Rivalità!

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    Parlato Hiro

    Parlato Makoto
    Parlato Tomomi
    Parlato Kuro
    Parlato Naizen
    Parlato Akira

    CITAZIONE

    Il sensei in kimono!


    Passò una settimana esatta dall'esercitazione con il sensei Kuro, giorni durante i quali la squadra otto non aveva fatto altro che allenarsi nei modi più disparati. Secondo le analisi del giovane dai capelli arancioni, ciò che serviva a tutti e tre i membri della squadra era imparare a controllare il chakra più adeguatamente, infatti, i ragazzini avevano un grande potenziale che però veniva oscurato dalla loro impreparazione. Così, il sensei aveva insistito per sottoporli a disparati allenamenti, nonostante non tutti fossero in vena. Infatti, l'unico che sembrava accettare di buon grado tutto quel lavoro era Makoto, il biondo shinobi che non solo era il più capace nell'usare i Ninjutsu, ma apprendeva velocemente anche le doti strategiche che il maestro gli insegnava. Avrebbe potuto riserbare lo stesso trattamento a Tomomi e Hiro ma nessuno dei due se la sentiva. Anzi, a dire la verità a nessuno dei due andava. Tomomi era pigra per natura e si seccava facilmente se c'era da lavorare troppo, Hiro, invece desiderava già partecipare a missioni e combattimenti senza allenarsi adeguatamente, insomma, voleva tutto e subito, come i bambini. Per Kuro era difficile tentare di convincere quei due ad allenarsi per più di qualche ora, infatti, ancora non ci era riuscito. Il suo temperamento era anche gioviale, sempre sorridente e pacato, per cui i due ragazzini non lo prendevano troppo sul serio, tanto che avevano cominciato a dargli del tu. A dire la verità non gli dispiaceva affatto, non era mai stato il tipo da tante cerimonie e, quando aveva la loro età, si comportava nello stesso modo con il suo sensei. Così sorrise anche quella volta mentre un venticello fresco tirava sullo spiazzo erboso nel bel mezzo della foresta, dove la squadra otto era solita allenarsi.

    Andiamo, ragazzi, non sarete mai dei buoni ninja se vi arrendete così facilmente! Mettereste in difficoltà i vostri compagni se vi ritrovaste in una missione dove è necessario dare il cento per cento!

    E quando le facciamo 'ste missioni così? Sono stufo di camminare sull'acqua, neanche mi riesce bene!

    Esclamò Hiro con uno sbuffo, smettendola di strappare l'erba per terra e incrociando le braccia con un broncio simpatico. Makoto, seduto accanto a lui, sembrava vagamente imbarazzato dalla situazione e Tomomi, stesa per terra, sonnecchiava per i fatti suoi, nonostante fosse perfettamente sveglia. Kuro si sedette per terra anche lui con un bel sospiro, respirando a pieni polmoni l'aria pulita e fresca che soffiava su di loro con grazia leggera. Gli alberi sempreverdi si innalzavano in alto, creando una specie di recinto intorno a loro e il laghetto poco distante, con il quale si erano allenati i ragazzi. Infatti, Hiro aveva ancora i vestiti umidi, così come Tomomi che però si era arresa al primo errore. Makoto, invece, era completamente asciutto. Il sensei si grattò la guancia sinistra attraversata dalle tre cicatrici, pensando a come convincere quel testardo di un Mikazuki.

    Le affronterete quando diventerete più abili. Insomma, spiegami come potresti affrontare Mukenin più forti di me se non riesci neanche a camminare sul pelo dell'acqua.

    Ma che c'entra?! Mica ci sfidiamo sul mare o sui laghi! Dai, Sensei, non fare il petulante e facci partire in missione!

    Io.. non sono mica petulante!

    Arrossì un po' e ricordò tanto un ragazzino troppo cresciuto. Hiro ridacchiò e anche gli altri si rilassarono. Non c'era nulla da fare, quegli allenamenti utilissimi risultavano noiosi e inutile agli occhi dei giovani Genin che, invece, volevano subito darsi all'avventura e mostrare le loro abilità. Non c'erano più i genin di una volta. Così, il sensei si lasciò scivolare sulla schiena, decidendo che una pausa non avrebbe fatto male a nessuno. Il silenzio sceso sul gruppo rilassò i presenti, tutti presi dai loro pensieri. Nonostante l'andazzo a rilento, la squadra otto stava facendo esperienza, migliorando sempre di più. Le abilità individuali crescevano a pari passi con le capacità nel gioco di squadra, tanto che, ben presto, Kuro aveva intenzione di proporre un'altra prova di sopravvivenza ai ragazzi. Quello che lo premeva era portare avanti il programma che gli era stato affidato dall'accademia, programma di cui, tra l'altro, gli studenti partecipanti erano allo scuro. Gli esami chunin erano lontani e, nella situazione da cui erano appena usciti i Paesi, a causa della guerra, ne sarebbe passato di tempo prima che venissero convocate le prossime selezioni. Tutti gli Special Jonin avevano quindi tutto il tempo del mondo per portare avanti le abilità delle squadre, in modo da prepararle al meglio, ma finire il programma e andare addirittura oltre era, quasi per tutti loro, l'unico vero scopo: tirare su non dei semplici genin pronti per diventare chunin ma dei chunin che dovevano solo dimostrare le loro capacità davanti ad una giuria. Kuro, comunque, era uno dei capitani che preferivano solamente far crescere la squadra, senza alcun obbiettivo specifico. Ma tra i dieci Jonin c'era qualcuno che la pensava diversamente e che era disposto a tutto pur di dimostrare di aver costruito il team migliore. E quel giorno in particolare, Kuro e la squadra otto avrebbero scoperto ciò, poiché stavano per fare nuove conoscenze. Nessuno li aveva mai disturbati durante i loro allenamenti ma quel giorno qualcosa cambiò, perché udirono distintamente un gruppo di voci avvicinarsi e, a quel fenomeno uditivo, si unì quello visivo perché dalla foresta spuntarono quattro persone. La squadra otto scattò a sedere, tranne Tomomi che si limitò ad aprire un occhio; anche i nuovi arrivati si zittirono e li fissarono per un istante. Hiro riconobbe immediatamente uno di loro, un ragazzo che doveva avere sì e no quindici anni, uno dei "grandi" della classe, con i capelli lunghi e scuri raccolti in una coda e il volto scostante. Gli occhi del ragazzino si posarono sulla katana legata alla vita, guardandola con ammirazione. Accanto a lui che tra la sua squadra era il più alto, c'erano un ragazzo e una ragazza, tutti e due dall'aspetto disinvolto e gioviale. Ma chi attirava davvero l'attenzione era lo Special Jonin con loro che Kuro sembrava conoscere. Infatti sorrise, anche se non era uno dei suoi soliti sorrisi sinceri, sembrava solamente cortese ma, in cuor suo, sapeva che non avrebbe potuto fare incontro peggiore. Il suo collega era più anziano e incredibilmente muscoloso, vestito con un kimono che non gli rendeva giustizia, mettendo in risalto i muscoli costantemente in tensione. Gli occhi erano sottili e verde scuro, proprio come i lunghi e mossi capelli, raccolti con una coda.

    "Proprio come il tipo con la katana..."

    Pensò Hiro osservandolo. A giudicare dall'atteggiamento riverenziale, il ragazzo dai capelli scuri doveva ammirare molto il suo maestro, che in effetti avere davvero l'aria di uno bello forte, non come Kuro che sembrava un ragazzino. Gli occhi dell'uomo si strinsero mentre un sorriso mellifluo gli colorava il volto altrimenti serio e impassibile.

    Sempre a battere la fiacca, eh, Kuro?

    Naizen-san, non mi aspettavo di trovarti qui. Pensavo non ti piacessero gli spazi aperti, o sbaglio?

    È esatto. Tuttavia oggi ho deciso di far cambiare aria alla mia squadra. Infatti, volevamo allenarci un po' in uno spazio aperto, rischiamo di distruggere tutti gli alberi, altrimenti, giusto, Akira?

    Sì, sensei!

    Rispose il ragazzo con la katana, mettendosi sull'attenti. Ad Hiro sfuggì un risolino perché trovava quel comportamento davvero stupido. All'altro ragazzo non sfuggì quel gesto e si limitò a fulminarlo con lo sguardo. Naizen era lo Special Jonin affidato alla squadra 10, un vero asso nelle arti marziali e, in assoluto, la persona più presuntuosa che Kuro avesse mai incontrato. Ai tempi dell'accademia, quando il rosso era Genin, l'altro era appena diventato chunin e si divertiva a prenderlo in giro per quel motivo. Se la prendeva specificatamente con lui perché sembrava ancora più piccolo di quanto non fosse in realtà; a quei tempi, se con lui non ci fossero stati Keisuke e Kotaro, il povero Kuro non sarebbe mai riuscito ad andare avanti sopportando quelle vessazioni. Kotaro riusciva sempre a metterlo a tacere nonostante fosse un Genin anche lui, le sue abilità superavano quelle di Naizen anche se quest ultimo non lo avesse mai accettato. Eh già, tra loro Kotaro era una leggenda. La parte più innocente e infantile del sensei Yagyu non poté fare a meno di pensare che Naizen Inou si sarebbe certamente tolto quel sorrisetto impertinente dalla faccia se solo ci fosse stato Kotaro con lui. Infatti, l'uomo lasciò perdere il vecchio conoscente e prese ad osservare per bene i tre elementi della squadra otto. Tomomi gli lanciò un'occhiataccia così velenosa che lui distolse lo sguardo, posandolo su Makoto che, mite e timido com'era, non poté non arrossire per la pressione, distogliendo lo sguardo; a quel punto Naizen ridacchiò, trovandosi Hiro tutto imbronciato davanti agli occhi che gli rendeva uno sguardo di sfida che gli ricordò decisamente il piccolo Kuro. Rise, posandosi le braccia muscolose sui fianchi.

    Cavolo, ti è capitata una squadra un po' "così", ne hanno di strada da fare, questi mocciosi!

    Moccioso a chi?!

    Calmati, Hiro. Devi sapere che Naizen adora prendere in giro chi non è chiaramente alla sua altezza.

    L'uomo in kimono arrossì a quell'affermazione pungente ma si riprese subito, con una risposta pronta. Se ne fregava degli allievi di Kuro, voleva solamente sfottere lui, come sempre.

    Tsk. Infatti è proprio te che prendevo in giro, Kuro-chan.

    Il sensei della squadra 8 sorrise senza cedere alle provocazioni, come glia aveva sempre insegnato Kotaro.

    "Accidenti, dal giorno dell'esercitazione che non fa altro che tornarmi in mente..."

    Pensò seccato e non si accorse di Hiro che non riusciva ad essere calmo come lui. Makoto lo stava tirando per un braccio mentre il ragazzino agitava i pugni contro Naizen, infuriato. Quest ultimo ridacchiava soddisfatto mentre anche Akira osservava la scena compiaciuto. Sembrava condividere i comportamenti da bullo del suo maestro, lo prendeva a modello anche nei modi di fare, purtroppo.

    Rimangiatelo! Kuro-sensei è un Ninja capace, non certo come te che sei bravo solo a parole!

    C-calmati, Hiro!

    No! 'sto tipo non può permettersi di insultare il nostro capitano!

    Dai, non ne vale la pena!

    Ahaha! È meglio che dai retta al biondino, moccioso. Non ti conviene fare la voce grossa con me. Non dureresti tre minuti in uno scontro reale.

    Kuro si alzò per riprendere il controllo della situazione ma Hiro diede una scossa così poderosa che Makoto cadde a terra. In un attimo di terrore il sensei pensò che si sarebbe scagliato contro Naizen che aveva già la mano stretta attorno all'elsa della spada al suo fianco e non si sarebbe di certo fatto problemi a difendersi da un ragazzino. Ma non accadde nulla, o almeno, nulla di fisico. Hiro fece un passo avanti, guardando il bullo troppo cresciuto dritto negli occhi.

    Adesso sono un moccioso, ma un giorno diventerò un Sannin, allora ti dimostrerò che avevi torto!

    I due uomini si fermarono, sbalorditi dalla sicurezza di quell'affermazione. I toni risoluti, lo sguardo determinato e quella volontà ferrea, all'improvviso quel ragazzino non sembrava più un capriccioso Genin ma un vero Shinobi. Comunque, lo stupore di Naizen durò un attimo perché il suo egocentrismo non gli permetteva di prendere sul serio le questioni altrui. Rise divertito e si rivolse a Kuro mentre tentava di scompigliare i capelli ribelli ad Hiro, che si scostò seccato.

    Bene, bene. Noto con piacere che hai allievi piccoli ma testardi. Allora che ne dici di lasciar risolvere a loro la questione? Dai, Kuro! Un allenamento amichevole tra la mia e la tua squadra, cosa hai da perdere?

    Hiro strinse i pugni, sorridendo. Per la prima volta, Naizen sembrava aver detto la cosa giusta: un allenamento era proprio quello che vi voleva in quella situazione.
     
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    CITAZIONE

    La squadra 10!


    Allora? Non vorrai tirarti indietro, no?

    Kuro lo fissò torvo con un'espressione che i suoi sottoposti non gli avevano mai visto fare; si avvicinò a Naizen così tanto che ai sei ragazzini si fermò il cuore in gola, speravano solo che non venissero alle mani, non sarebbe stato un comportamento da Jonin, quello, non potevano dar loro il cattivo esempio. Lo sapevano bene, e infatti i due si limitarono a scambiarsi occhiate velenose. Akira, accanto al suo sensei, sembrava impaziente proprio quanto Hiro di misurarsi con la squadra avversaria. I due uomini non poterono non accorgersene e, di nuovo, il tipo dai capelli verdi non poté fare a meno di farlo notare al suo collega.

    Avanti, anche i ragazzi lo vogliono. Ci siamo noi, cosa può andare storto?

    Sensei! Lasciami combattere, voglio dargli una lezione a questo capellone!

    Fu allora che Akira estrasse la katana in un impeto di rabbia. Odiava quando il suo insegnante veniva insultato perché l'ammirazione che provava nei suoi confronti era quasi morbosa. La spada vibrò nell'aria, proprio verso il ragazzino dagli occhi scuri che rimase di sasso, terrorizzato, senza muoversi. Nessuno se l'aspettava, nessuno riuscì a fare nulla per impedire che l'attacco andasse a segno. Nessuno tranne Tomomi. Comparve improvvisamente tra i due ragazzini, afferrando con una velocità incredibile il braccio del ragazzo dai capelli lunghi e scuri, stringendolo in una morsa tale da fargli mollare la presa sull'arma che cadde a terra. Il ragazzo gemette per il dolore quando la ragazza lasciò la presa, con la solita aria impassibile e corrucciata.

    Sensei, lasciaci combattere. Dimostreremo quanto i suoi insegnamenti siano validi per noi. Non permettiamo che tutto il suo lavoro venga sminuito in questo modo.

    Tomomi...

    Hiro, ancora agitato, annuì con un vigoroso cenno della testa mente i due insegnanti scrutavano Tomomi con occhi indagatori. La ragazza aveva una velocità incredibile e Naizen dovette ricredersi sul suo conto: all'improvviso, la ragazza dai lunghi capelli non appariva più come una ragazzina snob e maleducata ai suoi occhi, era invece divenuta l'allieva perfetta: dotata di grandi capacità combattive, indipendente, sveglia e pronta di riflessi e con un pizzico di arroganza. L'uomo dai capelli lunghi rise mente pensava a che spreco fosse un simile talento in una squadra così mediocre. Eppure, era ancora fermamente convinto che i suoi allievi li avrebbero battuti senza problemi, li aveva allenati lui dopotutto. Kuro, invece, stava ripensando alle parole della ragazza con gli occhi dorati e un sorriso riconoscente illumino il suo viso.

    E va bene. Sarà un incontro amichevole, del resto. Facciamo allenare i nostri allievi, Naizen.

    Ad Hiro brillavano gli occhi mente lo sguardo di Makoto si faceva preoccupato, Tomomi, invece, non aveva battuto ciglio. Il rivale di Kuro sembró rilassarsi, era soddisfatto della risposta dell'altro e, interiormente, non aspettava altro che umiliare lui e la sua squadra, dimostrando di essere il migliore anche come insegnante. Akira afferró la katana con un gesto sprezzante, rivolgendo un'occhiataccia a Tomomi che lo ignoró su tutti i fronti. Nonostante almeno il ragazzo con i capelli neri fosse impaziente di menar le mani, i suoi compagni di squadra, fino a quel momento in disparte, adesso non sembravano così allettati dall'idea di affrontare una squadra avversaria. Le loro facce si fecero perplesse e titubanti ma bastó uno sguardo sinistro del loro Sensei e si fecero coraggio. Erano un ragazzo ed una ragazza, entrambi più piccoli di Akira. Lui era abbastanza robusto, con capelli lisci e così biondi da sembrare bianchi, gli occhi di una sfumatura ambrata, simili a quelli di Tomomi, solo più brillanti ma meno profondi; lei aveva lunghi e lisci capelli di una sfumatura leggera e rosea che le incorniciavano il piccolo volto felino, il suo tratto distintivo erano gli occhi etero-cromatici: l'occhio destro ceruleo, il sinistro smeraldo. Gli occhi della squadra dieci erano tutti puntati sul capitano in kimono che sembrava star pensando a qualcosa di molto importante, per poi riprendere coscienza, dando una pacca sulla spalla di Akira.

    Dunque lasceremo ai nostri sottoposti tutto il divertimento. Sono proprio curioso di vedere che combina la tua squadra, Kuro-chan!

    Mpf. Resterai piacevolmente sorpreso.

    Il sorriso del giovane dai capelli rossi non piacque affatto all'altro che ricambiò le sue parole con un'occhiata di disprezzo. Adesso sembrava davvero ansioso di vedere lo svolgersi del combattimento. Si allontano velocemente, assieme a Kuro, lasciando i sei ragazzini al centro dell'attenzione. Confusi, si fissarono l'un l'altro, non capendo bene cosa fare. Quello era in tutto e per tutto il loro primo duello contro altri Ninja. La tensione era palpabile e solo Akira, stringendo la sua katana, sembrava essere pronto a dare il via alle danze, attendeva solo un gesto degli avversari..

    Forza! Che diavolo state aspettando?! Combattete!

    Urlò spazientito Naizen e tutti si distrassero, tutti tranne Akira che, invece, ubbidì istantaneamente all'ordine. A cinque metri da lui e la sua squadra, c'erano una ragazzina alta e con una velocità incredibile, un taciturno e apparentemente innocuo biondino e un guastafeste dai capelli tutto scompigliati. Il ragazzo scattò in avanti con la katana alzata, puntando dritto verso la ragazza, deciso a fargliela pagare per la figuraccia davanti al maestro. Qualche secondo dopo che fu partito, anche il resto partì all'attacco. Tomomi fletté le gambe e spostò il peso su una sola di queste, torcendo il busto e stendendo l'altra gamba, sferrando un poderoso calcio ad Akira che ruzzolò indietro con il fiato mozzato.

    Akira!

    Non distrarti, Urako! Tecnica della Moltiplicazione del corpo!

    Il ragazzino dai capelli bianchi eseguì i sigilli e tre copie illusorie apparvero al suo fianco, correndo in modo disordinato per confondersi con l'immagine reale del ragazzo che aveva tutta l'intenzione di colpire Makoto. Il biondo si allontanò da Hiro, gettando un'occhiata al laghetto poco distante da loro, pensando velocemente. Stese la mano destra verso l'acqua che, come richiamata dallo shinobi, inizio ad agitarsi.

    Hiro, occupati dell'altra! Arte dell'Acqua: Shuriken Acquatico!

    L'acqua manipolata dal ragazzino tramutò la sua forma liquida, assumendo invece sembianze di quattro shuriken che furono scagliati con un gesto di Makoto contro il ragazzo e le sue copie. Non si era aspettato un attacco del genere e, infatti, evitò fortuitamente l'ultimo shuriken acquatico mentre le sue copie sparivano in tre nuvolette di vapore. Akira, rialzatosi, non sembrava affatto contento della situazione. Era rosso per l'imbarazzo e non trovò altro da fare che prendersela con il suo compagno di squadra.

    Chikao, sbrigati e fai sul serio! Non possiamo perdere!

    Nel mentre, la ragazza dagli occhi di colore diverso si era fermata davanti ad Hiro, confuso, ed aveva estratto due spiedi, lanciandoli senza esitazione verso l'avversario. Il ragazzino scartò a destra, gettandosi al suolo ed evitando così di venire ferito ma non contrattaccò.

    Hiro, che combini?

    Ma è una femmina! Non posso mica attaccarla!

    Tomomi sospirò seccata mentre schivava un fendente di Akira, tornato all'attacco più carico che mai. Urako estrasse il filo d'acciaio e, senza che Hiro potesse evitarlo, lo intrappolò come un salame.

    Scusami, bel tipo!

    Hiro arrossì davanti a quel sorriso e tentò di divincolarsi, senza riuscirci. Si sentiva estremamente stupido per non essere riuscito a difendersi solo per quel dettaglio totalmente irrilevante in battaglia. Makoto, nel mentre, era riuscito a schivare un attacco frontale di Chikao che, adesso, aveva battuto le mani e poggiatole al terreno, senza lasciare lo sguardo dell'avversario che non capiva cosa stesse accadendo. Il sorriso sul suo volto, comunque, non presagiva nulla di buono. Infatti, Makoto si ritrovò a dover letteralmente cavalcare il terreno, scosso da un violento terremoto, provocato dal jutsu dell'altro che, come si era appena scoperto, era capace di manipolare l'elemento doton. Makoto era in difficoltà, il suiton era debole al doton e sembrava che quel terremoto non volesse farlo scappare in alcun modo. Ancora intrappolato, Hiro capì che avrebbe dovuto aiutare il suo migliore amico e, per farlo, doveva liberarsi da quella stretta. Concentrò il chakra katon nelle braccia e il filo divenne incandescente nelle mani della ragazza.

    Ah! Maleducato! Solo perché sei carino non vuol dire che devi comportarti male!

    Lo rimproverò lei ma anche il ragazzino aveva usato un'arma a doppio taglio: infatti, il filo non gli avvolgeva semplicemente le braccia e, diventando incandescente, gli provocò ustioni lungo tutto il resto del corpo. Ma, comunque, fu libero. A Naizen non sfuggì quel gesto, così come per Kuro che se da una parte lodò l'avventatezza del ragazzo, dall'altra non poteva fare a meno di pensare che fosse davvero uno sciocco. Così, libero di muoversi, Hiro scattò verso quel terremoto, tenendosi a debita distanza per non finire anche lui in quel limbo di scosse e detriti.

    Hiro! Colpiscilo dalla distanza!

    Va bene!

    Saranno stati a cinque metri di distanza e il ragazzino mingherlino e dai capelli ribelli impastò per la prima volta il chakra, unendo le mani e puntando contro il ragazzo dai capelli bianchi.

    "Serpente! Pecora! Scimmia! Cinghiale! Cavallo! Tigre!"

    Prese un bel respiro e si portò la mano destra alla bocca, unendo il pollice e l'indice intorno alle labbra, rilasciando il chakra che aveva impastato nella cavità orale.

    Palla di fuoco!!

    Una gigantesca sfera di fuoco fuoriuscì dalla bocca di Hiro mentre un'ombra veloce scattava verso di loro. Il fuoco scintillava alla luce del sole ma qualcosa si mise tra lui e il suo obbiettivo, un rotolo completamente vuoto che assorbì la fiamma, sigillando al suo interno.

    "Quella tecnica di confinamento...!"

    Gli occhi vedi di Kuro viaggiarono verso il possessore del rotolo, un uomo dai capelli rossi piuttosto scuri e spettinati, lunghi fino alle spalle. Senza aggiungere altro, spostò gli occhi aranciati su Hiro, immobile, confuso e stupito al contempo. Senza particolare enfasi gli si rivolse.

    Non ti sembra di esagerare, ragazzino?
     
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    Parlato Roku
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    Parlato Yuriko

    CITAZIONE

    Interruzione!


    Le parole del misterioso individuo risuonavano ancora nell'aria, della palla di fuoco restava solamente un sigillo impresso nel rotolo che reggeva con una mano. Nei suoi occhi non c'era rimprovero, sembrava semplicemente imperscrutabile, quasi inumano in quell'aurea di perfezione che emanava. Sotto ogni punto di vista sembrava il perfetto shinobi, ma Hiro non era certo il tipo che si lasciava impressionare così da uno sconosciuto. E non aveva affatto accettato il fatto che il suo jutsu fosse stato nullificato in un batter d'occhio, in modo gratuito, senza spiegazione alcuna e da quel tipo spuntato fuori all'improvviso. Approfittando della distrazione altrui, Akira, sferrò un pugno verso il volto di Tomomi che, digrignando i denti in un impeto di rabbia, semplicemente lo afferrò e lo scaglio verso il laghetto. Il ragazzo ci finì dentro e quello fu il segno che lo scontro tra la squadra otto e la squadra dieci era finalmente concluso. Se il tipo dai capelli rossi non fosse stato presente, Naizen si sarebbe alzato con foga e avrebbe dato di matto per come era andato a concludersi "l'allenamento amichevole", come l'aveva chiamato lui, ma la presenza del Ninja sembrava incombere sugli altri. Kuro si alzò in piedi, avvicinandosi al nuovo arrivato senza alcun sorriso, sembrava persino teso, quasi circospetto. L'altro richiuse il rotolo e se lo rimise semplicemente dietro la schiena mentre toccava ad Hiro lamentarsi per il trattamento.

    Esagerare?! Non ho esagerato per niente, hai fermato il mio jutsu più potente, accidenti!

    ... Mi dispiace, ragazzo, ma se non fossi intervenuto il tuo avversario si sarebbe fatto male.

    Hiro lo squadrò confuso e l'altro, di rimando, sorrise, scompigliandogli i capelli neri con un gesto affettuoso, nonostante non lo conoscesse neanche.

    I veri nemici non sono questi, ragazzo, quindi devi preoccuparti di loro come fossero amici.

    Quelle parole confusero ancor più Hiro ma, senza sapere perché, gli rimasero impresse. Il modo in cui le aveva pronunciate quel tipo aveva qualcosa di vero, sembrava quasi che non le avesse semplicemente pensate ma che appartenessero al suo essere in modo più tangibile. Tutti gli altri tacquero osservandolo in tutta la sua misteriosità mentre si chiedevano chi fosse e cosa volesse. Ritrasse la mano e alzò lo sguardo verso Kuro e Naizen, con due espressioni molto diverse ad esprimere il loto stato d'animo. L'uomo dai capelli verdi e raccolti in una fluente ed alta coda sembrava quasi a disagio ma, nel complesso, seccato dalla situazione; il giovane dai corti capelli arancioni e il codino spropositatamente lungo sembrava quasi incuriosito, come se avesse già visto il tipo dai capelli rosso scuro da qualche parte. Incerto, lo osservò, sforzandosi di ricordare finché un nome gli affiorò alle labbra.

    Tu sei... Roku, giusto?

    Roku sembrò piacevolmente sorpreso, non ricordava affatto di aver mai incontrato quel giovane, decisamente troppo per lui che avrà avuto qualcosa come cinque o sei anni in più. Tuttavia, si dimostrò gentile, seppur si percepisse che venire riconosciuto da uno sconosciuto non era certo uno dei suoi sogni chiusi nel cassetto.

    ... Sì, Roku Kirigakure. Ci siamo già incontrati per caso?

    Ah, scusami, no, mai. Sono Kuro Yagyu. Non mi conosci ma ho avuto modo di incontrarti anni fa, conoscerai sicuramente Keisuke Fuma, il mio compagno di squadra.

    Roku si accigliò ma qualcosa sembrò tornargli in mente e si rese conto che Kuro non aveva mentito. Ora che lo collegava a Keisuke, ricordava un'immagine sbiadita nella sua memoria che somigliasse a quel giovane dagli occhi verdi. A quel tempo, però, ricordava bene che non aveva alcuna cicatrice sul volto. La cosa lo incuriosì, sembrava aver capito qualcosa, dopo tanto tempo, qualcosa che però tenne per se.

    Oh, lo conosco. Anzi, se la memoria non mi inganna ci siamo davvero incontrati qualcosa come tre anni fa.

    Kuro rispose con un cenno d'assenso e abbozzò un sorriso. Hiro notò come il sensei sorridesse molto con loro ma si sentisse stranamente in soggezione davanti a persone del calibro di Roku che sembrava uscito direttamente da qualche vecchia storia sugli shinobi leggendari. In tutto questo, chi se ne stava davvero in disparte era Naizen, furioso silenziosamente per essere stato ignorato in quel modo, sopratutto dopo la sconfitta della sua squadra. Sbuffò sonoramente e il Kirigakure spostò subito lo sguardo indagatore che lo contraddistingueva su di lui. L'altro sbiancò istantaneamente, rendendosi conto di aver commesso un errore. Infatti, mentre Roku non aveva idea di chi fosse stato Kuro fino a due minuti prima, conosceva l'altro Jonin, meglio di quanto i presenti credessero. Tant'è che era lì apposta per lui.

    C-che vuoi?

    ... Non sembri molto contento di vedermi. Pazienza, non sono qui per una chiacchierata, stavo solo assicurandomi che non facessi nulla di male. E infatti sono arrivato giusto in tempo.

    Tsk! Di che diavolo parli? Questo è un normalissimo allenamento tra genin, cosa avrei fatto di male?

    C'è di male che hai raggiunto la squadra otto con il preciso intento di ingaggiare uno scontro solo per soddisfazione personale.

    Naizen arrossì digrignano i denti mentre Kuro sghignazzava. Akira arrossì dalla testa ai piedi ma non andò contro il suo maestro, non l'aveva fatto prima e non l'avrebbe fatto in quel momento. Chikao e Urako si scambiarono un'occhiata d'intesa ma non si sentivano in colpa o qualcosa del genere, si erano solamente limitati a seguire ciò che il loro sensei aveva detto loro di fare.

    Ti ho spiato mentre ero appostato nella foresta. Ho sentito che dicevi indistintamente che "non vedevi l'ora di vedere la faccia che avrebbero fatto una volta sconfitti". Non è stato carino da parte tua, Naizen. Anche perché sembra che le cose siano finite diversamente...

    Abbassò lo sguardo e strizzò l'occhio a Hiro che ricambiò con un sorriso d'intesa. Quel tipo cominciava a piacergli e quel Naizen, invece, si stava guadagnando sempre di più la sua antipatia. Tomomi non sembrava così interessata al tutto, gli bastava aver scaraventato Akira nel laghetto; Makoto, invece, sembrava sinceramente incuriosito dal tutto e si era persino dimenticato di avere un polpaccio sanguinante, ferito dal terremoto di Chikao. Urako, invece, non si era affatto dimenticata delle mani ustionate.

    ... Forse dovresti scusarti con Kuro e la sua squadra. Ma prima di tutto dovresti scusarti con i tuoi allievi, non ti sei comportato affatto da leader.

    E tu, allora?! Mi spieghi che diavolo ci facevi nella foresta? Mi stavi spiando, eh? Dì un po', da quanto tempo mi segui? Sei sulle mie tracce o qualcosa del genere?!

    No. Allenavo la mia squadra negli appostamenti e nello spionaggio. Dobbiamo essere andati bene se non ti sei accorti di nulla...

    Naizen arrossì di nuovo e Hiro ridacchiò divertito. Roku sembrava davvero un tipo forte, sempre con la risposta pronta. In quel momento, tre ragazzini raggiunsero il loro insegnante, stupiti di trovare così tanta gente. Hiro li riconobbe immediatamente: erano la squadra tre. Il ragazzino dai capelli sparati in aria e castano chiaro stava silenziosamente gareggiando in velocità per arrivare primo della ragazza alta e dalle forme decisamente non da dodicenne, con i lunghi capelli blu raccolti in una treccia. Dietro di loro, calma e posata come sempre, Yuriko e i suoi occhi scarlatti. Il ragazzo dai capelli neri ebbe un tuffo al cuore e subito arrossì, distogliendo lo sguardo come un fesso. Makoto scosse il capo, divertito dalla reazione dell'amico.

    Roku sensei! Abbiamo finito di allen... Ah!

    Abbiamo finito di allenarci come ha detto lei, sensei!

    Togliti di dosso, Natsuko!

    La ragazza l'aveva calpestato, passandogli sopra con un sorriso, senza battere ciglio. Era chiaro che voleva risplendere agli occhi dell'uomo dai capelli rossi e, per questo, si sentiva autorizzata a dar fastidio al povero Kai, che doveva sopportare in silenzio perché Natsuko era molto più capace di lui nei Ninjutsu e l'avrebbe surclassato. Roku sorrise loro e la ragazza arrossì contenta da capo a piedi. Kai sbuffò seccato dal suo comportamento e si ritrovò una gomitata nelle costole.

    Sta zitto, Kai!

    M-ma se non ho detto nulla?!?!

    Fate i bravi, ragazzi. Ora ce ne andiamo.

    Roku si rivolse a Naizen, ancora stordito da quel botta e risposta finito male, con un'occhiata d'intesa gli comunicò che sicuramente gli sarebbe stato addosso. Non gli piaceva quel comportamento decisamente poco da Shinobi, glielo ripeteva già da un po'. Si rivolse poi a Kuro, facendogli capire che era il momento di salutarsi. Lui chinò il capo e l'altro rispose al saluto. Si rivolse poi ai membri della squadra dieci e della squadra otto.

    Continuate ad allenarvi. Intesi?

    Aggiunse rivolto ad Hiro, con un altro enigmatico e appena accennato sorriso. I suoi studenti capirono e fecero per andarsene. In quel momento, però, gli occhi cremisi di Yuriko e quelli scuri di Hiro si incontrarono. Un solo secondo che per il ragazzo fu come l'eternità. In quel brevissimo istante sentì il cuore martellargli forte nel petto mentre il suo sguardo veniva rapito dalla bellezza della ragazza davanti a lui.

    ... C-ciao...

    Gli sfuggì e trattenne il fiato quando si rese conto di cosa avesse appena detto. Nella sua mente si immaginò come quella semplice parola fosse sembrava strana detta in quel modo e da lui, in quel momento. Eppure scomparve tutto quando la ragazza, senza particolare enfasi, rispose. Era la prima volta che sentiva la sua voce ma non avrebbe saputo descrivere un suono più armonioso e femminile.

    Ciao..

    Fu la fine della loro brevissima conversazione ma per Hiro fu l'inizio di quella strana sensazione che sembrava attanagliargli lo stomaco. La squadra tre e Roku si dileguarono nella foresta e, in imbarazzo e totalmente disinteressato a continuare il duello, anche Naizen richiamò i suoi allievi.

    Muovetevi, ce ne andiamo di qui.

    Sì, sensei.

    Rispose prontamente Akira, bagnato fradicio. Gli altri due sospirarono, non sembrando particolarmente vogliosi di tornarsene a casa ora che finalemnte svolgevano qualche attività divertente.

    Allora... alla prossima.

    Sentenziò Chikao senza aggiungere altro, raggiungendo gli altri due con le mani dietro la testa, stiracchiandosi. Urako fece l'occhiolino ad Hiro che sembrò non capire cosa volesse significare.

    Bye bye!

    Esclamó la ragazza, raggiungo i suoi compagni di squadra saltellando. Hiro era ancora confuso e agitato per quel "ciao" di Yuriko, Makoto, ridacchiando, gli diede una pacca sulla schiena.

    Credo che tu abbia fatto colpo, amico, quella la è cotta!

    Eh? Ma ha solo le mani un po' bruciate, mica l'ho cotta! Non è mica una bistecca!

    ... Lascia stare...

    Sei davvero scemo, Hiro.

    Ma perché?! Che ho detto?!

    Kuro ridacchió assieme a Makoto, scompigliando i capelli al ragazzino, decisamente imbarazzato dalla situazione. Erano rimasti soli, finalmente, e forse era il caso di interrompere l'allenamento che già aveva assunto sfumature eccessivamente avventurose per quella giornata. Il Jonin convenne che fosse ora di tornare al villaggio, così i tre ragazzini lo seguirono lungo tutto il cammino per la foresta.

    Sensei, comunque abbiamo battuto la squadra dieci oggi! Siamo stati bravi, eh?

    Abbastanza. Peró Roku aveva ragione, Hiro: hai decisamente esagerato con quella palla di fuoco!

    L'avresti cotto a puntino, infondo bastava mollargli un pugno, no?

    Ti ringrazio comunque per avermi aiutato!

    Uffaaaa! Non è giusto!!

    Risero nuovamente e anche Hiro si uno al gruppo. Si rese conto che poteva arrabbiarsi anche ogni cinque minuti ma non avrebbe mai tenuto il muso davanti a quei sorrisi. La squadra otto iniziava a diventare davvero importante per lui, compreso il Sensei. Per la prima volta si sentiva accettato e sapere di contare qualcosa lo avvolgeva di uno sconosciuto tepore.

    Sensei... Crede che prima o poi ci batteremo contro la squadra tre di Roku-Sensei?

    Kuro abbassó lo sguardo. Vecchi ricordi gli tornarono alla mente. Rivedeva il Roku di tre anni fa mentre tentava di fermare lo shinobi dai capelli rosa, lo stesso che stava lottando contro Kotaro nella foresta. Solo io tempestivo arrivo di Keisuke e la volontà di Roku fermarono i due. Kuro era in disparte ad osservare tutto con una stretta al cuore e ancora non sapeva che quella sarebbe stata una delle ultime volte che avrebbe visto Kotaro.

    Forse, ma per voi non sarà affatto facile. La squadra numero tre sarà un avversario difficile da battere se non vi impegnerete di più.

    I tre ragazzi lo osservarono un po' preoccupati, non avevano mai sentito il Sensei parlare così seriamente. Ma lui sorrise di nuovo, ritornando lo scemo di sempre.

    Se qualcuno qui non impara a camminare sull'acqua non migliorerete mai, eheh!

    E allora mi impegnerò più di tutti gli altri!!

    Questo è lo spirito giusto!

    Finalmente Kuro aveva trovato il modo di spronare il ragazzo, gli bastava stuzzicarlo un po' perché, proprio come lui alla sua età, detestava non essere all'altezza della situazione. Forse ora sarebbe stato più facile per tutti loro proseguire gli allenamenti e migliorarsi giorno per giorno.

    Dai, per festeggiare la vittoria vi porto tutti a mangiare i Takoyaki!

    Yay! Sei grande, sensei!

    Makoto e Tomomi sorrisero mentre il sole cominciava a tramontare. Sarà stato quel legame appena nato che già li teneva uniti, ma i tre ragazzini ebbero l'impressione che quelli fossero i Takoyaki più buoni che avessero mai mangiato.

    finita!
     
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