Duello di Mezzanotte!

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    Parlato Kuro

    CITAZIONE

    Arrampicata senza mani!


    La cascata scrosciava in lontananza in concomitanza con la brezza del vento, unendosi in un'unica voce che risuonava per tutta la foresta di Taki senza interruzione, come una dolce melodia che ispirava chi la udiva. Era un altro meraviglioso e pacifico giorno al Villaggio della Cascata e tutto procedeva bene. Tra le fronde degli alberi i raggi del sole arrivavano fino a terra, illuminando lo spiazzo d'erba che era divenuto il punto d'incontro della squadra otto, almeno da qualche minuto. Si erano ritrovati lì i tre ragazzini, Tomomi Watanabe, Makoto Oshiro e Hiro Mikazuki, seguendo i passi del loro responsabile, tale Kuro Yagyu, uno Special Jonin stranamente giovane per il suo grado e dall'aria decisamente giovanile. I tre ragazzini si erano seduti per terra nella posizione a loro più comoda, osservando il giovane uomo che, in piedi dinnanzi a loro, introduceva la lezione odierna con un breve e coinciso discorso, come sempre, e con sempre intende da appena un mese, ovvero da quando i tre ragazzini ricevettero il coprifronte che attestava l'essere ufficialmente divenuti Genin. Il giovane dal lungo codino color carota sorrise ai tre mentre gli occhi verdi brillavano per la luce del sole. Stava spiegando loro che, quel giorno, avrebbero imparato ad arrampicarsi sugli alberi senza usare le mani. I tre sembrarono sbalorditi e confusi al contempo, per questo il Jonin diede una dimostrazione pratica. Spiegò che concentrando la giusta quantità di chakra nei piedi, si poteva camminare sull'acqua come già avevano imparato, ma anche camminare sugli alberi. Poggiò il sandalo destro sulla corteccia bruna di un arbusto e, come per magia, cominciò a camminare in verticale senza alcun problema, parallelo al terreno. Mentre saliva sempre più in alto, Tomomi e Makoto applaudirono stupiti, così, quando Kuro tornò a terra, si aspettava che l'entusiasmo generale avrebbe facilitato per tutti l'apprendimento del metodo, invece, Hiro non sembrava particolarmente entusiasta. Anzi, non lo era per niente.

    Sensei! Io mi rifiuto!

    Con la mano alzata e un sorriso da furbetto, Hiro se ne uscì come al solito, imprevedibilmente. Tomomi gli mollò un pugno in testa mentre Makoto cercava di dissuaderlo. Kuro, che era rassegnato ma non abituato al comportamento umorale del ragazzino dai capelli neri, si grattò la testa, cercando di assumere un'aria seria, anche se non gli riusciva affatto.

    Cosa c'è che non va? Non ti piace l'esercizio?

    Lascialo perdere, sensei, è il solito rompiscatole.

    T-tomomi... mi fai m-male... ugh..

    La ragazza dai capelli castano chiaro liberò il piccoletto dalla presa al collo, spostando gli occhi dorati su Makoto che, invece, era il più tranquillo tra loro e di certo il più contento di allenarsi, anche se si trattava di imparare a camminare sugli alberi. Kuro pensava al ragazzino come ad un angioletto, il suo angelo custode insomma; forse era per i capelli biondissimi e i grandi occhi blu, o forse per i modi e il fatto che stesse sempre dalla sua parte. In ogni caso, era davvero felice che a smorzare gli irriverenti Hiro e Tomomi ci fosse il ragazzino. Era anche l'unico s dargli del Lei e la cosa, in qualche modo, lo faceva sentire grande, anche se lo era già di per se.

    Sensei, deve scusare Hiro ma vede... In realtà ha paura dell'altezza!

    Eh? Davvero?!

    Hiro fece un cenno affermativo con la testa, diventando tutto rosso. Sembrava davvero buffo con quella faccia e Tomomi ridacchiò. L'unico che sembrava prendere sul serio la questione, oltre al diretto interessato, era Makoto che si preoccupava molto dell'amico; Kuro, invece, ridacchiò anche lui, rotolandosi per terra mentre si teneva la pancia. Doveva farlo davvero divertire quella storia!

    Sensei... si riprenda per favore...

    Il Jonin divenne rosso e smise all'istante, rendendosi conto di non poter fare il ragazzino davanti... a dei ragazzini. Si schiarì la voce e decise che affrontare la questione sarebbe stato il modo migliore per convincere Hiro a superare la sua paura. Anche se era davvero insolito per un Ninja avere paura dell'altezza, un po' come se un medico avesse paura degli aghi!

    Coff! Dunque... Hiro, soffri davvero di vertigini?

    Sì! Ieri mi sono affacciato dalla finestra di casa mia e sono svenuto per la paura!

    MA È GRAVE?!

    mmm... Direi che allora non c'è allenamento migliore per fartela passare! Vedi, se imparassi a camminare sugli alberi riusciresti anche ad attutire cadute dall'alto. Insomma, anche se cadessi non ti faresti male, capisci?

    Oh, è interessante!

    Esatto. E poi non dovresti più aver paura di cadere! Che ne dici, vuoi provare?

    Hiro mugolò un po' e, per non mettergli troppa fretta, gli concesse di stare a guardare per un po' mentre i suoi compagni di squadra cominciavano ad allenarsi. Diede ai due un semplice kunai, spiegandogli in cosa consisteva esattamente l'esercizio.

    Prima di tutto dovete concentrare il chakra sul palmo dei piedi, né troppo né troppo poco, mi raccomando. Una volta che siete pronto, correte verso un albero e cominciate la scalata. Non preoccupatevi se all'inizio riuscite solo a fare qualche metro, migliorerete con la pratica. Ah, con il kunai segnate fin dove riuscite ad arrivare. Siete pronti?

    Mpf.

    Sì!

    Allora... cominciate!

    I due dodicenni si posizionarono ognuno davanti ad un albero, chiudendo gli occhi e concentrando il chakra. Makoto era il migliore per quanto riguardava il controllo del chakra, Tomomi, invece, era molto più un tipo fisico, veloce e forte molto più dei ragazzi. Eppure, anche lei se la cavava discretamente con le Arti Magiche, per questo il suo controllo del chakra non era male, anzi, aveva molte potenzialità. Kuro, in disparte, osservava concentrato i due mentre aprivano gli occhi, stringevano il kunai in mano e correvano verso gli arbusti. Makoto, come previsto, affondò ben cinque passi ma all'ultimo il piede affondò troppo nella corteccia, subendo una spinta contraria che fece balzare all'indietro il ragazzino, dandogli giusto il tempo di lacerare l'arbusto con il kunai. Rotolò a mezz'aria e si ritrovò indietro, al punto di partenza. Tomomi aveva camminato solo di tre passi, scivolando poi per il troppo poco chakra nei piedi, segnando comunque il punto d'arrivo con il kunai. Si resero allor conto che era difficile, davvero difficile. Il problema era concentrare la giusta quantità di chakra nei piedi perché anche sforare di poco voleva dire affondare nella corteccia. Per di più, gli alberi della foresta erano alti una dozzina di metri e loro, facendo una media, avevano percorso sì e no due metri per uno. Il sensei, ad ogni modo, batté le mani, invitando i due a riprovare finché non fossero arrivati in cima. I due si scambiarono un'occhiata e tornarono all'attacco, riuscendo a fare giusto qualche passo di più, ancora lontani dalla meta. Hiro, seduto a terra e con la testa per aria, osservava i due compagni di squadra mentre facevano del loro meglio. Nonostante avesse davvero paura di potersi ritrovare così in alto rispetto al suolo, dovette ammettere con se stesso di star facendo la parte del piagnucolone. Non era lui a voler diventare un Sannin? Non era lui che voleva dimostrare all'intero Villaggio di essere il miglior Shinobi in circolazione? Come poteva immaginare, nella sua mente, di divenire un Ninja Leggendario se non aveva il coraggio di arrampicarsi su un albero? Improvvisamente, la sua espressione mutò e strinse i pugni mentre tentava di farsi coraggio. Sentì poi qualcosa di freddo e liscio sulla guancia: voltandosi, vide il sensei sorridergli, porgendogli un kunai. Hiro sorrise a sua volta, alzandosi e afferrando l'arma con fierezza. Makoto e Tomomi erano appena ritornati a terra quando si accorsero di lui. E fu lì che Kuro percepì qualcosa di diverso nella squadra otto. Non era la prima volta che se ne accorgeva, ma in situazioni come quella, i tre ragazzini sembravano improvvisamente aumentare il loro potenziale. L'aveva già capito da un po' il motivo: era Hiro, era la sua grinta e la sua fiducia in se stesso e nei suoi compagni che creava quella perfetta sincronia. Concentrarono il chakra nei piedi, ancora una volta. Si scambiarono un'occhiata e corsero come fulmini contro gli alberi!

    "Arriverò in cima prima degli altri! Vai, Hiro, puoi farcela!"

    Salì di un passo e sbatté la testa sulla corteccia, scivolando giù con un gemito di dolore. Kuro si posò una mano sugli occhi, fingendo di non vedere. Si era totalmente dimenticato di concentrare il chakra nei piedi, come sempre. Gli altri due erano quasi alla vetta, miglioravano di secondo in secondo. Il ragazzino dagli spettinati capelli neri, però, non aveva la minima intenzione di darsi per vinto. Ritornato a qualche metro dall'albero, chiuse gli occhi, cercando di concentrare il chakra nei piedi, stavolta. Corse non appena si sentì pronto, sicuro che, questa volta, sarebbe riuscito ad arrivare in cima.

    "Forza! Scaliamo 'sto stupido albero!!"

    Troppo, troppo chakra. Non fece in tempo a poggiare il palmo sulla corteccia che ricevette una spinta così potente da farlo volare a parecchi metri di distanza, urlando come una ragazzina. Ci pensò Kuro a prenderlo al volo, riportandolo a terra che ancora aveva le lacrime agli occhi.

    Scemo! "Nè troppo né troppo poco" ti dice niente?!

    Sarebbe stata una lunga giornata.
    Durante le ore seguenti ci furono diversi miglioramenti. Makoto era finalmente arrivato in cima, sedendosi su un ramo tutto contento, ancora col fiatone. Tomomi vi arrivò dieci minuti più tardi, lanciandosi a terra come se niente fosse e, sebbene Kuro stesse per intervenire, non si fece nulla, anzi, atterrò lievemente, come una fatina. Hiro era sconvolto dalla bravura dei due compagni e, gettando il kunai a terra per la rabbia, iniziò a prendere a calci il suo albero, facendosi parecchio male e rotolandosi per terra mentre si teneva il piede. Kuro sospirò. Il massimo che il ragazzino fosse riuscito a fare era due metri, e neanche del tutto. Era da un po' che il sensei se lo chiedeva ma non riusciva a capire per quale motivo il ragazzino avesse tutta quella difficoltà a controllare il chakra, nonostante il suo potenziale superasse di gran lunga quello degli altri due. Doveva essere un problema di concentrazione, forse il ragazzino si lasciava prendere troppo dalle emozioni, sì, poteva essere una spiegazione plausibile. Ad ogni modo, la frustrazione cominciava a farsi sentire e il ragazzino si stufò di riprovare non appena Makoto e Tomomi riuscirono nell'esercizio.

    Dai, Hiro, siamo una squadra, non è una gara! Makoto e Tomomi si riposeranno mentre finisci di..

    No! Non voglio più provare! Questo esercizio è stupido, sensei!

    Inutile insistere, il ragazzino aveva la testa dura. Con gli occhi scuri il ragazzino cercò il kunai, conficcato nel terreno, prendendolo e scagliandolo verso la fine della corteccia del suo alberi, una dozzina di metri in su. Sapeva che non ci sarebbe mai arrivato e continuare a provare mentre gli altri erano stati capaci di finire prima di lui non poteva sopportarlo. Il kunai vibrò verso la corteccia, vicino ad un ramo piuttosto robusto. Hiro era decisamente in una delle sue giornate no.

    Al diavolo! Non ho bisogno di imparare a camminare sugli alberi!!

    E fu in quel momento che il kunai si fermò. Qualcosa era improvvisamente apparso sul ramo e, allungando la mano, aveva afferrato la lama dell'arma con due dita, senza neanche sforzarsi o cadere. Si teneva in equilibrio sulla punta dei piedi nonostante fosse rannicchiato sulle ginocchia. I presenti lo fissarono mentre il ragazzo si guardava intorno senza interesse, per poi scrutare Hiro con due occhi verdi indagatori.

    Ti sbagli. Finiresti solo per rallentare i tuoi compagni... saresti completamente inutile.

    La voce del ragazzino era inaspettatamente dura e pregna di una sfumatura adulta. Hiro accusò il colpo e subito s'infervorò, digrignando i denti e puntando il dito contro lo sconosciuto che non aveva evidentemente riconosciuto.

    Invece di fare il figo lassù, vieni qui e dimmelo in faccia!

    Mpf. Come vuoi.

    Saltò giù e atterrò in piedi, facendo svolazzare i capelli color oro sparati in aria. Fu allora che Hiro riconobbe la pelle bronzea, i bei lineamenti e lo sguardo magnetico. Evidentemente, non si era reso conto con chi avesse a che fare.

    ... M-ma tu... Sei Yoshitake... !
     
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    Parlato Yoshitake

    CITAZIONE

    Il talento di Yoshitake!


    Diplomato con i voti più alti dell'intera Accademia, risultando il migliore non solo nelle prove scritte ma anche in tutte le arti, Illusorie, Magiche e Marziali. Il più quotato tra le ragazze e invidiato dai ragazzi, Yoshitake Nishimura era, per gli insegnanti, la nuova promessa tra gli Shinobi del Villaggio della Cascata. E Hiro aveva pensato bene di attaccar briga proprio con lui. Il biondo fissava il moro senza battere ciglio, impassibile e, se possibile, leggermente annoiato dalla situazione. Si rigirò il kunai tra le dita, porgendolo al Mikazuki senza aggiungere nulla, senza neanche rispondergli e ignorando quel dito puntato contro di lui. Tomomi indugiò sulla figura del ragazzo, arrossendo solo lievemente; voltandosi, si rese conto che il sensei Kuro era improvvisamente sparito nel nulla. Non riusciva a captare la sua presenza, doveva essersi allontanato per qualche ragione a loro sconosciuta ma non sembravano essere in pericolo. Infatti, nonostante le apparenze, Yoshitake sembrava una persona mite. Era Hiro che non aveva alcuna intenzione di lasciarlo in pace. Afferrò il kunai ma riprese a dargli contro mentre Makoto tentava almeno di fargli abbassare quel dito.

    Chi ti credi di essere? Non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo!

    Cercavo solo di darti un consiglio. Se ti senti punto sul vivo, non è colpa mia.

    Tu guarda che razza di...

    Smettila, Hiro!

    Spuntò fuori Tomomi e i due ragazzini si zittirono. Nonostante fosse una ragazza, era molto più alta di loro e decisamente più forte, così tanto da incutergli una paura inconscia. Yoshitake, però, era più alto di lei, ma non per questo abbandonò la sua medesima espressione impassibile. Sembrava solo incuriosito dalla reazione degli altri due, completamente pietrificati. La ragazza dagli occhi dorati lo fissò dritto negli occhi mentre lui ricambiava lo sguardo, impassibile.

    Scusa per i modi di Hiro, è un tipo irriverente.

    Capisco.

    EEH?!

    Però, ha ragione su una cosa...

    I suoi occhi si fecero improvvisamente duri mentre Yoshitake continuava a guardarla, immobile. Hiro e Makoto ebbero l'impressione che, tra poco, sarebbe accaduto qualcosa e quel presentimento non gli piaceva affatto. Tomomi sapeva essere brutale ma la prospettiva di vederlo combattere contro il miglior studente dell'accademia non li accendeva d'entusiasmo, anzi, ne erano preoccupati. Era pure sempre una ragazza, del resto.

    Non hai alcun diritto di dirgli cose del genere senza neanche conoscerlo.

    I due Genin della squadra otto divennero improvvisamente pallidi mentre il vento cominciava a soffiare più forte. Tomomi l'aveva fatto davvero, aveva preso le difese di Hiro e questo sarebbe sfociato in un duello mortale tra lei e Yoshitake! Blu dalla fifa, Makoto e l'altro cercarono di trascinarla via e di balbettare scuse campate per aria, tuttavia il signor numero uno non aveva battuto ciglio, così come la ragazza. Continuavano solamente a fissarsi negli occhi. Poi, improvvisamente, Yoshitake aprì la bocca. Hiro e Makoto quasi urlarono dalla paura ma non ce ne fu bisogno.

    Ho capito. Chiedo scusa.

    EEEEH?!

    EEEEH?!

    Li ignorarono completamente e, come se non bastasse, il ragazzo aggiunse un breve inchino. A quel punto, conoscendo bene Tomomi, i due cretini pensarono che fosse arrivato il momento, ovvero, che la ragazza avrebbe finalmente approfittato dall'occasione per rifilare due bei pugni nello stomaco a quel bellimbusto. E invece, anche lei chinò la testa, educata come mai l'avevano sentita.

    Scusami per averti ripreso, Yoshitake-san.

    Sembrava il giorno dei contrari, anzi no, un mondo parallelo. Cosa diavolo stava succedendo? Dov'erano i pugni, i morsi, i calci e i Ninjutsu? Makoto si rilassò, capendo all'istante ciò che avevano appena visto. Tomomi doveva aver capito che Yoshitake era un osso duro, per cui aveva preferito scusare Hiro in modo da non dover ricorrere alle mani. Yoshitake, da parte sua, doveva aver capito anche lui che non valeva la pena di fare a pugno con un ragazzino come Hiro, per questo si era scusato e, adesso, se ne stava andando così come era venuto. Makoto pensò che Tomomi era stata non solo coraggiosa ma anche leale a difendere ugualmente il ragazzino dai capelli neri. Purtroppo, però, era proprio Hiro a non aver capito nulla di quella storia. Come sempre.

    Fermo lì! Non ho ancora finito!! Credi di poter lanciare la mano e nascondere la pietra?!

    ... Non era proprio così, Hiro...

    C'è un solo modo per risolvere la questione: scontrati con me, adesso!

    Non pensarci neanche, non dureresti cinque minuti, Hiro.

    Le parole della ragazza servirono solo da combustibile per l'altro che non vedeva l'ora di combattere. Era quello l'unico modo che conosceva per mettere le cose in chiaro tra due shinobi: un bel duello. Yoshitake si fermò, squadrando il ragazzino con gli occhi felini mentre i capelli dorati venivano spettinati dal vento. La tensione si fece palpabile mentre Hiro si liberava dalla stretta di Makoto, puntando nuovamente il dito verso l'avversario. Era la sua occasione di dimostrare a se stesso e agli altri di essere forte; e quali miglior occasione se non battere lo Shinobi migliore dell'Accademia? L'altro ragazzo, però, aveva un atteggiamento del tutto differente da quello di Hiro. Serio, silenzioso, sembrava ponderare ogni minima scelta nella sua mente, attento ad ogni minimo particolare. Tutti, in classe sopratutto, sapevano del suo incredibile talento. Era proprio quel talento ad averlo reso famoso. Lo rendeva un avversario difficile da battere persino per i chunin e, per gli altri genin, praticamente imbattibile. Hiro Mikazuki non era però il tipo che si lascia convincere così facilmente, aveva deciso di sfidare a duello Yoshitake e l'avrebbe fatto, senza se e senza ma. Tomomi, sospirando, si voltò, afferrando per un braccio Makoto (il quale divenne rosso come un peperone maturo), portandolo con se verso gli alberi. Il biondino capì e, assieme alla ragazza, scalarono la corteccia, sedendosi su un alto ramo, osservando i due Genin dal basso. Il Nishimura era tranquillo come sempre e, sgranchendosi il collo, avvertì il suo avversario. La sua voce era sempre adulta e dura, mise un po' di timore all'altro che però non si lasciò scoraggiare. In tutto questo, Tomomi non poteva fare a meno di chiedersi dove diavolo fosse finito Kuro sensei. Che se ne fosse andato apposta? Era tutto programmato? O semplicemente aveva avuto da fare? O addirittura si era accorto del membro della squadra uno e voleva lasciarli soli? Ad ogni modo, avrebbero avuto tempo di scoprire perché quattro Genin si ritrovavano soli nella foresta. Adesso, tutti gli occhi erano puntati sui due sfidanti.

    Ti avverto, non ho intenzione di andarci piano.

    Ancora che fai lo sbruffone? Adesso vedrai cosa sono capace di fare! Tecnica della Moltiplicazione del Corpo!

    Apparvero otto cloni illusori, perfettamente identici ad Hiro, mischiandosi con il vero ragazzino. Makoto e Tomomi riconobbero lo stile del Genin: confondersi per celare la propria presenza all'avversario e colpire. Nonostante l'avversario fosse incredibilmente dotato, entrambi i due spettatori dubitavano che avesse doti sensoriali, per questo, conclusero mentalmente che il loro compagno di squadra aveva iniziato nel modo migliore quel duello. Yoshitake, però, non era dello stesso parere. Alla vista delle copie, senza alcuna agitazione, il Genin stese le braccia verso il gruppetto; concentrò il chakra e due grandi anelli di fuoco cominciarono a roteare tra i due arti, finché non viaggiarono verso il suolo, unendosi.

    Fuoco che Corre.

    I due anelli infuocati formarono una torre alta cinque metri, un cilindro fiammeggiante dal raggio notevole che imprigionò Hiro e tutte le copie, distruggendone solo due. Infatti, scomparirono in una nuvoletta bianca perché i cloni illusori non avevano una resistenza fisica, non potevano neanche attaccare o usare Jutsu di qualunque tipo, erano mere illusioni. Da sopra l'albero, i due membri della squadra otto restarono stupefatti davanti a quell'enorme cerchio di fuoco.

    Ha un controllo del chakra impeccabile ed una versatilità non indifferente nei Ninjutsu. Penso proprio che Hiro non abbia scampo.

    Sentenziò Tomomi mentre Makoto le rivolgeva uno strano sguardo. Perché li aveva lasciati combattere se sapeva quali fossero le reali doti di Yoshitake? In mezzo alla torre infuocata il caldo iniziava a farsi sentire e, ben presto, Hiro iniziò a chiedersi come diavolo potesse uscire da quel posto. Sempre più nervoso, si rese conto che attraversare le fiamme sarebbe stata una pessima idea, si sarebbe ustionato completamente, non era mica fatto di metallo.

    "Ah! Metallo!!"

    Afferò il kunai che gli aveva affidato Kuro sensei e lo scagliò tra le fiamme, proprio davanti a se. Vedendo arrivare il colpo, Yoshitake non poté fare altro che interrompere il contatto con la torre, sciogliendo difatti la tecnica. Evitò il kunai semplicemente schivandolo ma così facendo si era esposto ad Hiro e i suoi sei cloni. Senza pensarci due volte, sferrò un calcio rotante verso l'altro, utilizzando tra l'altro una tecnica capace di far andare il suo corpo più veloce, giusto per la durata di un jutsu.

    Raffica della Cascata!

    Ma Yoshitake sparì improvvisamente mentre Hiro era ancora in torsione. Si era abbassato così velocemente da sembrare quasi inumano e, con la stessa rapidità, sferrò un calcio dal basso, colpendo il ragazzino al mento, con un sonoro colpo.

    Alzata della Cascata!

    Hiro!

    Hiro!

    Il ragazzino aprì gli occhi a mezz'aria, con un dolore lancinante alla mandibola. Era stato colpito, completamente anticipato dall'avversario che non solo era bravo nelle arti marziali ma era anche capace di utilizzare il Katon come primo elemento. Yoshitake Nishimura era, in definitiva, la nemesi di Hiro.

    "Ed è per questo che non posso tirarmi indietro proprio adesso!"

    Ancora in aria, portò la mano al borsello sulla coscia destra, estraendone due shuriken e lanciandoli contro l'avversario, tre metri sotto di lui, completamente illeso. Le armi viaggiarono velocemente, puntando proprio al petto del biondo avversario che non sembrava per niente stanco o anche solo minimamente provato dalla fatica. Ad Hiro dava i nervi. Atterrò mentre gli shuriken veniva nuovamente e facilmente evitati dal ragazzo che aveva forse un anno solo in più dello spettinato moretto. Digrignò i denti, ne aveva abbastanza. Agì impulsivamente, cominciando a comporre dei sigilli. Yoshitake sembrò notare qualcosa e, in modo analogo, cominciò anche lui ad eseguire una catena.

    Puoi evitare tutti miei attacchi, puoi colpirmi quanto vuoi.. Ma non mi tirerò indietro!! Palla di fuoco!!

    Si portò pollice e indice uniti alla bocca, rilasciando una grande sfera di fuoco, il suo attacco migliore. Ma Yoshitake non sembrò minimamente stupito, anzi, con un gesto analoco, portò l'intera mano chiusa attorno alle labbra. Hiro sgranò gli occhi, incredulo. Tomomi e Makoto si scambiarono uno sguardo allarmato e, senza pensarci due volte, saltarono giù dal ramo.

    Palla di Fuoco... Suprema!!

    Una sfera gigantesca, così tanto incandescente che inglobò la sfera di Hiro in un battibaleno. Incredulo, terrorizzato, il ragazzino non poté fare altro che osservare quella devastazione di fuoco pronta per investirlo.

    "Questo è... impossibile!!"
     
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    Sfida lanciata!


    La gigantesca sfera di fuoco viaggiò in direzione di Hiro, attonito, immobile, che non poteva far altro che guardare la sua stessa tecnica rivoltatagli contro. Sentiva il calore avvicinarsi e presto l'avrebbe completamente investito. Aprì la bocca per parlare ma le parole gli morirono sulle labbra. Era finita? Lo sarebbe stato se solo Tomomi e Makoto non avessero avuto la loro prontezza di riflessi e la capacità di poter contrastare la palla di fuoco suprema. Il ragazzino compose dei sigilli, rivolgendo poi il palmo, carico di chakra acquatico, verso la sfera di fuoco; la ragazzina compose anch'ella i sigilli, direzionando una mano verso il medesimo obbiettivo, impastando il chakra suiton.

    Torrente Distruttivo!

    Tecnica del Getto Acquatico!

    I due vortici acquatici si fusero, spegnendo il jutsu infuocato che evaporò all'istante, lasciando solo un fumo vaporoso a fare da schermo tra i due sfidanti, immobili. Yoshitake sembrava non essersi reso conto della potenza del suo jutsu, aveva avvertito l'altro che non si sarebbe risparmiato ma i due Genin intervenuti non si sarebbero mai aspettati che davvero potesse spingersi fino a quel punto. La loro fortuna era stata proprio quella di possedere l'elemento naturale contrastante al katon, altrimenti, per Hiro, non ci sarebbe stato scampo. Si lasciò cadere per terra, ancora con il cuore in gola, mentre i due gli facevano da schermo, parandosi dinnanzi a Yoshitake. Nonostante l'avvertimento, i due ragazzi non potevano far finta di nulla se era un loro compagno a rimetterci le penne. Yoshitake, per la prima volta, parve confuso, quasi seccato da quell'interruzione.

    Ho fatto qualcosa di sbagliato?

    Come fai a chiedere una cosa del genere?! Non te ne rendi conto da solo?! Hai esagerato, quel jutsu poteva fare davvero male ad Hiro!

    L'avevo detto che non ci sarei andato piano. Non è colpa mia se non è neanche alla metà del mio livello.

    Sta zitto.

    Hiro si era alzato improvvisamente, col capo chino e i pugni stretti. Lo fissarono increduli per quel cambio d'immagine inaspettato. Yoshitake percepì qualcosa, un cambiamento d'aria e un'energia spropositata provenienti direttamente da quel ragazzino.

    "Eppure mi è sembrato così debole... Che diavolo gli prende?"

    Hiro alzò lo sguardo e i due occhi erano praticamente neri come l'inchiostro, eppure bruciavano. C'era un fuoco dentro di essi, qualcosa di incredibilmente potente, una volontà fuori dal comune che fece battere forte il cuore all'avversario, come nulla aveva provocato lo stesso risultato da anni. Hiro era mingherlino, pallido e sembrava davvero buffo con quei capelli spettinati, eppure, davanti ai loro occhi in quel momento, era una persona completamente diversa. Il suo tono era deciso, così tanto che anche gli altri due rimasero scossi.

    Io non sono debole, Yoshitake. Non sono abile come te, non ho il controllo del chakra perfetto come quello di Makoto né l'agilità di Tomomi, però... so di essere forte. Io posso batterti!

    Quello sguardo di fuoco investì i presenti con un'ondata di calore e, per la prima volta dopo tanto tempo, Yoshitake Nishimura si agitò. Trovò la sicurezza di sorridere e rivolgersi all'avversario pacatamente. Non aveva voglia di continuare a lottare ma sentiva che, se ci avesse provato, il finale sarebbe andato decisamente in modo diverso. Quel ragazzino aveva qualcosa di diverso dagli altri, riusciva a sentirlo.

    Allora dimostralo. Ci vediamo al campo di allenamento numero 1, a mezzanotte. Se vuoi dimostrarmi di potermi battere, raggiungimi e affrontami.

    Ci sarò.

    Si scambiarono un'occhiata davvero intensa, come se cercassero di scrutarsi nell'animo a vicenda. Dopo di che, il ragazzo dai capelli color oro e la pelle bronzea spiccò un balzo, finendo sullo stesso ramo su cui era apparso. Lanciò un cenno di saluto agli altri due e sparì, saltando da un ramo all'altro senza mai voltarsi indietro. Così, la squadra otto rimase lì, nello spiazzo erboso, ad attendere in silenzio, senza fare nulla, in imbarazzo per Hiro che sembrava essere improvvisamente cresciuto. Makoto e Tomomi, ognuno per se, pensava che, finalmente, il loro compagno di squadra avesse rivelato ciò di cui era davvero capace. Forse, poteva davvero battere Yoshitake.

    PROT!

    MA CHE SCHIFO!

    RITIRO TUTTI I MIEI PENSIERI, SEI SEMPRE IL SOLITO!

    Che c'è? Ero teso e mi scappava!

    Risero di gusto mentre tutta quella tensione scemava in un solo istante, così come si era creata. Li trovò che ridacchiavano a quel modo Kuro, spuntato improvvisamente da dietro un cespuglio, come se niente fosse.

    Yo!

    Ma cosa "yo"?! Dove diamine sei stato?!

    Ho sentito la presenza di Keisuke e sono andato a salutarlo, che domande!

    E non potevi dircelo?!

    A quanto pare no. Era pomeriggio inoltrato quando il sensei prese un bel respiro ed annunciò che, per oggi, l'allenamento era terminato. I ragazzini furono ben contenti di tornarsene a casa, tutti tranne Hiro che annunciò di voler restare. Stupefatti, gli altri tre lo ascoltarono mentre spiegava che voleva assolutamente continuare l'esercizio fino alla fine, finché non sarebbe riuscito ad arrivare in cima al tronco. Fu allora che Kuro capì di che pasta fosse davvero fatto il ragazzino, un vero testardo! Gli scompigliò i capelli e, salutandolo, i tre lo lasciarono nella foresta, con in mano il kunai del sensei. Hiro, rimasto solo, continuò il suo allenamento, decidendo di prepararsi per affrontare Yoshitake, qualche ora dopo. Concentrò il chakra nei piedi nella giusta misura, prese un bel respiro e corse verso l'albero. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto passi! Con il kunai fendette la corteccia e ritornò a terra, ricominciando tutto daccapo. Il suo obbiettivo era il suo nuovo rivale, Yoshitake, non riusciva a toglierselo dalla testa. Prima di andarsene, Makoto e Tomomi erano riusciti a dirgli che si sarebbero visti sotto casa sua alle undici e mezza, ergo, aveva tempo fino a quell'ora per concludere l'allenamento, tornare a casa per riposarsi e prepararsi all'incontro. Era eccitato, suonava tutto così diverso rispetto ai normali allenamenti tra Genin. Quello era, in tutto e per tutto, un duello ufficiale. Il ragazzino, questa volta, riuscì a fare dieci passi e ne mancò davvero poco per l'undicesimo, e intanto la corteccia veniva sfigurata dai fendenti.

    "Vedrai, Yoshitake, ti sconfiggerò!"

    [...]


    Si lasciò cadere sul letto, sfinito, con il kunai sporco là per terra. Si era fatto una doccia fredda e non si era preoccupato di asciugarsi i capelli, più ribelli e scuri che mai. Però sorrideva. Ci aveva impiegato più degli altri ma, alla fine, era salito sul ramo, aveva imparato ad arrampicarsi senza mani sugli alberi. Non aveva pensato neanche un po' al suo problema con le vertigini, gli era bastato voler riuscire ad arrivare in cima e si era lasciato alle spalle ogni cosa. Certo, una volta resosi conto di essere a una dozzina di metri dal suolo si era un po' spaventato, aveva iniziato ad urlare a dire la verità, ma, pian piano, era sceso come un somare, scivolando abbracciato al tronco manco fosse un pompiere che scende dal palo per andare a spegnere un incendio. Il ragazzino guardò distrattamente l'orologio: erano le dieci. Aveva un'ora e mezza per riposarsi prima che Tomomi e Makoto avessero bussato alla sua porta. Mettendosi a sedere, ricordò quel giorno che sembrava quasi appartenere ad un lontano passato, in particolare le parole che gli aveva rivolto Yoshitake. "Finiresti solo per rallentare i tuoi compagni... saresti completamente inutile.". Non sapeva spiegarsi il perché ma più che colpirlo nell'orgoglio, quella frase lo rendeva triste. Venire abbandonato dai compagni denotava il fatto di non essere alla loro altezza? È così che funziona nella vita? Si abbandona chi ci è scomodo?

    "Mamma... io... ero scomodo, per te?"

    Strabuzzò gli occhi a quei pensieri che mai avevano preso forma così nitidamente nel suo immaginario. Scosse la testa, rimettendosi supino e ripensando a Yoshitake, concentrandosi per accumulare le energie per combatterlo. Eppure non poteva far finta di non aver pensato quelle parole, non poteva non rendersi conto che, sebbene non l'avesse mai vista, dopo dodici anni iniziava a chiedersi perché fosse stato abbandonato dalla madre. Che fine aveva fatto quella donna? E suo padre? Erano rimasti insieme? Oppure... erano morti... ?

    "Aaaargh! Basta pensarci! Devo concentrarmi sul duello!!"

    Così ci penso e ci ripensò, ripassando mentalmente tutte le strategie che avrebbe potuto applicare contro il biondino fenomenale. Si riposò anche, mangiò qualcosa, lesse una rivista che buttò giù dal letto poco dopo, annoiato. E, finalmente, sentì un sasso colpire la sua finestra, quella al terzo piano. Con il cuore in gola per l'emozione, aprì il vetro. Un venticello fresco, che sapeva proprio di notte, lo avvolse e riempì il piccolo appartamento. L'oscurità regnava sovrana ma non ci sarebbe potuto essere spettacolo migliore di quello. Anzi, ora che i suoi amici erano lì sotto ad aspettarlo, sarebbe stato ancora meglio. Hiro indossò la solita felpa blu con sopra un giacchetto per ripararsi dal freddo, pantaloni blu e i sandali ninja, proprio come al solito. Lasciò il coprifronte buttato sul letto e si precipitò giù dalle scale. Ad aspettarlo, i due ragazzini. Makoto, sempre pettinato e con i capelli così biondi da illuminarsi al buio, Tomomi, con i lunghi e mossi capelli chiari coperti dal cappuccio della solita felpa grigia, le mani dietro la schiena e la solita espressione ribelle sul bel volto. Hiro li fissò e, per la prima volta, non gli sembrarono compagni di squadra ma veri amici. Con un sorriso, si voltarono verso le strade buie del villaggio, fianco a fianco, pronti per un'altra avventura.

    Andiamo!

    continua!
     
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    CITAZIONE

    Riunione eccezionale!


    Una brezza fresca tirava per le vie del Villaggio, completamente vuote e silenziose, sopratutto in quel borgo residenziale, patria di dolci vecchietti ormai in pensione da anni. I tre ragazzini, quatti quatti, camminavano silenziosamente, guardandosi intorno con circospezione. Non che avessero paura di qualcosa ma solitamente tre dodicenni come loro dovrebbero trovarsi a letto, considerando che mancavano trenta minuti a mezzanotte. I loro passi sembravano risuonare di un'eco sconfinata mentre ogni rumore esterno era amplificato così tanto da sembrare nuovo alle loro orecchie. Uscire di notte rendeva un luogo comune come quello un posto totalmente diverso, sembrava di camminare in un mondo a parte. I campi d'allenamento si trovavano dall'altra parte rispetto alla loro attuale posizione, più o meno verso la periferia est ma ancora entro il perimetro del villaggio; sicuramente avrebbero fatto in tempo ad arrivarvi ma avevano deciso all'unanimità di non rischiare. Così, i tre ragazzini camminare per le vie di Taki, tra vicoli dove gatti randagi sparivano al loro passaggio, e tra piazze deserte, illuminate fiocamente da lampioni solitari. Non c'era davvero nessuno in giro, erano completamente soli. Tomomi era l'unica a trovarsi perfettamente a proprio agio, così tanto che Makoto pensò che non doveva essere la prima volta che usciva a quell'ora da sola, bazzicando per le strade. In effetti, la ragazzina sembrava molto più grande per la sua età, forse per l'esperienza diversa dalla loro. Ad ogni modo, il ragazzino biondo rabbrividì improvvisamente al pensiero dei suoi genitori che non lo trovavano a letto e cominciavano a cercarlo per tutta Taki, era certo che ne sarebbero stati pienamente capaci. Anzi, iniziò a guardare i tetti degli edifici per assicurarsi che il fratello maggiore non fosse in agguato, osservandolo dall'alto. Hiro, tra loro, era l'unico davvero libero, nessuno c'era ad aspettarlo a casa. Sembrava davvero pronto per il duello, aveva l'aria sicura di se e sembrava più euforico e pronto all'azione ad ogni passo. Stavano quasi per raggiungere uno stretto vicolo, scorciatoia per tagliare attraverso una piazza più velocemente, quando udirono un richiamo sospetto, forse indirizzato proprio a loro.

    Pss! Pss!

    Makoto impallidì all'istante, non era mai stato un cuor di leone. Tomomi e Hiro, invece, si guardarono intorno finché la ragazza non richiamò l'attenzione dell'altro dandogli una gomitata. Indicò qualcosa nel vicolo accanto a loro, una figura esile, alta poco più di Hiro stesso, che li chiamava in quel modo. I tre la osservarono, Makoto spaventato a morte, e la figura corse improvvisamente verso di loro. Si ritrassero indietro, spaventati, ma la figura afferrò Hiro, stritolandolo in un abbraccio. Il cappuccio della figura cadde all'indietro e dei lunghissimi capelli rosei brillarono alla luce di un lampione là vicino, assieme a due occhi di colore diverso.

    Hirooo!!!

    La ragazza stava letteralmente soffocando il ragazzino, tentando di rubargli qualche bacio a tradimento mentre lui, imbarazzato come non mai, tentava di scrollarsela di dosso. Da dietro il vicolo, altre due figure uscirono allo scoperto, tra lo stupore generale. Il ragazzo dai lunghi capelli neri, raccolti in una coda, quasi ebbene un attacco di nervi vedendo la sua compagna di squadra prestare tutte quelle attenzioni a quello che lui definiva "il moccioso maleducato".

    U-urako! Staccati subito da lui!

    Ah, Akira.

    Il ragazzo divenne rosso come un peperone, alzando la guardia contro la ragazza che l'aveva spedito nel lago perché più forte e agile di lui. Però non si comportava certo come se avesse davanti un rivale, anzi, nonostante fosse rosso e parecchio imbarazzato, in cuor suo era parecchio felice di vedere la ragazza.

    T-tomomi?! Non mi aspettavo di trovarti qui...

    Ma se sei venuto solo quando ti abbiamo detto che c'era anche lei!

    Esclamò con un sorriso il terzo membro della squadra dieci, con i capelli bianchissimi che splendevano proprio come quelli di Makoto, che per inciso si era ripreso alla vista dei tre ragazzini, non era più così spaventato. Akira, rosso sempre di più, non seppe cosa rispondere e fu ancora peggio quando Tomomi decise di prenderlo in giro, facendo comunella con Chikao, mentre Urako ancora tentava di soffocare di baci il povero Hiro.

    Davvero, Chikao?

    O-OVVIAMENTE NO!

    Akira-chan, non essere così timido, dai!

    I-IO NON SONO T-TIMIDO!!

    Fate silenzio, volete svegliare tutto il villaggio?

    I sei si fermarono, fissando la ragazza dai lunghi capelli blu e gli occhi nocciola che aveva appena fatto il suo ingresso nel vicolo, seguita da un ragazzino dai capelli sparati in aria, ramati, e Yuriko, la ragazza che ad Hiro faceva venire le farfalle nello stomaco. Trovò improvvisamente la forza di scrollarsi gli occhi verdi e blu di Urako da dosso, diventando rosso non appena gli occhi scarlatti e così misteriosi della ragazza dai lunghi e lisci capelli neri incontrarono i suoi. Ma, ancora una volta, cosa ci facevano la squadra dieci e la squadra tre in quel posto e in piena notte, per giunta? Natsuko sorrise agli altri, scostandosi i capelli con un gesto molto femminile, mentre Kai, impacciato e poco galante come sempre, salutava da lontano. Tomomi distolse tutta la sua attenzione da Akira (che quasi pianse per quell'esclusione così inaspettata). Aveva parlato poche volte con la ragazza ma le due si intendevano senza problemi. Era davvero curiosa di sapere perché fossero tutti lì, anche se non voleva darlo a vedere, infatti Tomomi amava fare la parte della distaccata che vive nel proprio mondo. Con un cenno della testa attirò l'attenzione dell'altra ragazza che le rispose con il medesimo cenno (sembravano due capobanda di qualche gang, notò Makoto).

    Cosa fa la squadra tre da queste parti? È successo qualcosa?

    Ma è ovvio, no? Siamo venuti per il duel...

    Natsuko gli mollò un calcio nello stomaco, infervorata. Yuriko non disse nulla, era abituata a quello spettacolo che si ripeteva ogniqualvolta Kai faceva qualcosa di sbagliato, come interrompere Natsuko, in questo caso.

    Siamo venuti a fare il tifo per Hiro contro quegli snob della squadra uno!

    Coff... P-potevo... dirlo anche io... coff!

    No, non potevi. Sono io a fare gli annunci.

    Ah, capisco... Quindi siete tutti contro Yoshitake e...

    Hidenori e Tadakuni. Precisamente! Detesto quei tipacci! Non sono per niente come il mio Hiro!

    Makoto la fermò giusto in tempo per salvare la povera vitta da un' altra scarica di abbracci soffocanti. Ora che ci pensava, Tomomi non aveva notato gli altri due membri della squadra uno con Yoshitake, quel pomeriggio, era stato solo per tutto il tempo. In ogni caso, la stupì che fossero tutti lì non solamente per loro ma propriamente per Hiro. Anche lui sembrava esserne più stupito che lusingato, e la cosa lo confuse.

    Ecco... grazie! Ma... perché?

    Perché sei il mio principe azzurro, Hiro-chan!

    Di nuovo la bloccò Makoto, questa volta aiutato da Chikao che sorrideva composto come al solito. Akira, che non era molto d'accordo sulla questione ma non voleva lasciarsi sfuggire l'opportunità di rivedere Tomomi, si sistemò il codino, un po' imbarazzato.

    Perché... La squadra uno ha battuto tutti noi.

    Cosa?

    Ha battuto... tutti voi?

    "Lo immaginavo, non c'era altra spiegazione per questa riunione..."

    Tomomi aveva intuito il tutto vedendo arrivare anche Natsuko, che, per inciso, spiegò la questione, sovrastando di nuovo il povero Kai che si beccò un pugno in testa.

    C'è una cosa che non ci hanno detto, quando hanno deciso di creare queste squadre e cioè che, alla fine, avremmo gareggiato tra di noi. È una specie di prova per vedere quale squadra è migliorata prima delle altre ma, tecnicamente, è ancora troppo presto per la Verifica.

    Aspetta, un attimo! Quindi mi stai dicendo che i Jonin che ci hanno assegnato sanno di tutto questo?

    Ovviamente, che domande... Ci allenano e arrivati ad un certo punto decidono quale squadra sia la più adatta a sostenere la selezione per diventare chunin.

    Capisco... quindi, tra tutte e dieci, solo una squadra potrà provare a passare di grado a momento debito..

    È quello che abbiamo capito dal nostro sensei. A quanto pare, c'è qualcosa che bolle in pentola e restare Genin è in qualche modo l'unico modo che ha uno Shinobi di non rimetterci troppo. Per questo hanno deciso di fare questo esperimento.

    Vogliono creare la squadra perfetta e lasciare tutte le altre indietro, sob!

    E quegli spacconi della squadra uno ce le hanno suonate per bene! Accidenti!

    I membri della squadra otto restarono in silenzio per un po', meditando su ciò che aveva sentito. Quindi, ricapitolando, avrebbe partecipato alla selezione Chunin solo la squadra migliore tra le dieci esistenti attualmente, lasciando gli altri indietro, attendendo chissà quando per intraprendere l'esame. Per di più, i Jonin sapevano perfettamente che il loro obbiettivo sarebbe stato quello di creare la squadra migliore e che, alla fine, avrebbero svolto una specie di gara amichevole per decretare il team più adatto a diventare chunin. La notizia sconvolse Tomomi che si sentì tagliata fuori da qualcosa di così importante, possibile che l'occasione di diventare chunin e combattere seriamente per Taki fosse concessa a soli tre su trenta? Makoto, da parte sua, era solo pensieroso e un po' triste rendendosi conto che il loro sensei, Kuro, non li aveva messi al corrente di ciò, eppure era sempre così sorridente che sembrava quasi agire per uno scopo diverso, anzi, il biondo ne era certo. Hiro, invece, ci aveva capito ben poco ma qualcosa gli era rimasto. La squadra uno aveva combattuto con la squadra dieci e la squadra tre, vincendo su tutta la linea e questo doveva cambiare.

    Non importa, ragazzi,

    disse, attirando l'attenzione collettiva. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, compresi quelli enigmatici e scarlatti di Yuriko, che lo osservava senza battere ciglio.

    tutti noi siamo Ninja. Non possiamo lasciarci sconfiggere senza neanche lottare! Vogliono promuovere una sola squadra? Bene: diventiamo così forti da non permettergli di scegliere!

    Oh, Hiro-chan!

    E come intendi fare con la squadra uno? Quei tipi sono imbattibili!

    No, Akira, non lo sono affatto. Per quanto mi riguarda, siamo noi a poter ribaltare la situazione! Quindi preparatevi, perché stanotte Yoshitake finirà con il sedere per terra!

    Hiro...

    Sempre fine, uh.

    Applaudirono, animati dalla grinta del ragazzino dai capelli spettinati che sembrava in grado di risvegliare lo spirito di chiunque avesse attorno. A molti metri di distanza, nascosto tra i tetti di Taki, una figura incappucciata osservava la scenetta, con un lieve sorriso sul volto. Il lungo codino color carota svolazzava per la brezza fresca notturna.

    "Sei davvero imprevedibile, Hiro. Forse hai ragione, se siete uniti potreste davvero cambiare le cose..."

    Kuro rimase in attesa, celando la propria presenza e nessuno dei nove se ne accorse. L'applauso si era appena spento e, adesso, i presenti si apprestavano a raggiungere la piazzetta lì vicino ed imboccare una stradina più periferica, che li avrebbe portati dritti ai campi d'allenamento. Hiro si sentiva un vero leone con tutte quelle persone a seguito, venute apposta per fare il tifo per lui. Dentro di se sentiva di non dover deludere nessuno, non poteva, non ora che qualcuno contava finalmente su di lui. La luna piena splendeva alta nel cielo mentre la compagnia si lasciava alle spalle la città per dirigersi verso un modesto boschetto, mentre lo scrosciare di una piccola cascata risuonava in lontananza. Arrivarono infine al campo di allenamento numero uno, dove una figura che altri non poteva essere se non Yoshitake, li stava già aspettando, tranquillamente seduto su un tronco. Hiro si fermò, voltandosi verso le altre otto testoline. Tomomi gli diede una pacca sulla spalla, Makoto gli sorrise così come gli altri, a parte Kai che sembrava parecchio scettico e Akira che, invece, sapeva già che il biondo della squadra uno avrebbe fatto piazza pulita. Ad Hiro batteva forte il cuore ma gli si fermò nel petto quando incrociò lo sguardo di Yuriko. Divenne rosso così tanto che benedisse l'oscurità che non faceva notare il colorito. Senza dire niente, la voce simile al canto di un uccellino della ragazza venne fuori in un sussurro.

    ..Buona fortuna..

    Le gambe del ragazzino tremarono ma restituì un sorriso da vincente. Non sapeva spiegarsene il motivo ma adesso si sentiva davvero in grado di vincere. Sorrise di rimando alla ragazza e si voltò, allontanandosi a grandi passi dal resto del gruppo e attraversando il cancelletto di metallo, entrando di fatto nel campo di allenamento, delimitato dalla recinzione metallica. Yoshitake lo fissò senza battere ciglio, incuteva terrore alla luce pallida della luna. I capelli di Hiro furono scompigliati da un soffio di vento che sembrò scandire l'importanza della situazione. Poi, con i grilli in sottofondo e l'odore degli alberi, il ragazzino dai capelli neri sorrise, sicuro di se.

    Sono pronto, Yoshitake. Combattiamo!
     
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    Duello di mezzanotte!


    Yoshitake fissò senza emozione il suo avversario che, a differenza sua, sembrava animato da qualcosa a lui sconosciuto. Il biondo e talentuoso Nishimura notò che, seppur in quella specie di gabbia fosse completamente solo, c'erano delle persone con lui, non solo la sua squadra ma anche altri sei ragazzini. Percepì solo vagamente i loro sguardi speranzosi, pieni di fiducia verso quel piccolo ragazzino che sembrava tutto fuorché un ninja di talento. Solo allora Hiro notò che l'altro, invece, era completamente solo. Si era aspettato di vedere anche Hidenori e Tadakuni, il genio stratega e il forzuto guerriero che, tutti assieme, formavano la squadra uno. Invece le cose stavano diversamente perché nessuno si era preoccupato di accompagnarlo, nessuno era lì a sostenerlo e, difatti, al piccolo Mikazuki sembrò quasi scorretto trovarsi nove contro uno, seppur avrebbe duellato solamente lui. Quel fatto lo colpì e, come sempre visto che non riusciva proprio ad essere discreto, il ragazzino non poté non chiedere spiegazioni al diretto interessato, che sembrava completamente indifferente al tutto.

    Gli altri due non sono con te. Hanno avuto un problema?

    ... No. Non sanno che sono qui.

    Eh? Ma perché non gliel'hai detto, scusa?

    Perché dovrebbe interessarli, di grazia?

    Perché sono tuoi amici!

    Hiro iniziava ad innervosirsi e Yoshitake a seccarsi. Non gli piaceva parlare di Tadakuni e Hidenori, preferiva di gran lunga far finta che non esistessero. A nessuno dei due importava di quella serata, ne erano completamente allo scuro perché, anche se Yoshitake li avesse avvertiti, a loro non sarebbe importato, ne era certo.

    Non siamo affatto amici. Sono solo nella mia stessa squadra ma non c'è nulla che ci lega. Sono superiore a loro e devo continuamente arrestarmi perché non sono capaci di stare al mio passo. Non fanno altro che rallentarmi, una vera seccatura...
    Loro sono... soltanto un peso..


    Le altre squadre ascoltavano in silenzio, rendendosi conto di quanto i loro mondi fossero differenti. Kai, per esempio, si era da sempre lamentato di non voler far squadra con una come Natsuko, eppure non l'aveva mai considerata un peso, e lei, del resto, non aveva mai fatto lo stesso con lui. Nessuno di loro, sebbene fossero persone completamente diverse, aveva mai avuto il coraggio di pensare in quel modo di un compagno di squadra. Forse non c'erano stati i migliori abbinamenti e i caratteri spesso cozzavano tra loro, ma non c'era modo di poter detestare a tal punto i propri compagni. Yoshitake, invece, sembrava completamente di un'altra idea. La squadra uno era quotata come la squadra migliore di tutte, questo significava che tutti e tre i membri erano su un livello superiore rispetto agli altri. Eppure, il più virtuoso dei tre, dimostrava solamente di essere un ragazzino superbo e viziato. Escludeva gli altri e li additava come pesi, intralciavano la sua perfetta esistenza. In altre parole, Yoshitake avrebbe preferito stare da solo. Ad Hiro quelle parole non andarono giù per niente. Ricordava bene come neanche un mese prima Kisho e la sua banda si divertivano a punzecchiarlo ed escluderlo senza alcun motivo, come avevano fatto da sempre; Hiro conosceva bene il dolore della solitudine, così bene da poter affermare che nessuno, neanche la persona più vendicativa o rancorosa di questa terra, avrebbe mai voluto restare da sola. La solitudine era forse la malattia peggiore che potesse colpire il genere umano. E quel tipo che non solo era già fortunato di per se per l'aspetto e le abilità, ma aveva anche degli ottimi compagni di squadra, se ne usciva con frasi del genere. Il ragazzino dai capelli neri non poteva sopportarlo. Con i pugni serrati e il capo chino, continuava a ripetere le parole dell'avversario, incredulo, mentre la rabbia sembrava invaderlo. Finché non riuscì più a trattenersi.

    ... Un peso... Come... COME PUOI DIRE UNA COSA DEL GENERE?!

    Yoshitake sembrava colto alla sprovvista, imbarazzato e confuso da quella reazione che sembrava appartenere più ad una ragazzina che ad un Ninja. Il ragazzino era praticamente esploso!

    I compagni non sono "un peso", sono persone con le quali si condividono le vittorie e le sconfitte, persone che avanzano con te fianco a fianco, fino alla fine!

    Si ricordò del pomeriggio trascorso da solo, esercitandosi per raggiungere la vetta dell'albero. Si ricordò del senso di sconforto e inferiorità provato quando sia Makoto che Tomomi erano arrivati lassù prima di lui e di come le parole del ragazzo dai capelli color oro lo avessero scosso. Si era allenato per sconfiggerlo ma, dentro di lui, sentiva di averlo fatto principalmente per i suoi compagni di squadra. Lo avevano salvato e, per quanto gli seccasse ammetterlo, Yoshitake aveva avuto ragione a dargli del debole. Con la sua paura aveva rallentato i suoi compagni, rischiando di essere lasciato indietro. Ma i due, adesso, erano lì con lui, non era solo e anche gli altri contavano su di lui. Tomomi e Makoto, nonostante fossero migliori nelle Arti Magiche, nel controllo del chakra e nelle Arti Marziali, non lo avevano mai considerato un peso. Gli avevano sempre teso la mano quando in difficoltà.

    Se davvero pensi questo...

    Hiro...

    ...

    SE DAVVERO PENSI QUESTO SEI TU AD ESSERE UN PESO!!

    Gli occhi di Yoshitake si aprirono in una smorfia più che sbigottita, oltremodo scossa. Le parole di quel ragazzino che non sembrava aver nulla di speciale lo avevano toccato nel profondo del cuore, scatenando nella sua mente immagini, voci e ricordi che aveva tentato per anni di dimenticare. In passato, Yoshitake voleva diventare un Ninja proprio come suo padre. Kodaka Nishimura era uno chunin discretamente abile che si era spostato con la madre del ragazzino, allora molto piccolo, decidendo di allevare l'infante come fosse suo. I due erano inseparabili e, ben presto, non ci volle molto perché Yoshitake considerasse Kodaka il suo vero padre, nonostante il sangue fosse differente. Il ragazzino era ammaliato dal mondo degli Shinobi e spesso chiedeva al padre di portarlo con se durante le sue missioni. I ricordi del ragazzo divennero veloci e sbiaditi: rivide il padre urlargli contro qualcosa e la sua corsa disperata nella foresta, infine il corpo dell'uomo cadere esanime davanti a lui. Con il fiatone e la testa in fiamme, lo Shinobi cambiò improvvisamente. Il suo solito atteggiamento distaccato mutò rivelando uno sguardo fosse e vendicativo, una rabbia verso il mondo che non sembrava placarsi mai. Con voce dura e profonda, abbassò lo sguardo, respirando pesantemente.

    Non ti permetto... di parlarmi in questo modo...

    Un chakra distruttivo proveniva dal ragazzo e Hiro, con il cuore in gola, non poté fare altro che prepararsi allo scontro. Impastando il chakra, lanciò un'ultima occhiata agli otto compagni che erano lì apposta per sostenerlo e si fece coraggio. Strinse i pugni nonostante sapesse che, questa volta, Yoshitake avrebbe realmente fatto sul serio. Gli occhi verdi dell'altro divennero quasi ambrati alla luce della luna, mentre il suo sguardo veniva contorto da una smorfia di puro odio, non vero Hiro, ma verso qualcosa che lo aveva tormentato per anni e che era appena tornato a finire il lavoro. Hiro sarebbe stato solamente il suo capro espiatorio.

    Combatti, Hiro... DIMOSTRARMI QUANTO VALGONO LE TUE PAROLE!

    "... Merda."

    Ysohitake sembrava aver perso completamente il controllo, per questo il suo avversario avrebbe dovuto fare attenzione, questa volta per davvero, visto che c'era una rete metallica a separarlo dai suoi amici. Il ragazzo talentuoso estrasse un kunai dalla tasca lanciandolo nella direzione dell'avversario, ma, alla luce della luna, Hiro notò che l'altro doveva aver problemi alla vista perché, se avesse seguito quella traiettoria, l'arma si sarebbe semplicemente conficcata nel terreno, davanti ai suoi piedi. Per questo, non sapendo che fare, attese immobile ma quando gli giunse la voce di Tomomi era già tardi.

    Hiro! È una trappola!

    L'esplosione lo colpì in pieno, la carta bomba applicata al kunai era esplosa proprio al momento giusto. Il ragazzino stava complessivamente bene ma le sue orecchie erano improvvisamente otturate e percosse da un fischio sordo e acuto, che non gli permetteva di sentire altro. Si trovava in aria, in caduta, ma tutto attorno a lui tremava violentemente. Aveva perso l'equilibrio e non poté fare nulla vedendo l'avversario venirgli addosso. Con un calcio del tutto simile a quello che gli aveva rifilato nel bosco, lo colpì all'addome, sparandolo a tre metri d'altezza mentre saltava e si posizionava dietro di lui, seguendolo come un'ombra. I presenti si dividevano tra chi si era coperto gli occhi e chi già era pronto a raccattare da terra il povero ragazzino. Non aveva speranze di poter sconfiggere Yoshitake e il fatto che egli avvolse il ragazzino in una complessa morsa, pronto per ricadere al suolo e frantumargli qualcosa ne era la prova. Lo tenne stretto, capovolgendo entrambi i corpi a testa in giù, in caduta libera. Hiro, ancora confuso, osservò il suo avvicinarsi sempre di più. Da lontano, osservò i suoi accompagnatori, a rallentatore. Sembrava poter osservare ognuna delle loro facce che lo incitavano nonostante tutto. Fu allora che capì di dover fare la differenza. Non si sarebbe arreso, non questa volta. Yoshitake, però, era troppo forte e robusto per lui, per di più sembrava allettato dall'idea di rompergli qualcosa. Hiro, però, aveva appena scoperto di avere un asso nella manica, o quasi...

    Ultime parole?

    ... PROT!

    EH? CHE PUZZA!!

    Era quello l'asso nella manica di Hiro: l'imprevedibilità! Per la disgustosa sorpresa, Yoshitake lasciò la presa come gesto involontario e si coprì il naso mentre gli occhi lacrimavano per lo schifo. Il ragazzino non aspettava altro. Ancora cadendo, estrasse il filo d'acciaio e intrappolò il biondo, sotto gli occhi stupefatti dei presenti. Incredulo, tentò di dibattersi ma Hiro gli stava sopra, stringendolo con tutta la forza concessagli dal suo esile corpo. Yoshitake non aveva capito come era possibile tutto quello. Fino ad un secondo prima era lui a fare le regole del gioco.

    Tu... come diavolo hai fatto?!

    Tanto ramen e un po' di stitichezza! Ma tralasciando gli scherzi, mi spiace, Yoshitake, non posso deludere i miei amici!!

    L'impatto al suolo provocò un boato e un polverone si alzò, facendo tossire tutti i presenti. Tutto rimase in silenzio mentre il buio non permetteva di vedere chiaramente ciò che accadeva. I due erano a terra, dentro il piccolo cratere formatosi in seguito alla caduta. I cuori dei presenti battevano forti e quando Chikao alzò una mano nella direzione del campo, tutto tacque. Tra la polvere, solo una figura si alzò dal suolo barcollando.
     
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    CITAZIONE

    Sconfitta?!


    La luce della luna piena illuminava a malapena il campo di battaglia, oscurato da una sottile quanto fastidiosa polvere, alzatasi quando i due Shinobi erano ricaduti al suolo con un unico movimento. Il silenzio era calato sui presenti mentre i loro pensieri si scontravano nelle loro menti. Chi l'aveva spuntata? Hiro che era riuscito ad rivoltare contro l'attacco di Yoshitake o Yoshitake stesso, troppo furbo per farsi fregare da Hiro? Nessuno di loro poteva saperlo con certezza ma la risposta giunse a loro, più lenta che mai. Pian piano, qualcosa si mosse dal cratere, barcollando per tirarsi su, con passo incerto. Non era possibile riconoscerlo, solo la sua ombra era ben poco visibile e i presenti sapevano solo che si trattava di una forma umana, impossibile stabilire se l'uno o l'altro sfidante. Trattennero il fiato mentre la figura superava pian piano il polverone, mettendosi sempre più a fuoco grazie alla luce della luna. Ognuno dei presenti sperava a modo suo. Urako sperava che il suo principe azzurro dimostrasse di essere un vero eroe; Akira sapeva che non c'era modo di vincere contro il migliore studente dell'Accademia; Makoto sperava con tutto il cuore che il loro supporto avrebbe aiutato Hiro a vincere; Yuriko sperava anche lei di rivedere il sorriso smagliante del ragazzino dai capelli neri. Tomomi, invece, aveva già capito ogni cosa. Dal polverone, apparve Yoshitake, con passo incerto ma ancora in piedi. Nonostante il silenzio, ammutolirono tutti, compresi i loro pensieri. Il biondo stava tossendo, tentando di dirigersi al cancelletto. Cadde nel mentre, stramazzando al suolo mentre la tempia continuava a sanguinare. Respirò a fondo, immobile, mentre i ricordi sembravano di nuovo impossessarsi di lui. Aveva si e no dieci anni quando decise di non restare ad aspettare che il padre tornasse dalla missione di turno, per questo lo seguì in segreto. Purtroppo, era una missione di grado B quella e il signor Nishimura sapeva bene la pericolosità che ciò avrebbe comportato, per questo, quando scoprì il figlioletto nascosto malamente tra i cespugli, proprio mentre preparavano un'imboscata contro i Mukenin nemici, si arrabbiò moltissimo. Il ragazzino non voleva sentire ragioni, sembrava non rendersi conto della situazione e, nel disperato tentativo di mandarlo via, il padre gli urlò contro. << Vattene da qui, finirai per farci ammazzare tutti! Sei solamente un peso! >>. Quelle parole lo avevano ferito a tal punto che il piccolo Yoshitake scappò via, non solo facendo fallire l'imboscata degli Shinobi della Cascata ma attirando a se i Mukenin che avevano trovato un ostaggio succulento. Si accorse di essere inseguito quando ormai fu troppo tardi e dovette assistere alla morte del padre, sacrificatosi per proteggere lui da un fendente diretto. Quel sorriso di scuse lo tormentava da allora, assieme al desiderio quasi dogmatico di essere il migliore e non voler contare sugli altri. Considerava gli altri un peso perché, in realtà, era lui ad esserlo. Non voleva più essere debole, non voleva che le persona attorno a lui perissero nel tentativo di salvarlo, così come aveva fatto suo padre. Ma col passare degli anni quei ricordi tormentosi sembravano essersi sostituiti ad una semplice e sconfinata superbia che gli imponeva di essere superiore a tutto e tutti. E allora perché le lacrime gli bagnavano gli occhi? Nascondendo il proprio volto reprimendo quei sentimenti, si rese conto che le parole di Hiro lo avevano scosso, gli avevano ricordato il vero motivo per il quale era divenuto uno Shinobi: proteggere le persone a lui care, diventando il migliore. Persino il modo con cui quel ragazzino così piccolo e buffo era riuscito ad immobilizzarlo l'aveva colpito, non aveva smesso di credere in se stesso e ci era riuscito grazie ai suoi compagni, gli stessi che, adesso, stavano oltrepassando il cancelletto di ferro per dirigersi da lui. Superarono il ragazzo seduto, con lo sguardo basso, alzando da terra il ragazzino dai capelli neri, svenuto per l'impatto. Yoshitake sapeva come erano andate le cose: aveva perso contro la volontà di fuoco di Hiro, nonostante fosse lui ad essere svenuto, era riuscito a trasmettergli i suoi sentimenti. Chissà, forse il talentuoso shinobi sarebbe cambiato, d'ora in avanti. Sicuramente, avrebbe rivalutato i propri compagni di squadra, questo sì, l'avrebbe fatto. Makoto dovette scrollare di dosso al povero ragazzo Urako, con gli occhi lucidi per lo spavento.

    Hiro? Hiro! Svegliati! È il potere dell'Amore a chiamarti!

    Ragazzi, certo che ha fatto proprio una brutta caduta...

    Deve essersi fatto proprio mal... Ouch!

    Deve esseri fatto proprio male! Vero?

    A me non sembra messo troppo male...

    Hiro, svegliati, amico!

    mmm

    Fategli prendere un po' d'aria, aiutatemi a portarlo via da questa polvere!

    Akira afferrò le gambe del ragazzino, aiutando la ragazza dai capelli chiari a trasportarlo verso l'uscita, posandolo per terra con gentilezza mentre veniva nuovamente accerchiato dai ragazzini preoccupati e incuriositi al contempo. Dopo qualche schiaffo, un calcio, un po' di solletico e una secchiata (o meglio sputata) d'acqua fredda in faccia, finalmente il ragazzino riprese i sensi, sembravano più stupido che mai. Si guardava intorno spaesato, come se non capisse che diavolo ci facesse steso a terra con tutta quella gente attorno. E perché di notte?!

    Oh, che mal di testa... !

    Hiro! Sapevo che l'Amore ti avrebbe destato!

    Ti ho già detto di lasciarlo in pace, Urako!

    Uffa!

    Se però Tomomi lo facesse con te non le diresti di smettere, eh?

    C-c-cosa vai d-dicendo?!

    Ridacchiarono e Tomomi fece finta di nulla, ignorando con così tanta grazia il ragazzo dai capelli neri che questo ebbe un altro colpo al cuore. Hiro, a parte un bel bernoccolo in testa, era completamente illeso, anche se ricordava a stento gli ultimi attimi del duello. Provarono a spiegargli che, nonostante fosse riuscito ad intrappolare Yoshitake, egli aveva vinto perché, evidentemente, il colpo aveva danneggiato entrambe ma la resistenza del biondo era superiore alla sua, per questo era svenuto. A quelle parole, il Mikazuki sembrò essersi ricordato tutto e si guardò intorno con foga.

    Dov'è adesso Yoshitake?

    Qui.

    Si voltarono tutti verso di lui, ancora seduto a terra, sfinito. Dava loro le spalle e la voce, seppur dura come sempre, aveva perso quella sfumatura folle e rancorosa dell'inizio del duello. In silenzio, attesero che dicesse qualcosa, sembrava proprio che, infatti, avesse qualcosa da dire ad Hiro. Così fu. Si alzò senza dire una parola, sempre dando loro le spalle, fissando la luna piena alta nel cielo.

    ... Grazie, Hiro. Tu sei... una persona interessante...

    Yoshitake...

    Combatteremo ancora. Per allora, vorrei che ti impegnassi al massimo. Sento che sei l'unico che può raggiungermi.

    Kai sbuffò contrariato e Hiro sentì una leggera sensazione dentro di se. Ora ricordava bene ogni cosa. Non disse nulla, lo tenne per se, ma sapeva che, in qualche modo, il duello l'aveva perso ma anche vinto. Si alzò in piedi, barcollando, rivolgendosi al ragazzo dai capelli biondi mentre gli altri, ancora a terra, li osservavano come fossero lontani da loro, due veri Ninja che si scambiavano una promessa solenne.

    La prossima volta ti supererò.

    Mpf. Lo spero. Sarebbe interessante provare il brivido della sconfitta...

    Guardò la luna e il sorriso del suo defunto padre sembrò suggerirgli qualcosa comprensibile solo al suo intimo. Senza voltarsi indietro, Yoshitake se ne andò, senza aggiungere altro, senza asciugarsi le lacrime se non quando fosse stato lontano abbastanza da non farsi vedere. Kuro, sopra i tetti, sorrise. Quella scena gli ricordava con nostalgia qualcosa che aveva già vissuto, anni prima. Con uno sbuffò, Urako distrusse quel silenzio così carico di significato, come solo lei sapeva fare.

    Uff! Quel tipo è davvero maleducato! Non ci ha neanche salutati!

    Non importa, Urako, il suo era una specie di "arrivederci" infondo.

    Chikao ha ragione. Non sarà certo questa l'ultima volta che lo vedremo. Anzi, ho l'impressione che diventerà spaventosamente forte nel mentre..

    ... Fifone.

    EH?!?!

    Scoppiarono in una liberatoria risata generale. Abbandonarono il campo di allenamento numero uno, lasciando agli addetti il problema di sistemare quel grosso cratere proprio nel mezzo. Hiro si era storto la caviglia e Makoto lo aiutava a reggersi assieme a Tomomi, sostenendolo per tutto il cammino mentre gli altri scherzavano felici in vista del nuovo scontro contro la squadra uno. Era una notte silenziosa dove il cielo scuro sembrava riflettere sul mondo la luce di miliardi di stelle, mentre la luna osserva ogni cosa, muta, brillando e basta. Fu in quella notte, con gli otto amici attorno, che Hiro si chiese nuovamente se i suoi genitori lo stessero guardando da lassù. Vivendo tutto quell'affetto, non poteva fare a meno di ricordarsi il dolore della solitudine, ma, questa volta, qualcosa era cambiato. I suoi genitori non c'erano mai stati e, da allora, Hiro era sempre stato solo. Gli si era avvicinato Misako, la prima persona a credere in lui, poi Makoto, poi Tomomi, poi Kuro e adesso tutti gli altri. Aveva impiegato dodici anni, sperando segretamente che, prima o poi, sua madre e suo padre fossero tornati a prenderlo. Lo sperava ancora, con il suo cuore da bambino, ma l'attesa non gli faceva più così male. Così il ragazzino guardò la luna mentre le risate degli altri lo facevano sentire bene, come a casa. Si disse che avrebbe aspettato il loro ritorno, ma gli concesse di prendersi tutto il tempo del mondo. Inciampò ma Tomomi e Makoto lo sorressero, sorridendogli.

    "Non c'è fretta, mamma... Sono in buone mani!"

    finita!
     
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