La luce della speranza

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    "Io sono responsabile di ciò che dico, non di cosa tu capisci"

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    Uno dei molteplici universi paralleli

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    Un piccolo foro nel terreno che andava ingrandendosi sempre più. La testa gigante di un serpente che ne spuntava fuori. Il corpo di una bambina in groppa a esso. Era questo ciò che avrebbe visto un viandante in quel momento se si fosse trovato nei pressi delle nostre sciagure. Yuka scese dal rettile e gli intimò di aprire le fauci con una certa fretta. La bestia, accondiscendente, spalancò la bocca e fece uscire il suo contenuto. Ero rimasto fermo immobile sul corpo di Kuma. Le lacrime asciugate non appena capii che avevamo raggiunto la superficie, lo sguardo atterrito perché le sue condizioni erano sempre peggio. Ora che la luce era tornata, potevo fare una stima attendibile di quelle che sarebbero state le sorti del ninja di Oto. La pelle del ragazzo era imperlata di sudore freddo, il pallore che aveva assunto sembrava quasi che riverberasse della luce del sole, le bende con cui comprimevo la ferita erano zuppe del suo sangue. Non c'era più molto tempo, di lì a poco sarebbe davvero stata la fine per lui.

    "Yuka, dobbiamo tornare a Suna e di corsa. Usiamo il serpente che hai evocato, così faremo più in fretta"

    La ragazza sembrò allarmata quanto me e accolse con piacere l'idea che avevo avuto.
    Un boato gigantesco infranse il silenzio che ci circondava. Sembrava provenisse da lontano, eppure la forza di quel ruggito era tale da riuscire a ferirmi le orecchie. La mia ipotesi si era rivelata esatta, ne avevamo ucciso uno, ma forse ce ne erano altri cento di quei bestioni. Da una parte ero felice perché avrei potuto riprenderli a studiare con più calma in futuro, ma dall'altra tremavo all'idea di riavvicinarmi a una bestia simile. Non so quanto avremmo potuto resistere a un secondo incontro con un mostro del genere, così feci cenno alla kunaichi di Suna di sbrigarci e tutti insieme salimmo sulla groppa del serpente.
    Il rettile non sembrò molto felice di fare da taxi a un gruppo di ragazzini più morti che vivi che forse sarebbero stati la sua cena ideale, però non si lamentò, né diede segni di rivolta, e si spinse a folle velocità tra le dune del deserto.
    Abbandonare il fresco tepore di quella grotta era un peccato, la calura e l'afa asfissiante tipici del deserto tornarono a sovrastarci e a minare le nostre energie più del dovuto, però era uno sforzo necessario. Qualche minuto di più e per noi sarebbe stata la fine, infatti sentimmo un secondo scoppio mentre stavamo montando sull'animale e vedemmo la carcassa del Leviatano essere trascinata in profondità. La grotta era crollata e la Kotaka si era esibita nel suo ultimo concerto, creando una tomba anche per il nostro inseguitore. Ormai della nostra nave era rimasto solo il ricordo, non sarebbero mai stati abbastanza i ringraziamenti che le avremmo potuto fare per averci portati in salvo. Improvvisamente mi venne in mente un qualcosa che per un attimo mi fece distrarre dai nostri problemi.

    "Yuka... E ora come glielo diciamo a quell'energumeno che gli abbiamo distrutto la nave?!?"

    La ragazza mi guardò negli occhi e fece spallucce. Avremmo trovato un modo carino di dirglielo a tempo debito, ora non sembrava proprio il caso di starci a pensare.
    Il viaggio durò pochissimo, quel serpente sapeva il fatto suo e forse era stato più veloce della Kotaka a riportarci a casa. Il forte vento che percepivamo sulla sua testa ci aveva fatto sbandare più volte e fatto reggere più saldamente a lui, ma la fluidità con cui scivolava tra i granelli di sabbia era impareggiabile e non sentivamo variazioni di spostamenti o di velocità. Sicuramente fu una benedizione per noi che stavamo combattendo contro il tempo e la morte e per Kuma avrebbe significato vivere ancora.
    Arrivammo alle porte del villaggio e Yuka sciolse la tecnica del richiamo, un gruppo di sentinelle si era già avvicinato a noi e vedendo la situazione andarono subito a chiamare un ninja medico che potesse prestare le prime cure al ferito. Io continuavo a tenere la mia mano offesa vicino al petto, senza lamentarmi del dolore, ne della ferita sotto l'occhio. L'adrenalina che avevo ancora in circolo mi anestetizzava il corpo, ma iniziavo a sentirne mancare l'effetto e da lì a poco avrei iniziato ad urlare non appena avessi mosso un dito. Ora ero catturato da quello che stava facendo il medico e di quello che ci avrebbe detto. Le sue mani erano circondate da un aura verde e le impose sulla gola di Kuma con perizia e concentrazione. Quando si staccò da lui intimò che gli fosse portata una lettiga e che fossimo trasportati tutti di corsa in infermeria.

    "È gravissimo, muovetevi! Voi due andate in ospedale con il vostro amico e aspettatevi il peggio"

    Fummo accompagnati dal personale di guardia all'ospedale della Sabbia e da lì le nostre strade si separarono. Kuma era salvo, c'era una possibilità forse. Entrò subito nella sala rossa, circondato da una miriade di medici e infermieri che si prendevano cura di lui. Non ci era permesso di seguirlo, potevamo solo aspettare. La luce della sala si accese e con essa le nostre preghiere.

    Modera la mia infermeria Kerbe, mi sono già accordato con lei.
     
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    La Kotaka esplose a cinquanta metri sotto terra. Il boato fu comunque assordante e la sabbia si sparse in aria mentre un terremoto scuoteva le dune. Si placò solo dopo dieci secondi ma noi eravamo salvi. C'eravamo riusciti, il serpente ci aveva portati a destinazione in superficie! Quando aprì le fauci fui davvero felice di scorgere Koda e Kuma. Il ragazzo dai capelli bianchi sembrava aver pianto ma gli rivolsi un sorriso sincero. Forse qualcuno avrebbe potuto addossare a lui la colpa, forse anche lui stesso si dichiarava il colpevole ma vedendo come stringeva Kuma, nessuno avrebbe avuto il coraggio di accusarlo. Durante tutto quel viaggio al buio, all'interno del rettile, si era preso cura di lui, tamponandogli persino la gola, non l'aveva abbandonato neanche per un attimo e fu in quell'istante che capii: Koda era introverso e poco incline a stare con gli altri, ma, nel profondo, la sua lealtà non gli avrebbe mai permesso di abbandonare i suoi compagni. E, come ripetevo sempre a me stessa, tenere ai propri compagni significava essere un vero Shinobi.

    "Koda, tu sarai... un Ninja incredibile.."

    I miei pensieri furono interrotti da un ruggito incredibilmente vicino seppur lontano, un verso che ormai avrei saputo riconoscere alla perfezione. Il Leviatano era solo uno dei tanti, qualcos'altro solcava le dune a nostra insaputa. Forse i due Shinobi scomparsi si erano salvati, forse c'era ancora una possibilità per loro. Ero combattuta ma, guardando i due ragazzi accanto a me, capii che avevano bisogno di me.

    Yuka, dobbiamo tornare a Suna e di corsa. Usiamo il serpente che hai evocato, così faremo più in fretta!

    Hai ragione, non c'è tempo da perdere!

    Caricammo Kuma sulla testa del rettile prendemmo posto accanto a lui. Il vento soffiava leggero, scompigliandoci i capelli mentre i nostri volti sporchi di sabbia e sangue scrutavano l'orizzonte. Le dune dorate sembravano estranee a tutto ciò che avevamo appena passato, non si curavano dei nostri guai o delle nostre speranze. Immobili, sembravano scrutarci con distacco. Il sole splendeva sopra di noi, come sempre. Chiunque fosse stato costretto ad affrontare quel terribile ruggito del Leviatano, speravo che se la cavasse. Purtroppo, era giunta per me l'ora di concludere la missione che più mi era cara: salvare i miei compagni. Il serpente non entrò nel sottosuolo, era capace di viaggiare ad un'elevata velocità anche sulla superficie, così gli chiesi di raggiungere al più presto la porta del Villaggio della Sabbia. Mentre attraversavamo il deserto sul bestione strisciante, i miei pensieri andavano da Kuma a Koda e da Koda a Dorian. Dove si trovava adesso il giovane dal bianco kimono? Nonostante si fosse messo in salvo da solo, abbandonandoci al nostro destino, speravo con tutto il cuore che fosse riuscito a salvarsi. Senza di lui non avremmo mai scoperto il punto debole del Leviatano e sperare per la sua incolumità, adesso, era l'unico modo per ripagarlo. Speravo solo che i miei compagni l'avrebbero pensata allo stesso modo. Fortunatamente, Koda non disse nulla riguardo a ciò, non accennò neanche alle dure parole che Dorian gli aveva sputato contro, giù nulla grotta. Per la verità, sembrava pensare ad altro. Quando aprì la bocca e sentii la sua voce sembrò quasi di essere tornati a quella mattina, quando ce ne stavamo tranquilli a bordo della Kotaka, ignari del futuro che ci attendeva.

    Yuka... E ora come glielo diciamo a quell'energumeno che gli abbiamo distrutto la nave?!?

    *Azz...*

    *AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!*

    Questo sì che mi era passato di mente. La Kotaka era andata completamente distrutta, saltata in aria, ridotta in mille pezzi. In un'altra occasione mi sarei disperata di ciò ma pensai che saremmo potuti saltare in aria noi, invece, per questo fissai il ragazzo e feci spallucce, con un sorriso.

    L'importante è che stiamo tutti bene, no?

    Esclamai ridacchiando. La mano di Koda sarebbe tornata a posto, Dorian se la sarebbe cavata in qualche modo e Kuma avrebbe presto aperto gli occhi. Sì, era davvero la cosa più importante.

    ~


    È gravissimo, muovetevi! Voi due andate in ospedale con il vostro amico e aspettatevi il peggio!

    Neanche il tempo di arrivare alle porte del villaggio e sciogliere la tecnica del richiamo che già un gruppo di Shinobi ci stava aspettando. Ne fui contenta perché si occuparono immediatamente di Kuma. Uno di loro, un medico, impose le mani sul suo collo ma, madido di sudore e decisamente preoccupato, aveva ordinato al gruppo per intero di andare immediatamente in ospedale. Quello di Suna era famoso per gli ottimi medici che vi lavoravano, ma le parole dello Shinobi non la smettevano di ronzarmi in testa. Avremmo dovuto "aspettarci il peggio" e la cosa mi provocava un'angoscia notevole. Muti come pesci, capimmo qual'era davvero la situazione solo una volta giunti al grande edificio. Kuma fu subito poggiato su una barella e trasportato di corsa in sala operatoria, come me e Koda a corrergli dietro. Purtroppo, ci fermarono sulla soglia dove la spia rossa si accese, indicando un'operazione in corso.

    Mi dispiace, ragazzi, ma il paziente deve essere sottoposto a un duro intervento, vi pregherei di attendere qui in sala d'attesa.

    Ma come sta? Ci sono possibilità che si riprenda, dottore?

    Questo non posso dirlo con certezza ma vi assicuro che i medici faranno tutto il possibile per salvar..

    Si bloccò, notando solo allora la mano di Koda. Trattenne il fiato e si chinò subito sul ragazzo, imprecando a bassa voce davanti al macabro spettacolo. Chiamò ad alta voce due infermieri che, non appena viste le condizioni di Koda, si armarono subiti di mascherine, correndo verso di noi.

    Preparatemi subito l'altra sala, dobbiamo operare d'urgenza, immediatamente!

    Fu allora che posai il mio sguardo sulla mano incriminata. Nella grotta, al buio, non l'avevo vista così bene e, in superficie, ero così grata al cielo di essere tutti sani e salvi che non vi avevo neanche fatto caso, tanto più che il ragazzo di Taki neanche si era lamentato. Ma, ora che la osservavo, mi sentii mancare. Infatti, svenni sul colpo, troppo suscettibile ad uno spettacolo del genere, indescrivibilmente orrendo. Fortunatamente altri due infermieri mi sorressero ed ebbi il tempo di mandare un cenno a Koda, prima di vederlo sparire attraverso il corridoio bianco, diretto alla sala operatoria.

    Nel mentre, Sala Operatoria



    La mano sinistra è messa parecchio male. Nonostante non siano andati a perdersi i pezzi, praticamente è tutto da riattaccare, sembra un collage.

    Minami...

    Che c'è? E' vero! Le dita penzolano, così come i lembi di pelle e le ossa sono andate a farsi benedire. Il vero problema è il palmo, è praticamente aperto, le vene sono esposte e potrebbe essere pericoloso, nonostante non siano state recise in alcun modo, per fortuna...

    Bene, procediamo subito allora. Fare un'anestesia locale è impossibile, non c'è spazio manco per infilare l'ago... Procedi con la totale.

    Vado!

    La conversazione si tenne davanti alla porta della sala operatoria, aperta, ma a Koda non servì a nulla origliare e scoprire cosa avesse, la sua "mano" la vedeva benissimo. Così, non so stupì quando i due medici, un chirurgo, uno Shinobi e tre infermieri entrarono nella stanza con le loro mascherine e i guanti bianchi, facendolo accomodare su una specie di lettino, stendendogli il braccio sopra un tavolino disinfettato, atto proprio a supportare interventi del genere. Mentre l'anestesista si avvicinava con la maschera contenente la miscela per farlo addormentare, lanciò un'occhiata alla brutta ferita sotto l'occhio. Mentre Koda respirava attraverso quella maschera, addormentandosi, sentì le ultime frasi dei medici che lo accompagnarono in un sonno profondo.

    Ha una brutta ferita sotto l'occhio, Jun.

    Appena siamo a buon punto con la mano ce ne occuperemo. Ah! Attenti a non far cadere altre dita, accidenti!

    Una volta che il ragazzo fu narcotizzato completamente, privo di conoscenza, si procedette con il delicato intervento. Ci sarebbero state tre fasi da rispettare: in primis, la ricostruzione sommaria della mano, ovvero ridare la forma originaria all'arto, occupandosi di individuare tutti i pezzi mancanti; successivamente, si sarebbe svolto un lavoro di rifinitura, ovvero chiudere il palmo, le ferite e assicurarsi che il tutto funzionasse; infine, lo Shinobi avrebbe concluso l'operazione ricostruendo le ossa e chiudendo le ferite, già cucite, con il chakra. In altre situazione, la mano sarebbe stata amputata, ma a Suna l'equipe dei medici era famosa per il suo operato eccellente. L'operazione restava comunque delicata e dispendiosa di tempo ed energie, ma avrebbero fatto del loro meglio. Diedero il via all'operazione. Aprendo ulteriormente la mano, la pulirono dalla sabbia e da eventuali corpi esterni che, in quel caso, non erano eventuali: seppur non avessero in alcun modo reciso le vene provocando un'emorragia, piccole scaglie di metallo bucavano i filamenti di pelle qua e là. Ripulirono e disinfettarono, accumulando i corpi esterni, sporchi di sangue e sabbia, in una ciotola d'acqua lì vicino. Era ora il momento di assicurarsi che non mancasse nulla alla mano e che fosse possibile ricostruirla. Così, impiegarono, tutti insieme, circa quaranta minuti prima di concludere che sì, la mano poteva essere ricostruita. Erano ancora alla fase uno ma il ragazzo era fuori pericolo, avevano tutto il tempo di operare con calma, tentando di riportare le condizioni della parte del corpo in questione alla normalità. Certo, avrebbe dovuto stare a risposo ma, sopratutto grazie al ninja medico, c'erano ottime probabilità che tornasse ben presto come nuova, se non si contavano le cicatrici che sarebbero scomparse con gli anni. Così il chirurgo si apprestò a ricomporre l'interno della mano, posizionando tutto al posto giusto, ricostruendo i muscoli lacerati grazie al chakra del Jonin medico al suo fianco, unendo Arti Magiche e Scienza. Questo fu uno degli interventi che richiesero più tempo quel giorno, solo la suddetta operazione portò via ben due ore. Al termine di esse, però, l'interno era completamente ricostruito. Si passava così alla seconda fase. Gli infermieri fecero del loro meglio non solo per aiutare i medici ma anche per curare Koda, ancora dormiente, lenendogli le altre ferite. La ferita sotto l'occhio sembrava essere stata curata con il chakra, non un vero e proprio intervento da medico bensì un tentativo di fermare l'emorragia, lo Shinobi spiegò che il suiton aveva infatti idratato la zona. Così gli infermieri non fecero altro che chiudere con dei punti la ferita, non troppo lunga. I suoi bordi erano regolari, ciò significava che nessun corpo aveva penetrato le carni, era solo una ferita da taglio, sarebbe potuta rivelarsi poco profonda nella maggior parte delle situazioni, ma probabilmente l'impatto con il corpo in questione era stato davvero violento, anche a giudicare dalle condizioni della mano che solo ora andavano migliorando. Al braccio destro fu applicata una flebo per dissetare il paziente, ancora immobile, nel mondo dei sogni. Il chirurgo trattenne il fiato mentre cominciava a richiudere il palmo della mano del ragazzo, era la ferita più grave rispetto alla lacerazione sul dorso che, sebbene profonda, sarebbe guarita subito grazie al chakra. Con ago e filo, richiuse il palmo mentre gli infermieri, con estrema delicatezza, sistemavano le dita. Lo Shinobi avrebbe richiuso del tutto le ferite solo una volta sistemate le falangi. Ed è proprio di questo che si occuparono adesso. Solo il mignolo si era definitivamente staccato dalla mano ma c'era tempo per ricucirlo al tutto. I lembi di pelle furono messi al loro posto in modo che le ossa, seppur rotte, fossero coperte. Pian piano, con la dovuta cura, la mano ritornò al suo posto, solo nera per via del sangue mancante, quasi decomposta, e ancora rotta e da ricucire per bene. Ma era quello il momento adatto, l'ultimo stadio dell'operazione. E, nel mentre, erano già passate poco più di tre ore. Fu allora che, dopo essere tornata a casa, essere passata dall'ufficio di Nami-sama e tornati di nuovo in ospedale, feci capolino in sala operatoria. Il medico mi pregò di uscire ma purtroppo mi saltò all'occhio la mano di Koda. Svenni di nuovo. Mi risvegliai una dozzina di minuti dopo, in sala d'aspetto; nel tentativo di tenermi buona, fui portata in una stanza da due medici che si occuparono anche delle mie lievi ferite. Nulla di particolare, la costola incrinata fu messa a posto con un massaggio e mi fu detto che sarebbe tornata completamente in riga con il tempo ma, intanto, non provavo più dolore; mi misero pochi punti sul fianco disinfettato a dovere dove vi era entrata la lamina di ferro. Il resto erano solo leggere escoriazioni, me la cavai con un lecca lecca e una pacca sulla spalla, rispedita in sala d'attesa come una qualsiasi bambina venuta a fare il vaccino.
    Ad ogni modo, il tutto finì quattro ore dopo il nostro arrivo all'ospedale. Koda si era svegliato in una stanza singola, non una sala operatoria e, quando mi fu concesso il permesso di andarlo a trovare, lo ritrovai calmo, nel lettino vicino alla finestra, a fissare fuori. La cicatrice sotto l'occhio si era già rimarginata grazie al chakra, una sola striscetta pallida rimaneva al posto della ferita; la mano sinistra era completamente guarita, tornata della misura normale e anche della forma, per fortuna! Era però fasciata e un tubicino con un ago gli bucava il dorso, collegandola ad una sacchetta di sangue, così come il braccio, sempre il sinistro, stava venendo dissetato per endovena. La flebo accanto al letto del ragazzo non sembrava affatto turbarlo. Ad ogni modo, seppur Kuma fosse ancora sotto i ferri, ero contenta di vedere sano e salvo almeno lui.

    Koda! Come ti senti?

    Esclamai avvicinandomi al letto, sorridendogli felice come una pasqua. Diamine, se non fosse stato per lui la nostra fine sarebbe stata peggiore di quello che stavamo vivendo adesso, non avrei saputo come ringraziarlo. Stargli vicino e chiacchierare un po' con lui era l'unica cosa che avrei potuto fare nel mentre, così decisi di portargli qualche bella notizia che avevo appreso dal medico, fuori la porta.

    Kuma è ancora in sala operatoria, sono un po' preoccupata... Però il medico ha detto che almeno la tua mano guarirà! Dovrai stare a riposo ma funziona! Dimmi, ti fa tanto male?

    Chiacchierammo un po'. Parlammo di come fosse andata l'intera missione, del Leviatano e del grido che avevamo sentito una volta fuori, di che fine avesse fatto Dorian, di come avremmo detto al tipo tutto muscoli che la Kotaka era esplose e, sopratutto di cosa avremmo fatto una volta usciti tutti e tre da quel posto. Mi sedetti ai piedi del letto, senza invadere troppo lo spazio del ragazzo, continuando a chiacchierare. Gli mostrai anche i tre punti sul fianco, ridacchiando da sola per la vergogna se li paragonavo alle loro ferite. Fortunatamente, Koda non accennò mai di aver visto il mio corpo in modalità Manto del Cercoterio, probabilmente non sapeva neanche cosa fosse e questo mi risparmiò di dovergli mentire, per fortuna. Iniziavamo a prendere confidenza quando, ad un certo punto, mi scusai, alzandomi.

    Vado a vedere se Kuma si è svegliato. Tu non muoverti, ti porto notizie, però! A dopo!

    Sorrisi nuovamente, sperando di fare, nell'altra sala, un altro piacevole incontro.

    E' un giro di tre post a testa, alla fine, assegnerò anche l'exp. Ah, durante la quest sparirò varie volte per poi ricomparire, vado a controllare anche Kuma :sisi:
    PS: mi sono sentita male a descrivere l'operazione :palm:
     
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    "Io sono responsabile di ciò che dico, non di cosa tu capisci"

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    Uno dei molteplici universi paralleli

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    Eravamo lì imbambolati, incapaci di capire cosa fare in quel momento così delicato. La mia mano pulsava sempre di più, ma non le davo peso e continuavo a tenermela stretta vicino al petto. Sapevo che era rotta, anche in modo grave, ma non avevo il coraggio di guardarla. A vedere il sangue altrui non avevo problemi, però se era il mio iniziavo a sentirmi male. Non avevo mai capito per quale motivo, in fin dei conti era meraviglioso il corpo umano e il poter vedere da vicino i suoi meccanismi interni avrebbe dovuto esaltarmi, anche se fossero stati i miei, eppure proprio non ci riuscivo. Va bene vedere scene di massacro con arti mozzati e gole squartate, ma era inaccettabile che sul mio corpo si aprisse un taglio più grande dello spessore di un filo da cucito.

    "Mi dispiace, ragazzi, ma il paziente deve essere sottoposto a un duro intervento, vi pregherei di attendere qui in sala d'attesa."

    "Ma come sta? Ci sono possibilità che si riprenda, dottore?"

    "Questo non posso dirlo con certezza ma vi assicuro che i medici faranno tutto il possibile per salvar..."

    L'uomo si interruppe a metà della frase e si chinò a guardare la mia mano. La sua espressione cambiò e alzando un braccio, senza distogliere lo sguardo da me, ordinò a due infermieri di prepararsi.

    "Preparatemi subito l'altra sala, dobbiamo operare d'urgenza, immediatamente!"

    Era dunque così grave? Un tonfo accanto a me diede la triste conferma a ciò che pensavo. Yuka era collassata alla sola vista del mio arto martoriato e, mente venivo sospinto nel corridoio interno dell'ospedale dai due infermieri incaricati dal medico, altri due la andarono a sorreggere per evitare che si facesse male cadendo. I nostri occhi si incrociarono ancora una volta prima che la pesante porta bianca si chiudesse separandoci per l'ennesima volta.
    Il corridoio era lungo e il personale sanitario mi scortava come se fossi stato un kage lungo le varie stanze. Quella più vicina, alla mia sinistra, era la sala rossa dove vi erano accuditi i casi più gravi, quelli che erano più in là che di qua. Diedi un rapido sguardo per vedere se vi avessero portato Kuma al suo interno. Strane macchine erano accanto ai letti e strumenti chirurgici a portata di mano del personale che vi doveva operare. Era tutto molto all'avanguardia e il continuo suono dei monitor che registrava i segni vitali della persona dava l'impressione che lì dentro si giocasse a dadi con la morte ogni giorno. Sembrava che Kuma però non fosse lì, quindi voleva dire che era già stato portato in sala per essere operato. Mi sentii ancora più triste, non riuscivo proprio a rassegnarmi all'idea delle conseguenze che aveva avuto la mia scelta in missione.
    Continuavo a camminare in silenzio, senza dare fastidio e non prestando neanche tanto ascolto alle parole dei due infermieri che si erano persi la sala operatoria per me. Continuavano a girare la loro testa e ad aggrottare le loro ciglia in cerca di un qualche spazio dove potermi operare.

    "Quale era la sala? Possibile che non l'abbiano ancora preparata?"

    "No, no, aspetta! Ecco dovrebbe essere la Room 3, vedi? Si è accesa la spia adesso"

    Ero davvero in buone mani, così buone da non saper riconoscere neanche quando una sala è occupata oppure è libera.

    "Scusate, credo che la spia accesa stia per operazione in corso e non per sala libera"

    Le loro espressioni si riempirono di imbarazzo e iniziarono a balbettare qualcosa del tipo "sono nuovo di qui", oppure, "le cose funzionavano diversamente da dove vengo io". Fortuna che arrivò il medico insieme alla sua equipe a risolvere il problema.

    "Cosa state facendo ancora qui? Portatelo subito nella Room 4!"

    Accanto a lui c'era una kunaichi medico che storse il naso quando vide le condizioni in cui ero e prese a bisbigliare nell'orecchio del collega mentre procedevamo a passo spedito verso la sala e ne varcavamo la soglia.

    "La mano sinistra è messa parecchio male. Nonostante non siano andati a perdersi i pezzi, praticamente è tutto da riattaccare, sembra un collage"

    "Minami..."

    "Che c'è? E' vero! Le dita penzolano, così come i lembi di pelle e le ossa sono andate a farsi benedire. Il vero problema è il palmo, è praticamente aperto, le vene sono esposte e potrebbe essere pericoloso, nonostante non siano state recise in alcun modo, per fortuna..."

    "Bene, procediamo subito allora. Fare un'anestesia locale è impossibile, non c'è spazio manco per infilare l'ago... Procedi con la totale"

    "Vado!"

    Data la macabra descrizione che uscì fuori dalla bocca di quella donna, il mio sguardo finalmente si posò su ciò che era rimasto della mia mano sinistra. Credo che una polpetta di carne avrebbe avuto più forma. I tendini erano tirati in angolazioni improponibili che sottoponevano a uno stress incredibile la struttura fibrosa, le ossa erano frantumate in più punti e uscivano esposte come tante lance di bianco ghiaccio, la carne maciullata e livida che teneva malamente il tutto insieme non so per quale miracolo divino. Mi stesi subito sul lettino della sala operatoria, non credo che l'anestesia sarebbe stata necessaria, mi sentivo già svenire a quell'orrenda visione. Uno degli infermieri mi si avvicinò con la maschera dell'etere e io iniziai a respirare il gas per poi cadere in un sonno pesante, privo di qualsiasi sogno. Le ultime parole che sentii furono un commento sulla ferita che avevo sotto l'occhio.

    "Ha una brutta ferita sotto l'occhio, Jun"

    "Appena siamo a buon punto con la mano ce ne occuperemo. Ah! Attenti a non far cadere altre dita, accidenti!"

    Quando riaprii gli occhi ero in una camera bianca, con il sole del pomeriggio che mi batteva sugli occhi. Ero ancora confuto e intontito dall'anestesia e ci misi un po' a mettere a fuoco ciò che mi circondava. La stanza era spoglia, c'era solo un tavolino e una sedia dove poter far appoggiare chi mi venisse a trovare e un armadio dove poter riporre i miei indumenti nel caso fossi rimasto più a lungo o se ne avessi avuti. I miei vestiti erano stati rimpiazzati e ora indossavo una lunga vestaglia bianca, tipica da ospedale, molto confortevole. Non avevo la minima idea di dove avessero messo i miei stracci, perché ormai si erano ridotti a quello, e la cosa mi faceva sentire a disagio. Già mi immaginavo di dover uscire per le strade di Suna con quella roba addosso alla ricerca di qualche negozio di abiti per rivestirmi da capo a piedi. Le tasche porta oggetti! Tutto il mio equipaggiamento ninja, era impossibile che lo avessero buttato, sicuramente lo avevano appoggiato nell'armadio, o almeno lo speravo. Mi portai le mani in volto per stropicciarmi gli occhi e mi accorsi della fasciatura alla mano. Erano riusciti a guarirla del tutto, incredibile! Erano davvero bravi come si diceva in giro i medici del villaggio. Dal dorso di ambedue le mani vedevo dei tubicini salire fino a due flebo. La cosa non mi turbò più di tanto, erano semplici flebo di soluzione fisiologica e sangue, dovevo averne perso parecchio. Anche gli antidolorifici che mi avevano somministrato stavano facendo effetto e potevo muovermi come più mi pareva senza sentir alcunché. Mi sollevai con la schiena sul letto per stare più dritto e poter vedere fuori dalla finestra. Il paesaggio si apriva sulla monotona città del villaggio della Sabbia, con tutte le sue abitazioni che si assomigliavano e quel monotono color sabbia che tingeva tutto in egual maniera. Cosa ci trovavano di bello in quel posto? Al confronto il deserto era meraviglioso, quello non era uguale, cambiava sempre dando l'impressione di essere sempre lo stesso, era incredibilmente ispirante. Credo che avrei fatto un viaggio tra le sue dune ancora un volta solo per studiarne il fenomeno dei miraggi e del disorientamento che provocava quel posto, poteva tornarmi utile nella mia carriera di illusionista. La città, invece, l'avrei evitata come la peste e mi ci sarei soffermato giusto il tempo di comprare qualche provvigione per il camping all'aperto sotto le stelle.

    "Koda! Come ti senti?"

    Trasalii nel vedere Yuka entrare nella stanza e avvicinarsi al letto. Ero in sovrappensiero e non l'avevo sentita bussare. Sfoderava il suo sorriso più felice e sincero che le conferiva quell'aura che a me tanto piaceva. Se non fosse stato per lei e le sue conoscenze nelle arti magiche saremmo morti all'inizio del nostro "fortuito" incontro con il Leviatano.

    "Kuma è ancora in sala operatoria, sono un po' preoccupata... Però il medico ha detto che almeno la tua mano guarirà! Dovrai stare a riposo ma funziona! Dimmi, ti fa tanto male?"

    Scossi lievemente la testa e le sorrisi di rimando. Kuma era ancora in sala operatoria, come immaginavo. Le sue condizioni erano così critiche da non avermi per nulla impressionato la durata del suo intervento. Eppure ero fiducioso e sapevo che ce l'avrebbe fatta.

    "La mano non mi fa affatto male. Avete dei medici fantastici qui al villaggio, vi invidio molto. Kuma non potrebbe essere in mani migliori"

    Si sedette ai piedi del letto con molta grazia, sembrava quasi non voler disturbare con la sua presenza. iniziammo a parlare di come erano andate le cose in missione, le chiesi scusa per come mi ero comportato e la ringraziai moltissimo per il suo aiuto. Era stata davvero brava come capitano della squadra e aveva saputo affrontare situazioni estreme, come quelle in cui eravamo finiti noi, rimanendo sempre calma e concentrata. Accennò al secondo boato che udimmo quando uscimmo dalla grotta sotterranea e io le spiegai una seconda volta la mia teoria del ripopolamento della specie a cui apparteneva il mostro e di una possibile evoluzione che andava documentata.

    "Ovviamente quando tornerò al villaggio farò una stila di tutte le informazioni che abbiamo ottenuto e ne invierò una copia anche al tuo villaggio, come anche a quelli dei nostri compagni. Hanno rischiato tutti la vita e meritano il frutto del mio lavoro come ricercatore. Peccato, avrei voluto indagare ancora su di loro, ma credo che per ora io mi possa accontentare"

    I nostri compagni, era la prima volta che mi sentivo di appartenere a un qualcosa di così bello e vicino come un gruppo di persone che vivono lontano tra loro e che ora erano legati da un'esperienza molto forte. Forse lo stesso non valeva per Dorian. Insieme a Yuka ci interrogammo a lungo su che fine avesse potuto fare e del perché ci avesse abbandonato a noi stessi. Nella mia testa rimaneva ancora quella spiacevole sensazione di pericolosità e follia omicida che lo caratterizzava ai miei occhi e un desiderio profondo nell'animo che si augurava di non incontrarlo mai più.
    La nostra conversazione continuò ancora e ci mettemmo a ridere mentre immaginavamo la faccia che avrebbe fatto il vecchio nerboruto, proprietario della Kotaka, alla notizia che gliela avevamo distrutta in un attacco omicida a piena potenza contro un bestione preistorico. Ormai non lo percepivamo più come un pericolo, ma solo una sfumatura per consolarci del fatto di essere ancora vivi. Cosa per cui dovevamo festeggiare tutti e tre appena fossimo usciti dall'ospedale. Yuka si propose come guida per portarci nei migliori ristoranti, era una grande esperta del settore, sembrava una di quelle critiche che lavorano per una guida enogastronomia. Mi aveva già iniziato ad esporre tutte le nostre mete e quanto avremmo speso più o meno, dove avremmo potuto trovare il miglior ramen del villaggio e dove invece ci si poteva rintanare per bere qualcosa e fare amicizia. Eravamo entrati in confidenza, tanto che mi mostrò la sua ferita sul fianco alzandosi la maglia senza timore e ridendo per aver paragonato la sua ferita alle nostre. Improvvisamente si alzò dal letto e si diresse nuovamente alla porta, si scusò e sorrise nuovamente.

    "Vado a vedere se Kuma si è svegliato. Tu non muoverti, ti porto notizie, però! A dopo!"

    "Mi raccomando, torna presto e con buone notizie. Io tanto non credo di potermi muovere molto da qui"

    E alzai le braccia mostrandole i tubicini delle flebo, ma era già sparita nel corridoio.
     
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    La chiacchierata con Koda mi aveva messa di buon umore. Ridendo e scherzando mi ero quasi dimenticata della nostra condizione: il Leviatano e l'incidente con la Kotaka erano passati completamente in secondo piano. Ciò mi aveva anche dato la spinta giusta per poter avere fiducia nella volontà di Kuma. Non posso nascondere di aver realmente temuto il peggio, pensavo che il ragazzo non si svegliasse più o che le sue condizioni fossero così critiche da fargli rinunciare per sempre alla carriera Ninja. Eppure, vedere Koda che nonostante la sua mano spappolata riusciva ancora a ridere e si preoccupava così tanto per l'altro nostro compagno, mi aiutò. Per questo, ad un certo punto mi alzai dal letto, annunciando di voler andare a trovare lo Shoton. Probabilmente il ragazzo dai capelli bianchi mi avrebbe seguita volentieri ma gli era stato ordinato di non muoversi ed io stavo dalla parte dei medici. Per ora, tutto ciò di cui aveva realmente bisogno era un bel po' di sano e tranquillo riposo. Avevamo parlato di quella giornata, dell'incidente, dell'esplosione, della fuga di Dorian e anche del ruggito che sentimmo in lontananza, dopo essere stati tratti in salvo dal serpente gigante. A proposito di questo, Koda mi aveva spiegato la sua teoria, secondo la quale la specie del Leviatano, una volta evoluta, si sarebbe anche moltiplicata. Questo implicava che quella che avevamo ucciso fosse solo una delle tante. Sinceramente, mi dava i brividi pensare una cosa del genere. Speravo solo che mai potessero arrivare al Villaggio della Sabbia. Il corridoio dell'ospedale mi dava un po' di nausea. Era decisamente troppo bianco, troppo uguale, e puzzava di roba chimica e alcol. Era parecchio fastidioso per me, o forse stavo iniziando a sentirmi male per lo svenimento di prima, forse mi ero alzata dal letto di Koda troppo velocemente. Ricordando la strada, percorsi quindi il corridoio, arrivando nella Sala d'Attesa e voltandomi verso la sala chirurgica. La spia, però, era spenta. Mi fermai di colpo, confusa. La spia rossa era rimasta accesa da quando Kuma si trovava dentro la stanza, questo poteva quindi significare due cose. O era uscito e stava bene, oppure... Mi guardai intorno, imprecando da sola. Ci fosse stato un solo infermiere in giro! Cosa fare? Sentii dei passi e raggiunsi velocemente la direzione dalla quale provenivano, trovando un medico in camice bianco che parlava con un tipo con una mascherina in faccia e guanti bianchi sporchi di sangue. Trattenni uno svenimento e, per fortuna, la vista di quel rosso fu oscurata dal medico che prontamente mi si parò davanti.

    Posso aiutarti?

    Ehm, sì. Stavo cercando il ragazzo che è stato un sala operatoria circa un'ora fa. Sta bene?

    Oh, il ragazzo di Oto? Certo, si trova in quella stanza laggiù, dovrebbe essersi svegliato a dire la verità.

    Ringraziai e mi precipitai nella direzione indicata dall'uomo, felice come una pasqua. Lo ritrovai nel suo lettino, vivo e vegeto e piuttosto stupito di vedermi. Senza trattenermi andai ad abbracciarlo e, superato quel primo momento di foga, cominciammo a parlare. Mi accertai sulle sue condizione e, a parte un bel bruciore alla gola, sembrava stare benone. Sarebbe stata una meravigliosa notizia da dare a Koda. Così, il ragazzo biondo ed io parlammo per molto tempo perché, ovviamente, non aveva idea di quello che accadde dal suo svenimento, ovvero dall'arrivo nella grotta sotterranea. Ripetei ogni cosa, ogni dettaglio, cercando di ricordare il più possibile ciò che accadde. Era stata una bella botta quella alla Kotaka, si era praticamente distrutta nell'impatto e, raccontai, lui e Dorian erano quelli messi peggio. Kuma volle sapere anche di Koda e lo rassicurai, dicendogli che stava davvero bene nonostante la mano, sulla quale stavano venendo applicate trasfusioni di sangue. Discorremmo per quasi quaranta minuti e, intanto, non mi accorsi del tempo che passava. Fui riportata alla realtà solo dalla presenza del medico che si era preso cura del Genin. Sembrava quasi rassicurato da vedere il ragazzo così tranquillo ma non abbassò mai i fogli che stringeva in mano, forse i reperti e le analisi che lo riguardavano. Spiegò che l'operazione era andata a buon fine e che, a parte la cicatrice sul collo, Kuma era completamente fuori pericolo e si sarebbe ripreso presto. Esultammo a quella buona novella ma il nostro entusiasmo fu in parte smorzato dall'altra notizia, cioè che il ragazzo sarebbe stato costretto a trascorrere la notte in ospedale. Certo, infondo non era un vero problema anzi, avrebbe potuto riposarsi per bene, in questo modo. A quel punto, non appena il medico ci lasciò nuovamente solli, mi alzai anche io, spiegando che sarei tornata più tardi e che andavo a trovare Koda. Mi abbandonai dunque la stanza e mi incamminai per il corridoio alla ricerca dell'altra. Facevo avanti e indietro da ore, quasi. Ad ogni modo, rientrai nella stanza del ragazzo di Taki. Mi aveva aspettato completamente vigile, una cosa buona perché ero piena di buone notizie da dargli. Mi appoggiai nuovamente sul letto, guardandolo dritto negli occhi.

    Buone notizie! Il medico ha detto che Kuma sta benissimo, non corre alcun pericolo!

    Sì, era davvero una bella notizia, potei capirlo anche dall'espressione rincuorata di Koda che aveva temuto per l'altro più di tutti. Mi chiesi se solo Dorian fosse preoccupato anche lui, ma scacciai subito quel pensiero.

    Purtroppo, però, deve rimanere qui stanotte, è ancora un po' debole. Ma ti saluta! E a te come va? La mano? Riesci a muoverla? Sembra che la sacca col sangue sia quasi vuota..

    Distolsi immediatamente lo sguardo, sbiancando di colpo e tentando di non svenire. Per fortuna, riuscii a restare cosciente. Bha, odiavo proprio il sangue altrui, già il mio riuscivo a sopportarlo. Entrò proprio in quel momento il medico, con un gran sorriso. Saltai subito giù dal letto mentre il giovane controllava le flebo e faceva qualche domanda a Koda.

    Dunque... direi che la trasfusione è quasi finita, ripasserò tra venti minuti per accertarmene. E va cambiata quest'altra sacca...

    Disse mentre si apprestava a cambiarla da se. Si trattava di quella che avevo sempre pensato fosse acqua, iniettata per endovena, per non far disidratare il paziente. Il medico prese un'altra sacchetta di quel liquido trasparente dall'armadietto sulla parete che conteneva non solo asciugamani ma un gran numero di medicine e siringhe. Distolsi lo sguardo perché non volevo svenire di nuovo. L'uomo sostituì il tutto e prese ad osservare la mano di Koda, alzandola delicatamente e osservandola con molta attenzione. Poi prese a fargli delle domande.

    Come la senti? Leggera? Pesante? O normale?

    E poi:

    Ti fa male in qualche punto? Avverti bruciore o qualche fitta? Un crampo magari?

    E ancora:

    Riesci a muovere le dita? Risponde agli stimoli? Senti che la sto toccando?

    Koda rispose a tutte le domande e poi, con un lieve sorriso, il medico appuntò qualcosa su di un taccuino.

    Bene, direi che la tua mano è quasi perfettamente sana. A parte la trasfusione da finire, reagisce agli stimoli ed è in buone condizioni. Con il tempo anche le cicatrici spariranno. Per adesso, in ogni caso, stai un po' a riposo, almeno per una o due settimane. Usala ma non sforzarla troppo, capito? E se inizi ad avvertire un po' di dolore puoi farti prescrivere un qualsiasi antidolorifico dal tuo medico. Per il resto, puoi decidere di passare la notte qui se non hai dove andare ma sei ufficialmente dimesso. La cena sarà servita tra poco, ti basta rimanertene qui e domani potrai andartene, così ti togliamo anche le flebo. Bhe, buona serata, allora, non esitare a contattarmi se hai bisogno di aiuto, Koda. Signorina.

    Salutò andandosene, chiudendosi la porta alle spalle. Anche quella era una buona notizia, che sarei andata a dare a Kuma tra poco. Prima, però, volevo proporre una cosa a Koda.

    Ehi, Koda! Secondo me è meglio che resti qui per stanotte, così tu e Kuma uscirete domani mattina! E se vi va possiamo andare in giro per il villaggio per un po', Suna è davvero bella, credimi!

    Spiegai con un sorriso. Sarebbe stato divertente uscire non come Shinobi ma come conoscenti, forse amici, e prenderci un po' di relax dopo quella storia. Ascoltai la risposta del ragazzo per poi alzarmi e muovermi verso la porta, proprio mentre l'infermiera passava con il carrello della cena. Sicuramente avrebbe rifilato a tutti i pazienti qualcosa di immangiabile, come in ogni ospedale. Suna non faceva certo differenza su quel verso.

    Tornerò tra pochissimo, te lo giuro! Controllo come sta Kuma e poi torno a salutarti. Non penso di poter restare più a lungo di così, di solito c'è un orario visitatori, eheh!

    Sorrisi comunque, lasciando il ragazzo nella stanza e continuando quell'andirivieni. Era un po' faticoso, forse mi confondeva fare avanti e indietro per l'ospedale ma, infondo, era anche divertente.

    "Non vedo l'ora che sia domani!"

    Pensai mentre aprivo la porta della stanza di Kuma.
     
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    Yuka era uscita in corridoio e io abbassai le braccia. Ero tornato ad essere da solo in quella bianca stanza d'ospedale, da solo con i miei pensieri. La conversazione avuta poco fa con la giovane ragazza mi aveva fatto riemerge molti pensieri e dubbi avuti durante la missione. Primo fra tutti se avessi fatto bene ad agire come avevo fatto e a uccidere la bestia, invece di salvarla e placarla, e soprattutto se avessi mai potuto continuare a vivere sereno sapendo che nella mia mente era ospitata la mia più grande paura, la follia. La priorità era stata l'incolumità del gruppo e quindi non mi pentivo di aver posto fine ai giorni di quella creatura che minacciava di inghiottirci per intero, però non era quello lo scopo della mia missione e si poteva dire che io avessi fallito miseramente ciò che era il mio intento. Lo studioso si sentiva vinto dallo scorrere degli eventi e dalla sua incapacità di saperli prevedere e fronteggiare con il dovuto acume, eppure il ninja era fiero di quello che era successo e della vivida esperienza che aveva ottenuto. Il mio sguardo calò sulla fasciatura ancora una volta. Ero stato tremendamente fortunato e non me ne rendevo conto appieno, la mia mano era stata sfracellata e ridotta a brandelli, avrei potuto perderla per sempre e invece era lì, pulsante e viva sotto la benda bianca che puzzava di disinfettante. Vivere la Via voleva dire anche questo, essere pronti a sacrificare una parte di se stessi per il bene degli altri e della missione. Ero appena entrato in quel furioso mondo, fatto di duelli e missioni suicide, che già mi serviva un conto molto salato. Il buongiorno si vede dal mattino e credevo che la mia vita sarebbe stata molto più travagliata di così. Per ora mi sarei riposato e avrei recuperato le forze necessarie ad andarmene da lì e tornare a casa mia a Taki. Avrei avuto molto da fare al mio rientro, dal redigere il rapporto dettagliato del completamento parziale della missione, allo scrivere la scheda per il bestiario da reinserire nei manuali. Inoltre avrei fatto bene ad andare nella biblioteca di famiglia e cercare in qualche cronaca storica se ciò che era successo a me in missione non fosse già capitato a qualche membro del clan in passato. Non mi piaceva affatto la possibilità che il mio corpo potesse essere posseduto da chissà quale furia pazzoide che mi spingesse verso il suicidio con così tanta leggerezza. Dovevo indagare più a fondo e scoprire se era un qualcosa legato allo studio prolungato delle illusioni, oppure un'infausta mutazione genetica che avrebbe sancito per sempre la fine della mia sanità mentale.
    Chiusi gli occhi e riposai per quelle che mi sembrarono ore, ma che l'orologio alla parete segnò come 40 minuti. Era proprio difficile passare del tempo quando si era obbligati a letto e non si aveva neanche un buon libro da leggere. Lente le gocce scendevano giù per il tubicino di gomma della flebo per entrare nelle mie vene, sembravano rallentare la loro discesa al mio sguardo, come a ricordarmi l'inesorabilità del tempo che non vuole scorrere troppo in fretta per me.

    *Plin... Plin...*

    Iniziai ad agitarmi nel letto per cercare una posizione più comoda, le ossa avevano preso a dolermi. Ecco cosa succede quando uno è abituato a dormire poco e a non stare mai fermo. Quella degenza si stava trasformando in un inferno. Quando mi muovevo dovevo fare i conti con le flebo che mi limitavano da morire ogni spostamento, non potevo girarmi di lato a sinistra, dove di solito dormivo, per via della mano, il caldo nella stanza era insopportabile, le lenzuola mi prudevano e la puzza di cloro che saliva su per le narici era diventata decisamente insopportabile! Mi stavo agitando e smaniavo per alzarmi di lì e andare a fare qualcosa. Non volevo più stare fermo a giacere in quel posto. Sarei andato a vedere le condizioni di Kuma personalmente, ci saremmo messi a chiacchierare insieme a Yuka di tutto ciò che ci era successo e di dove saremmo andati a mangiare quella sera, o quella dopo, o quella dopo ancora. Magari stava riposando, sarebbe stato meglio lasciarlo stare per ora, però cosa fare per ingannare il tempo? Chiusi nuovamente gli occhi e tentai di addormentarmi di nuovo. Stavolta passarono solo 5 minuti prima che mi risvegliai più frustrato di prima, con il corpo che mi doleva ancora e una noia mortale ad affliggere il mio spirito. Non potevo andare avanti così, presi un bel respiro e mi calmai. Vidi che le coperte erano un po' sgualcite e presi a piegarle con perizia per appiattire ogni increspatura che vedevo, piano, piano, senza alcuna fretta. Finita quella operazione, durata fin troppo poco nonostante usassi solo una mano, vidi che il lenzuolo non era perfettamente accoppiato con il copriletto e quindi presi a dare leggeri strattoni all'angolo di entrambi, cercando di farli combaciare.

    "Tira un po' di qua... ancora un po'. Troppo! Tiriamo più di là..."

    Avevo trovato qualcosa che mi teneva occupato. Non era facile fare tutte quelle mosse precise con solo un arto a disposizione e dei tubi di gomma che ti girano attorno come se fossero due serpenti pronti a strangolarti. Ci voleva tempo, calma e pazienza, tutte cose di cui disponevo al momento. Purtroppo non ce ne vollero molte e dopo 10 minuti avevo già finito. Tornai con le braccia conserte davanti a me e iniziai a guardare l'orologio.

    *Tic, toc*

    Le lancette battevano regolari, senza perdere mai un colpo, e scandivano lo scorrere dei secondi, che diventavano minuti, che si trasformavano in ore. Era ipnotizzante il suo rumore e ben presto scivolai in una lunga seduta meditativa che terminò con l'entrata nella stanza di Yuka che si poggiò nuovamente sul letto, facendomi uscire dallo stato in cui ero. Mi guardò dritta negli occhi, era felicissima e si vedeva. Le sue meravigliose iridi blu come il mare risplendevano di una luce piena di gioia.

    "Buone notizie! Il medico ha detto che Kuma sta benissimo, non corre alcun pericolo!"

    Il mio cuore sussultò e sentii come se mi si fosse sciolto un grande peso che avevo sopra. Finalmente potevo tornare a vivere sereno, senza angosce per quello che era accaduto al ragazzo.

    "Purtroppo, però, deve rimanere qui stanotte, è ancora un po' debole. Ma ti saluta! E a te come va? La mano? Riesci a muoverla? Sembra che la sacca col sangue sia quasi vuota.."

    In quel momento fece il suo ingresso anche un medico che si avvicinò e iniziò a parlarci.

    "Dunque... direi che la trasfusione è quasi finita, ripasserò tra venti minuti per accertarmene. E va cambiata quest'altra sacca..."

    Prese a maneggiare la sacca e la staccò sostituendola con un'altra. Dopo di che la sua vista cadde sulla mano fasciata e prese ad esaminarla.

    "Come la senti? Leggera? Pesante? O normale?"

    "Normale, signore"

    "Ti fa male in qualche punto? Avverti bruciore o qualche fitta? Un crampo magari?"

    "No, signore. Avverto solo un leggero formicolio, forse a causa del bendaggio"

    "Riesci a muovere le dita? Risponde agli stimoli? Senti che la sto toccando?"

    "Si, signore. Vede?"

    E presi a muovere le dita che uscivano fuori timide dalle garze. Quello prese un taccuino dalla tasca del suo camice e si appuntò qualcosa.

    "Bene, direi che la tua mano è quasi perfettamente sana. A parte la trasfusione da finire, reagisce agli stimoli ed è in buone condizioni. Con il tempo anche le cicatrici spariranno. Per adesso, in ogni caso, stai un po' a riposo, almeno per una o due settimane. Usala ma non sforzarla troppo, capito? E se inizi ad avvertire un po' di dolore puoi farti prescrivere un qualsiasi antidolorifico dal tuo medico. Per il resto, puoi decidere di passare la notte qui se non hai dove andare ma sei ufficialmente dimesso. La cena sarà servita tra poco, ti basta rimanertene qui e domani potrai andartene, così ti togliamo anche le flebo. Bhe, buona serata, allora, non esitare a contattarmi se hai bisogno di aiuto, Koda. Signorina"

    "Grazie, dottore"

    Lo osservammo uscire con passo deciso dalla stanza e appena varcò la soglia, Yuka si girò verso di me.

    "Ehi, Koda! Secondo me è meglio che resti qui per stanotte, così tu e Kuma uscirete domani mattina! E se vi va possiamo andare in giro per il villaggio per un po', Suna è davvero bella, credimi!"

    Non era una cattiva idea, quella forse sarebbe stata la prima e ultima volta che avrei visto la città, perché non approfittarne?

    "Sarebbe meraviglioso, con una guida come te sarà fantastico esplorare la città"

    La mia risposta le piacque molto e così decidemmo che avremmo passato il giorno seguente tutti e tre insieme, come conoscenti e non come compagni di missione. La ragazza si alzò e si diresse verso la porta.

    "Tornerò tra pochissimo, te lo giuro! Controllo come sta Kuma e poi torno a salutarti. Non penso di poter restare più a lungo di così, di solito c'è un orario visitatori, eheh!"

    "A tra poco allora e grazie già di tutto"
     
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    Quella giornata sembrava non avere fine. Le ore procedevano a rilento e, per quanto piacere mi facesse stare accanto a Kuma e Koda, anche il mio corpo iniziava a sentire la necessità di riposo. A partire da quella stessa mattina, non ricordavo un attimo in cui mi fossi rilassata, forse solo durante il viaggio sulla Kotaka, prima di giungere a destinazione. Così, per tutto il tempo, assieme ai miei compagni, avevamo fatto i salti mortali per tentare di acciuffare un bestione che si credeva istinto, eravamo sopravvissuti a quello che altrimenti sarebbe stato il nostro sarcofago sabbioso ed eravamo corsi in ospedale. Ma non finiva qui perché, dopo essere svenuta un paio di volte e atteso qualcosa come un totale di sei ore, non avevo fatto altro che andarmene di su e di giù, a destra e a sinistra, facendo da tramite per Koda e Kuma, non che mi dispiacesse ma, oggettivamente parlando, era stato stancante. E lo era ancora. I due shinobi stavano indubbiamente meglio, del tutto fuori pericolo e questo era l'importante. A questo punto mi chiedevo solo quando anche io mi sarei potuta stendere a letto e rilassarmi un po'. Mi sfregai gli occhi, cerchiati dalle occhiaie, un attimo prima di entrare nuovamente nella stanza di Koda per dargli finalmente la buona notizia. Ciò che interessa il ragazzo di Taki dai bianchi capelli erano le condizioni di Kuma, interesse che condividevo oltretutto, ma per il giovane ricercatore sembrava assai importante sapere per certo che stesse bene. Così, fui lieta di scorgere il sollievo sul suo viso quando parlai, prendendo posto ai piedi del letto (non mi reggevano quasi più le gambe!).

    Buone notizie! Il medico ha detto che Kuma sta benissimo, non corre alcun pericolo! Purtroppo, però, deve rimanere qui stanotte, è ancora un po' debole. Ma ti saluta! E a te come va? La mano? Riesci a muoverla? Sembra che la sacca col sangue sia quasi vuota..

    Osservai la flebo collegate alla mano del ragazzo: la sacca contenente il sangue scuro mi fece impallidire ma quella vista avrebbe avuto vita breve visto che di liquido ne restava poco. Infatti in quel momento entrò il dottore per la visita al paziente. Scattai in piedi, allontanandomi, mentre l'uomo si avvicinava verso Koda con un sorriso gentile. Salutò entrambi e, anche lui, notò con interesse come la trasfusione fosse quasi giunta al termine.

    Dunque... direi che la trasfusione è quasi finita, ripasserò tra venti minuti per accertarmene. E va cambiata quest'altra sacca...

    Si riferiva a quella che ho sempre pensato fosse acqua visto che serviva per idratare il corpo del paziente. Chissà perché non gli era permesso bere, tra l'altro. Ad ogni modo, il medico fece il suo dovere, cambiando la sacca dell'acqua delicatamente, per poi concentrarsi sulla mano di Koda, il motivo per cui era lì. La prese tra le sue mani con gentilezza e i due ebbero uno di quei dialoghi tipici di quando si va dal medico.

    Come la senti? Leggera? Pesante? O normale?

    Normale, signore.

    Ti fa male in qualche punto? Avverti bruciore o qualche fitta? Un crampo magari?

    No, signore. Avverto solo un leggero formicolio, forse a causa del bendaggio.

    Riesci a muovere le dita? Risponde agli stimoli? Senti che la sto toccando?

    Si, signore. Vede?

    Le dita della mano si muovevano tranquillamente, pian piano, ma comunque il ragazzo riusciva a muoverle. Dedussi che l'intervento doveva essere andato per il meglio. Diamine, Koda era arrivato qui con la mano spappolata e adesso era praticamente come nuova! Forse nell'aspetto non era proprio il massimo ma almeno era qualcosa. Il medico posò la mano del ragazzo sul lettino, accanto al corpo, tirando fuori dalla tasca un taccuino e una penna e prendendo appunti su qualcosa. Sembrava parecchio soddisfatto a dire il vero. Ripose l'armamentario e guardò Koda con un sorriso rassicurante.

    Bene, direi che la tua mano è quasi perfettamente sana. A parte la trasfusione da finire, reagisce agli stimoli ed è in buone condizioni. Con il tempo anche le cicatrici spariranno. Per adesso, in ogni caso, stai un po' a riposo, almeno per una o due settimane. Usala ma non sforzarla troppo, capito? E se inizi ad avvertire un po' di dolore puoi farti prescrivere un qualsiasi antidolorifico dal tuo medico. Per il resto, puoi decidere di passare la notte qui se non hai dove andare ma sei ufficialmente dimesso. La cena sarà servita tra poco, ti basta rimanertene qui e domani potrai andartene, così ti togliamo anche le flebo. Bhe, buona serata, allora, non esitare a contattarmi se hai bisogno di aiuto, Koda. Signorina

    Grazie, dottore.

    Chinai il capo e fummo di nuovo soli, euforici per la notizia. La situazione si era risolta nel migliore dei modi! Kuma ne sarebbe stato entusiasta di sicuro e, a proposito di questo, avevo da fare a Koda la famosa proposta, quindi non persi tempo.

    Ehi, Koda! Secondo me è meglio che resti qui per stanotte, così tu e Kuma uscirete domani mattina! E se vi va possiamo andare in giro per il villaggio per un po', Suna è davvero bella, credimi!

    Sarebbe meraviglioso, con una guida come te sarà fantastico esplorare la città

    Era proprio la risposta che aspettavo. Sorrisi, avvicinandomi alla porta per lasciare la stanza, stavolta in maniera definitiva. Era passato il tramonto ed era giunto per me il momento di fare un'ultima breve visita a Kuma e infine a Koda, per dargli appuntamento al giorno seguente, dopo di ciò sarei tornata a casa.

    Tornerò tra pochissimo, te lo giuro! Controllo come sta Kuma e poi torno a salutarti. Non penso di poter restare più a lungo di così, di solito c'è un orario visitatori, eheh!

    A tra poco allora e grazie già di tutto!

    Lo salutai e lasciai la sua stanza, dirigendomi meccanicamente in quella di Kuma. Ero diventata un'esperta ormai, eheh. Trovai il ragazzo arzillo come al solito, del tutto incurante della cicatrice sul collo. Parlammo per un po'. Gli spiegai che Koda stava bene e che la sua mano era praticamente guarita, anche se sarebbe potuto uscire solo dopo aver finito la trasfusione, ma comunque a breve. Anche lui era contento di sentire quella notizia e ne fui contenta anche io. Gli proposi anche di uscire tutti e tre insieme il giorno seguente, per andare da qualche parte al Villaggio. Koda avrebbe quasi sicuramente trascorso la notte in ospedale non avendo dove andare e Kuma non aveva scelta, doveva ancora stare sotto osservazione. Per questo il giorno dopo sarebbe stato perfetto: tutti e tre sani come pesci che ci godevamo una giornata di relax dopo essercela vista brutta. Mentre parlavo di questo e quello, mi lasciai prendere, facendomi sfuggire una battuta poco gentile sul cibo dell'ospedale, sicura che nessuno mai potesse sentirmi o che Kuma, in qualche modo, potesse prendersela. Peccato che l'infermiera con il carrello dei "pasti" era ferma sulla soglia e mi squadrò malissimo. Invano tentai di rimediare e al povero ragazzo, che già ci aveva rimesso la pelle di suo, fu assegnata una di quelle porzioni da ospedale di cibi immangiabili che non si capisce perché facciano così schifo. Dal viso di Kuma non doveva per niente esserne entusiasta ed io faticavo per non ridere alla sua faccia. La signora, invece, lo minacciò, intimandogli di mangiare tutto, per poi sparire con un'altra occhiataccia diretta alla sottoscritta. Fummo soli e ridacchiai, consigliando al ragazzo di far sparire quella roba in qualche modo, prima di salutarlo in modo affettuoso e lasciare la sua stanza per l'ultima volta. Con un sorriso stanco ma soddisfatto, tornai a trovare Koda per l'ultima volta. Anche a lui era toccata la sorte della pastina di marmo. Brevemente, gli diedi appuntamento per la mattina seguente, salutando anche lui con un caloroso abbraccio. Sentii la sua mano stringermi sulla schiena e capii che praticamente era davvero come nuova. Lasciai la stanza d'ospedale, incamminandomi per il corridoio sempre più velocemente, desiderosa di tornare a casa. Non mi sembrava vero: quella giornata era davvero finita! Ne avevamo viste di crude e cotte, avevamo affrontato un Leviatano e sperimentato il brivido del pericolo, eravamo riusciti a cooperare ma anche a litigare tra noi e, alla fine, tutto si era risolto per il meglio. Kuma era vivo e sicuramente sarebbe stato premiato per il suo coraggio. Koda aveva messo alla prova se stesso, ottenendo un risultato oltre l'immaginabile. Dorian speravo solo fosse salvo ma ero certa che uno come lui non si sarebbe di certo fatto fregare da un po' di sabbia. Ora che ci ripensavo, quel nome che aveva sussurrato un attimo prima dello schianto mi incuriosiva, adesso, ma, francamente, sotto quel cielo stellato non potevo che fregarmene. Ero viva, ero riuscita a salvare i miei compagni e la missione era andata per il meglio. Se quei due shinobi spariti fossero ancora vivi non lo sapevo ma qualcosa mi diceva che se la sarebbero cavata.
    Siamo Ninja, dopotutto!

    Sei libero, prendi 32. Se qualcuno mi assegnasse l'exp anche a me mi farebbe un piacere :asd:
     
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