Che è tutta una farsa, un gioco ideato da Zero per apparire un salvatore, in modo da essere eletto a comando del popolo. Che allo stesso modo io, in sua vece, ho trucidato la Kusakage ed ingannato l'intero popolo dell'Erba, portandolo all'interno della sfera di potere del nemico pubblico numero uno. Che solo allora mi sono reso conto di quanto possa essere potente la parola... Che un condannato a morte, ridotto all'impotenza, era riuscito a conquistare due Villaggi e rivoltare le menti di centinaia di migliaia di persone, sussurrando semplicemente qualche parola al mio orecchio, tra le sbarre di un carcere. Solo allora mi sono accorto dove risiede la vera giustizia, il vero potere... Ma era troppo tardi, oramai dovevo portare a termine il suo volere. Ed il mio volere? Che fine aveva fatto? Non lo so più, non so più niente...""


    Queste le parole che la mia bocca avrebbe dovuto pronunciare. Era questa la spiegazione che Kuroda esigeva. No, non solo. Questa era la spiegazione che egli meritava, che chiunque avrebbe meritato. Ma lui più di tutti, perchè era un mio amico, e perchè avevamo rischiato la vita assieme. Eppure dalle mie labbra non uscì una sola di quelle parole. Non mi concessi nemmeno il lusso di pensarle, figuriamoci pronunciarle. Nessuno al mondo doveva sapere. Non ancora, non finché Zero fosse stato in vita. Non fu quella la risposta che fornii al Jounin di Suna per il semplice fatto che in tempi come quelli non c'era tempo per la verità. Mi ero recato a Suna per compiere qualcosa di più importante che confessare i miei peccati. Forse un giorno avrei dovuto rendere conto a qualcuno per tutto ciò che avevo fatto. Ma non in quel momento. Quello era il momento di agire.

    Non so più niente...

    Fu l'unico mormorio che a stento risalì dalla mia gola.

    Eccetto una cosa...

    Sollevai lo sguardo incrociando quello di Kuroda, e continuai, ora con voce perfettamente udibile.

    ...devo uccidere Zero.

    Mi alzai dal pavimento e calpestai i fogli per raggiungere le sbarre, per raggiungere il mio amico.

    Fai bene a temere, la situazione è pericolosa. Zero ha conquistato Konoha e Kusa, istituendo l'Impero del Fuoco. Ogni singolo individuo entro le mura dei due Villaggi pende dalle sue labbra. Il suo popolo userebbe i propri corpi per fare da ponte su un fiume di roccia fusa, se solo lui lo pretendesse. E' per questo che me ne sono andato, che ho tradito il mio Villaggio. Non c'è più niente lì per me.
    Kuroda...


    Distolsi lo sguardo dal suo volto dirigendolo verso la luce infondo al corridoio vuoto; qualsiasi cosa ma non il suo volto, in modo da trovare la forza di continuare.

    Non sono del tutto innocente, no... Ma è proprio per questo che sono qui. Devo riparare ai miei errori! Da solo, però, non ho speranze. Dobbiamo uccidere Zero, toglierlo di mezzo prima che diffonda la sua maledetta pandemia in ogni angolo del mondo. Devi aiutarmi ad assassinarlo!
    Non possiamo muovere una guerra contro di lui, non ci sono i presupposti. Riceverete notizie contrastanti, ma per lo più vi verrà fatto credere che Zero è stato nominato Imperatore dal popolo, e non può quindi essere condannato in alcun modo. Potrei testimoniare contro di lui, ma sarebbe la mia parola contro la sua e se anche dimostrassi tutto, lui avrebbe due Villaggi pronti a morire per la causa. Si scatenerebbe una guerra, l'ennesima guerra. Invece noi due, io e te, possiamo mettere le cose apposto. Ucciderlo è l'unico modo per salvare quella gente e tutti voi. Ci sarà una sola vittima in questa faccenda... lui!


    Percepii il sangue pulsare violentemente nelle vene, i muscoli tendersi e non potei trattenere una smorfia inferocita. Con gli occhi colmi d'ardore, tornai a scrutare Kuroda in volto. Quasi mi misi ad ringhiare, come fossi colto da un istinto animale.

    Un giorno, forse, ti racconterò tutto, ed allora tu potrai volermi vedere impiccato. Ma io non posso lasciare questo mondo sapendo che Zero lo calpesta ancora, capisci?! Io devo ucciderlo! Ora lo so, ora so perché esisto. Questo mio compito non è qualcosa che può essere ignorato. Non c'è regola o legge che mi possa convincere a fermarmi. Se sono qui, non è per chiedere il tuo permesso. Non ho intenzione di essere giudicato da te. Sono qui solo perchè mi servi. Si, esatto.
    Ora la scelta è tua. Puoi aiutarmi, ed unendo le nostre forze forse potremo farcela. Oppure puoi rifiutare, perchè mosso dal tuo stupido orgoglio che ti suggerisce di non aiutare qualcuno che ti vuole solo usare. Ma sarebbe un grave errore. Io i miei errori gli ho già compiuti, e farò di tutto per riparare. Tu sei ancora in tempo, non sei costretto a sbagliare. Sono l'unico che ha i mezzi per giungere faccia a faccia con lui. Ostacolami, ed avrai un mondo intero sulla coscienza. Ce l'avremo entrambi...
     
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    Strinsi le dita sullo schienale della sedia, piegando il legno e fratturandolo in piccole schegge.

    -Avevamo catturato il mukenin più pericoloso di tutto il mondo ninja, Nonubu. Avevamo messo la parola fine ad un'era di terrore che iniziò prima della guerra. Avevamo consegnato alla giustizia Sefiro, avevamo fatto il nostro lavoro, avevamo fatto la cosa giusta, rimaneva solo un regolare processo per decidere cosa fare del suo collo. È troppo chiederti perché dovrei fidarmi ancora di te?-

    Ma tutto quello che sentii fu il rantolo di una bestia morente. Non v'era più alcuna persona bensì un guscio vuoto ricolmo di rabbia e furia. Minato non c'era più, al suo posto v'era un simulacro di infima risma che auspicava di uscire da quelle quattro mura.
    Sospirai sollevando la testa, gli occhi incavati in delle orbite profonde rese scure dalla luce che filtrava appena.


    -Capisco perfettamente Nonubu.-

    Mi alzai senza staccare gli occhi dai suoi, fissi in quel mare di catrame e pece che altri non era se non la sua anima.

    -Come tu capirai perfettamente perché non posso lasciarti andare. Non è orgoglio, so che non ho bisogno del tuo aiuto per sbarazzarmi una seconda volta di lui. Non è orgoglio negare la collaborazione di un traditore. Perché è quello che sei ora Nonubu. Come ci si sente ad essere più simile a Zero di quanto non potessi pensare? Quella stronzata sull'abisso sembra avere un fondo di verità dopotutto, hai pure gli stessi occhi che gridano:"Voglio potere, vi prego, qualcuno mi dia potere, voglio di più.". Hai gli occhi di un animale, e preferisco estirpare il problema alla radice, prima che si presenti di nuovo.-

    Afferrai di nuovo le sbarre scontrando la faccia contro di esse, per togliere qualsiasi distanza tra me ed il prigioniero, sino a poter sentire il suo respiro a pochi centimetri dal mio viso.

    -Una volta Nonubu, mi sono fatto usare una volta. Se lasci che uno specchio cada, non potrai ripararlo mai più, ed è questo ciò che accade quando pensi che tutto possa andare a gonfie vele, cosa sarebbe successo se avessi saputo prima del tuo arrivo che Zero avesse messo a soqquadro Konoha? Ti avrei cercato, ti avrei cacciato fino all'alba dell'ultimo giorno per sentirti implorare pietà tra gli spasmi.
    Mi hai risparmiato un bel po' di fatica, devo ammetterlo. Sarebbe stato divertente tuttavia, non pensi Nonubu? È quasi romantico pensare ad un'eterna caccia che... Ma cosa ne parlo con te. Entro qualche giorno ti vedrò appeso fuori da quella grata. Tranquillo, in nome della nostra amicizia ti farò soffrire le pene dell'inferno prima di farti morire nel modo più doloroso che conosco. Potrei truccare la corda evitando che il tuo collo si spezzi o chiedere che tu venga decapitato e smussare l'ascia, che ne dici?-


    Diedi una spinta alle sbarre, andando leggermente indietro. Portai le spalle contro il muro, incrociando le braccia.

    -Guarda cosa ti ha causato la voglia di vendicarti, guarda cosa ti ha fatto la rabbia, sei nulla più di un'ombra.-

    Urlai le ultime parole. Silenzio, una decina di secondi forse di più.

    -Hai lasciato che lo specchio cadesse. Non è stata una buona idea, non pensi? Ti manderò qualcuno perché registri le tue ultime volontà.-

    Abbassai lo sguardo. Mi voltai verso l'uscita lentamente, mettendo un piede davanti all'altro con una furia che fondeva il cenit stesso ma bloccava qualsiasi genuina reazione, ero in preda ad una tempesta di emozioni e non riuscivo a controllarmi nella maniera adatta, Minato mi aveva tradito, dopo tutto quello che avevamo passato insieme. Perché non ero felice di poter dare a Minato ciò che gli spettava? Perché stavo rodendo nel profondo del cuore? Perché non riuscivo semplicemente ad andarmene chiudendo quel triste capitolo della mia vita?
    Non mi volsi, lasciai che la bocca di muovesse da sola, continuando a guardare avanti.


    -Perché dovrei fidarmi ancora di te?-

    Mi voltai, tornando davanti alle sbarre del fu Minato.

    -Perché dovrei darti una seconda possibilità?-

    Edited by LordScorpio - 17/11/2015, 11:56
     
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  5. Anselmo
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    Quel suo sentimento, il tormento misto a collera estrema che turbinava nel suo corpo meccanico, rendendolo instabile e pericolosamente fragile come un'ampolla di nitroglicerina; un movimento impercettibilmente sbagliato, ed è cataclisma. Un'emozione così confusa ed intensa, che capisci quanto sia limitato un corpo se rapportato alla potenza della mente, perchè ti rendi conto che le tue membra non posso in alcun modo esprimere ciò che hai dentro. Qualsiasi cosa, che sia sfondare a mani nude un muro di cemento, gridare fino a spezzarsi le corde vocali, accanirsi su chiunque con inaudita violenza o causare a se stessi i più tremendi dolori... qualsiasi cosa non basta minimamente ad esteriorizzare il torrente caldo che ti scorre dentro. Quel sentimento, che rischiava di far collassare Kuroda a pochi passi da me, era un sentimento che avevo provato anche io, fin troppe volte. Mi ero trovato al suo posto in più di un'occasione. Quando qualcosa in cui credi va in frantumi in un fragore assordante, e tutto ciò che rimane è una distesa di piccoli frammenti di vetro, impossibili da ricomporre. Lo capivo, dannazione se lo capivo. Così bene che sapevo quanto fosse difficile combatterlo. Per lui era forse la prima volta, io invece ero reduce da tale supplizio più di chiunque altro al mondo.
    Con Kuroda che con impeto mi riversava addosso ciò che probabilmente aveva desiderato dirmi fin dal momento in cui aveva saputo di Konoha, realizzai quanta distanza in realtà ci fosse tra noi due. Le sbarre d'acciaio ed i metri tra me e lui non erano nulla in confronto all'abisso di esperienze che ci divideva. Lui non poteva capire ciò che mi aveva spinto a compiere ogni scelta nel corso della mia ascesa, perchè non aveva vissuto sulla propria pelle ciò che avevo vissuto io. Quel che avevamo passato assieme non era nulla rispetto a ciò a cui io ero dovuto sopravvivere, da solo, senza alcun "amico" al mio fianco. Mi definiva un traditore, e dal suo punto di vista dovevo essere il peggior traditore che si possa incontrare. Ma dal mio punto di vista, l'unico che avevo veramente tradito ero io stesso. Non potevo nemmeno affermare con certezza di aver tradito Zero, perchè avevo visto ciò di cui era capace, il suo potere manipolatorio, che poteva avermi spinto in qualsiasi direzione egli voleva. Non sapevo nemmeno io chi avevo tradito. Ma Kuroda no, non lui. Mi aveva consegnato Zero cosicché venisse assicurato alla giustizia, si. Ma sia "Zero" che "giustizia" erano parole il cui senso trascendeva la soggettività. Cos'era per lui Zero? Nient'altro che uno sporco assassino, un banale anche se importante criminale dopotutto, un individuo con un destino semplice: la forca. Ma Zero non significava lo stesso per me. Non gli avevo dato la caccia mosso da ideali di giustizia, e questo Kuroda infondo l'aveva sempre saputo. Bastava guardare il mio corpo e le orribili cicatrici che mi derubavano di metà volto, spalla, parte del petto e della schiena, coscia, polpaccio, per capire che quando io guardavo Zero, non vedevo la stessa cosa che vedeva Kuroda. Il semplice fatto che Kuroda mi avesse paragonato a Zero, ne era la totale conferma.
    Uno Shinobi da la caccia ai criminali perchè la sua etica gli grida che è giusto. Un mercenario invece, che da la caccia agli stessi criminali, lo fa solo per procurarsi da vivere, per portare il pane a casa. Chi è lo Shinobi per dire al mercenario che sbaglia, che è immorale, nonostante il mercenario lo faccia solo per sopravvivere? Chi è lo Shinobi per giudicarlo? Chi era Kuroda per giudicare me? Lui non aveva vissuto ciò che avevo vissuto io. Lui non capiva. Non del tutto almeno. Qualcosa, fra le sue parole, mi aveva ferito, e non potevo ignorarle attribuendole ad una mente diversa dalla mia. Non capiva tutto, ma qualcosa si:

    Hai ragione. Questo è ciò che sono, quel che sono diventato. Hai perfettamente ragione.

    Ero distante dalle sbarre. Mi ero mosso indietro mentre lo ascoltavo, cosicché l'ombra potesse nascondere il mio capo alla debole luce. Non volevo che mi vedesse in volto, ma non servì a niente perché la mia voce risuono comunque a tratti rotta ed a tratti tremante:

    Me ne rendo conto anch'io, non ho bisogno delle tue parole per ferirmi nel profondo. Me lo sento addosso, Kuroda. E' come un parassita, che ti si attacca alla pelle. E quando calchi il pugno per schiacciarlo, non fai altro che spandere l'infezione. Come tentare di spegnere un fuoco soffiandovi sopra; ne alimenti le fiamme, nient'altro. In breve te la trovi in ogni parte del corpo. Un morbo che ti aderisce addosso, deformandoti e cambiandoti in ogni aspetto. E' proprio come dici tu. Se penso a chi ero prima di quel giorno...

    Ruotai il capo spostandomi nuovamente nell'arco di luce, perchè questa volta volevo che vedesse a cosa mi riferivo, al lato grottesco della mia faccia, mal celato dai capelli sudici.

    ...cos'è accaduto?

    Bofonchiai puntando lo sguardo a terra, come se parlassi con nient'altro che me stesso, in una dimensione in cui a confrontarsi con Nonubu v'era solo uno specchio.

    Non riesco più a riconoscermi. Non sono più capace di tracciare il sentiero dei miei cambiamenti passati. E' come aver smarrito la via, ma vedere lì davanti a te una luce, e sapere che ti porterà a destinazione. Solo che nel mio caso ci sono delle sbarre ad impedirmi di raggiungere la meta.

    Avanzai ancora, fino a che le punte dei miei piedi non toccarono il recinto di ferro. Quindi premetti il mio viso tra le sbarre, e fissai a lungo il mio interlocutore, senza che il gelo del metallo sugli zigomi potesse minimamente distrarmi da Kuroda. Il mio sguardo mutò nel lungo attimo di silenzio che seguì. Dapprima afflitto come quello d'un cane, poi inespressivo come appartenesse alla fotografia di un documento. Infine le sopracciglia si avvicinarono, i muscoli si contrassero e sul mio volto chiunque avrebbe potuto leggere soltanto serietà pura ed inesorabile:

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    ...quindi mi chiedi perchè dovresti fidarti ancora di me? Non dovresti, Kuroda. Non è quello che ti sto chiedendo. Vorrei che tu ti fidassi di me, si. Lo desidero con tutto me stesso. Ma so che hai ragione, so che non posso chiederti una cosa simile. Non pretendo che tu ti fida di me, non voglio cercare di convincerti in questo senso. Sarebbe come sputare in faccia a quella che era la nostra amicizia, più di quanto io già non abbia fatto. Io non ti chiedo di fidarti.
    Ciò che ti chiedo e di mettere da parte il legame spezzato che ci ha uniti. Voglio che ad ascoltare le mie parole non sia il mio amico Kuroda, ma il Jounin di Suna che egli rappresenta, l'élite della Sabbia. Devi sopprimere i tuoi sentimenti, e guardarmi per quello che sono ora, per ciò che ti offro. Se tu vorrai, ci sarà un tempo per soddisfare la rabbia che provi nei miei confronti. Ma non è questo il momento, Kuroda. I sentimenti non hanno spazio in situazioni come queste. Ora devi pensare a ciò che è giusto.
    Ascolta attentamente le mie parole. Ciò che hai detto su di me, su dove mi ha portato la vendetta... bhé, è esatto. Per l'ennesima volta lo ribadisco: hai ragione! Ed è proprio per questo che non devi commettere lo stesso errore che ho commesso io. Guardami... guarda cosa sono diventato. Oramai non conosco altro se non morte, desiderio, disperazione. Sono un uomo finito. La vendetta mi ha trascinato in una spirale di fallimento. E tu... tu vorresti compiere lo stesso atto? Uccidermi perchè ti ho deluso e tradito?! Mandare in fumo l'unica possibilità di AMMAZZARE ZERO?! Come puoi?!
    Si, perchè fra tutte le cose che hai detto, su un punto hai sbagliato: senza il mio aiuto, non puoi togliere di mezzo una seconda volta Zero. La prima volta è stato lui ad arrendersi a noi. Questa volta ha un Impero pronto a dare la vita per lui. Non c'è modo di ucciderlo senza scatenare una guerra con centinaia di migliaia di vittime. E' questo ciò a cui vuoi arrivare? E solo per soddisfare il tuo desiderio di vendetta?! No, non farlo Kuroda.
    Io so come farci entrare a Konoha senza essere individuati.
    So meglio di chiunque altro come muovermi al suo interno.
    Conosco ogni Shinobi temibile al servizio di Zero; quelli di poco conto, e quelli da cui tenersi alla larga.
    So chi tra questi ubbidirebbe incondizionatamente al suo padrone, e chi invece potrebbe addirittura schierarsi dalla nostra parte.
    So come arrivare faccia a faccia con Zero, senza che nessun altro se ne accorga.
    Kuroda, io ho le armi giuste per compiere questa missione impossibile! Allora, chi è che usa chi, EH?! Sono io che ti voglio usare, o sei tu che hai paura di usare me?!
    Te lo ripeto: insieme possiamo farcela. E quando Sefiro Mitarashi non sarà altro che carne morta ai nostri piedi, in quel momento... ma solo in quel momento... potrai vendicarti. A quel punto non avrò più una ragion d'essere.... Uccidendo Zero morirò anch'io, in un certo senso. E non è forse questo ciò che vuoi? Heh... he he eh... l'Emissario della... Morte...


    E mi voltai, dandogli le spalle, cosicché i miei occhi potessero puntare unicamente il muro, per vagare al di fuori di esso, danzando tra i ricordi come una farfalla che volta tra le fiamme d'un incendio.
     
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    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

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    Quanto tempo era passato dall'ultima volta che ero impazzito? Frasi sconnesse unite da un filo logico ben nascosto, azioni prive di senso... forse dall'incontro con Sefiro, e dannazione sembrava fosse stato l'epicentro della mia vita, bisognava dare credito a Minato, quel Mukenin riusciva a rendere importante ogni singolo incontro, come una puttana d'alta borghesia. Quel pugno che gli aveva dato, sentivo ancora l'impeto del momento, il fervore e la soddisfazione provata nello sfregiare quell'infimo essere. Ma se quello che aveva detto il mio interlocutore era vero, quante possibilità v'erano che quella non fosse altro che l'ennesima intricata ragnatela d'inganni?
    Non potevo più fidarmi di Minato, l'aveva ammesso persino lui di esser diventato un'altra persona, e non vi era nessun vantaggio nel credergli sulla parola.


    -Penso che questo.. sia un addio Nonubu. Capisci perfettamente che crederti sulla parola è un semplice azzardo, penso tu non sia più una persona ragionevole, ma converrai che questa è la soluzione più logica. Cercherò di chiedere la tua libertà, ma non potrò farti rimanere a Suna. Ne va della mia salute mentale-

    Silenzio. Lasciai intercorrere qualche secondo, forse una decina, non importava. Era uno di quei momenti in cui la mia mente era sveglia e si domandava del perché il mio sguardo vagasse nel vuoto. Lasciai che tutto ciò intorno la mia figura sparisse, lasciai che lo spazio si perdesse in una nitida macchia offuscata, macchia che si metteva in secondo piano per rendere il pensiero padrone.
    Nonubu, quanto era affidabile? Muovere guerra cieca non era certamente un ottimo piano, con tutta probabilità stava solo cercando di farci cadere in trappola, Suna senza un esercito o anche solo senza il Kage non aveva speranze contro Zero, e bastavano poche perdite per renderla un facile bersaglio per le brame fameliche di Zero, dopotutto stavamo parlando del Paese Ninja più esteso e ricco. Non potevo assolutamente rischiare la libertà del Villaggio, non avrei mai lasciato che Zero trovasse il minimo punto debole all'interno dell'anello di roccia. Non avrei mai lasciato che qualcun'altro dovesse soffrire la follia dell'uomo dagli occhi rossi. Ma avevo effettivamente qualcosa da perdere? Cosa m'importava di tutte quelle persone che mi evitavano come la peste alla vista delle quattro braccia? Cosa mi importava di quegli ingrati? Ciò che mi spinse a fare il ninja probabilmente: difendere i più deboli.
    Un fulmine balenò tra le tempie, una scossa elettrica che ripristinò la mia vista e fece scomparire qualsiasi ansia. Una scarica d'adrenalina avvertita eoni or sono, era tutto un po' più chiaro, stava iniziano ad avere tutto senso! Un piano, quello mi bastava, semplicemente un'azione che mi permettesse di evitare una situazione di svantaggio. Zero aveva ben pochi metodi per sovrastare l'intero esercito anche se ciò che Nonubu aveva detto potesse essere vero. Eureka! Poteva far molto, ben più di ciò che era stato semplicemente proposto.
    Scattai contro le sbarre, afferrandole con le braccia principali e fissando Nonubu, penetrandolo nell'oscurità con uno sguardo vacuo. Chi usava chi? Non mi importava, ero IO il marionettista.


    -Hai proprio ragione Nonubu, dovremmo mettere da parte i nostri dissapori, non sarà certamente questo... perdonami.-

    Le mani diedero forfait, calando sulle sbarre senza vita, rimasi qualche attimo a guardarle con un certo nervosismo che tramutò il mio volto da un ghigno sadico ad un'espressione di cocente delusione. Mi ero dimenticato della peculiarità di quella prigione e di quanto potesse risultare fastidiosa con una minima distrazione. Sospirai, indietreggiando un attimo per far scivolare le braccia nel vuoto e riacquistandone immediatamente il controllo

    -Tempo al tempo direi, prima ti facciamo uscire da quella stanza, le manette però non posso toglierle, ovviamente. Tuttavia ti basterà aspettare poco tempo prima di essere un uomo libero. Vedi Nonubu, a me non interessa la tua morte, non interessa la morte di nessuno, non mi interessa neanche quella cosa che tu chiami:"Zero". Devi veramente credere che io abbia un qualche spiccato senso per la giustizia onnipotente. Nha, stai sbagliando persona. Credo esista una giustizia perpetrata dall'uomo, ma io non sono un uomo. Io credo semplicemente che uccidere qualcuno di debole sia sbagliato, tutti hanno i loro ideali, e tutti possono chiedere chi ha torto e bla bla bla. Stronzate sofistiche. Qualcuno ha torto? C'è bisogno di una verità assoluta? C'è veramente bisogno che qualcuno un giorno si svegli e dica:"Io voglio uccidere tutti ed io ho ragione!" se non un proposito qualsiasi? Ti spiego come la vedo io.
    Ci sono due persone, una dice che bisogna uccidere, l'altra che bisogna aiutare gli altri. Chi ha ragione? Penso sia un tacito consenso dire che entrambe hanno il loro motivo per voler fare qualcosa, tutti siamo liberi di voler fare qualcosa. Sbaglio?
    Ecco, a me non interessa che Zero esista o abbia rubato qualcosa, ma a me interessa che Zero abbia messo la parola "Fine" alle vite di centinaia di persone, a me interessa che lui non abbia una coerenza di fondo e stia semplicemente tentennando nella più assoluta oscurità, perché c'è sofferenza, perché sento una perversione nella società che per carità, potrà cambiare quanto vuole, ma non permetterei mai che si evolvesse fino a divenire l'impero di Sefiro Mitarashi. Chissà, magari sta facendo il suo lavoro! Magari è un buon Kage! Ma da come me ne parli non credo. Io credo che una croce sopra la testa di Zero sia la fine più giusta. Sono Kuroda Akasuna, non importa ciò a cui credo, forse, illazioni mosse da una psiche che sta per frantumarsi in mille pezzi. Oggi è stata una giornata piuttosto movimentata devo ammettere, MA.
    Se c'è una cosa che adoro e sentire le persone felici per ciò che hanno, felici di vivere e felici di vivere la propria storia personale, persone che buttano la propria vita alle ortiche o la usano per sovrastare quella degli altri mi fanno particolarmente schifo. Io stesso sono colpevole di aver ucciso decine di persone, questo non mi fa di certo onore ed è un fardello che mi porterò per tutta la vita, loro avevano un motivo per uccidere ed io un motivo per cacciarle. Non c'è differenza tra criminale e cacciatore, disse Zero. Io la vedo eccome: nelle scelte che ognuno di noi fa. Ed io la mia l'ho fatta. Perché quella che tu chiami:"Vendetta", per me è semplicemente la pace.-


    Mi sarebbe tanto piaciuto sfondare quella cella, ma contenermi era sicuramente un'idea migliore. Corsi per il corridoio doppiando tutte le guardie che stavano ascoltando, non avevo alcun utilizzo per loro. Sfociai all'entrata, riabituandomi immediatamente alla forte luce solare e fissando, senza batter ciglio, la guardia che prima mi aveva informato molto calorosamente di Nonubu.

    -Potevi urlare un po' più piano.-

    Lo ignorai, avanzando la mano.

    -Le chiavi per la cella del traditore di Konoha.-

    Abbassò il giornale, guardandomi per qualche secondo.

    -Serve una corda?-

    -Lo porto dalla Kage.-

    -Puoi scordarti le chiavi.-

    Disse, tornando a leggere il giornale. Non un'ottima mossa visto che ero io a muovere i fili. Mi avvicinai all'orecchio della guardia, senza che egli si muovesse.

    -Non ho detto le chiavi delle manette, ma della cella. Ricordi i foglietti che mi hai dato? Ci sono scritte alcune cose abbastanza interessanti, che ne pensi di farci aiutare dall'unica persona che può dare informazioni accurate su Konoha? Sai, non vorrei che la corda servisse al tuo collo dato che devo fare rapporto alla Kazekage per gli ultimi avvenimenti che mi sono stati riferiti.-

    -Stronzate.-

    Ghignai.

    -E se non lo fossero? Che rischio corro nel portare un carcerato già perquisito dalla Kazekage e per di più ammanettato? Dimmi pure. Se c'è qualche dubbio puoi chiedere, ma non vorrei perdere tempo con feccia come te quando abbiamo un demone fuori dalle mura e il nostro villaggio sarà sicuramente il suo primo obbiettivo.
    Chiaro?-





    La cella si aprì emettendo un acuto suono metallico, lasciai la chiave appesa dimenticandomi completamente della sua esistenza. Entrai finalmente nella stessa stanza di Nonubu, faccia a faccia con l'uomo che non esisteva più, con l'uomo che non sarebbe mai più esistito, pochi millimetri mi dividevano da lui.

    -Piacere di fare la tua conoscenza, Nonubu. Spero di poter contare su di te. Adesso, dobbiamo muoverci. Il prossimo passo è chiedere udienza alla Kage.-

    Non potevo certamente elaborare un piano di guerra che coinvolgeva tutta Suna da solo! E tornammo a riveder il cielo.

    Edited by LordScorpio - 24/11/2015, 20:11
     
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  7. Anselmo
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    Dopo che la grossa chiave metallica ebbe ruotato rumorosamente nella serratura, una porta ritagliata nella verticalità delle sbarre si aprì con un acuto cigolio. Il confine d'acciaio che ci separava scomparve, fummo uno difronte all'altro, senza nessun ostacolo a frapporsi tra di noi. Ma la barriera invisibile che si era eretta tra le nostre due anime nel corso di quella giornata sarebbe perdurata fino alla fine dei nostri giorni, solida ed impenetrabile. Oramai eravamo divisi e niente avrebbe più potuto ricreare quell'intesa velata che ci aveva amalgamati nel corso delle nostre avventure insieme. Potevamo stupidamente pensare di conoscerci a vicenda, ma in realtà da quel momento in poi non saremmo stati altro che estranei. Nonostante tutto, però, esisteva ancora una singola, semplice parola a costituire un filo conduttore verso una meta comune: Zero. Gli scopi che ci spingevano potevano essere diversi, se non opposti. I motivi e le emozioni che essi scaturivano erano certamente di diversa entità, si. Pace e vendetta, così Kuroda aveva definito il tutto. Eppure ogni cosa alla fine convergeva in quella che io avevo presentato come la totale annichilazione di quell'individuo. Era per questo motivo che mi trovavo lì a Suna. In tutto il globo terrestre, v'era solo una persona che potevo convincere di ciò, Kuroda Akasuna. Qualsiasi altro essere non mi avrebbe considerato come poteva fare lui. Il perchè era semplice: noi due avevamo entrambi conosciuto Zero faccia a faccia, insieme. Quest'ultima parola rappresentava l'ingranaggio centrale di tutto il meccanismo. Comprendevamo Zero a livello differenti, ma Kuroda infine aveva ceduto: "una croce sopra la testa di Zero sarebbe stata la fine più giusta". Lui forse combatteva contro l'Impero del Fuoco, io no. Ma ciò che proponevo soddisfaceva entrambi.
    Restava solo da vedere se lo stesso sarebbe valso anche per Nami Drakeito. Dal mio punto di vista la sua figura era una semplice palla al piede di cui avrei fatto volentieri a meno, perchè io ero molte cose: un traditore, un voltagabbana, un uomo senza più giurisdizione, senza superiori o figure a cui rendere conto. Ero tutto e niente. Ma lo stesso non valeva per Kuroda il quale, oltre che un individuo, rappresentava anche la bandiera del suo Villaggio come ogni Shinobi di Suna, lui più di tutti. Un simbolo che faceva capo alla Kazekage. Non mi imposi quindi con arroganza quando Kuroda volle portarmi al suo cospetto; non chiesi anche questo, eseguii e basta. D'altronde ero ancora in manette...
    Venni scortato come il più pericoloso dei detenuti senza che in realtà ce ne fosse non il bisogno, non il diritto, con Kuroda a fare strada e due Shinobi alle spalle a controllare ogni mio movimento. Camminammo unicamente per corridoi sotterranei, senza mai vedere la luce del giorno. Mentre allineavo i miei passi sul pavimento, fissai le spalle di Kuroda chiedendomi se lui fosse mai stato trattato in tale maniera, se sapesse cosa si poteva provare. No, non poteva saperlo. La sua vita era sempre stata a senso unico, con la via ben visibile davanti a se, sempre rischiarata dalla luce del sole, nessun'ombra che confondesse i suoi obiettivi. Per Kuroda il mondo era maledettamente semplice, l'aveva affermato lui stesso. Doveva ancora imparare a conoscerlo.
    Attraversammo l'ultima porta sbarrata e cominciammo a salire. Quello doveva essere il palazzo del Kage, ipotizzai, anche se era irriconoscibile se esplorato dalle sue fondamenta. Solo in prossimità del piano terra, lo sfarzo cominciò ad allietare la vista dell'ospite, me. Salimmo, salimmo e salimmo ancora. Quadri, colonne, arazzi, ritratti e fotografie di ufficiali del passato. Tutto scorreva nella mia vista periferica senza che vi badassi granché. Sorprendentemente però l'ultimo piano, quello che ospitava l'ufficio di Nami, non mostrava la maggior concentrazione di nobili decori come mi ero aspettato. L'organizzazione lassù era militare. Soltanto una fila di uffici con targhetta identificativa ed una grande quantità di individui in divisa che sbucava da una stanza soltanto per infilarsi immediatamente in un'altra, le mani occupate a sfogliare fascicoli. A chi capitava di posare il suo sguardo su di me, si fermava all'istante, cedendo il passo alla comitiva e seguendomi con sguardi a volte esterrefatti, altre volte diffidenti, altre volte ancora duri ed impietosi. Nessuno poteva riconoscermi per come mi ero presentato a Suna anni prima, sotto l'identità di Minato Muramasa, perché il mio volto era un'altro. Ma le occhiate che mi lanciavano non lasciavano spazio ad alcun dubbio: mi riconoscevano come un pericolo. Forse per le cicatrici visibili sul mio volto, simili alle mani scheletriche levate al cielo di un'orda di dannati che ardono all'inferno. Forse per i lineamenti del mio vero volto, induriti dall'esperienza. Forse per l'aspetto trasandato che i giorni di deserto mi avevano lasciato addosso. O forse, molto più probabilmente, per le manette che portavo ai polsi e la scorta che accompagnava ogni mio passo. Notai anche che la vista di Kuroda li tranquillizzava. Doveva essersi fatto un nome tra le mura di quel Villaggio. L'idea fece scaturire un leggero sorriso sulla mia bocca, l'espressione fisica di un sentimento che sorprese anche me: fui fiero di lui. Ma si spense immediatamente quando nella coda di quei pensieri, ricordai che anche io come Kuroda mi ero fatto un nome nel mio Villaggio, prima di aver dovuto prendere la decisione di tradirlo.
    Riconobbi immediatamente la soglia dell'ufficio di Nami Drakeito. Due ufficiali facevano da guardia, ma quando entrai esortato da Kuroda, trovai l'ufficio vuoto. Anche questo mancava totalmente di un qualsiasi tocco personale. Anzi, decisi che era proprio quello il tocco personale di Nami: assenza di fregi superflui, efficienza metodica, spartana essenzialità, organizzazione militare. Far correre lo sguardo in quella stanza mi ricordò lei e la prima volta che l'avevo incontrata: fresco fresco di accademia, ero stato mandato a Suna per indagare su certi avvenimenti. Si trattava della mia prima missione. Assieme ai miei compagni avevo inseguito dei briganti fino al cimitero della Sabbia, e lì l'avevo incontrato. Zero. Ricordarlo mi provocò un formicolio ai lasciti delle ustioni ed all'orribile cicatrice slabbrata che mi circondava la spalla, laddove il braccio mi era stato sradicato dal corpo. Successivamente era stata Nami in persona a condurre il mio interrogatorio. Ricordavo di non aver mai pronunciato il nome di Zero, ma lei già sapeva.
    Ora che scrutavo Suna dalle vetrate del suo ufficio, mi accorsi che da lì il cimitero era visibile. Una collinetta punteggiata di lapidi che svettava nella distesa piatta di abitazioni. C'era stato un albero, antico e gigantesco, sulla sommità di quella collina, prima che Zero lo carbonizzasse fino alle radici. Se quel giorno fossi morto anch'io assieme ai miei compagni, chissà come sarebbe girato il mondo...
    La soglia dell'ufficio si aprì alle mie spalle e finalmente l'incarnazione della Sabbia fece la sua comparsa. Credevo di sapere esattamente chi mi sarei trovato difronte, ma non fu affatto così. La donna era spinta su una sedia a rotelle. Esclusi immediatamente che si trattasse di un accorgimento momentaneo dovuto ad una qualche ferita. Mi bastò guardare il suo corpo debole e fragile per intuirlo, rinsecchito dalla sedentarietà forzata e prolungata. Il suo viso non si voltò verso di me, ma rimase fisso in avanti, così come gli occhi, due sfere spente della loro vitalità. A spingerla era Yuka, quella ragazzina che...

    Hmpf... Kazekage-sama, non è più quella di un tempo, vedo. Dicono che il grande vantaggio del soldato sia quello di poter guardare il suo nemico negli occhi. Direi che ha abusato di tale vantaggio fino all'ultimo, ma da lei non mi sarei aspettato niente di meno. Sarei curioso di sapere chi l'ha ridotta in tale stato...

    Dissi mentre la carrozzina veniva posizionata dietro la scrivania, e Yuka accanto ad essa.

    ...ma data la situazione, i convenevoli li lasciamo agli avvoltoi. Riconosce la mia voce? Ne dubito, a volte stento a riconoscerla persino io. Ma sono sicuro l'abbiamo avvertita dell'ultimo arrivato in città. Nonubu Senju, al suo servizio. Quel che ancora non sa, è il perchè della mia... "visita".

    Mi mossi nella stanza, finché non fui difronte a lei, all'altro capo della scrivania.

    Uccidere Zero...

    Rimasi per qualche istante in silenzio, a fissare il suo volto in cerca di una reazione. Un Kage qualsiasi avrebbe ridacchiato, sarebbe rimasto sorpreso o semplicemente avrebbe pensato a chi punire per aver portato al suo cospetto un pazzo con stravaganti manie omicide. Un Kage qualsiasi, forse. Ma non lei, non Nami Drakeito. Non colei che aveva visto il mio corpo martoriato in quel letto d'ospedale, a combattere tra la vita e la morte, tra il desiderio di vivere... e la speranza di morire. Non una ma ben due volte. La prima a causa di Zero. La seconda a causa di un suo ordine: scovare e catturare Rebecca, la numero quattro di Kishikumo. Entrambe le volte, comunque, sotto il suo tetto e sotto il suo sguardo. Quella seconda volta c'era stato persino Kuroda con me, a condividere la sofferenza. Ci aveva ricompensati, certo, come se un regalo avrebbe potuto giustificare simili missioni suicide. A Kuroda aveva donato parte del suo arsenale di marionette. Tremenda ironia, considerando che per sopravvivere allo smembramento del proprio corpo, Kuroda stesso era divenuto una marionetta. A me aveva donato la mia vera identità, dandomi la possibilità di dimenticare il nome di Minato Muramasa. Mi aveva graziato, quando altri avrebbero potuto accusarmi d'essere una spia di Konoha, un traditore, un criminale sotto falsa identità. Ma non le ero stato affatto grato: odiavo Nonubu Senju! Ecco perchè rimasi a fissarla, sfidandola a ridere della mia affermazione. Altri Kage avrebbero potuto, ma lei doveva sapere che se Nonubu Senju si presentava al suo cospetto dichiarando di voler ammazzare Zero, Nonubu Senju non scherzava. Per niente.
    L'unica reazione che accettai fu un silenzio di attesa, e continuai:

    Certamente lei ha sentito, come tutti gli altri, che qualcosa è accaduto nel Paese del Fuoco ed in quello dell'Erba. Voci, informazioni sparse, per lo più poco attendibili. Io ora le offro la cruda realtà dei fatti: Zero ha conquistato Konoha e Kusa, Zero ha due interi Paesi armati pronti ad eseguire OGNI suo ordine. Zero vuole agire. E lei sa cosa accade quando Zero decide di agire. Sa di cosa è stato capace in passato. Si immagini di cosa potrebbe essere capace nella posizione di Imperatore del Fuoco che copre ora.
    Non ho intenzione di perdere tempo con inutili giri di parole per indorare la pillola, è già tanto che io abbia ancora la testa sulle spalle...


    Dissi lanciando un occhiata a Kuroda.

    ...quindi sarò brutale. In tutto il mondo Ninja, tra tutti i nove... anzi, sette Kage rimasti su questo pianeta, lei è l'unica che ha la possibilità di uccidere Zero. La sua possibilità di ucciderlo sono io. Ho i mezzi per farlo. Chiedo solo alcuni dei suoi Shinobi e la sua benedizione, se così vogliamo dire. La sua risposta può essere "si", oppure "no". Ma prima, provi ad immaginarsi cosa potrebbero narrare i libri di storia nei secoli a venire. Preferisce che narrino di quella Kazekage che, per paura di prendere decisioni troppo drastiche come l'assassinio di Zero, lasciò che quell'individuo agisse in modo indisturbato? Oppure preferisce che narrino di come Nami Drakeito diede l'ordine ad una squadra di pochi individui capaci, di intrufolarsi nella sua dimora e togliere di mezzo un futuro tiranno, salvando le sorti del mondo?
    Sono l'unico che può farlo, Kazekage-sama. Presentandomi a lei l'ho messa nella posizione di scegliere, posizione da cui lei non può sfuggire, perchè la scelta che lei farà avrà esiti su ogni singolo individuo di questo mondo. Spero che qualunque cosa abbia ridotto così il suo corpo, non sia riuscito a fare altrettanto con la sua forza d'animo. I deboli non hanno spazio, in tempi come questi.
    Sto cercando di convincerla? Si. Me ne frega qualcosa del mondo? No. Ma io voglio vederlo crepare. È lei che ha la possibilità di brandire l'arma che rappresento ed usarla per colpire Zero al cuore!
     
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    Intanto per la prima parte assegno il massimo ad entrambi, mi siete piaciuti tutti e due
     
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    Se avessi avuto un corpo umano, mi sarei messo a tremare, o come minimo la mia gamba sarebbe divenuta un martello pneumatico. Ero nervoso, evidentemente nervoso, e vedere la Kazekage non poteva che incrementare la mia ansia. Odiavo ripensare a ciò che era successo mesi addietro a Nami, lei era l'unica persona che mi avesse mai spinto avanti, l'unica che si era veramente preoccupata per me, forse l'unica vera amica che avevo, ma poco importava dato che la consideravo come una madre. Era una delle due figure di riferimento che avevo acquisito e sicuramente era quella più in vita, visto che l'altra era Haru Kamigawa ed era sparito dalla faccia della terra, ciò per motivi ovvi ed era anche grazie a lei se dopo aver incontrato Rebecca, la mukenin che mi aveva privato del corpo, ero ancora in grado di... essere.
    La porta si aprì con una lentezza disumana, la mia percezione del tempo era distorta all'inverosimile e capivo bene il perché, non vedevo Nami da una vita e tutto ciò che avevo sentito sul uso conto erano solo notizie sparse di qua e là, voci che volano piroettando di bocca in bocca e guadagnando vezzi. Nulla di ciò che mi era stato raccontato poteva eguagliare l'immagine che mi si presentò davanti: La regina di Suna sul suo trono. L'exuvia di ciò che era il comandante del villaggio, solo un lontano ricordo, un guscio spento. Cercai di distogliere lo sguardo, evitando di guardare oltre i rimasugli di Nami. Alle sue spalle v'era una figura che non riuscii a riconoscere nell'immediato, spingeva la carrozzina contenente il moncherino della Kazekage con ammirabile silenzio. Il cigolio delle ruote si protrasse per qualche secondo, tempo atto a lasciar che la Kazekage si potesse posizionare dietro la scrivania. Ma neppure quei pochi secondi rimasero immacolati.


    -Hmpf... Kazekage-sama, non è più quella di un tempo, vedo. Dicono che il grande vantaggio del soldato sia quello di poter guardare il suo nemico negli occhi. Direi che ha abusato di tale vantaggio fino all'ultimo, ma da lei non mi sarei aspettato niente di meno. Sarei curioso di sapere chi l'ha ridotta in tale stato ma data la situazione, i convenevoli li lasciamo agli avvoltoi. Riconosce la mia voce? Ne dubito, a volte stento a riconoscerla persino io. Ma sono sicuro l'abbiamo avvertita dell'ultimo arrivato in città. Nonubu Senju, al suo servizio. Quel che ancora non sa, è il perchè della mia... "visita".-

    Minato si avvicinò, lasciandomi tremendamente sorpreso. Non mi aspettavo un simile movimento da parte sua, non qualcosa di così avventato e stupido, non era sicuramente nel suo stile ma non potevo sapere cosa fosse "il suo stile". Le guardie accostate a lato si mossero per fermarlo ma io fui più veloce di loro. Mi sovrapposi ad una lancia e afferrai saldamente le manette lasciando un minimo di distanza tra i due. Sollevai un labbro sbuffando e tirando Minato dalle braccia per farlo retrocedere.

    -Uccidere Zero...-

    Mi avvicinai al suo orecchio, avvicinandolo a me per potergli bisbigliare senza temere che la Kazekage ci sentisse troppo chiaramente.

    -Un giullare sarebbe stato più cauto, Nonubu.-

    Lanciai uno sguardo agli altri ninja, non furono assolutamente contenti della mia decisione di lasciare che Nonubu potesse guadagnare quella distanza, ma non potevano muoversi senza vedere una reale minaccia e per di più quando me ne prendevo la responsabilità, anche io ci sarei andato di mezzo se quel folle avesse avanzato fin troppo le mani. Lasciai le manette di Minato dandogli una spintarella con la mano ed incrociando le braccia, potevo solo incrociare le dita e supporre che quello non fosse un azzardo, dopotutto non era tanto inusuale vedere persone che prima di morire tentavano di azzannare il collo di Nami, ciò serviva solo a velocizzare i tempi.
    La Kazekage guardava il vuoto, gli occhi privi di quella fiamme guizzante che l'aveva sempre contraddistinta, sembravano un calmo specchio d'acqua, il riverbero del campo infuocato che ardeva nelle sue viscere. Non parlò, non proferì parola, non un suono provenne dalle sue labbra. L'unica opzione rimasta a Nonubu era continuare ciò che stava facendo, continuare a parlare per evitare che qualcosa di peggiore potesse accadere. E Nonubu parlò, parlò e parlò. Parlava di cose che avevo già sentito, parlava e l'atmosfera della stanza si fece improvvisamente più pesante. Nonubu parlava di disperazione, parlava di speranza, di una minima speranza, parlava di un futuro prossimo ove tutti saremmo stati soggiogati, parlava con la Kazekage aggrappandosi con tutte le sue forze su quel filo tenue che lo teneva ancorato alla vita. A me interessava ascoltarlo, ma non vedevo altro che un folle piegato da una mente superiore alla sua, o qualcosa del genere, quello non poteva certamente essere il caso mettendo in conto quanto fosse stupido e scellerato Sefiro. Nonubu non era secondo a lui in niente, ma probabilmente avevamo percepito in modo diverso la stessa persona. Per lui la vendetta doveva essere tutto. Sorrisi un minimo istante, non abbastanza lungo per permettere a qualcuno di leggere il ghigno sulla mia faccia. Nonubu era divenuto una persona completamente diversa dal vecchio compagno che mi aveva spalleggiato in tante battaglie, quanto poteva essere stata terribile la vicinanza con Zero? Chissà da quando era iniziata quell'ossessione, chissà da quanto tempo covava quell'odio che aveva fatto esplodere il suo "Io".


    *Basta smetterla di pensarci.*

    *Non penso sia il momento.*

    *Stai cercando una scusante per perdonarlo, un gesto che non mi aspetterei da qualcuno come te.*

    *Veramente divertente. Non lo perdonerò mai. Mi ha nascosto la verità per troppo tempo*

    *Dev'essere difficile mentire a te stesso Kuroda, dovresti smetterla.*

    *Me lo ricordi ogni volta Gyuki, stai divenendo insopportabile.*

    *Come mi hai chiamato?*


    Soffocai ogni pensiero per qualche secondo e nonostante la voce dell'Ushioni continuasse a rimbombarmi nella testa, riuscii ad avere un quadro chiaro nella mente. Nonubu, da quanto tempo non lo chiamavo Minato? Perché continuavo quella farsa terribile? sicuramente avevo ancora un forte legame affettivo, ma niente poteva riappacificarci. Avevo sempre visto Minato come un punto di riferimento, quell'uomo che si muoveva per altruismo, per costruire qualcosa di migliore e accrescere la collettività, io ero solo quell'essere che combatteva i suoi demoni cibandosi della vanagloria, eppure adesso iniziavo a capire qualcosa di più di quell'uomo. L'unico demone che mi torturava era me stesso, quello di Minato poteva essere "solo" Zero? Un paragone che non reggeva, nonostante tutta la mia volontà avevo spesso considerato il dolore degli altri come inferiore, e quello di Nonubu non faceva eccezione, anzi. Sapere che ero riuscito a dominare il demone con cui dovevo convivere e sapere che Nonubu non era riuscito a togliersi il suo demone "Zero" dalla testa, mi faceva provare un senso di distinta superiorità. E tutto ciò mi faceva semplicemente sentire un verme che si beava della sofferenza altrui, niente di più reale, purtroppo. Silenzio, scossi la testa tornando alla realtà e sgranando gli occhi come se fossi caduto dalle nuvole. Nessuno sembrò accorgersi della mia momentanea "assenza". La Kazekage mosse il capo con gli occhi vacui, attirando la mia attenzione con il suo grottesco aspetto.

    -Un'arma Minato... Non i ho mai considerato come tale. Ho sempre adorato vedere i ninja di Suna come persone, e tu non fai eccezione. Fosse un giorno diverso ti avrei lasciato andare con una semplice punizione, ma dopo gli ultimi accaduti capisci bene che le cose cambiano non poco.-

    Schiarì la voce che uscì dalla sua bocca come fosse una ragnatela mossa dal vento, un sibilo quasi indistinto e privo di alcuna vita. Riacquistò quasi immediatamente colore con quel semplice gesto, probabilmente non parlava da un po' di tempo, dato che tornò ad emanare la sua aura di autorità alla prima vocale pronunziata.

    -Tu chiedi di mobilitare le mie truppe per attaccare direttamente Zero in una missione pressoché suicida?-

    Piegò le sopracciglia fissando il vuoto, quasi come volesse simulare una mediocre faccia arrabbiata.

    -Ti ascolto caro piccolo Nonubu, dimmi pure.-

    Persi immediatamente la voce. La Kazekage si stava forse facendo trasportare dai sentimenti? Era forse assetata di vendetta dopo l'attacco rivolto a lei dopo gli avvenimenti a Suna? Come poteva ascoltare così pacata le parole di Nonubu? Stavo esagerando, ascoltarlo era semplice ed anche corretto, l'idea di Nonubu poteva essere una pazzia ma era comunque un'idea, ero io quello che si stava facendo trasportare dai sentimenti.
     
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  10. Anselmo
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    Cos'è tutta questa... paura...?

    Fu l'unica cosa che mi riuscì di pensare guardandomi attorno. Le manette, la distanza imposta dalla Kazekage, la sua guardia del corpo, Kuroda che reagiva allarmato ad ogni mio piccolo movimento, i due mastini alla porta, pronti ad assaltarmi se mi fossi azzardato a sembrare anche solo lontanamente ostile. Si respirava un'aria di tremenda paura là dentro. E la stessa aria tesa doveva essere respirata anche per le vie del Villaggio e tra la gente, ipotizzai lanciando un'occhiata fuori dalla vetrata. O almeno sarebbe presto stato così, se la Kazekage non avesse fatto qualcosa per impedirlo. Zero era già riuscito ad ottenere tanto in così poco tempo? No, non solo lui, ma anche io. Ero responsabile tanto quanto lui per ciò che stava accadendo. Questo però non potevo dirlo, non ancora, altrimenti non avrei mai convinto i presenti ad accogliere la ma offerta. Avrei confessato dopo i miei crimini, soltanto dopo aver ottenuto cià che volevo. Oramai però niente più dipendeva da me. Era Nami Drakeito ad avere il mondo in mano, dipendeva tutto dalla sua scelta.

    Incredibile...

    Zero teneva in pugno Konoha e Kusa, ma indubbiamente le sue dita già si estendevano a tutti gli altri Villaggi Ninja. Bastava che guardassi il volto dei lì presenti per averne la conferma. Erano timorosi che qualcosa potesse accadere in qualsiasi momento, ed in quel particolare momento riversavano quel timore su di me, perchè ero l'unica cosa che loro avessero per le mani. Mi vedevano come un potenziale pericolo, come fossi una bomba ad orologeria prossima alla detonazione. Avevano paura... paura di agire. Avrebbero tanto desiderato rintanarsi nei loro buchi aspettando che la tempesta passasse, senza fare nulla. Nemmeno lo sapevano, oppure si rifiutavano di crederlo mentendo a se stessi. Ma lo leggevo nei loro volti e nei loro modi di fare. Nonostante ciò, era di loro che avevo bisogno. Non avrei ceduto alle numerose minacce ed agli arroganti giudizi. Il compito che avevo assunto l'avrei portato a termine, insistendo fino allo sfinimento ed oltre.

    -Ti ascolto caro piccolo Nonubu, dimmi pure.-

    Hm. Si, molto bene. Molto bene...

    Dissi annuendo e sfoggiando un sorriso palesemente sforzato, per stare al gioco. L'ennesima provocazione contro di me, meccanismi di difesa da psicanalisi freudiana. La diretta conferma delle mie elucubrazioni su quanto fossero intimoriti da ciò che io proponevo loro. Feci sparire il sorriso dalla mia faccia e stetti per qualche attimo in silenzio, a fissare la Kazekage. Lei non poteva vedere il mio sguardo, ma ero sicuro che potesse sentirlo, sentire il battito del mio cuore, il mio respiro. Perchè nonostante fossi giunto lì ed avessi combattuto con le unghie fin dal primo istante per far valere il mio punto di vista, stavo pur sempre per gettarmi in una missione di assassinio contro Zero. Una cosa che nessuno al mondo avrebbe preso con leggerezza. Chi sarebbe partito con me, difficilmente avrebbe fatto ritorno. Ritornare però non era affatto tra le priorità della missione. L'obbiettivo era arrivare, ed io stavo rischiando tutto per fare ciò che andava fatto.
    Dopo quel lungo attimo di silenzio durante il quale sperai che i presenti capissero quanto anch'io prendessi sul serio il casino in cui stavoper immischiarmi tirandomi dietro altri poveri sventurati, trassi un profondo respiro e mormorai:

    Mi serve una mappa di Konoha.

    Di certo non era un esordio di quelli che ti caricano d'aspettative, ma la mappa effettivamente mi serviva. La cecità di Nami le avrebbe impedito di seguire i passi che intendevo illustrare, ma poco importava. A lei bastava ascoltare, visto che sarebbero stati altri, me e Kuroda compresi, ad andare in missione. La mappa serviva a noi. Quando fu portata e posizionata sul tavolo, mi accorsi che si trattava di una mappa totalmente priva di dettagli, quasi una cartina turistica. D'altronde non potevo aspettarmi una di quelle che ero solito consultare quando ero ancora Capitano a Konoha, le quali erano ovviamente considerate documenti segreti. Ma me la sarei fatta bastare. Il problema col quale mi dovetti immediatamente scontrare invece, fu il fatto che non potevo indicare, visto che avevo le mani ammanettate dietro la schiena. Non tentai nemmeno di chiedere d'essere liberato, dubitavo fortemente che avrebbero acconsentito. Quindi feci per provvedere io stesso, ma in quell'esatto istante fui interrotto dal demone:

    Questa è una pessima idea Nonubu. Come credi che reagiranno?

    Non c'è problema, sarò abbastanza rapido da non dare loro il tempo di reagire.

    Intendi attaccarli?!

    Heh...
    Ragiona Matatabi. Mi tengono in queste condizioni perchè temono ancora che il mio obbiettivo sia quello di sterminarli tutti o qualche puttanata simile. E posso capirli: se desiderassi qualcosa del genere, il momento di agire sarebbe proprio questo, visto che mi trovo in una stanza assieme alla Kazekage ed ai due Shinobi più importanti di Suna: Yuka e Kuroda. Dubito che Kuroda possa credermi capace di fare qualcosa del genere, ma il sospetto ce l'ha, e non riesce a toglierselo dalla testa, di questo sono sicuro. Per questo motivo mi tengono "in catene". Ma così facendo, non potrò mai guadagnarmi nemmeno uno sputo della loro fiducia. Continueranno a vedermi come un pericolo da tenere sotto controllo. Quindi, a questo punto, qual è l'unico modo per fargli capire che le mie intenzioni non sono queste? Semplice: dimostrare loro che se intendevo ucciderli, avrei potuto farlo in qualsiasi istante.
    Quando mi vedranno libero, capiranno che sono stato libero per tutto il tempo e che delle costrizioni simili non possono nulla contro il potere che ho raggiunto. Capiranno finalmente che tenermi ammanettato non ha senso... che temermi non ha senso! Non chiedo altro che un po' di buonsenso...


    E così fu. Lasciai che il chakra ribollente del demone invadesse il mio sistema circolatorio, perfettamente allenato a resistere e controllare quel colossale flusso di energia. La costrizione che mi sopprimeva il chakra non poteva contenerne una simile quantità emanata con una portata così grande. Erano davvero pochi i Jutsu al mondo capaci di tanto e non avevo mai incontrato nessuno che li padroneggiasse, eccetto me. Nell'istante stesso in cui lo spirito demoniaco emanò dalla totalità dei miei punti di fuga, ci fu un lampo accecante che costrinse tutti nella stanza a ripararsi gli occhi, Nami esclusa. Quando poco dopo riaprirono le palpebre, la sabbia che fino a un attimo prima aveva costituito due pesanti manette attorno ai miei polsi, era ammucchiata dietro ai miei piedi, frammista ai frammenti di numerosi piccoli tentacoli di legno ritorti su se stessi. A quel punto la loro reazione poteva esse qualsiasi, ma a me poco importava. La mia mano sinistra era già poggiata al tavolo, mentre l'indice della destra premeva su un punto preciso della cartina.

    Troveremo Zero qui, all'ex palazzo dell'Hokage. In qualunque modo voi lo ricordiate, dimenticatelo. E' stato ampliato e fortificato, assaltarlo sarebbe inutile e controproducente, ovviamente. Ora è un centro di comando per tutto l'Impero. Per entrarci dobbiamo fingerci dei funzionari del palazzo. Quindi ho una richiesta da fare, la prima richiesta: Kage Kagami Shinten no Hō. E' un Jutsu proibito che ci permetterebbe di assumere le sembianze di qualsiasi individuo, dissimulando non solo l'aspetto ma anche l'odore e l'impronta del chakra. Senza di esso saremo riconosciuti in un istante dall'intelligence della Foglia. Servirà a me, a Kuroda e per sicurezza a chiunque ci accompagnerà. Ed a proposito di intelligence, ecco la seconda richiesta: ci servirà un Ninja sensoriale esperto che sia capace di attraversare la Barriera a Sfera; i codici per farlo li conosco io. Così non saremo scovati dai sensoriali di Zero, ma non possiamo comunque passare dalle porte del Villaggio, altrimenti varcandole si chiederanno com'è possibile che l'intelligence non avesse previsto il nostro arrivo. E nemmeno dalle fognature: dopo l'assalto dei Mukenin, saranno sicuramente sorvegliate. Però conosco altri passaggi, di questo non c'è da preoccuparsi. Passeremo da qui.

    Spostai l'indice verso un punto delle mura esterne a nord-est.

    In questo punto c'è uno stretto passaggio celato da un illusione. Viene usato dalle sentinelle per uscire ed entrare più rapidamente nelle situazioni di emergenza. Una volta dentro, non sarà difficile arrivare fino a Zero, basterà avere le giuste identità. Ottenerle non sarà difficile: attorno al villaggio sono disseminati vari avamposti di controllo. Chiunque voglia trasportare merce a Konoha, deve prima passare da uno di questi. C'è n'è uno che è particolarmente isolato, a cinque chilometri dal Villaggio. E' poco frequentato, quindi potremo agire indisturbati. In genere sono provvisti di due guardie, tre funzionari e due messaggeri. Li neutralizzeremo e ci prenderemo le loro identità. Sarà necessario eliminarli tutti, non possiamo lasciarci dietro alcun testimone. Per entrare al palazzo dell'Imperatore, basterà dire la verità, ovvero che l'avamposto è stato attaccato, e dobbiamo urgentemente parlare con i superiori per avvertirli dell'arrivo di un gruppo di nemici. Arriveremo al palazzo feriti, in modo da poter richiedere cure mediche. Ci manderanno in infermeria e si dimenticheranno di noi. In questo modo attireremo il loro sguardo al di fuori delle mura, preparandoli ad un imminente attacco dall'esterno, mentre noi agiremo all'interno del palazzo. Dove si troverà Zero in quel momento è impossibile saperlo. Sarà necessario improvvisare a questo punto. L'importante sarà non esitare. Appena lo individueremo, lo renderemo immediatamente inoffensivo con uno dei miei Jutsu e lo uccideremo seduta stante, per poi sparire senza lasciare tracce. Un lavoro rapido e pulito. Con Zero morto, si scatenerà il panico nel suo Impero. Nessuno prenderà il suo posto come accadrebbe in un qualsiasi Villaggio Ninja, perchè nessuno ha il potere di governare alla sua maniera. Per voi quindi sarà facile insediare al comando del Villaggio un vostro personaggio... ma queste questioni le lascio a voi.

    Un piano che avevo snocciolato il più possibile durante i lunghi giorni di traversata del deserto per raggiungere Suna. Terminai e lasciai che il silenzio invadesse la stanza. Attendevo impaziente il verdetto.
     
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    -Mi serve una mappa di Konoha.-

    Lanciai un'occhiata ad una delle guardie. Annuii e celere si avviò verso uno stipetto dell'archivio adagiato contro il muro della stanza. I miei occhi fissavano Nonubu e si distaccavano dalla sua figura solo di rado, non perché fossi preoccupato, ma perché ero ossessionato dal pensare come quel ratto avesse convinto la Kazekage con tanta facilità. Trovavo già difficile che fosse entrato senza che qualcuno creasse problemi di alcuna sorta, ma pensare che la Kazekage l'avesse ascoltato così volentieri, doveva proprio essere stata ammorbidita dagli ultimi avvenimenti, o forse c'era qualcosa di più grande dietro che la mia cieca furia non mi permetteva di vedere, ma tanto non avrei potuto ponderare a lungo su quel pensiero. Il ninja lasciò che la Naginata si appoggiasse per terra con delicatezza, sfogliando veloce le varie buste e schede con la punta delle dita. In pochi attimi, facendo stridere le ruote di un cassetto, l'uomo raccolse alcune scartoffie che si premurò di posare sulla scrivania e srotolarle accuratamente prima di raccogliere la sua lancia e tornare alla sua postazione.

    -Ti serve l'aiuto di qualcuno per la mappa?-

    La stanza cadde in un improvviso caos. Le manette di sabbia che tenevano Nonubu fermo, furono spezzate probabilmente da un qualche sigillo o da una sua tecnica, mi veniva difficile immaginare che fosse diventato tanto forte da poter sciogliere quel jutsu. E benché quella stanza stesse per ricevere una tinteggiatura, la Kazekage sbatté un braccio sulla superficie di legno, e nessuno si mosse al suo segnale. Stetti a braccia conserte senza muovermi dalla mia posizione, se c'era qualcosa di cui mi fidavo era il giudizio di Nami, per quanto fossi scosso dall'azione di Nonubu.
    Invero, il suono delle manette che si sbriciolavano come fossero acqua, fu qualcosa di raggelante, un fulmine a ciel sereno. Come se fosse un semplice battito di cuore, come se quella sabbia che si infranse sulla superficie dei vestiti non fosse altro che uno sbuffo di vento, non potevo che aspettarmi altro dopotutto! Era un Jutsu che persino io avrei faticato non poco a sciogliere, e non ero poi così sicuro di riuscirci se non con l'aiuto dell'Ottocode, ma forse era proprio quello il segreto di Nonubu, forse aveva utilizzato il potere del suo Bijuu per liberarsi. Era quasi incredibile come un singolo movimento del corpo fosse sufficiente per fermarci e rimetterci sull'attenti. I miei occhi guardavano il vuoto dove prima vi erano le manette, fremevo dalla voglia di decapitare Nonubu, ma mi sarei trattenuto per qualche tempo, non dovevo prendere scelte azzardate, per quanto voglie dimenticate bussassero alla porta del mio cervello, ma c'avevo fatto l'abitudine.
    ...
    Nonubu spiegò il tutto celermente, sembrava quasi che quel piano fosse il frutto in una lunga macchinazione durata anni.


    -Quindi saremmo un drappello di uomini contro Zero?-

    Chiesi, piegandomi leggermente sulla mappa. La Kazekage prese parola, dunque sollevai la testa catturato dal suo parlare.

    -È un piano ben congegnato, ma penso vi siano plurime falle. Perché tutto funzioni bisogna far coincidere diverse situazioni. Zero DEVE trovarsi a palazzo, altrimenti questo piano sarebbe solo un fallimento e persino la fuga potrebbe rivelarsi rischiosa. È inoltre necessario che Zero sia solo, se si trovasse in compagnia di qualcuno, state pur certi che si potrebbe trattare unicamente di qualche nemico pari a lui, non devo certo ricordare ai presenti in questa stanza l'attacco a Suna ad opera di Ame. Hei Nanju, lui mi spaventa particolarmente, non ho sue notizie da tempo e dubito che si sia ritirato. Infine, il tuo attacco deve funzionare, Zero non è una bambolina che possiamo comandare come ci pare e piace, saprà sicuramente come rispondere e se per caso non dovessi riuscire a bloccarlo definitivamente, potete considerarvi morti.-

    Sospirai. Non era la prima volta che sentivo quelle parole, non era la prima volta che sentivo una ghigliottina poggiarsi con leggiadria sul mio collo, ma poco importava visto che non ne possedevo più uno.

    -Se dovessi accorgermi che qualcosa non va per il verso giusto o se doveste metterci troppo tempo, l'unica opzione che mi rimane e lasciarvi a Konoha, questo pensiero mi rammarica ma è l'unica opzione che mi rimane, spero possiate capirmi. Inoltre per entrare a palazzo trovo che due sia un numero più che sufficiente, se dovessi trovare qualcun'altro da affiancarvi...

    Si fermò per un momento, che intendesse Yuka o stesse semplicemente prendendo fiato? Dopotutto, a giudicare dalle condizioni del corpo, non doveva essere facile nemmeno parlare.

    -Vi farei senza dubbio sapere.-

    Concluse. Le mani strinsero i braccioli della sedia a rotelle.

    -Ho un importante incontro fra qualche giorno a cui non posso mancare Nonubu. I Kage si devono riunire per discutere degli "ultimi" avvenimenti, visto che Konoha non ha rappresentate è probabile che non venga nessuno o... che venga lui. Se ciò dovesse accadere e se Zero dovesse prometterci pace in qualità di Kage eletto dal popolo, come pensi che sia più giusto reagire? Perché dovrei lasciarvi attaccare un Kage giusto che decide di redimersi?-

    Rimasi in silenzio, avevo sempre creduto nella redenzione, anche parziale, ma Zero non era il tipo di lupo che sembrava perdesse il pelo velocemente, avrei scommesso la mia collezione di marionette al riguardo.

    -Nonostante non la pensi come lei, non posso darle torto Kazekage-sama. Dopotutto Nonubu è guidato da un profondo odio, che lui si penta o meno non penso importi più di tanto, tuttavia...
    Resta il fatto che le accuse di Nonubu possano essere fondate, perché Zero avrebbe dovuto isolare Konoha altrimenti, e che mi dice riguardo Kusa? Chiusa giorni prima di Konoha. Una coincidenza? Si riduce tutto a quello? Potrebbe anche essere, ma quante coincidenze si protraggono così a lungo? Se dipendesse da me, terrei sotto accusa Zero durante il meeting, ma vista l'idea presentataci da Nonubu, potremmo aspettare, fargli abbassare la guarda ed attaccare!-


    Battei un pugno sul palmo aperto per mettere enfasi alle mie parole. Potevo ben capire perché la Kazekage titubasse, dopotutto il piano di Nonubu prevedeva qualche falla e lasciava spazio a pericolosi dubbi, gli stessi che avevo avuto minuti prima riguardo la sua sincerità. Dopotutto si trattava di una scommessa, e non ero certo il tipo da tirarmi indietro una volta che la medesima è in corso.
     
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  12. Anselmo
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    Osservai Kuroda dall'alto della mia creatura, avviluppato nel manto di puro chakra demoniaco che egli già aveva avuto modo di vedermi indossare. Conosceva il grado di sconfinato potere che ero capace di raggiungere quando decidevo di vestire gli abiti del demone che albergava nel mio corpo. Non poteva comprenderlo del tutto, ma ne aveva avuto un assaggio quando insieme avevamo catturato Zero. Sapeva di non poter competere. La situazione non era più sotto il suo controllo. A dire il vero non lo era mai stata. Io ero il burattinaio che aveva tirato i fili delle marionette protagoniste di quella vicenda. Ero io l'uomo ammantato di nero che resta dietro le quinte, lasciando che la magia dello spettacolo accechi gli occhi lucenti degli spettatori dalla mente ammaliata. Ero giunto a Suna con un obiettivo: impiantare il seme di un'idea nella mente della Kazekage. Un'idea è come un virus: persistente, altamente contagiosa. Ed anche il più piccolo seme di un'idea può crescere fino a definirti. o, nel mio caso, distruggerti. Quell'idea era l'unico ricordo che avevo deciso di lasciare al mondo prima di abbandonarlo. Tutto era andato secondo i piani, esattamente come avevo preventivato. Ogni tassello del muro infranto era tornato nel posto da cui derivava. Ora non v'era da fare altro che aspettare. Quell'idea si sarebbe radicata nella mente della donna in sedia a rotelle, stritolandole le pareti della scatola cranica. Il seme del dubbio. Era la mia eredità, il mio lascito, ed avevo deciso di donarlo a lei. Un dono che presto sarebbe mutato in un fardello insostenibile. Nami Drakeito però era solo la chiave, mentre io ero soltanto la mano che la spingeva nella serratura. La base di tutto il meccanismo erano i due cardini su cui la porta ruotava: Kuroda, braccio destro della Kazekage, e Yuka, suo braccio sinistro. I cardini più oleati e scorrevoli che conoscessi, cosicché la porta si sarebbe aperta sulla morte di Zero, senza alcun impedimento.
    Ripercorsi con la mente ogni gradino della scalinata di cui avevo appena raggiunto la cima. Si, ne ero certo, avrebbe funzionato: tornata dal Meeting, Nami avrebbe inviato in missione Kuroda e Yuka, quest'ultima in mia vece. E con le informazioni che avevo fornito loro, avrebbero ucciso Zero. Ne ero sicuro, dovevo esserne sicuro, perché era con questa sicurezza che mi apprestavo a voltare le spalle a tutto, per sparire ai confini del mondo. Era tutto nelle mani dell'uomo che avevo difronte, l'unico di cui mi fidassi davvero. Lui, con l'aiuto della forza portante di Shukaku, avrebbe compiuto ciò che io non potevo compiere. Sefiro Mitarashi era praticamente già morto, di questo dovevo esserne convinto, era di importanza vitale che me ne convincessi. Allo stesso modo in cui avevo manipolato la Kazekage, ora manipolavo me stesso. Quello era l'unico modo, l'unica via che potevo intraprendere. Se non ne fossi stato capace, se mi fossi perso... sarebbe stata la fine. Tutto si basava sul potere delle convinzioni, armi la cui efficacia avevo sperimentato sulla mia pelle. Perchè una convinzione non è solo un'idea che la mente possiede, è un'idea che possiede la mente. La imprigiona, senza lasciarle scampo.
    Il Drago di Legno, nei suoi cento e più metri di mortale maestosità, oscillò sotto di me. In equilibrio sulla sommità del suo mastodontico capo, posi il mio sguardo su Kuroda e sullo stupore che con ogni probabilità lo stava scuotendo dall'interno. Come biasimarlo; un istante prima camminavamo lungo la via che dall'ufficio della Kazekage portava alle prigioni dove Kuroda aveva intenzione di depositarmi finché non fosse giunto il momento di partire in missione, poi avevo agito, allungando un dito verso di lui e dislocandomi immediatamente, e l'istante dopo si ritrovava in un luogo a lui totalmente sconosciuto, al cospetto della mia creatura sulla cui cima incombevo io, un demone in terra che si manifestava sotto forma di energia blu ribollente che emanava forza da ogni poro. Era piuttosto facile indovinare dove volessi arrivare mettendolo in una situazione di tale inferiorità. Si trattava di un avvertimento piuttosto diretto, un monito contro qualsiasi reazione avventata. Ma prima che interpretasse lo spettacolino come una condizione di pericolo nei suoi confronti, feci in modo di chiarire. Sollevai le mani nel tipico gesto di chi, in assenza di una bandiera bianca da sventolare, vuole comunicare di non avere alcuna intenzione ostile, e dissi:

    Stai tranquillo Kuroda, non ho intenzione di attaccarti. Voglio solo che tu mi ascolti, perchè questa è l'ultima volta che sentirai la mia voce.

    Lasciai che qualche attimo di silenzio gli permettesse di metabolizzare l'amaro boccone che gli avevo appena cacciato giù in gola. In quegli istanti provai a mettermi nei suoi panni, nei panni di qualcuno che dopo aver lasciato la sua preda a languire in una cella che riteneva invalicabile, tornasse scoprendo di essersela lasciata sfuggire. Doveva essere furioso. No, mi corressi: Kuroda non era il tipo da farsi dominare dalla rabbia, lasciando che essa fosse il filo conduttore della sua corrente di pensieri. Molto più plausibile era che ad invaderlo fosse un enorme disappunto nei miei confronti, e forse anche tristezza, perchè dal suo punto di vista l'avevo appena tradito, di nuovo. Ma non era affatto così, anzi, era l'esatto opposto. Era per non tradirlo, che ora lo abbandonavo. E per scacciare con il lume della ragione ogni oscura confusione dalla sua mente, scelsi con cura le parole che speravo avrebbero giustificato ciò che stavo per fare:

    Siamo lontani da tutto e da tutti, qui nessuno può sentirci. Questo luogo sperduto è il punto da cui io partirò per non fare più ritorno. Non mi vedrai più, non sentirai più parlare di me. Nonubu Senju, qui, oggi, muore per sempre.
    Ora ti chiederai il perchè di tutto questo. Il motivo, in realtà, già lo conosci, ti ci vuole solo una spinta. Vedi... avevi ragione a non fidarti di me, perchè persino io non provo più alcuna fiducia in me stesso. Sono giunto a Suna per proporvi di eliminare Zero da questo mondo una volta per tutte, ucciderlo senza pietà, senza rimorsi e senza ripensamenti. Ma la verità è che io non sarei capace di farlo. Non posso far parte di questa impresa. Oramai sono un essere imprevedibile. Potrei giungere al cospetto di Zero con la ferrea intenzione di strappargli il cuore dal petto, per poi mi piegarmi inspiegabilmente a lui senza esserne nemmeno consapevole, finendo per strapparlo a te il cuore. Queste mie mani...


    Abbassai il capo, scrutando i palmi luminescenti da cui si staccavano piccole fiammelle bluastre che andavano a sparire in uno sfrigolio nell'aria attorno al mio volto.

    ...queste mani non mi appartengono più. La mia mente non mi appartiene più, il mio cuore non mi appartiene più. Sono un uomo lacerato tra due identità, accomunate dal mio essere ma distinte dalle loro volontà. Non posso sapere quale prevarrà, nel momento in cui dovessi compiere l'atto di ucciderlo. Mi capisci, Kuroda? Io non posso...

    Le mie parole si persero in un mormorio assorto che nemmeno io fui capace di udire. Posai nuovamente i miei occhi, nient'altro che due cavità oscure nel manto di fiamme luminose, su Kuroda e scacciai ogni traccia di tormento dalla mia voce per assumere invece un tono perentorio e solenne, perché quelle che stavo per pronunciare erano le ultime parole che le sue orecchie avrebbero udito da me:

    Ciò che io ti ho proposto, a te ed a Nami-sama, non è una semplice missione in campo nemico. E' la missione più importante della mia vita. La mia ragion d'essere, ciò per cui sarei disposto a dare tutto. Uccidere Zero... Questo fa di me un "Emissario della Morte", come lui stesso mi ha definito. Una figura che non ha motivo di esistere in un mondo in cui la vita è ciò che di più prezioso esista. Zero però non sapeva che sarei diventato l'emissario della sua morte.
    La missione più importante della mia vita, capisci? Proprio per questo motivo non posso parteciparvi. Rischierei di rinnegare me stesso ancora una volta, rischierei di tradirti, di rovinare tutto. Rischierei di condannare il mondo. Come ho detto, sarei disposto a fare di tutto per ucciderlo. Quel che ho deciso di fare, ovvero la cosa migliore che possa fare, è riversare tutta la mia fiducia in te. Qualcosa che va contro la mia natura solitaria, che mi risulta difficile come poco altro. Ma devo farlo.
    Ora conosci le ragioni di ogni mia azione dal momento in cui mi sono presentato alle porte del tuo Villaggio fino ad ora.
    Tieni...


    La mia mano scomparve nel manto che mi vestiva, per poi ritrarsi. Con un leggero movimento delle dita, scagliai un foglietto che fluttuò precipitando nell'aria dall'altezza del drago fino a depositarsi ai piedi di Kuroda.

    Sono i codici di accesso per la sfera sensoriale di Konoha. Ora avete tutto ciò che vi serve. Ah, per tornare al Villaggio vai da quella parte, sempre dritto. Ci metterai un giorno ed una notte correndo senza pause.

    Dissi indicando un punto indefinito alle sue spalle. Poi, con un gesto secco, mi strappai dalla fronte la placca di metallo recante il simbolo della Foglia. La guardai per qualche attimo, ripercorrendo nella mente tutte le vicende che avevo vissuto con quel coprifronte legato attorno al capo. Non suscitò in me alcuna emozione, non significava nulla. Le fiamme lo avvilupparono senza preavviso. In pochi attimi la tela venne incenerita. Poi il metallo prese a fondere, colando tra le mie dita, finché nel palmo della mia mano non restò più nulla.

    Addio.

    A cavalcioni della mia creatura, mi voltai e me ne andai, scomparendo all'orizzonte.
     
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    A sto punto chiederei una valutazione per me anche se lord non ha fatto il suo terzo post.
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    Le mani poste sopra al naso con le punte delle dita combacianti lasciavano ben capire che laKazekage stesse riflettendo assorta nei pensieri che Nonubu aveva fomentato. Il silenzio calò nella stanza come un maglio da guerra, colpì duramente tutti, ma non Nonubu probabilmente, non lui. Lui poteva avere tanti pensieri per l testa, evitare di finire in carcere per il resto dei suoi giorni forse era uno di questi, ma Nami era fin troppo gentile e probabilmente l'avrebbe rilasciato dopo una sottospecie di punizione esemplare. Non ero d'accordo, forse era la rabbia, forse erano i tarli che corrodevano il mio cervello come... legno, dubitavo di Nonubu, dubitavo di qualsiasi cosa dicesse ma sembrava dannatamente serio mentre parlava di Zero.
    Il silenzio ottenebrò le menti, avevamo davanti l'uomo che ci stava vendendo un universo, Nonubu stava spacciandoci la sua verità e noi ci stavamo credendo come dei poveri assuefatti, ma nessuno osava contraddirlo, non credo tutt'ora che qualcuno nell'intero mondo ninja avrebbe rifiutato l'offerta che c'aveva presentato quell'agente del Diavolo. In quella stanza, in quel momento, si stava decidendo il destino delle Terre Ninja, decisione affidata alle persone peggiori probabilmente: Io odiavo Zero dal profondo del cuore e Nami aveva già subito una sconfitta da quel effimero idiota, possiamo dire che eravamo abbastanza di parte. Sospirai a causa della pressione che si era creata, l'atmosfera mi stava distruggendo quasi fosse un compressore, non avrei resistito in quella stanza un minuto di più.


    -Se posso...-

    Nami aprì le mani poggiandole sul tavolo, inclinò la testa ben oltre l'altezza dei nostri occhi e pronunciò lentamente solo due parole, con voce roca. Tutti stettimo a guardare la Kazekage con il fiato sospeso dal verdetto che er ben lungi dall'essere finale, dopotutto una decisione così importante non poteva essere presa in pochi secondi.

    -Portalo Via.-

    La mia struttura ebbe un sussulto, lasciai che le braccia cadessero lungo i fianchi senza nemmeno farci caso. Le forze mi abbandonarono per un attimo e non fui l'unico a cedere nella stanza, dopotutto la pressione che ci opprimeva era stata spezzata in un attimo e ci sentivamo più liberi, o sarebbe meglio dire che si sentivano più liberi. Io ero sia sollevato che aggravato da una tempesta di pensieri che stava mettendo in subbuglio la mia ragione. Avrei dovuto passare altro tempo con Nonubu ed avrei dovuto partecipare ad una missione suicida. Poggiai due dita sugli occhi e chinai leggermente il capo girandomi verso l'uomo dalle mille maschere.

    -Ai suoi ordini.-

    Non era detto. Nonostante quel pensiero mi sfiorò la testa per primo, le parole di Nami non potevano essere interpretate in quel modo, probabilmente voleva semplicemente che Nonubu sparisse dalla sua vis... dalla stanza. Ma perché non rispondere di "No"? Quel temporeggiare, quella caratteristica che adoravo di Nami, quella maniacale voglia di calcolare ogni cosa, Nami non avrebbe mai rifiutato quella proposta, era troppo allettante.

    -Grazie Nonubu.-

    Deglutii digrignando i denti, odiavo Nonubu, odiavo di più pensare che Nami si fidasse probabilmente, ma sapevo che era comunque mio amico, sapevo che in fondo non potevo lasciare che tutto si spegnesse come le ceneri di un falò al mattino. Nonubu era stata una persona importantissima per me, un compagno fidato ed un amico. Semplicemente un amico. Poggiai una mano sulla sua spalla e gli feci cenno con un veloce movimento del capo e salutai Yuka con un veloce movimento della mano. Gli altri ninja ci avvicinarono in silenzio per accompagnarci nelle prigioni, il posto più sicuro dove porre Nonubu probabilmente. E così la nostra veglia funebre si incamminò lungo la via per le prigioni, lasciando come unica nostra compagnia il silenzio. non potevo neanche parlare con Nonubu per il timore che qualcuno ci sentisse, se mi vergognavo ad esporre i miei sentimenti ad una persona che conoscevo da anni, figurarsi attorniato da degli sconosciuti. Precedevo Nonubu, di qualche passo al più un metro scarso, ma ciò non mi permetteva di parlargli all'orecchio e v'erano tante di quelle cose che volevo dirgli, di quanto mi facesse schifo, di come avrei voluto torcergli la testa fino a prelevare tutti gli organi collegata ad essa, di come il mio salotto necessitasse di qualche opera di tassidermia, di quanto mi fosse mancato. Lasciai che questi pensieri defluissero via dalla mia testa e per un singolo momento in cui abbassai la guardia, mi sentii sfiorato da qualcosa a cui non detti attenzione.
    Il sole mi colpiva le spalle lasciando che la mia ombra si disegnasse lungo la duna che decresceva rapidamente, per superarla avrei dovuto saltare specie perché non volevo sabbia all'interno delle giunture o fra i meccanismi. Quanto pensate sia importante "Uno". Non il numero in sé, la quantità espressa, un attimo, un tocco, un amico, un attimo, un pensiero, un singolo, dannatissimo, attimo. Mi bastò un solo attimo, lo stesso che aveva servito egregiamente Nonubu, non ero più circondato da pareti di legno le cui fiaccole appese tracciavano il limite di grandi zone d'ombra interrotte solo da altre fiaccole. Mi trovavo in una zona desertica con nulla all'orizzonte ma montagne e dune, con la sicurezza che non fossi l'unico ad essere lì, quella tecnica la conoscevo bene ma era troppo imprevedibile e non sapevo si potesse anche utilizzare su altre persone, ma erano tutte cose che non mi sfioravano, erano cose che non erano neanche entrate nella mia testa, ciò che stava martellando con insistenza era una rabbia che si impadronì di me. Nemmeno le parole possono descrivere con precisione la mia reazione, mi voltai col volto deformato dalla furia, con un urlo che fece tremare il carbonio quasi fosse un tamburo, un tamburo di guerra. Il corpo tremava in preda agli spasmi che resero il mio movimento quasi meccanico. Ed era un urlo che poteva richiamare solo l'unica persona che si trovava lì con me, solo...


    -NOOONUUBUUUUU!-



    Mi voltai solo per essere investito da una folata di vento che mi costrinse a coprirmi con le braccia e ad indietreggiare di un passo, facendo si che il mio piede scavasse nella sabbia, scaricata lungo il lato della duna, e quasi mi facesse cadere. Quando aprii gli occhi mi trovai coinvolto in uno scenario apocalittico, se i miei occhi avessero potuto dipingere ciò che vidi, i posteri l'avrebbero conosciuto come il quadro di un pittore impazzito. Avvolto dall'ombra di un immenso serpente di legno i cui lineamenti brillavano avvolti dalla luce del sole alle sue spalle e sul capo un'immensa fiammata blu dalla figura antropomorfa. Il serpente era un maestoso conglomerato di legno dal lungo naso, ma non mi importava molto, ciò che catturò la mia attenzione fu la fiaccola blu che ben conoscevo. La fiamma divampava in tutte le direzioni e palpitava come se il suo cuore nero fosse biologico, e lo era, seppur non un letterale cuore biologico. Minato. No, Nonubu avvolto dalle fiamme era una vista che avevo già potuto apprezzare seppur in maniera diversa, la sua figura era molto più pulita e riconoscibile, non c'era che dire, era veramente riuscito a controllare il suo demone e probabilmente era diventato immensamente più forte rispetto al nostro ultimo incontro. Ma non mi importava, non mi importava neanche che si trovasse sopra quell'immenso serpentone, per me era solo un'attesa, ero sicuro che volesse uccidermi, dopotutto era il piano migliore che una persona come lui avesse potuto ingegnare, aveva trovato un passaggio segreto all'ufficio del Kage, aveva la possibilità di uccidere uno dei ninja più forti, se non il più forte, di Suna, catturare l'Ushioni ed avere una facile vittoria sul villaggio della sabbia, era tutto così chiaro, Nonubu lavorava veramente per Zero, come avevo fatto a non pensarci prima?!

    Stai tranquillo Kuroda, non ho intenzione di attaccarti. Voglio solo che tu mi ascolti, perchè questa è l'ultima volta che sentirai la mia voce.

    Come se credessi alle sue parole. Come se credessi ad una singola cosa che lui dicesse. Come se avessi qualcosa da dire.

    Siamo lontani da tutto e da tutti, qui nessuno può sentirci. Questo luogo sperduto è il punto da cui io partirò per non fare più ritorno. Non mi vedrai più, non sentirai più parlare di me. Nonubu Senju, qui, oggi, muore per sempre.
    Ora ti chiederai il perchè di tutto questo. Il motivo, in realtà, già lo conosci, ti ci vuole solo una spinta. Vedi... avevi ragione a non fidarti di me, perchè persino io non provo più alcuna fiducia in me stesso. Sono giunto a Suna per proporvi di eliminare Zero da questo mondo una volta per tutte, ucciderlo senza pietà, senza rimorsi e senza ripensamenti. Ma la verità è che io non sarei capace di farlo. Non posso far parte di questa impresa. Oramai sono un essere imprevedibile. Potrei giungere al cospetto di Zero con la ferrea intenzione di strappargli il cuore dal petto, per poi mi piegarmi inspiegabilmente a lui senza esserne nemmeno consapevole, finendo per strapparlo a te il cuore. Queste mie mani...
    Queste mani non mi appartengono più. La mia mente non mi appartiene più, il mio cuore non mi appartiene più. Sono un uomo lacerato tra due identità, accomunate dal mio essere ma distinte dalle loro volontà. Non posso sapere quale prevarrà, nel momento in cui dovessi compiere l'atto di ucciderlo. Mi capisci, Kuroda? Io non posso...


    Il mio cervello stava viaggiando, non era in grado di assimilare una delle cose che Nonubu diceva, non riusciva a riprendere una singola parola. Lo lasciai parlare, non capivo nulla ma riusciva a sentire, riuscivo ad ascoltare, e mi serviva, volevo sapere perché, volevo sapere il perché di tutto quello che aveva fatto, volevo capire.

    Ciò che io ti ho proposto, a te ed a Nami-sama, non è una semplice missione in campo nemico. E' la missione più importante della mia vita. La mia ragion d'essere, ciò per cui sarei disposto a dare tutto. Uccidere Zero... Questo fa di me un "Emissario della Morte", come lui stesso mi ha definito. Una figura che non ha motivo di esistere in un mondo in cui la vita è ciò che di più prezioso esista. Zero però non sapeva che sarei diventato l'emissario della sua morte.
    La missione più importante della mia vita, capisci? Proprio per questo motivo non posso parteciparvi. Rischierei di rinnegare me stesso ancora una volta, rischierei di tradirti, di rovinare tutto. Rischierei di condannare il mondo. Come ho detto, sarei disposto a fare di tutto per ucciderlo. Quel che ho deciso di fare, ovvero la cosa migliore che possa fare, è riversare tutta la mia fiducia in te. Qualcosa che va contro la mia natura solitaria, che mi risulta difficile come poco altro. Ma devo farlo.
    Ora conosci le ragioni di ogni mia azione dal momento in cui mi sono presentato alle porte del tuo Villaggio fino ad ora.
    Tieni...


    Lanciò qualcosa ai miei piedi, non la guardai minimamente, la mia testa stava col naso all'insù da quelli che mi sembrarono secoli.

    Sono i codici di accesso per la sfera sensoriale di Konoha. Ora avete tutto ciò che vi serve. Ah, per tornare al Villaggio vai da quella parte, sempre dritto. Ci metterai un giorno ed una notte correndo senza pause.

    Si tolse il coprifronte dal capo, lasciando che venisse consumato dalle fiamme e lasciando che il metallo piovesse sulla sabbia ancora bollente, fuso dal calore imponente di quel fuoco blu.

    -Stai... Stai lasciando tutto così Nonubu?! La fine dovrebbe essere questa? Dopotutto quello che hai combinato pensi di potertene andare così? Pensi che andartene così sia la soluzione a qualcosa? Pensi che dopo questo qualcuno ti crederà? Che la Kazekage avrà intenzione di seguire il tuo consiglio? Tutti i tuoi consigli?! TUTTO?! PENSI CHE QUESTA SIA LA SOLUZIONE A QUALCOSA NONUBU?! PENSI CHE ESISTA UN POSTO SULLA TERRA DOVE NON TI POSSA TROVARE NONUBU?! VIVI PER ZERO E FUGGI COME UN VIGLIACCO!-

    ...

    Addio.

    Nient'altro. Si allontanò con il serpentone trascinandosi dietro onde di sabbia che si infrangevano sulle mie gambe come spuma mattutina. Da me non ricevette nient'altro, non mi fu possibile dare altro, la rabbia mi stava consumando e mi aveva già consumato, la mia vista stava divenendo sempre più nera, si stava riempiendo di nero, di vuoto, stavo perdendo tutto come acqua tra le mani. Non riuscivo più a pensare a muovermi a fare qualcosa, ero in balia di me stesso o.. di altro.

    -MINATOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO...



    Un urlò che squarcio il mio corpo, che mi dilaniò dall'interno facendosi strada dal mio cuore. L'urlo ruppe la mia mente, un urlo che probabilmente nemmeno Nonubu sentì, un urlo che si riferiva a me stesso probabilmente, Minato era completamente morto in quell'istante.
    E con lui, io.
    Buio.

    Preludio allo scontro col Bijuu che chiederò di aprire subito dopo aver catturato la salamandra.
    Richiedo exp.
     
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