Per un Bene Superiore

Quest per l'apprendimento dell'Arte Medica Suprema: Hyppocrates

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    Ho imparato di più sulle arti mediche da questi pochi mesi che in tutta la mia vita. Dopo l’attacco della Volpe, dopo quello da parte dei Mukenin, tante cose sono cambiate. Ma le ferite e le malattie permangono, e i ninja medici del villaggio non hanno ripudiato il loro giuramento. Guarire era la loro vocazione, più che il loro lavoro. Quindi, perseveravano. E io con loro.

    Per giorni e giorni c’era stato un sovraffollamento indescrivibile all’ospedale. Feriti più o meno gravi erano ammassati all’interno delle mura e non si potevano mandare via. Venivano tirati fuori letti improvvisati con qualsiasi cosa, inclusi materassi recuperati dalle case nelle vicinanze , donati volontariamente o razziati perché nessuno poteva più reclamarli. Le pareti sembravano vibrare a causa dei lamenti dei feriti, le condizioni igieniche erano spaventose paragonate a quelle precedenti, non c’erano nemmeno cibo per tutti.

    Per rimediare e per uscire dallo stato di crisi erano state adottate misure eccezionali. I medici si erano praticamente trasferiti nell’ospedale e facevano turni impossibili, lavorando più di quanto avessero mai fatto e più di quanto, spesso, potevano sopportare. Non erano pochi quelli che, semplicemente esausti, erano crollati mentre facevano il giro dei pazienti. Per fortuna qualcuno ebbe la lungimiranza di chiamare sempre medici riposati per le operazioni più lunghe e complesse. La prospettiva che il chirurgo cedesse nel bel mezzo dell’operazione era terribile.

    E io lavoravo come tutti gli altri, e per la primissima volta da quanto facevo quel lavoro, fui fiero di essere un medico. Altre volte mi ero sentito orgoglioso di essere riuscito a curare un paziente e soprattutto quando mi ringraziavano, ma adesso potevo guardarmi attorno, vedere cosa stavano facendo questi uomini e queste donne nella Konoha di Zero, la Konoha dove il più forte vinceva, e sentivo che quello che stavo facendo era semplicemente giusto.

    D’altra parte, fu uno di momenti più faticosi della mia vita. Ero stato assegnato al reparto che si occupava delle mutilazioni, anche se, ovviamente, se la mia presenza era richiesta altrove non mi facevo certo pregare. Le mutilazioni erano relativamente semplici da curare rispetto ad altre ferite. Bastava chiudere la ferita, ripristinare il sangue, e il paziente era sistemato. Anche in casi molto gravi, era comunque relativamente semplice concludere l’operazione con un successo e la sopravvivenza del paziente. Quello che mi pesava però non erano i turni, visto che ero abbastanza resistente da reggere qualche giorno senza sonno, ma il fatto che, inevitabilmente, ogni persona alla fine mi facesse sempre la stessa domanda: potrò vivere come prima?

    C’erano delle situazioni in cui era possibile, ovviamente. Alcune persone avevano mutilazioni minori che una piccola protesi poteva sistemare. Un orecchio reciso poteva essere sostituito con una copia in gomma assolutamente identica. Se perdevi qualche dito del piede te ne sistemavamo un altro. Persino perdite più sostanziose, come intere dita della mano, erano fattibili. A riprova, mostravo ai pazienti le mie dita artificiali, praticamente indistinguibili da quelle reali se non ad un attento esame.

    Ma c’erano mutilazioni che andavano a incidere troppo profondamente nella vita di una persona per poter essere sistemate con una protesi, anche quando era possibile. Una mano artificiale non percepisce le cose come una mano vera. Una gamba finta non si muove come una reale. E la scienza medica non poteva ancora sostituire i bulbi oculari distrutti, o la perdita della lingua, o simili amputazioni. Quindi io dovevo spiegare a queste povere anime che no, non sarebbero potuti tornare a vivere come prima. Anche in caso di piccole mutilazioni, la loro vita sarebbe cambiata. E ognuno di loro, mentre glielo dicevo, aveva negli occhi una grande paura. Una paura che non potevo alleviare in alcun modo. Avrei voluto, ma non sapevo come fare.

    Per circa due settimane fui troppo impegnato ad assistere malati e feriti per cercare una soluzione. In compenso incrementai tantissimo le mie abilità nella arti mediche, tanto che ormai nessuna operazione era troppo complessa per me, anche se questo non voleva dire che riuscissi sempre a concluderle con successo. Ero semplicemente diventato uno dei più abili ninja medici di Konoha, se non del mondo intero. E questo era stato possibile grazie a tre fattori. Il primo, ovviamente, era l’incredibile quantità di esperienza pratica dovuta alla crisi. Non credo che molti medici avrebbero potuto fare tanto in un periodo di pace.

    Il secondo motivo, ovviamente, era legato al mio chakra. Anche il medico più abile ogni tanto deve fermarsi e riposare, lasciar tornare le forze, ma io ero inarrestabile. Il mio chakra sembrava infinito e la mia resistenza era altrettanto illimitata, tanto che riuscivo a stare in piedi il doppio degli altri, e questo mi permise di lavorare ancora più a lungo e su più casi diversi.

    Il terzo fattore era che, semplicemente, avevo una grandissima abilità “tecnica”. L’elevato controllo del chakra di cui disponevo mi permetteva di essere molto efficiente quando era il momento di utilizzare le mie tecniche mediche, permettendomi di risparmiare chakra, tempo e fatica. Questi tre fattori mi permisero, in poco meno di un mese, di raggiungere un livello estremamente elevato nell'utilizzo e nella comprensione delle arti mediche.

    E mentre le mie conoscenze avanzavano, il lavoro diminuiva. I feriti meno gravi lasciavano l’ospedale, lasciando liberi più posti. Le condizioni di salute generali miglioravano. I pazienti sotto osservazione vennero dimessi. La crisi era finita, ce l’avevamo fatta a sopravvivere, e tutti stavano tornando alle loro case. E il tempo che dovevo dedicare alla cura dei pazienti calò finchè non tornai alle mie normali ore di lavoro. E mi tornarono in mente le facce di coloro che avevano perso un arto e sapevano che da quel momento non avrebbero più vissuto come prima. E a quel punto un pensiero mi sorse nella mente.

    E se potessi rimediare?

    Era possibile? C’era un modo per restituire a quelle persone la loro vita?
    Forse era solo un’illusione. Forse era impossibile. Però potevo tentare. In fondo era quello che facevo sempre.

    Primo post. Vediamo se riesco a far trasparire la mentalità di Sarakube in questo e nei prossimi :asd:
     
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  2. Shapechanger
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    Prima di fare scemenze, decisi di consultarmi con i migliori dottori di Konoha alla ricerca di un’alternativa. Forse loro sapevano cose che mi avrebbero aiutato, oppure qualcuno già sapeva come fare ma semplicemente il sistema era troppo complesso per poter essere applicato su larga scala.
    Il risultato di queste conversazioni fu deludente. I medici erano unanimi sulla questione. Non si poteva fare. Riattaccare un arto perduto? Ovviamente. Farlo ricrescere? Impossibile. Non c’era modo.

    Ma io non ero tipo da arrendermi. C’era sicuramente il modo, dovevo solo trovare il sistema per renderlo fattibile. Ma non era il caso di andare a cercare la soluzione negli archivi dell’ospedale. Se i medici non lo ritenevano fattibile, era improbabile che ci fosse segnato qualcosa. Le istituzioni tendono ad essere conservatrici. Ma ci diedi comunque un'occhiata. Purtroppo, trovai quello che mi aspettavo. La possibilità di rimettere a posto un arto rimosso erano ottime, ma nessuno aveva mai ricostruito o rigenerato un arto.

    Così mi ritirai per un paio di giorni nella seconda fonte di conoscenza a mia disposizione: la biblioteca della Tana del Drago. Era un po’ che non la visitavo, a dire il vero. Con tutto quello che era successo avevo avuto poco tempo a disposizione per tornare lì, e il posto aveva un'aria abbandonata. Anche se, in realtà, l'aveva sempre avuta. Erano vent'anni che i Kazamura non visitavano regolarmente quel posto, troppo grande per una persona sola. Forse avrei dovuto utilizzarlo per qualcosa di diverso. Forse avrei dovuto trasformarlo in qualcosa da lasciare ai posteri. Ero l'ultimo della mia stirpe: non sarebbe mai tornato alla grandezza di un tempo, se restava quello che era.

    Ma non avevo tempo per ponderare quel genere di questioni. Mi buttai nella ricerca. Aperto il finto muro, mi ritrovai di nuovo all'interno della biblioteca, una stanza ripiena di volumi antichi che raccontavano la storia del mio clan. Da qualche parte in quei racconti vecchi di secoli doveva esserci qualcosa che mi aiutasse a trovare la soluzione al mio problema.

    Ammetto che fu più difficile del previsto. Ripercorsi la storia ninja osservata dai miei antenati dall’inizio alla fine, e per la gran parte fu tempo sprecato. Non c’era niente nei testi antichi. Trovai qualcosa solo nei tempi più recenti, verso la fine. Nel periodo della Quarta Guerra Mondiale dei Ninja, per la precisione. Le cronache parlavano di Tobi, il misterioso ninja mascherato che apparentemente era in grado di rigenerare parti del proprio corpo. Il braccio, per la precisione. Fonti successive indicavano che tale Tobi era in realtà Obito Uchiha, e membro di Konoha e detentore di uno sharingan ipnotico. Tra le sue varie caratteristiche era sottolineata la capacità di generare legno, ipotizzando quindi un trapianto di cellule Senju.

    La ricostruzione di un braccio era qualcosa che superava qualsiasi mia conoscenza in materia. Non se ne trovava traccia da nessuna parte se non in quel particolare episodio. Non poteva essere una tecnica medica, anche perché nei libri non era accennato da nessuna parte che Tobi, o Obito Uchiha, avesse qualità simili. Poteva essere una conseguenza del trapianto di cellule Senju? Difficile dirlo. Avevo conosciuto almeno due utilizzatori del Mokuton in vita mia e non avevo mai notato in loro particolari capacità rigenerative. Forse una mia disattenzione, ma non credevo. Semplicemente non avevo mai potuto verificare di persona se staccandogli il braccio, potevano farselo ricrescere. Era una possibilità da non scartare, in ogni caso.

    Ma il problema era un altro. Anche se avessi avuto le cellule Senju a disposizione, non sapevo come utilizzarle. Sarebbe bastato impiantarle nel corpo del soggetto? Oppure serviva qualcosa di più drastico? E per di più, fare questo avrebbe in qualche modo alterato la fisiologia del paziente? Poteva essere un rischio. C’erano molte variabili e poche certezze. Avevo bisogno di fare dei test. Ovviamente, non su cavie umane. Sarebbe stato pericoloso per loro. Meglio partire da qualcosa di più semplice. Cavie da laboratorio, per esempio. L’ala del centro di ricerca dell’ospedale ne aveva sicuramente qualcuno, a meno che non fosse stato distrutto durante l’attacco.

    Tornai velocissimamente a Konoha passando per le Ancore e andai a vedere se avanzavano delle cavie. Fortunatamente il laboratorio era deserto, buona parte dei ricercatori erano altrove, forse a usare le loro conoscenze mediche per aiutare i pazienti ancora all’interno dell’ospedale. Diedi una rapida occhiata a un foglio in cui veniva scritto in quali scatole erano messe le cavie delle diverse ricerche in corso e trovai una decina di bestiole che non erano ancora state usate. Senza aspettare, andai a richiedere che mi venissero assegnate. Il direttore del centro ricerche, per fortuna, era nel suo ufficio. Era un vecchio medico, con i capelli e la barba ormai ingrigiti, ma aveva ancora una scintilla negli occhi. Non aveva perso la grinta, la voglia di sperimentare. Ovviamente, quando gli chiesi delle cavie, mi guardò storto e mi fece due domande.

    Per quale motivo? E soprattutto, chi sei? Non sei uno dei miei ragazzi.

    Mi chiamo Sarakube Kazamura. Mi servono delle cavie per un esperimento che voglio portare avanti. Sto cercando un sistema per far ricrescere gli arti perduti.

    L’uomo mi fissò ancora un attimo e colsi una scintilla di riconoscimento nei suoi occhi, come se il mio nome gli avesse ricordato qualcosa. Poi sbuffò e scosse la testa, come se avesse sentito quella storia un migliaio di volte.

    Già, è un progetto che è stato tentato molte volte, ma nessuno ci è mai riuscito. Puoi risparmirti la fatica, ragazzo. Non è possibile.

    Voglio tentare ugualmente.

    Sempre scuotendo la testa, il direttore prese un foglio e ci scrisse sopra qualcosa. A volte vorrei avere la fede innocente che avete nei riguardi del progresso medico. Puoi avere le cavie. Ma non essere troppo deluso quando non arriverai a nulla.

    Grazie, signore.

    L’uomo sbuffò ancora e mi fece segno di sparire. Era andata sorprendentemente bene. Non era affatto convinto che mi avrebbe lasciato le cavie. Forse dipendeva dalla quasi totale assenza di ricercatori. O forse mi aveva riconosciuto davvero. Poteva essere che stessi cominciando a diventare famoso? Mi faceva una strana impressione pensarlo. Avevo sempre preferito l'anonimato e il silenzio al riconoscimento. Essere riconosciuto da una persona che non avevo mai visto prima mi dava la sensazione di essere... vulnerabile.

    Scacciai dalla mia testa questi pensieri e tornai velocemente al laboratorio. Dovevo iniziare l'esperimento, e ci sarebbe voluto molto tempo per finirlo. Che cosa mi serviva? Cellule Senju? No, quello era un passo successivo. Il semplice trapianto non era sufficiente per garantire il successo dell’operazione. Prima di tutto, era necessario stabilire come trasferire le qualità delle cellule utilizzate nel soggetto, e solo successivamente trovare il modo di circoscrivere l’effetto. Per prima cosa, avevo bisogno di DNA particolare . Presi una siringa sterile da un cassetto e me la infilai nel braccio, risucchiando 100 ml di liquido cremisi dalla vena. Ora avevo il DNA. Era solo questione di capire come utilizzarlo.

    Secondo post. Vi dirò che sono molto, molto restio a fare queste cose con Sarakube, ma non mi veniva in mente nessun'altro sistema per giustificare l'acquisizione della capacità di impiantare innate genetiche :nono:
     
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  3. Shapechanger
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    Diciassette giorni, venti ore, trentasei minuti. Il tempo che ci avevo messo a sbrogliare la matassa e a farmi venire i primi dubbi. Un altro paio d’ore per confermarli, e la mia ricerca poteva dirsi conclusa. Era riuscita e fallita al tempo stesso.

    I test sui topi da laboratorio avevano avuto ottimi risultati. Ero riuscito a mescolare parte del mio genoma con quello dei topi. Non c’erano stati cambiamenti significativi nella struttura fisica dei roditori, ma i test del DNA confermavano che la fusione era avvenuta e che adesso avevano parte del mio patrimonio genetico. Era stata un’impresa dura, ma alla fine ero riuscito a farcela dissotterrando un mio vecchissimo progetto basato sui virus a RNA, in grado di riscrivere il codice genetico delle cellule per indurle a creare altri virus. Quanto era vecchio quell'abbozzo? Due anni? Incredibile come un'intuizione giovanile potesse risolvere una questione simile.

    Ad ogni modo, immettendo il mio DNA nel nucleo dei virus, era stato semplice indurlo a trascrivere il mio codice genetico nelle cellule dei topi. Queste avevano inglobato le informazioni, ma apparentemente non era successo niente di significativo. I topi non avevano sviluppato nessuna caratteristica degna di nota. Forse a causa del fatto che quelli erano topi normalissimi e io ero un ninja, ma ero quasi sicuro che su un essere umano avrebbe avuto un effetto ben diverso.

    E qui arrivava la parte fallimentare. Dividere il codice genetico in modo da selezionare solo determinate sequenze si era rivelato impossibile. Non c’era verso di trascrivere solo una parte delle informazioni. Questo significava che, se anche le cellule Senju avessero avuto la capacità di ricreare arti perduti, questo avrebbe comportato trasferire l’interno patrimonio genetico del Senju a un’altra persona. Era qualcosa che non potevo fare. Non tanto per un qualsivoglia rispetto verso l’eredità Senju o cose simili. No, il problema era che non avevo idea delle conseguenze su coloro che non erano ninja. Avrebbe funzionato lo stesso? Oppure avrebbero dovuto sviluppare le loro capacità per ottenere il loro arto nuovo? Volevo davvero che centinaia, forse migliaia di persone iniziassero ad utilizzare l’Arte del Legno?

    Senza contare le persone a cui molto probabilmente la cosa non sarebbe piaciuta. Mi ricordavo ancora le parole di Nube sull'argomento. Magari a me non dava fastidio condividere il mio patrimonio genetico se serviva a migliorare la vita delle persone, ma molte innate particolari che derivavano dalla struttura genetica degli individui venivano trattate come un segreto da proteggere e conservare, e non gli sarebbe piaciuto che un tizio sconosciuto prelevasse campioni per poi svenderli in giro. No, non volevo fare questo. Sarebbe stato pericoloso e forse addirittura controproducente. Nessuno mi assicurava che il patrimonio genetico impiantato avesse un qualsiasi effetto sulle persone che avevo davvero interesse ad aiutare, moltissime delle quali non avevano capacità ninja.

    La mia capacità di innestare artificialmente DNA estraneo all’interno di un organismo non era abbastanza per restituire a quelle persone quello che gli era stato tolto. Anche se avessi avuto le cellule necessarie a continuare gli esperimenti, non avevo modo di assicurarmi il risultato corretto. Non ero riuscito a trovare una soluzione.

    Però la soluzione continuava ad esserci. Avevo fatto un passo avanti. Non era stato abbastanza, purtroppo. Non potevo ancora fare quello che era necessario, ma forse potevo trovare un sistema. Qualcosa di diverso da quello che avevo appena fatto. Qualcosa di più specifico. Più mirato. Ma non sarebbe assolutamente bastato il trucco dei virus. Serviva qualcosa di localizzato.

    Lasciai vagare lo sguardo tra le attrezzature di laboratorio che ormai avevo imparato a riconoscere così bene. Avevo passato gran parte del mio tempo libero in quel laboratorio, lavorando instancabilmente per ore. Ora che Raikimi era lontana, non avevo più niente da fare se non allenarmi e lavorare. Avevo trascurato l’allenamento, in effetti, ed era anche un po’ che non mescolavo un po’ di reagenti chimici.

    L’immagine dei reagenti mi colpì il cervello in un lampo di pura, grandiosa intuizione. Ma certo, i reagenti! Potevo usarli quelli per creare quello che volevo. Come avevo fatto a non pensarci prima? Potevano essere la soluzione. Un incremento temporaneo dell’attività del sistema circolatorio poteva…

    Improvvisamente ebbi un giramento di testa e dovetti appoggiarmi al tavolo del laboratorio. Per un attimo tutto si fece sfuocato e traballante, come se i miei occhi non riuscissero a rendere solide le immagini di quello che vedevano, poi il mondo si assestò con un brusco scossone e io mi ritrovai mezzo sdraiato sul tavolo. Scossi la testa, cercando di liberarmi la mente, poi guardai l’orologio appeso al muro, un atto più che altro istintivo. Il mio cervello intorpidito ci mise qualche secondo a decifrare l’ora. Era passata la mezzanotte. Da quanto tempo ero lì? Feci un rapido calcolo mentale. Ero rimasto in piedi gran parte della giornata. Prima a causa di turni all’ospedale, poi per questo. Non sarebbe stato un grosso problema se non stessi andando avanti così da più di due settimane.

    Mi sfregai gli occhi. L’adrenalina e la volontà mi potevano portare avanti fino a un certo punto. Ero stanco. No, ero esausto. Avevo semplicemente ignorato i segnali che mi aveva mandato il mio corpo, ma a tutto c’era un limite. Se continuavo così sarei collassato sul tavolo.

    Un tempo questo non mi sarebbe successo. Raikimi mi avrebbe rimproverato e mi avrebbe imposto di andare a dormire. Persino il personale dell’ospedale mi avrebbe detto qualcosa. Ma erano tempi incerti e tutti pensavano ad altro. I medici erano occupati con i pazienti, ancora numerosi, anche se gestibili. I ninja rimasti e il popolo… non lo sapevo per certo, a dire il vero. Mi ero isolato dalla realtà del villaggio per concentrami su altro, ma non potevo continuare in eterno. Non puoi ignorare la realtà, per quanto tu ci possa provare.

    Avevo fatto quello che potevo. In realtà, avevo fatto più di quanto fosse necessario o addirittura sensato. Una deviazione che non portava nella direzione desiderata, solo un po’ più vicino. Adesso dovevo fare retromarcia e imboccare la strada corretta. Probabilmente mi ci sarebbe voluto moltissimo tempo, più di quello che mi era servito per quel risultato parziale, anche se potenzialmente molto importante. Anche mezzo addormentato, non ebbi problemi a immaginarmi quali somme sarebbero stati disposti ninja e paesi per scoprire i segreti di certe abilità innate.

    Cancellai i miei calcoli ipotetici dalla mia mente e feci per andarmene. Sulla porta, trovai il direttore.

    Fai progressi?

    Ho finito, in realtà.

    L'uomo spalancò leggermene gli occhi, forse desideroso di sapere. Per assurdo che fosse, in tutto quel tempo il laboratorio era rimasto semideserto, e io ovviamente avevo cura di non lasciare resoconti scritti delle mie azioni. Il direttore non sapeva e avrebbe continuato a non sapere.

    Sei arrivato a qualche risultato? Sembrava sinceramente interessato.

    Io feci una smorfia. La mia idea non è fattibile.

    Per un secondo mi parve di vedere vera delusione sulla faccia del direttore, ma sparì subito. Te l'avevo detto, ragazzo.

    Io annuii, troppo stanco per rispondere. Barcollai leggermente.

    Ti sei sforzato troppo. Disse il direttore. Vai a dormire, figliolo.

    Annuii di nuovo, salutandolo con un cenno del capo e trattenendo uno sbadiglio gigantesco. Dormire. Si. Pareva una buona idea.

    Eeee... boh, servono altri post? So che ne servono almeno 3, ditemi se ne volete un altro paio. Altrimenti... direi che pago i 500 exp e mi aggiungo Hyppocrates nella scheda.
     
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    Mod-parlando, con questa quest puoi prendere l'Hippocrates (?)
    Non so le varie questioni legate ai masters ed alla concessione, per quello te la sbrighi tu con loro.

    Ammetto che ho letto un po' della quest e magari dopo la rileggo di nuovo, così mi faccio un'idea di Sarakube.
    Sembra però il ragazzo stile "bravo bimbo" che in un mondo di cattivi cerca di salvare qualcuno :soso:
    Però non mi sembra costruita molto male, quindi io posso darti il massimo-4. PERO'. Non so se posso assegnare l'exp, visto che si stanno facendo robe... Quindi, aspetta magari un altro mod prima di prendere l'esperienza :si2:
     
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  5. Shapechanger
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    Neanche io so bene come funzioni questa cosa, forse più che altri mod servirebbe direttamente un master.
     
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    Niente exp, la quest serve proprio per l'abilità
     
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