Vestiti nuovi ed un'amica segreta!

P.Q. Nabune Muzai

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  1. Haruy
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    Avevo superato l’esame e finalmente ero una Genin del villaggio del Fulmine!

    Mi erano stati consegnati: Borsello e Taschino porta armi, al momento ancora vuoti, ed anche il mio ambito Coprifronte. Per un paio di giorni rimasi chiusa in casa a cercare la mia divisa da ninja, si perchè la mia famiglia aveva dei vestiti particolari per far distinguere un Muzai da tutti gli altri guerrieri del villaggio.

    Quella casa era troppo grande per una ragazzina come me era l’ultimo ricordo che mi legava ai miei e non avevo intenzione di andarmene, nonostante ciò mi facesse soffrire.

    Dopo ore di ricerca iuscii a trovare la divisa nella camera di Yume.

    La Agitai nell’aria per liberarla dalla polvere, si formò una nuvoletta fluttuante di particelle che brillavano alla luce del sole. Mi incantai a guardarle mentre mi scendevano lentamente sul viso

    “Etciù!”

    peccato che era pur sempre polvere e io ne avevo respirata abbastanza.

    Mi dieti una ripulita alla meno peggio e tornai a focalizzarmi sulla divisa, mi assicurai che fosse ancora in condizioni di essere indossata ed effettivamente era così.

    “Bene! Ora vediamo come mi sta…”

    In realtà quella divisa non era la mia, era quella che avrebbe dovuto indossare Yume fra circa due anni ed il pensiero mi distruggeva il cuore.
    I miei genitori non avrebbero mai immaginato che io sarei riuscita a diventare una Genin così non si presero neanche la briga di cucire un’uniforme per me ma ormai poco importava, sarei stata io a portare avanti la fama dei Muzai e quella divisa me la sarei dovuta far piacere.

    Già, questo era quello che pensavo, ma non avevo calcolato che Yume era molto più basso di me (oltre che più magro) ed in un primo momento non avevo dato importanza a quelle differenze, troppo era l’entusiasmo.

    Di norma la divisa dei Muzai era riconoscibile dai suoi tre colori fondamentali: nero, arancio e verde, oltre al fatto che aveva delle forme “arabeggianti” che le differenziavano ulteriormente da quelle degli altri ninja.

    Un Muzai, quindi, si presentava con: dei pantaloni neri lunghi, stretti sulla vita e che si allargavano man mano che arrivavano sulle caviglie. Quei toni scuri erano interrotti da due artigliate di colore arancio e verde che correvano parallele dal fianco sinistro e si arrotolavano lungo l’intera lunghezza della gamba. La parte superiore, invece, era una maglia a maniche corte con il collo che arrivava all’altezza del naso, anch’essa nera ma con i colori presenti solo sul collo che creavano due linee parallele che lo dividevano perfettamente a metà.

    Sarebbe stato bello che guardandomi allo specchio io avessi avuto un aspetto simile, ma ciò non accadde...

    Edited by Haruy - 14/7/2015, 21:40
     
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  2. Haruy
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    Quando vidi il mio riflesso mi si palesò davanti una scena simile: una ragazza con i pantaloni troppo stretti nella parte superiore che ne mettevano in evidenza i fianchi non proprio “Ninjeschi” e troppo corti nella parte inferiore, mi arrivavano poco più giù delle ginocchia. Per completare quella scena macabra e comica allo stesso tempo, la maglia mi andava decisamente troppo stretta e mi arrivava poco più su dell’ombelico.

    Di conseguenza non potevo assolutamente andare in giro in quel modo.

    “Che razza di Muzai dovrei essere conciata in questo modo?! Immagino già papà se mi vedesse in questo stato” –facendo la voce grossa – “Nabune! Finiscila di indossare gli abiti di tuo fratello e va ad aiutare la mamma nelle faccende di casa!”

    Per un attimo sentii gli occhi riempirsi di lacrime, ma soppressi subito il sentimento, non era il momento di buttarsi giù di morale

    “Bene ragazzina ormai sei una Genin, non puoi piagnucolare su ogni cosa… e poi la divisa possiamo sistemarla, no?”


    Guardai la mia figura riflessa nello specchio e annuii a me stessa, mi capitava spesso di parlare da sola, era l’unico modo per non impazzire rimanendo nel silenzio assordante di quella casa.

    Fortunatamente, non essendo brava negli allenamenti, passavo molto tempo in casa ad aiutare mia madre con le faccende. Le cose che mi riuscivano meglio erano proprio quelle riguardanti la “creazione” o la “riparazione” di oggetti e rammendare era una di quelle.

    Presi ago ,filo e forbici e mi misi a lavoro, per sistemare quel disastro dovevo fare veramente tante, tantissime modifiche. Mi impegnai a tal punto che non mi resi conto che ormai si era fatta notte fonda e con tutta la fatica e i disastri che avevo combinato per sistemala, crollai a dormire con la testa sul tavolino ed il viso immerso in quella stoffa dal profumo di famiglia.

    La mattina seguente mi svegliai di soprassalto e finii in fretta e furia di cucire l’ultima parte dei pantaloni.

    Era il momento di indossarla!

    Avevo una paura esagerata, così mi vestii lontana dallo specchio e quando arrivò il momento di avvicinarmi a quella lastra malefica, chiusi gli occhi:

    - Sospira – “Bene Nabu, è il momento della verità! Ora capiremo se almeno nel cucito non sei una completa frana!” – cammiai verso lo specchio inciamapando su qualsiasi cosa ci fosse sul pavimento – “Aaaaah! Dovrò rimettere a posto dopo essermi vista. Piano piano Nabu, piaaaano…”

    Miracolosamente arrivai difronte lo specchio, non riuscivo ad aprire gli occhi, così trattenni il respiro per un attimo e poi li spalancai all’improvviso.

    Fissai la mia gemella intrappolata nella lastra riflettente e...

    “CI SONO RIUSCITA!”

    Avevo sistemato la divisa! Ce l’avevo fatta!



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    Finalmente avevo l’aspetto di una ninja: avevo deciso di tagliare un po’ più corta la gamba destra dei pantaloni, quella tutta nera, e di aggiungere il pezzo che avevo recuperato a quella decorata dalle spirali colorate arancio e verde che ora mi arrivava poco più su della caviglia.

    Per le parti di gamba che rimanevano scoperte decisi di utilizzare delle fasce bianche. La gamba destra aveva le fasce che mi coprivano interamente il polpaccio fino al ginocchio in cui si incontravano con il pantalone ,intrappolando. Così facendo quest’ultimo mi scendeva morbido sulla coscia per poi ristringersi sul ginocchio, lo stesso accadeva sulla gamba sinistra con la differenza che le fasce mi coprivano fino alla caviglia.
    Per risolvere il problema della “larghezza” rovistai in tutto il mio armadio per trovare un indumento dello stesso nero della divisa e ci riuscii. Tagliai due triangoli di stoffa che applicai sui fianchi, il risultato fu che erano troppo grandi e per tenere su i pantaloni dovetti legarli con una cinta a cui attaccai anche il mio Borsello.

    Per quanto riguarda la maglia tagliai via il colletto e ne feci i nastri per le mie codine.

    Vennero fuori di due colori diversi, dato che lo ritagliai facendo attenzione a dividere a metà le due strisce colorate, di conseguenza ottenei due nastrini a base nera ma uno con una striscia verde, che misi a destra, e l’altro con una striscia arancione, quello di sinistra. Purtroppo non potei fare molto per la lunghezza e la larghezza della maglia, così decisi di tagliarla a metà e crearne un gilet che risultava completamente nero, sotto di esso indossai una delle mie canotte bianche che richiamavano il colore delle fasce sulle gambe.

    Ero finalmente pronta e non vedevo l’ora di far vedere il risultato del mio lavoro a chiunque nel villaggio così la mia prima tappa fu dalla signora del forno in cui andavo a fare colazione tutti i giorni. Quasi non mi riconosceva, penso che quella divisa contribuisse a farmi sembrare ancora più strana agli occhi della persone, tant’è che la fornaia fino a quando non capì che ero la solita Nabu mi aveva guardata con fare sospetto.

    “Nabune… o cielo non riuscivo a credere che fossi tu, cos’è successo ai tuoi vestiti?”


    “E' la divisa di famiglia Signora Kaori, non avendone una mia ho dovuto adattare alle mie misure quella di mio fratello minore”

    “Ah…hehe beh è una divisa piuttosto...mmmh...particolare…”

    La fornaia stava sudando freddo, probabilmente non voleva offendermi e decisi di far cessare le sue sofferenze cambiando argomento:

    “Allora la ragazza a cui ho regalato il dorayaki si è più fatta sentire?”

    “Giusto! Quella ragazza ormai passa qui tutti i giorni e prende la bellezza di 3 Dorayaki al giorno, a quanto pare ha seguito il tuo consiglio, in ogni caso mi ha chiesto di consegnarti questa..”

    Mi porse un foglietto, la mia curiosità era già in escandescenza, lo presi con gentilezza per non sembrare una pazza esaltata e poi lo aprii facendo attenzione a non strapparlo. Vi era disegnata una mappa, con indicati come punti di riferimento tutti i ristoranti ed i negozi alimentari del villaggio, la fine del percorso portava...

    “L’Accademia! Porta in Accademia!”

    La Signora Kaori mi disse che la ragazza le aveva chiesto il perché l’avessi scritto quel messaggio di ringraziamento e che lei non era riuscita a resistere e le aveva confessato tutto. Il giorno successivo la tizia si era presentata con questa mappa dicendole di consegnarmela.

    Ammetto che fu una piacevole sorpresa, seguendo quei punti di riferimento sarei riuscita ad arrivare in accademia molto facilmente “Evidentemente il discorso sul pranzo che le feci il primo giorno di lezione le deve essere rimasto in mente..”
     
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  3. Haruy
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    Dopo aver ripetuto la strada per l’Accademia milioni di volte ed aver testato l’efficacia di quel metodo, capii che era la soluzione a tutti i miei problemi e decisi di crearmi l’intera mappa del villaggio in quel modo.

    Iniziò una delle giornate più faticose e gustose della mia vita.

    Armandomi di pazienza, carta e penna iniziai letteralmente a “perdermi” per il villaggio, ma in quel modo riuscii a segnarmi tutti i miei posti preferiti: il chioschetto di ramen, il ristorante in cui facevano la carne grigliata migliore del villaggio, la pasticceria delle gemelle Hansha e così via…
    A fine giornata avevo raccolto tutte le informazioni necessarie per arrivare nei luoghi più importanti della città, oltre che ad aver mangiato ogni cosa che mi fosse capitata a tiro.

    Sazia ed esausta tornai a casa.

    Decisi di entrarci saltando sulle colonne del nostro enorme steccato, anche se ormai apparteneva solo a me. Mentre mi avvicinavo all’ingresso ebbi un déjà vu della notte del massacro, la visione fu così realistica che persi l’equilibrio e caddi. Non mi feci particolarmente male, ma rimasi comunque stesa a terra per un po’ e le lacrime mi annebbiarono la vista.

    “Perché tutto ciò è dovuto accadere proprio alla mia famiglia? Erano dei guerrieri rispettati in tutto il villaggio... perché una strage simile? Perché una tale cattiveria..?”

    Sentivo quelle domande soffocare i miei pensieri come il pianto stava facendo con il mio corpo. Non riuscivo a darmi delle risposte anche se continuavo a pensarci da anni, poi ,all’improvviso, ripensai ad un dettaglio che fino a quell’istante non mi era mai venuto in mente

    “Quei tizi stavano cercando qualcosa…e non erano riusciti a trovarla…”

    Mi misi supina sull’erba del giardino accarezzandola dolcemente. Era ormai l’imbrunire ed il cielo era in guerra, notte e giorno si stavano fronteggiando creando delle bellissime sfumature che passavano dal blu, al viola fino ad arrivare al color oro del sole morente. Quello spettacolo mi fece tornare in mente una frase che ripeteva sempre mio padre quando io ed i miei fratelli giocavamo vicino al laghetto in giardino:

    “Ragazzi ricordate, per quanto piccolo sia questo laghetto contiene qualcosa che per i Muzai conta più di qualsiasi ricchezza, prendetevene cura e quando sarete pronti vi svelerà il suo segreto”

    Non avevo mai capito il significato di quella frase, dopotutto cosa diavolo poteva esserci di tanto speciale in quel laghetto?

    Quasi per inerzia mi alzai e mi diressi verso di esso, mi misi a sedere sulla riva come ero solita fare insieme a Daichi e Yume. Accarezzai il pelo dell’acqua con i polpastrelli della mano e vidi la mia immagine riflessa, stavolta con una divisa da Ninja, anzi no, non era una divisa da Ninja, quella era la divisa di un Muzai. Guardai il laghetto e con voce solenne dissi:

    “Signore del lago io ti invoco! Mostrami il tuo segreto, sono pronta a proteggerlo con la vita!”

    Pensai che dato che ero l’ultima Muzai di quella famiglia, il Signore del Lago non avrebbe avuto problemi a svelarmi il suo segreto, ma il tipo doveva essere uno difficile perché non mi risposte.

    “Signore del Lago? Sono Nabune, si ricorda di me? Vengo tutte le mattine a mettere da mangiare ai pesci ed ero l’unica a pulirla ogni volta che ce n'era bisogno.” – rimasi in silenzio in attesa di una risposta, ma niente.

    “E va bene! Vuole fare il difficile? Avanti, come può non ricordarsi di me? Sono Nabune! Quella che era continuamente messa al tappeto e presa in giro dai suoi fratelli! Non può avermi dimenticata!”

    Ho sempre odiato non essere presa in considerazione ed in quella situazione la cosa mi faceva andare fuori di testa. Continuai a parlare ed invocare il Signore del Lago per ore e dopo aver aspettato tutto quel tempo delle risposte che continuavano a non arrivare la rabbia ebbe la meglio.

    “E’ così?! Vuole ignorarmi anche lei?! EBBENE COSì SIA!”

    Presi la pietra più vicina e la lanciai nell’acqua con tutta la rabbia che avevo in corpo

    *DING*

    La pietra toccando il fondo aveva emesso un suono, un suono metallico (?)

    Un’onda di pensieri colpì la mia mente come uno tsunami:

    “Il segreto dei Muzai…la cosa più preziosa…la strage della mia famiglia…gli uomini che li hanno attaccati…stavano cercando qualcosa, qualcosa che mio padre ha pensato bene di nascondere, devo prenderlo! Qualsiasi cosa sia!”

    Mi tuffai senza neanche togliermi la divisa, individuai il sasso che avevo lanciato e cominciai a scavare nel fango. Dopo qualche minuto che scavavo qualcosa di luminoso cominciò ad emergere. Tornai in superfice a prendere fiato, giusto qualche secondo, la curiosità aveva già avuto la meglio su di me e ogni volta che accadeva non riuscivo a controllarmi.

    Mi rimmersi e con una certa sicurezza afferrai quello strano oggetto e diedi una bracciata per portarlo in superficie.

    Non si mosse di un millimetro.

    “Quanto pesa questo affare?!”


    Tornai in superfice, incredula di quello che era appena accaduto e dopo essermi fatta forza decisi di fare un secondo tentativo, ma il risultato non fu diverso da quello precedente.

    La mia testa emerse dal pelo dell’acqua per la terza volta e stavolta decisi di placare la mia brama di sapere e di fermarmi a pensare, almeno per qualche secondo.

    Funzionò perché ebbi un’idea abbastanza intelligente, tornai in casa e presi una delle corde che papà ci faceva usare per giocare a tiro alla fune, la misi fra i denti e tornai sul fondo del fiume. La legai all’estremità dell’oggetto misterioso, mi assicurai che non potesse scivolare in alcun modo e tornai sulla riva.

    Iniziai a tirare

    “PENSA DUE TONNELLATE!”


    Tirai un paio di volte con tutta la forza che le mie braccia mi consentivano di usare e finalmente riuscii a smuovere l’oggetto da fondo, liberandolo dalla presa del fango. A quel punto non mi restava altro da fare che fa scorrere la corda tra le mie mani e portarlo in superficie.

    Quel "coso" si era alleggerito di un po’ ma continuava ad avere un peso considerevole, almeno a mio dire. Dopo circa 10 minuti che continuavo a tirare e con le braccia che mi facevano male vidi un bagliore arrivare sulla riva del fiume.

    “Ci sono riuscita, l’oggetto che quegli uomini cercavano…quello che la mia famiglia ha difeso rimettendoci la vita…lo difenderò a costo della mia… questa volta non vi deluderò, sarete fieri di me. Papà, non lascerò che finisca qui, te lo prometto!”

    Corsi sulla riva e rimasi paralizzata alla vista di cosa avevo tirato fuori dal fondo del laghetto.

    Era una spada, una spada enorme! Penso che fosse lunga circa due metri ed io ero solo uno e sessanta, non sapevo neanche come impugnarla ma non avevo scelta, quella spada rappresentava la mia famiglia ed io dovevo imparare a brandirla in un modo o nell’altro.

    La afferrai dal manico e sollevandola solo per metà la trascinai dentro casa facendo un solco sul giardino e sul pavimento di legno della casa.

    La portai nel futon con me e la abbracciai, non mi interessava quanto fosse tagliente, proprio come la mia famiglia mi avrebbe fatto male ma sarebbe diventata la mia unica arma di difesa quando si fosse presentata l’occasione, per questo decisi di chiamarla “Nozomi”, abbreviazione di “Saigo no nozomi” (Ultima Speranza).

    Per ora non avevo né le capacità né l’attrezzatura adatta a portarla in giro, così ogni volta che dovevo uscire di casa tornavo nel fondo del fiume e la seppellivo.

    Avevo bisogno di guadagnare soldi e di aumentare le mie capacità fisiche

    “Nozomi quando ne sarò capace non ti lascerò mai più da sola… te lo prometto”

    Acquisto di:
    Zanbatou
    Costo: 800 ryo
    Dimensione: Abnorme
    Danni: 35
    Requisiti: 40 punti forza fisica
    - Si lancia un D100 da 51 a 100 si infligge all'avversario una Ferita Profonda
    - Ogni Ferita Profonda causa 20 danni a turno per sanguinamento

    Ryo rimanenti: 200 ryo
     
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    Non puoi usare (ma puoi prenderla) una Zanbatou perché non hai 40 di Forza Fisica :sigh:
    Sorry :sigh:

    Per l'exp puoi prendere 30 :fifi:
     
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  5. Haruy
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    Sisi nico lo so, infatti ho scritto che la lascerò a casa fino a quando non avrò le capacità necessarie <3 Avevo bisogno che Nabu la trovasse perchè sarà una parte fondamentale della sua storia *W*/
     
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4 replies since 14/7/2015, 20:14   143 views
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