Promozione!

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    Accademia!


    In orfanotrofio la sveglia era per le sette precise, senza e senza ma. Una volta che quel trillo rendeva tutti i bambini di malumore e li costringeva ad alzarsi, smetteva di squillare ma era troppo tardi, perché tutte le camere erano ormai vuote. Da quel momento in poi, tutti sapevano di avere a disposizione esattamente un'ora per fare colazione, lavarsi e prepararsi per le lezioni scolastiche che iniziavano puntualmente alle otto. Era un sistema rigido ma aveva i suoi effetti: nessuno arrivava mai in ritardo a lezione. Hiro, però, aveva lasciato l'orfanotrofio da quasi una settimana e, purtroppo per lui, nella casa che Misako gli aveva ceduto, non c'era alcuna sveglia (la giovane l'aveva portata con se quando aveva deciso di tornare all'orfanotrofio che l'aveva cresciuta). Fu per questo che, ad un certo punto, il ragazzino si stropicciò gli occhi e, invece della nebbia mattutina e il cielo scuro, ancora in penombra, un sole accecante gli diede fastidio agli occhi. Con un rantolo, scostò le tendine della finestra davanti al suo letto, guardando fuori. Il villaggio di Taki era allegro e pieno di vita, quasi idilliaco tanto la sua bellezza faceva credere di trovarsi in una sorta di mondo dove il male non esisteva. Le vie erano colme di gente e il vociare di esse si scontrava con quello degli uccelli tra i rami degli alberi verdi. Il cielo era limpido e l'aria fresca e pulita. Era un'atmosfera da favola ma Hiro ebbe la nausea a quella vista, perché, per lui, tutto quello significava una sola cosa.

    Merda! E' tardissimo! Le lezioni sono già iniziate da un pezzo!!

    Allarmarsi non sarebbe servito a nulla ma il ragazzino non aveva altro pensiero che non fosse quello di frequentare l'accademia ninja. I corsi erano iniziati da pochi giorni e ancora non aveva imparato nulla di pratico, se non un'infinità di lezioni teoriche sul chakra, le arti magiche, illusorie e marziali e tutto ciò che ogni studente deve sapere. Roba che gli interessava poco, in realtà, ma non era un buon motivo per arrivare tardi. I capelli neri di Hiro erano in disordine come sempre, arruffati come non mai, e non ci pensò neanche a pettinarli prima di lasciarsi casa alle spalle. Non aveva fatto colazione, si era lavato così velocemente che il suo non era neanche possibile essere definito come "lavaggio", si era buttato addosso i primi vestiti che aveva raccattato ed ecco che già sfrecciava tra la gente, magrolino e basso com'era, correndo a perdifiato. Sarebbe comunque arrivato in ritardo ma non gli importava, non aveva intenzioni di saltare neanche un giorno di lezioni. E poi...

    "Makoto mi sta aspettando!"

    Era il suo unico pensiero, quello di vedere il suo rivale numero uno: Makoto Oshiro! Certo, erano anche amici, ma una volta iniziata l'accademia non c'era scampo, dovevano dimostrare entrambi di essere il migliore in tutto. Anche se poi, puntualmente, nessuno dei due era granché. Quando Hiro entrò in classe trovò il sensei di spalle mentre scriveva alla grande lavagna, senza neanche voltarsi. Avrebbe potuto sgattaiolare al suo posto senza farsi vedere ma non era nel suo carattere una cosa del genere. Per questo, gridò senza pensare al resto della classe che sobbalzava impaurita.

    Sono arrivato, sensei! Segni il nome sul registro: Hiro Mikazuki!

    Lo so come ti chiami. Vai a sederti che hai perso metà lezione!

    Lo rimbeccò Katai, il chunin assegnato alla classe. I compagni ridacchiarono e il ragazzino dai capelli neri arrossì, mettendosi comunque a sedere con i piedi sul banco, tanto non aveva fatto in tempo a portarsi dietro neanche la penna. Il sensei minacciò di tirargli il gesso e così l'altro mise giù i piedi, imbarazzato. L'insegnante non era così vecchio come si poteva pensare, doveva avere circa ventisei anni; lo si vedeva quasi sempre con un codino alto che prendeva solo pochi dei biondi e mossi capelli, mentre gli occhi erano vividi e color nocciola. Insomma, il sensei era un bell'uomo e, infatti, metà delle ragazze del corso erano lì solo per lui. Hiro arrossiva a metà tra il disgustato e l'invidioso quando le sentiva chiacchierare sotto voce riguardo al sensei e non riusciva a capire cosa ci trovassero di così bello. Dall'altra parte, invece, i ragazzi nella sua classe si dividevano in tre parti distinte: i primi erano i normali studenti che se ne stavano tra di loro, tranquilli; i secondi, invece, erano i soliti spacconi che credevano di poter trattare male gli altri solo per via dell'età. E i terzi erano gli incapaci, dei quali Hiro faceva parte. Ancora non lo sapeva, in realtà, ma quel giorno l'avrebbe di certo capito. Si stropicciò la faccia e intercettò lo sguardo di Makoto, seduto a qualche banco lontano da lui. Si rivolsero un saluto breve perché non potevano perdere tempo con i convenevoli: dovevano affrontarsi in ogni occasione. L'avevano deciso il primo giorno di accademia, facendolo diventare il loro nuovo e unico obbiettivo. E così, continuavano ad andare avanti con quella storia. Ma torniamo a quella giornata scolastica. Ignorando Makoto, Hiro si guardò intorno con la coda dell'occhio. Non aveva mai avuto amici a parte il ragazzo, e vedere coetanei così diversi dagli orfani che aveva da sempre conosciuto lo stupiva, quasi lo incuriosiva. Alcuni di loro semplicemente lo ignoravano, altri lo guardavano confusi e altri ancora sembravano infastiditi da quegli sguardi. Uno in particolare, che sembrava avere quasi quindici anni e l'aria da vero duro, sembrava perdere le staffe per piccolezze del genere ma per fortuna si trovava all'ultimo banco sul fondo, dove l'occhio di Hiro non arrivava. Il vero problema erano le ragazze, decisamente troppo diverse da lui e dall'aria spaventosa. A quell'età erano persino più alte dei ragazzi e sembravano forti come demoni e scontrose come arpie. A Hiro mettevano i brividi, eppure non poteva fare a meno di notare che alcune fossero davvero carine. Una in particolare aveva catturato la sua attenzione. Non era neanche sicuro del suo nome perché quella era la seconda volta che si presentava in classe, ma le era rimasta impressa. Aveva lunghi e lisci capelli neri e un viso davvero gentile, solo che non parlava mai con nessuno e se ne stava sempre da sola. Al contrario, c'era una ragazza che a Hiro metteva i brividi forse più di tutte le altre messe assieme. Ci stava pensando proprio in quel momento ma la voce del sensei lo riportò alla realtà e così accadde per l'intera classe.

    Bene, e ora... Compito in classe di Moltiplicazione.

    La rivolta si fece immediatamente sentire. Un coro di sbuffi e lamentele si levò per la classe e Hiro non poté fare a meno di parteciparvi perché non aveva studiato affatto quella tecnica, non sapeva neanche cosa fosse, seppur l'avesse sentita nominare ogni tanto. Makoto, da parte sua, sembrava ancora più disperato dell'amico. Katai sensei si guardò in giro con un sopracciglio alzato (cosa che trasformò gli sbuffi del gruppetto delle sue fans in risolini). Si grattò la testa, sbuffando. Era il primo anno che insegnava perché la sua promozione risaliva a qualche tempo prima, e nonostante fosse partito già sapendo quando mantenere una classe fosse difficile, adesso doveva fare i conti per davvero. Riuscì a ricomporre il silenzio ma non sembrava affatto contento della reazione generale. Dei veri Shinobi dovevano conoscere alla perfezione le tecniche basilare come quella della Moltiplicazione e non dovevano mai rifiutarsi di eseguire gli ordini di un superiore, era stata una mancanza di rispetto la loro. Spiegò che aveva scritto alla lavagna i sigilli da usare per il jutsu, così da facilitare chi non se li ricordasse, ma aggiunse che non aveva intenzione di rimandare l'interrogazione. Adesso gli sbuffi si placarono e tutti gli studenti assunsero espressioni preoccupate. Era il loro primo compito in classe e avevano paura di sbagliare davanti a tutti, rendendosi ridicoli. Era puramente normale quella paura ma era anche giusto che ognuno di loro imparasse a superare i propri limiti e mettersi in gioco. Così, il sensei sorrise benevolo e prese il registro, annunciando che, tanto per cambiare, avrebbe cominciato ad interrogare dal basso della lista dei nomi. Makoto perse un po' di colore ma, per fortuna, non toccava a lui.

    Watanabe Tomomi. Interrogata.

    Un fruscio due banchi accanto al suo fece rabbrividire Hiro. Era proprio quella ragazza che gli metteva i brividi, Tomomi. Spiccava tra il resto delle ragazze, aveva qualcosa di completamente diverso nell'atteggiamento che la faceva sembrare decisamente molto più grande della sua età. Il viso era sottile e proporzionato, il naso piccolo e all'insù, le labbra rosee e perfette, la pelle come fosse stata di porcellana e due grandi occhi dorati. Era forse la ragazzina più esteticamente affascinante, là in mezzo, ma tutto ciò passava in secondo piano una volta vista la sua perenne espressione imbronciata. Le sopracciglia non avevano un attimo di tregua, se ne stavano sempre all'ingiù, pronte a fissare male chiunque. Anche il modo di vestire e il portamento la facevano apparire come una specie di bulletta, anche se non lo era affatto perché non dava mai fastidio a nessuno. Era perché incuteva terrore nelle altre ragazze, ma a parte rispondere male, Tomomi era tranquilla. Ma a Hiro metteva lo stesso i brividi perché una volta l'aveva vista stendere con un calcio due studenti molto più grandi di lei. Il ragazzino iniziava a maturare l'idea che le femmine fossero davvero pericolose.

    Che vuoi?

    Per l'appunto. Il sensei si rese conto che forse non era stata una buona idea cominciare proprio con lei. Lanciò un'occhiata al registro, proprio sui dati che la riguardavano: nonostante avesse un caratteraccio, era una degli studenti più capaci, straordinariamente portata. La invitò ad alzarsi ed eseguire la tecnica ma, con uno sbuffo, la ragazza compose i sigilli e un clone illusorio apparve come per magia, seduta sul banco con aria annoiata. Aveva gli stessi capelli lunghi e mossi della ragazza, dell'identica sfumatura castana chiara. Con uno sguardo rassegnato, il sensei annuì e segnò un "+" sulla casella del giorno odierno. La giovane rilasciò al tecnica e posò i piedi sul banco, tirandosi il cappuccio della felpa sopra la testa e appisolandosi, come se nulla fosse. Hiro presa a fissarla, curioso ma lei se ne accorse. L'occhiataccia che gli lanciò bastò per far perdere al ragazzino tutta la sua futura curiosità. L'interrogazione procedeva spedita perché quasi tutti gli studenti sembravano in grado di moltiplicarsi senza problemi, tanto che il sensei si chiese cosa avessero tanto da lamentarsi. Persino Makoto, tutto rosso per l'emozione, riuscì a creare un clone più o meno similare al suo. L'unica differenza stava negli occhi che avevano assunto una sfumatura verdastra invece di quella blu naturale. Altre due o tre persone e, finalmente, Hiro si rese conto che era il suo momento. Scattò in piedi ancora prima che il sensei lo chiamasse. Era nervoso come non mai ma questo sarebbe stato il momento di far vedere che era capace di stare a passo con gli altri, anzi, anche di superarli!

    "Calmati, Hiro, concentrati come si deve! Sì, ora va bene... Dunque, la moltiplicazione del corpo... devo moltiplicarmi! Quindi... Lascio fluire il chakra e ne impasto una parte... Così. E ora: pecora, serpente, tigre!"

    MOLTIPLICAZIONEEEE!

    Fu un fiasco totale. Il clone di Hiro sembrava un bebè per quanto era piccolo e svanì con una nuvoletta due secondi dopo, tirandosi dietro tante di quelle risate che il ragazzo avvampò.

    C-che avete da ridere?! Mi sono solo distratto, sono anche più bravo di voi se mi ci metto!!

    Calmati, Hiro. Diciamo che... ecco... è passabile. Avanti con il prossimo.

    Il ragazzino digrignò i denti e si lasciò cadere sul banco, maledicendosi mentalmente. Il sensei era stato magnanimo con lui eppure sapeva di non essere andato bene. Si chiedeva perché mai il suo cuore dovesse battere così forte ogni volta che tutti gli sguardi dei compagni erano puntati su di lui. Perché non riusciva a stare calmo? Sapeva di essere capace, sapeva di poter eseguire qualsiasi tecnica senza alcun problema, ma era la concentrazione a mancargli e l'agitazione, alla fine, aveva sempre la meglio su di lui. Così, per il resto dell'interrogazione osservò gli altri ragazzi che eseguivano la tecnica della moltiplicazione sicuramente meglio di lui. Il suo già pessimo umore peggiorò ulteriormente quando il sensei annunciò all'intera classe che gli esami per la promozione a Genin erano vicini e tutti loro avrebbero partecipato.

    Voglio che vi prepariate per bene, capito? Ripassate le tre tecniche base e cercate di mantenere la calma. Se vi impegnerete costantemente un po' d'ansia non vi sarà d'intralcio. Qualsiasi ostacolo si supera con la certezza delle proprie capacità.

    Makoto fece un cenno d'assenso. Sembrava davvero determinato a superare l'esame e Hiro non poté fare a meno di provare un moto di rivalsa davanti a quegli occhi fieri. Tomomi sbuffò sonoramente, guardando annoiata davanti a se. I suoi occhi intercettarono quelli di Hiro e il ragazzino distolse lo sguardo, concentrandosi sulle parole di Katai.

    "Gli esami sono vicini... Se non miglioro entro questa settimana non ce la farò mai! Devo mettermi sotto come si deve!"

    Si disse, mentre abbandonava la classe assieme agli altri, con sottofondo il trillo della campanella.
     
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    CITAZIONE

    Tomomi Watanabe!


    Hiro si lasciò cadere sulla panchina accanto al gelataio, sospirando sonoramente. Faceva abbastanza caldo e, nonostante i pantaloncini, stava sudando come non mai. Il clima del Villaggio della Cascata era solitamente mite ma doveva essere la stagione a rendere l'atmosfera così estiva e il ragazzo non ce la faceva più. Si era persino messo una felpa, il babbeo. Così, stravaccato sulla panchina, guardava il cielo con gli occhi semichiusi, senza pensare a nulla se non a perdere tempo oziando a quel modo assai controproducente. Era stata una mattinata davvero pessima per lui, forse la prima da quando frequentava l'Accademia Ninja del villaggio. La frustrazione, però, gli era scivolata addosso perché Hito non era il tipo che si arrendeva o scoraggiava troppo a lungo, era sempre propenso a fare del suo meglio e a ribaltare la situazione, anche se, in quel preciso momento, non era certo ad allenarsi per rimediare alle sue mancanze ma preferiva starsene a non far nulla. Forse era il caldo, forse no, ma in ogni caso non si sarebbe mai mosso da lì, almeno per un po'. Guardava distrattamente le persone passare davanti a lui e si rese conto di quanto fosse solo in quel momento, senza neanche Makoto a fargli compagnia. Il ragazzino dai capelli biondi, infatti, filava dritto a casa alla fine delle lezioni, come se avesse molta fretta e Hiro non aveva mai capito perché. Ora che ci pensava, non sapeva molto sulla sua famiglia sennonché erano tutti degli shinobi affermati. Era un po' incuriosito da quella storia, si immaginava l'amico che tornava a casa e pranzava con tutti gli altri e ognuno raccontava la sua giornata. Nonostante non gli piacesse pensarci, si era chiesto molte volte cosa si provasse ad avere una famiglia. Quando era più piccolo ci pensava spesso e stava male. Si rannicchiava tra le coperte e fissava la luna dalla finestra, e allora sentiva qualcosa di strano, come il ricordo di un paio di labbra gelide che gli baciavano la fronte; allora si rendeva conto che, nonostante la pelle fosse fredda, quel gesto gli dava molto calore. Segretamente, la parte più innocente e fragile di lui sperava che quelle fossero le labbra di sua madre, ma teneva quel segreto dentro di se, nascosto nel profondo perché preferiva far finta che andasse tutto bene. Si era praticamente abituato ad essere solo, anche perché c'era Misako a sostenerlo, fin da sempre. Era come una mamma, in effetti, e ora che anche Makoto era diventato suo amico, Hiro si sentiva quasi rincuorato, come se finalmente il suo bisogno di essere amato e il suo desiderio di amare fosse stato appagato. Quelle due, del resto, erano le persone più importanti della sua vita. Arrossì a quel pensiero, si sentì una vera femminuccia!

    "Bha, al diavolo! Mi rompe le scatole starmene qui a non fare niente! Quasi quasi... vado a farmi una passeggiatina nella foresta!"

    Era davvero attratto dalla foresta e tutto ciò che era, in qualche modo "selvaggio". Gli dava un senso di libertà camminare tra il verde, circondato dalla natura e senza nessuno ad imporgli nulla. Era libero, proprio come il vento che soffiava tra le fronde degli alberi. Così, camminò per un po' superando la porta del villaggio dopo essere sgattaiolato dietro gli shinobi di guardia, mezzi addormentati. A quell'ora il villaggio era particolarmente assonnato. Ma non Hiro, che se ne andava in giro tutto tranquillo, respirando a pieni polmoni l'aria pulita e guardandosi intorno meravigliato. La foresta era quanto di più poetico si potesse desiderar di vedere: arbusti alti e rigogliosi le cui foglie assumevano sfumature infinite di verde; cespugli di ogni tipo e dimensioni, con le bacche, senza bacche, con fiori e piccoli animali su di essi; e ancora le stradine che si intersecavano tra l'erba fresca, creando un vero e proprio labirinto che perdervisi dentro era una meraviglia. Il ragazzino dai capelli neri si era allontanato davvero tanto e senza neanche accorgersi del tempo che passava, come se fosse davvero in un mondo parallelo, lasciandosi guidare dall'istinto. Ma ben presto scoprì di non essere solo, anzi, un volto conosciuto gli si parò davanti all'improvviso. Hiro si nascose tra gli alberi perché poco lontano in uno spiazzo d'erba, chinata ad allacciarsi le scarpe, c'era Tomomi Watanabe, la tipa tutto pepe! Il ragazzino perse immediatamente un po' di colore e capì che nel malaugurato caso fosse stato scoperto, la ragazzina avrebbe sicuramente pensato a lui come un pervertito che la stava spiando. Così deglutii e fece qualche passo avanti. La sua visuale migliorò perché superò un gruppo di alberi e si bloccò all'istante.

    "Che succede?"

    Un gruppetto di ragazze della loro età se ne stava in piedi con aria divertita e melliflua, fissando con disprezzo l'altra ragazza che non batté ciglio a quella scena. La cosa peggiore era vedere tre ragazzi dietro le ragazze, che semplicemente se ne stavano fermi, a braccia incrociate, come se il tutto non li tangesse affatto. Hiro provò un moto di rabbia e sperò che non stava accadendo ciò che pensava. All'orfanotrofio quasi tutti i bambini lo avevano sempre preso di mira perché era il più piccolo e il più rompiscatole di tutti; c'erano dei tipi come quei tre ragazzi, persone che invece di intervenire se ne stavano a guardare, facendo finta di nulla. Il gruppetto di ragazze non era così numeroso, giusto cinque di loro, ma una in particolare sembrava davvero presa dalla conversazione che Hiro si era perso. Tomomi finì di allacciarsi la scarpa e si alzò in piedi, con la solita espressione torva. Era più alta di loro, quasi come i ragazzi e sicuramente più di Hiro.

    Allora? Non hai niente da dire, eh? Sei sorda per caso?

    Le altre ragazze ridacchiarono con malizia mentre la ragazza centrale, dai lunghi capelli rossi, sfidava con lo sguardo Tomomi, perfettamente calma, come se neanche la stesse ascoltando. Difatti non rispose e la cosa sembrò infastidire molto le altre, evidentemente odiavano essere ignorate.

    Ti credi figa, vero? Ti toglierei quell'aria da spaccona dalla faccia!

    Guarda che essere secchiona non fa tendenza, sei solo una sfigata che passa la vita chiusa in camera!

    Risero a crepapelle e Tomomi... sospirò, girò i tacchi e se ne andò. Hiro rimase stupito da quel comportamento così maturo e menefreghista, le aveva spiazzate tutte e senza fare nulla!

    Dove credi di andare, stronza!

    Fu allora che il capetto perse la pazienza. I suoi lineamenti divennero sgradevoli e si lanciò contro l'altra, con la mano alzata. Hiro si mosse da solo, uscì dal suo nascondiglio ma non riuscì a fare nulla. La ragazza dai lunghi capelli castani atterrò l'avversaria con un calcio all'addome. La ragazza colpita rimase immobile, attonita con gli occhi sgranati, tossì e cadde a terra con un tonfo, tenendosi il petto con le mani. Le ragazze formarono subito un cerchio attorno a lei, controllando le sue condizioni, ma il problema furono i tre ragazzi. Infuriati, erano intenzionati a rendere il colpo, nonostante non c'entrassero nulla e la ragazza si fosse solo difesa, ma qui il ragazzino dai capelli neri non poté solo stare a guardare. Nessuno l'aveva mai difeso, neanche una volta, per questo sapeva quanto un aiuto potesse cambiare le cose. Avrebbe dato qualsiasi cosa purché arrivasse qualcuno ad aiutarlo quando Kisho e il suo gruppetto decideva si suonargliele, ma nessuno si era mai fatto avanti. Hiro aveva allora pensato che prima o poi quel qualcuno sarebbe apparso, ma capì in quel momento che per ottenere qualcosa bisogna fare il primo passo. Così, Tomomi osservò il ragazzino che le dava la schiena, con le braccia spalancate. Vide come mutarono gli sguardi dei tre ragazzini, prima stupiti e successivamente divertiti. Sarebbe stato uno scherzo per loro stendere quel tappetto.

    ... Che diavolo credi di fare?

    EH? Ti sto proteggendo, non lo vedi?

    Ehi, nanetto!

    Tornatene dalla mamma!

    La ragazza intercettò il pugno indirizzato dritto sul naso del suo difensore improvvisato, alzò il braccio del ragazzo, spingendo il gomito all'interno finché, stretto in una morsa, concluse dandogli una ginocchiata dritta sul naso. Gli altri due si fermarono, pallidi come fantasmi e, senza il coraggio di sfidare quella specie di demone, se la diedero a gambe levate, lasciando il loro amico a terra e il gruppo di ragazze ancora attorno alla tipa dolorante. Hiro era esterrefatto, confuso come non mai. Era stato appena salvato da una ragazza?! E per di più, quella ragazza picchiava così forte?

    Ma tu... non è che sei un maschio?

    Che scemata è mai questa?!

    Si alterò lei, rifilandogli un pugno in testa con un'espressione che ricordò al ragazzo Misako nei suoi anni ruggenti. La ragazza aveva l'aria imbronciata ma, stranamente, il ragazzino non percepiva più quell'aria ostile nei suoi occhi, almeno non nei suoi confronti; questo gli diede la spinta per farsi avanti.

    Per me hai il coso.

    Finiscila ho detto!!

    [...]


    La scena che Hiro vivette venti minuti più tardi aveva un non so cosa di incredibile, almeno per lui. Seduto sulla stessa panchina da neanche un'ora prima, il ragazzo si trovava a condividerla con Tomomi Watanabe, la sua terrificante compagna di classe. Era imbarazzato, felice ed impaurito al contempo. Era in assoluto la prima volta che stava così vicino ad un essere di sesso opposto che avesse la sua età e il fatto lo metteva stranamente a disagio, seppur gli procurasse una sorta di innocente euforia. La ragazza faceva dondolare i piedi avanti e indietro mentre poggiava le mani sul legno accanto alle sue cosce, stando con la schiena un po' piegata in avanti a guardare il villaggio davanti a se. Ora che la vedeva bene, Hiro non poté non notare che era davvero carina ed emanava una strana aurea, come fosse molto più grande per la sua età, eppure, sempre dodici anni aveva. Ma perché si trovavano così vicini e in quel momento della giornata, loro che non si erano neanche mai rivolti la parola?

    "Forse dovrei dire qualcosa... Accidenti! Ma perché le ragazze sono così strane? Mi mettono troppo a disagio..."

    Ehi...

    WHA!

    Esclamò il ragazzino per la sorpresa, imbarazzandosi come non mai per al strana reazione. Tomomi, però, non sembrava averci fatto caso. Non lo stava guardando, teneva la testa bassa e si fissava i piedi che faceva dondolare uno alla volta, ritmicamente.

    ... Perché ti sei messo in mezzo, prima?

    L'altro la fissò senza trovare ricambiato il suo sguardo; più che confuso era stupito, non si aspettava una reazione del genere. Questo fece scattare qualcosa nella sua testa, qualcosa che gli sembrava di intuire. Il ragazzo aveva sempre desiderato qualcuno che prendesse le sue parti, almeno una volta, e ci sperava tutt'ora, anche se episodi di bullismo non ne aveva più subito fortunatamente; ma se oggi fosse stato al posto della ragazza, non avrebbe avuto quella reazione. Si sarebbe sentito felice per la prima volta in vita sua sapendo che qualcuno era dalla sua parte. Eppure, Tomomi era stupita seppur nella sua voce c'era una sfumatura tremolante, qualcosa che Hiro non riuscì ad afferrare. Era come se quella ragazza non avesse mai preso in considerazione l'idea che qualcuno sarebbe potuto essere dalla sua parte. Sapeva difendersi da sola e anche molto bene, ma non aveva mai avuto nessuno che l'aiutasse a difendersi? Hiro sorrise, distogliendo lo sguardo e prendendo a guardare il cielo.

    Stiamo per diventare Ninja, no? Quando qualcuno è in difficoltà bisogna aiutarlo!

    Tomomi si girò a rallentatore verso di lui, osservando per la prima volta il profilo del volto bambinesco del ragazzo, i suoi capelli neri tutti spettinati, il piccolo e dritto naso e gli occhi che risplendevano di una calda sfumatura color cioccolato. Rimase scioccata dalla risposta, si sentì così strana che non poté più rimanere lì. Nascondendosi il volto sotto il cappuccio della felpa, si alzò in piedi mentre l'altro la guardava confuso. La sua voce risuonò come sempre, impassibile, ma non seccata, non questa volta.

    ... Grazie, Hiro.

    Lui arrossì come un peperone, alzandosi in piedi per fare qualcosa, anche se non sapeva cosa, ma lei si voltò all'improvviso, dandogli le spalle.

    Ci vediamo a scuola.

    E corse via senza neanche aspettare che l'altro ricambiasse il saluto. Hiro fece per fermarla ma era veloce, già andata del resto, così si lasciò nuovamente cadere sulla panchina, confuso e stanco. Cos'era quella strana sensazione che provava, che lo faceva sentire così imbarazzato al riguardo? Più ci pensava più le guance si arrossavano e si sentiva sempre più stupido.

    Le ragazze sono davvero strane, beato chi le capisce!

    Esclamò non curandosi della gente che passava e lo fissava con sguardo interrogatorio. Ne aveva abbastanza per quel giorno e il sole stava per tramontare. Così, si mise sulla strada di casa, fremendo per tornare nel piccolo e disordinato appartamento dove un letto caldo e qualcosa da mettere sotto i denti lo stava aspettando. Intanto, Tomomi, destava sulla soglia di casa sua, un'abitazione un po' fatiscente e lontana dalle altre. Non riusciva a capire cose le fosse successo, perché si sentiva in quel modo dopo tanto tempo. Era felice, come da bambina. Mentre rientrava a casa silenziosamente, pronunciò le solite e monotone parole, dette senza enfasi ormai da anni. Ma questa volta, un sorriso sincero le illuminava il viso.

    Sono tornata!
     
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    Inizia l'esame!


    Il fine settimana passò con una velocità spaventosa. Ad Hiro sembrò di non aver avuto tempo neanche per mangiare tranquillo, tutto scorreva con celerità incredibile. Il sole si sorgeva presto e tramontava ancor più presto, lasciando spazio alla notte breve e scura. Prima che il sabato spuntasse sul suo calendario, il ragazzino si era fatto un programma ben strutturato delle cose da fare, per essere sicuro di riuscire a superare l'esame per diventare Genin. Non era un metodo che usava molto, anzi, era la prima volta che metteva tutto su carta, solitamente si lasciava guidare dall'istinto, ma vedere Tomomi così preparata nelle arti marziali e Makoto così spigliato nelle arti magiche lo metteva in agitazione. Aveva irrimediabilmente paura di essere inferiore agli altri, di venire lasciato indietro e dimenticato. Per questo, il foglio di carta strappato da qualche quaderno, adesso pendeva attaccato alla porta d'ingresso, in bella vista, in modo che il ragazzino non potesse sfuggirgli. Si stava tendendo trappole da solo! Ridacchiò mentre si abbandonava sul letto, fissando la sera che ormai era scesa sul Villaggio della Cascata. Si sentì così tranquillo che per un attimo non fu avvicinato da alcun pensiero, la sua mente era sgombra da ogni preoccupazione, totalmente rilassata. Una parte di lui sapeva che tutto sarebbe andato per il verso giusto, già sentiva il peso leggero del coprifronte là, dove lo avrebbe legato una volta divenuto Genin. Cosa sarebbe successo allora? Era successo tutto così in fretta che, ora che aveva tempo per pensarci bene, si sentiva spaventato. Fino a una settimana prima si sarebbe sognato di dormire in un letto diverso dal suo e invece eccolo lì, presente alla sua vita che finalmente poteva dichiarare davvero "sua". Era stato l'incontro con Makoto a cambiare ogni cosa. Se non avesse incontrato quel ragazzo dall'aria così malinconica non sarebbe mai riuscito a diventare ciò che era adesso. Non avrebbe mai saputo dell'esistenza dei Ninja, non si sarebbe mai informato sulle gesta degli Shinobi leggendari e non avrebbe mai provato l'intimo e profondo desiderio di diventare come loro. In un certo senso, la sua stessa presenza in quella casa era da attribuire a Makoto. Misako aveva fatto la sua parte, era riuscita a convincere il preside a lasciarlo andare e gli aveva persino offerto quell'appartamento, decisamente troppo piccolo per lei ma grande abbastanza per il ragazzino, ed eccolo lì, a rincorrere i suoi sogni grazie all'aiuto degli altri. Hiro si addormentò improvvisamente con il sorriso sulla faccia angelica mentre si rendeva conto che era passato dall'essere solo all'avere due persone davvero importanti accanto a se.
    E così arrivò il sabato e poi la domenica, ma fu un passaggio veloce e Hiro si rese conto che il programma attaccato alla porta era rimasto solo un programma teorico perché di pratico non aveva neanche fatto ginnastica. Purtroppo, come accade sempre nella vita di ogni studente, si rese conto del suo tragico errore solamente la sera prima del grande evento. Girava per casa in calzoncini e canottiera, disperandosi e urlando al vento per la sua idiozia. Non era andato a correre, non aveva fatto i piegamenti e i saltelli con la corda, non aveva ripassato le posizioni di tutti e dodici i sigilli né tanto meno aveva provato le tre tecniche basilari che, a quanto aveva detto Katai qualche lezione fa, sarebbero state oggetto della prova d'esame. La prova d'esame: al solo pensare quelle parole lo stomaco del ragazzino dai capelli neri si attorcigliava dolorosamente. Avrebbe sicuramente fatto fiasco, al diavolo i buoni presentimenti!

    No! Al diavolo, mi rifiuto! Starò sveglio tutta la notte, finché non saprò le tecniche a memoria! Non posso fallire, non posso lasciare che il mio sogno vada in frantumi per un esame!

    Esclamò deciso a fare qualcosa di concreto per ribaltare la situazione. Dopotutto cosa sarebbe stata una notte insonne rispetto a tutta la vita che aveva davanti? Sì, aveva deciso: il suo allenamento iniziava in quel momento! Così mise il bollitore riempito fino all'orlo sui fornelli, preparandosi una quantità industriale di tè per mantenersi sveglio finché non avesse completato l'addestramento. Facendo un gran baccano (che provocò le proteste della povera coppia di anziani che abitava al piano di sotto), Hiro spostò il tavolo della cucina, rovesciando tutti i libri e gli oggetti vari per terra, tentando di farsi spazio. Aveva un metodo tutto suo per allenarsi, così si mise seduto a gambe incrociate, afferrando due libri e mettendoseli in testa per tenerli in equilibrio mentre un piccolo rotolo veniva aperto davanti a lui: erano le posizioni di tutti i sigilli e il ragazzino, tentando di non far cadere i libri e stando ben dritto con la schiena, li eseguiva, lanciando qualche occhiata critica alla pergamena, ogni tanto. Mentre eseguiva le imposizioni con le mani, declamava ad alta voce i nomi, per tentare di ricordarseli a memoria. Peccato che ogni tanto toppava alla grande e, nella fretta di vedere il rotolo con le giuste soluzioni, i libri cadevano, sbattendo al pavimento. Dopo la quarta volta che ciò avvenne, il ragazzino decise di mandare a quel paese la teoria e fare un po' di pratica. Afferrò un altro rotolo dove le tre tecniche basilari erano descritte molto bene, con i sigilli da eseguire e i passaggi da rispettare. Hiro si sfregò le mani, leggendo velocemente tutto ciò che riguardava la prima tecnica, quella della trasformazione. Era quella che aveva sbagliato davanti a tutti venerdì, per questo decise che, d'ora in avanti, sarebbe stata la sua tecnica migliore. Prese un bel respiro e impastò il chakra finché non si sentì pronto, d'altronde non c'era nessuno ad osservarlo. Pecora! Serpente! Tigre!

    Tecnica della Moltiplicazione del Corpo!

    Fu un altro fiasco totale. Quello che Hiro non sapeva era che il suo reale problema era l'impastare il chakra. Non riusciva a controllare l'impeto che provava quando era sotto esame e per questo impastava male il chakra, distribuendolo ancora peggio, e questa era la causa di tutti i suoi errori. Ma questo l'avrebbe scoperto solo il giorno seguente... Ad ogni modo, trascorse l'intera nottata fallendo tecniche su tecniche e imbottendosi di tè, finendo col correre in bagno quasi ogni cinque minuti. La povera vecchietta del secondo piano non aveva più forze neanche di afferrare la scopa e batterla con forza sul soffitto, tanto era stanca.

    Il giorno seguente...


    Eccolo! Sento che arriva, sto per vomitare!!

    Quello fuori dall'accademia, alle otto del mattino, non era un bello spettacolo. Hiro aveva un aspetto orribile: vestito peggio di un cieco, con i capelli così in disordine da sembrare uscito dal centro sociale più squallido del Villaggio, con due occhiaie viola sotto gli occhi scuri e il colorito giallognolo. Il suo stomaco emetteva gorgoglii sinistri ad intervalli regolari e, in quei momenti, il ragazzino diventava verde. Poggiato sul retro della scuola, si teneva la pancia con un braccio, poggiandosi al muro tutto chino, pronto per rimettere. Se lo sentiva che sarebbe andata male, quello era un segno. Makoto, accanto a lui, tentava di stare calmo ma vedere l'amico sotto quella nuova luce non gli dava molta speranza. Anche lui aveva delle leggere occhiaie sotto gli occhi blu e i capelli biondi non erano stati pettinati, tanto che somigliavano a quelli folti e ribelli di Hiro.

    Fatti forza, amico, vedrai che ce la faremo! Questa è solo un po' d'ansia, credo..

    Dimmi la verità... Come ti riescono le tecniche? Riesci a farle tutte e tre?

    Il biondo si grattò la testa e le sue guance bianche si tinsero improvvisamente di rosso, così come le orecchie, nascoste dai capelli.

    La sostituzione non mi viene granché... Nelle altre me la cavo abbastanza... e tu, Hiro?

    Io... è meglio che lascio perdere...

    Si sedette contro il muro con espressione affranta, mentre l'amico prendeva posto accanto a lui. Saranno anche stati rivali ma, in quelle situazioni, un'amicizia sincera faceva la differenza. Il ragazzino dai capelli neri vuotò il sacco nonostante non gli piacesse fare la parte del debole, raccontò per filo e per segno tutte le difficoltà che incontrava puntualmente durante l'esecuzione delle tecniche. Makoto non aveva la minima idea di cosa rispondergli, era un principiante proprio come lui e non si era mai soffermato a pensare a questi problemi perché non ne aveva mai incontrati. Semplicemente, impastava il chakra e il gioco era fatto. Hiro sospirò, chiudendo gli occhi.

    Forse non dovrei neanche fare l'esame.

    Che noia. Sei interessante solo quando si tratta di fare a pugni?

    I due ragazzini sobbalzarono alla vista di Tomomi, in piedi davanti a loro, mostrando un sorriso d'intesa. Indossava la solita gonna grigia, le solite vecchie scarpe e il solito giacchetto rosa con il cappuccio fin sopra la testa, dalla quale spuntavano quei lunghissimi capelli castani. L'espressione che mostrava era così diversa da quelli alla quale erano abituati che per un momento non capirono chi fosse quella ragazza così carina che era venuta a parlare con loro spontaneamente, come nessuno faceva. E, del resto, vedere Tomomi che parla con qualcuno senza insultarlo, o quasi, era una gran bella novità. Hiro non si spiegava il perché ma la presenza della ragazza lo fece scattare immediatamente, quasi rinsavire da quella sciocca depressione nella quale stava naufragando consenzientemente. Provò a balbettare qualcosa mentre Makoto, incredulo, fissava prima lui, poi la ragazza. Fu lei ad interrompere Hiro, scuotendo la testa.

    Ho sentito quello che hai detto e credo di sapere che problema hai.

    I due ragazzi si scambiarono un'occhiata mentre la terza li guardava confusa e leggermente seccata. Perché tutta quella diffidenza? Stava cercando di aiutarli, insomma!

    ... Ma... perché? Perché mi aiuti?

    Tomomi distolse lo sguardo, fissando il vuoto. I ricordi sembrarono assalirla ma poi sorrise, scuotendo la folta chioma. Makoto arrossì come un peperone e Hiro restò incantato da come quella ragazza potesse assumere così tanti aspetti diversi pur rimanendo sempre la stessa. La ragazza, da parte sua, aveva avuto tempo di riflettere sulla sua intera vita, prendendo coscienza del suo passato e, finalmente, accettandolo. E, sebbene all'inizio faticasse a crederci, era tutto merito del ragazzino dai capelli neri, più basso e debole di lei. Tagliò corto e spiegò senza mezzi termini che il problema del ragazzino era l'impasto del chakra. Era normale che, all'inizio, sezionare precisamente le giuste quantità di chakra per utilizzare le tecniche fosse difficile, e, secondo lei, era proprio questo il problema. Gli consigliò di percepire bene il chakra dentro di se e "metterne da parte un po'", la giusta quantità per la tecnica da usare, altrimenti, sia per un eccesso che una mancanza, avrebbe avuto difficoltà. Hiro e Makoto ascoltarono rapiti la spiegazione e i loro occhi si illuminarono quando si resero conto, che, probabilmente, la ragazza aveva ragione. Ora erano di nuovo motivati ad affrontare l'esame, tutto grazie a quella misteriosa e terrificante compagna di classe, che si era dimostrata l'esatto contrario di ciò che appariva.

    Grazie, Tomomi! Sei davvero un'amica, ahah!

    Pff, non ringraziarmi troppo. Sto solo ricambiandoti il favore.

    Ah, ma di cosa? Alla fine non ho fatto nulla, li hai fatti scappare tu quei tizi, eheh!

    No, io.. non intendevo questo.. Come dire, tu hai detto qualcosa, l'altro giorno, che mi ha fatto ricordare una persona che per me è davvero importante. Quindi, grazie, Hiro!

    Gli sorrise sinceramente e Hiro, senza poter fare nulla, non riuscì a non ricambiare quel sorriso con tutto il suo cuore. Era in una forma un po' diversa da come se l'era immaginato, ma finalmente qualcuno aveva preso le sue parti. Makoto, leggermente confuso ma contento per l'amico, si incuriosì nei confronti della ragazza che sembrava davvero un'esperta di chakra e argomenti del genere, nonostante avesse la loro età.

    Ma tu.. Come fai a sapere tutto questo?

    Sia com'è, sono in accademia da tre anni...

    TRE ANNI?!

    Gridarono all'unisono i due, increduli. Lei arrossì un po' mettendo su il broncio. Spiegò che non era una ripetente o qualcosa del genere, semplicemente aveva iniziato l'accademia anni fa ma non aveva mai avuto il coraggio di sostenere l'esame.

    E' successo tutto quel giorno... Da allora una parte di me ha rinunciato alla carriera della Kunoichi. Sono due anni che salto l'esame per diventare Genin e questo è il terzo ma... questa volta non voglio rinunciare. E' stato grazie a te, Hiro. Quando hai tentato di proteggermi sapevi benissimo che quei tipi te le avrebbero suonate di santa ragione, ma non ci hai pensato neanche un attimo a metterti in gioco.
    Ho rinunciato perché avevo paura di andare avanti e realizzare i sogni che avevo coltivato assieme ad un'altra persona... Ma ho capito che lui non avrebbe voluto vedermi rinunciare... Lui era molto simile a te, Hiro, per questo mi hai fatto capire che non devo avere paura di mettermi in gioco! Sosterrò l'esame e realizzerò il mio sogno, non sarò più schiava di un ricordo!


    La campanella scandì le ultime parole della ragazza, pronunciate con grande impeto, sentita dalla prima all'ultima sillaba. Le si erano inumiditi gli occhi ma sorrideva fiera perché quello era il giorno della sua liberazione. Il ricordo del padre, deceduto in missione, la tormentava da anni, ormai, come un senso di colpa costante che non le permetteva di vivere. Eppure, era cambiato tutto da quel giorno nella foresta e l'artefice era Hiro Mikazuki, un ragazzino che non sapeva neanche impastare il chakra. Era il suo momento, adesso, poteva finalmente dimostrare a se stessa e agli altri che non avrebbe mollato, esattamente come suo padre che non si era mai tirato indietro difronte alla brutalità della vita, in nessun caso.

    Ci vediamo dentro, in bocca al lupo!

    Esclamò con un gran sorriso e sembrò finalmente una ragazzina della sua età. I due ragazzi erano impietriti mentre la guardavano allontanarsi, senza parole. Lì imbambolati come due salami, si scambiarono un'occhiata.

    Le femmine... sono davvero strane.

    Cioè... prima è così e poi... Ma come...

    Loro erano creature semplici, non certo complicati come le donne che, invece, sembravano non contente di provare un solo sentimento alla volta. Si alzarono, ritrovando, appunto, la motivazione giusta per farsi avanti. Raggiunsero gli altri studenti fino in segreteria, dove c'era un sacco di gente ad aspettare, ansiosa. Li avrebbero chiamati a turni e interrogati uno alla volta, da soli, davanti ad una commissione. Videro Tomomi in un angolo, con nuovamente la solita espressione distaccava sul volto.

    Ce la faremo!

    Dobbiamo, non ho intenzione di passare un altro anno a scuola!

    [...]


    Mikazuki Hiro!

    Quasi svenne a sentirsi chiamare ma Makoto gli diede una forte spinta, facendogli raggiungere il sensei Katai che lo aspettava sulla soglia. Diede una pacca sulla schiena al ragazzino e lo scortò lungo il corridoio dell'accademia. Hiro iniziava a diventare blu.

    Coraggio, rilassati e vedrai che andrà bene!

    Ci provo...

    Quando però si ritrovò nella classe vuota con tre sconosciuti che lo fissavano si sentì mancare. Lo salutarono e, balbettando, si presentò alla commissione, più impacciato che mai. Per fortuna che sorrisero, altrimenti sarebbe svenuto sul colpo.

    Bene... Giovanotto, vogliamo provare la tecnica della moltiplicazione del corpo?

    "Acci! Proprio quella che mi riesce peggio!!"

    Con calma, Hiro, prenditi il tuo tempo.

    Va bene.. ora la faccio!

    Chiuse gli occhi e impastò il chakra come sempre, respirando a fondo e ripassando mentalmente i sigilli. Pecora, serpente, tigre. Pecora, serpente, tigre. Niente, non riusciva a concentrarsi per bene! Il cuore sembrava esplodergli tanto batteva forte e un'ansia crescente sembrava soffocarlo. Era certo che avrebbe sbagliato, sarebbe stato bocciato e avrebbe deluso tutti, Misako, Makoto e anche Tomomi che si era disturbata per aiutarlo.

    "Eh? Tomomi... quello che mi ha detto..."

    Se lo ricordò improvvisamente, il suo discorso pieno di buone intenzioni e il suo prezioso aiuto. Si rese allor conto di non poter fallire, non avrebbe illuso una ragazza di essere un tipo che non si arrende e arrendersi subito dopo. Aprì gli occhi e fissò gli esaminatori. Percepì il chakra dentro di se e, come aveva detto la ragazza, scoprì che utilizzarne una sola parte... era la cosa più facile da fare al mondo. Gli veniva naturale, era come sbadigliare se si ha sonno o andare in bagno quando ti scappa. Sorrise e si sentì finalmente al pari degli altri, sapeva di potercela fare, così compose i sigilli e...

    Tecnica della Moltiplicazione del Corpo!!

    Dieci ragazzini dai capelli neri tutti scompigliati apparvero improvvisamente con dei puff! Perfetti, illusori e tutti sorridenti, proprio come gli esaminatori che sorrisero contenti (e Katai sensei sembrava al settimo cielo tanto aveva temuto per il suo studente!). Ma chi era davvero felice era Hiro che finalmente aveva dimostrato a tutti e sopratutto a se stesso di potercela fare se credeva nelle sue capacità. Uscì in cortile tutto euforico, proprio quando Makoto era appena entrato nell'aula affianco. Tomomi, in lontananza, gli fece l'occhiolino e il ragazzo ricambiò. Il cuore gli batteva forte anche stavolta ma non era l'agitazione, era semplicemente felice.

    L'esame finì un'oretta dopo e a tutti i genitori degli studenti fu consegnato un coprifronte scintillante con il simbolo di Taki. Tra la folla, Hiro intravide Makoto con un ragazzo che aveva si e no vent'anni, identico a lui se non per il fatto di avere un'aria molto sicura. Posò una mano sulla testa del fratello, porgendogli il coprifronte mentre l'altro se lo legava ben stretto, con le lacrime agli occhi per l'emozione. Hiro sorrise e distolse lo sguardo, cercando Tomomi. La vide lontano dagli altri, sola, con il coprifronte legato sul braccio. Se ne andò senza dire una parola ma il suo sguardo era rilassato, sembrava quasi che avesse finalmente trovato la forza per realizzare i suoi sogni.

    "Che bello, siamo tutti Genin, adesso! E anche io ho il mio... Eh... Aspetta... PERCHÈ SONO L'UNICO CHE NON L'HA?!"

    Si voltò di scatto e una mano gli si posò sulla testa. Un corpo femminile e lunghi capelli neri occuparono la sua visuale, Hiro alzò la testa e Misako gli sorrise, dandogli una pacca affettuosa sul braccio.

    Complimenti, eh!

    Misako! Ma che ci fai qui?

    Tsk! Sei il solito impertinente! Insomma, ti do casa mia, ti permetto di iscriverti in accademia, vengo a trovarti durante la tua promozione e ancora non ti abitui all'idea che sia sempre alle tue calcagna?

    Il ragazzino sorrise perché la faccia seria di Misako era davvero buffa, così tanto che lei se la immaginò e scoppiò a ridere. Scosse la testa e allungo la mano, porgendo qualcosa di scintillante al ragazzino.

    Sono qui per darti questo. Congratulazioni, Hiro!

    Ma è il coprifronte... Misako... l'hai preso tu per me?

    Ovvio! Credi che il preside e 'sti tipi qui ti avrebbero fatto iscrivere se non ci fossi stata io? Sono diventata la tua tutrice da quanto hai lasciato l'orfanotrofio... Quindi sono io che devo darti il coprifronte!

    Hiro lo prese con un sorriso e, chiudendo gli occhi, se lo sistemò sulla fronte, legandolo bello stretto. Misako lo guardò e si commosse, per questo voltò lo sguardo e fece finta di nulla.

    E'... caldo, però mi dona. Mi piace il blu! E ora... che si fa?

    Ti porto a mangiare fuori, che domande!

    Evvai! E parliamo della prima missione che farò?

    No, tesoro, parliamo che la vecchia del secondo piano si è lamentata. Hai fatto casino per tutta la notte, disgraziato!

    Sì, ecco.. parliamone dopo... 'sto coso è stretto, inizia a girarmi la testa...

    Allentatelo, cretino!

    Mentre tutti i nuovi Genin tornava a casa, Misako e Hiro se ne andavano per le strade di Taki, cercando un buon posto che facesse un buon ramen a poco prezzo. Mentre mangiavano con foga, la donna osservò la peste dai capelli neri e non poté fare a meno di sorridere pensando che aveva appena fatto un passo verso il suo sogno.

    finita!
     
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  4. Kote
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3 replies since 28/5/2015, 18:41   74 views
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