IV - Ammissioni, Colpe e Rifiuto

P.Q.

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    Una giornata come le altre, se non fosse per la pioggia. Il colore del cielo è grigio, scuro, plumbeo. Sembra quasi che una cappa abbia inghiottito tutto il villaggio delineandone i confini, nonostante l'effetto sia solo causa della sfericità del globo. Un lievissimo vento corre da nord-est verso sud-ovest, rinfrescando ancora di più quella giornata già di per sé abbastanza freddina.
    Il nostro caro porcospino dai capelli verde acqua sta camminando lentamente per una delle viuzze del verdeggiante villaggio con addosso solamente un impermeabile nero, una felpa dello stesso colore, jeans scuri attillati e degli scarponi da escursione. Il cappuccio è alzato a coprire la testa e parte della faccia, ma la lentezza nei suoi passi fa ben capire quando poco gli importi che stia piovendo a dirotto.
    Le fredde goccioline colano sul suo volto senza pietà, rigandolo e scivolando fino all'interno dei suoi abiti, e difatti, di tanto in tanto, viene scosso da qualche leggero brivido e la pelle d'oca si manifesta un po' dappertutto sul suo corpo. Non ha una meta precisa, lo si capisce dal fatto che guarda ad ogni angolo ogni singola stradina, percorrendole con disinteresse e scegliendole puramente a caso, senza pensarci più di tanto.
    Un fulmine squarcia il cielo all'improvviso. Tutto quanto viene illuminato per un istante da un bagliore potentissimo, accecante, ed in cielo si disegna una nervatura biancastra che scuoia le nuvole, ma che scompare dopo pochissimi istanti, seguita da un poderosissimo tuono che fa vibrare i muri delle case ed il petto del nostro giovane. Un semplice sospiro si manifesta davanti a lui sotto forma di vapore, ma subito viene abbattuto dalle gocce di pioggia.
    Tutto il villaggio è ormai infangato ed umido, ed in giro non si vede praticamente nessuno, se non i fattorini che, ahimè, hanno da fare consegne a domicilio per tutti quei pigroni che non hanno voglia di prendere un ombrello ed andare a farsi le compere da solo. Lui, fortunatamente, non è così pigro e, dato che sua madre è fuori per una ricerca nella foresta, deve andare anche a farsi la spesa da solo. Sì, con pioggia e vento che rompono le palle a non finire.
    Ma a quanto pare sta facendo di tutto tranne che far compere, dato che ormai sta camminando dritto verso la locanda, e non è difficile che soggiorni lì per qualche ora e sbafi birra e bistecche come un dannato leone affamato. Alza un attimo la testa verso l'insegna e sorride, tornando a guardare il terreno subito dopo e facendo battere i piedi in ogni pozzanghera per far saltare l'acqua: cosa che normalmente qualcuno evita, ma lui è un bimbo speciale, no?
    Le migliaia di goccioline si infrangono sul terreno, picchiettano senza pietà nelle pozzanghere, creando cerchi concentrici che s'intrecciano fra di loro, interrompendosi a vicenda e con prepotenza, andando a rimpinguare quei piccoli laghetti fangosi lungo le strade ed ai piedi dei grossi alberi secolari. L'aria è impregnata dell'odore dell'erba e terra bagnate, tanto che, per il fastidio, ogni tanto Ban si gratta il naso e lo strofina.
    Fortunatamente ecco che la locanda è ormai davanti a lui, e con una mano allungata spinge la pesante porta di legno, entrando in quel posto caldo accompagnato dal fastidioso scricchiolio del legno e degli infissi arrugginiti. Appena lo vede l'oste lo saluta con un grande sorriso stampato in volto, agitando la mano con forza. Lui ovviamente ricambia, scrollandosi di dosso l'acqua sul tappeto d'ingresso e poggiando il suo impermeabile grondante su uno dei ganci.
    Il calore del grosso camino si diffonde in tutta la stanza, lingue invisibili che lambiscono i corpi di tutti i presenti, allietando leggermente la sofferenza dovuta alla fredda pioggia autunnale. Quel gelo leggero, ma che ti entra nelle ossa e se ne impossessa. Il giovane si scrolla leggermente quella sensazione di dosso con un gesto simbolico, passandosi ancora una mano fra i capelli e sbuffando rumorosamente. Non è proprio giornata, eh?

    Un boccale di vino speziato allo zenzero ed al miele, ti prego. E già che ci sei, anche un bel bisteccone a media cottura!

    Arriva subito! Come mai quel broncio, Ban?

    Nulla di particolare, è giusto la giornata di merda unita al...

    Neanche finisce la frase, non riesce, tanto che è costretto ad alzare la testa e deformare la faccia in un'espressione indecifrabile e buffa. E poi, come un'esplosione che distrugge un mistico silenzio, ecco che starnutisce con forza, portando entrambe le mani davanti al naso e battendo il piede per terra con forza. Inutile dire che il locandiere prorompe in una fragorosa risata mentre gli porge un tovagliolo di carta.

    Raffreddore? Ahahahah! Povero il nostro cuocherello! Ora vedi come ti bassa con un bel bicchierone di vino!

    Aye aye, vado a lavarmi le mani dai, torno subito! Non chiacchieriamo da tempo noi due!

    E si allontana verso il bagno mentre l'altro sorride e comincia a bollire il vino, tanto che un piacevole odore speziato raggiunge le sue narici prima ancora che lui sia arrivato in bagno. Si lecca i baffetti alla sola idea e con una spinta decisa apre la porta di legno, fiondandosi al lavandino e riempiendosi le mani di sapone, giusto per lavare via i tanti ed eventuali germi su di esse prima che si metta a mangiare.
    Si bagna anche il volto dopo che l'acqua è diventata più calda, passandosi anche le mani fra i capelli e scuotendoli leggermente come fosse un cane, ed è in quel momento che lo nota. Guarda nello specchio e nella penombra adocchia una figura mascolina con il volto nascosto, ma con la divisa da shinobi. Si volta rapidamente, socchiudendo leggermente gli occhi per poter capire chi lo stia osservando in quel meticoloso e religioso silenzio.
    Si avvicina leggermente, ed anche l'altra figura fa lo stesso, venendo invaso dalla luce del bagno ed anche quella della finestra. La bocca dello stomaco si chiude improvvisamente come avesse visto un fantasma, mentre i nervi del collo si tendono all'inverosimile e sul suo volto si disegna l'espressione più incazzata che abbia mai avuto. Se potessero diventare altro, adesso, probabilmente quegli occhi sarebbero puro fuoco dell'inferno.

    E tu che cazzo ci fai qua?

    Continua :si2:


    Edited by Kashi - 12/4/2015, 20:44
     
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    Le vene sulla fronte cominciano a pulsare, così come quelle sulle tempie mano a mano che il suo volto si colora di un rosso acceso, violento. Anche i suoi occhi sono iniettati di sangue alle estremità: esigue e sottilissime venuzze scarlatte e rosse che spruzzano quel colore nella sclera del giovane. Un leggero scricchiolio proviene dalla sua bocca mentre i denti strisciano gli uni sugli altri, mentre le narici si dilatano all'inverosimile.
    E' quasi inumana quella contrazione in cui costringe tutto il corpo, ma non sembra nemmeno farlo apposta. Spalle leggermente spinte verso l'interno, pugni chiusi e braccia stese lungo i fianchi. Gambe ferme a terra, il piede sinistro scandisce un ritmo tutto suo, una melodia mentale. Una sinfonia rapida, violenta e veloce. Lo sguardo è fisso su quella figura che pare ostile, mezza nascosta nell'ombra, tremante, indifesa.
    Sta fermo lì per qualche altro secondo, respira profondamente e - per quanto sia difficile - cerca di distogliere lo sguardo per prendere la via dell'uscita da quel gabinetto che, improvvisamente, è diventato un posto assai schifoso. E non per sua natura, si intenda, semplicemente per quella presenza. Rapidi sono i passi che vengono mossi verso la porta di legno, anche se una mano prova a sfiorare il suo braccio, non ne può più.

    LASCIAMI STARE! Avevo promesso che tu saresti stato come morto ai miei occhi, adesso sparisci.

    Non è come credi. C'è un motivo...


    Me ne sbatto il cazzo dei tuoi motivi, con permesso.

    Rapido si scrolla quella mano di dosso ed allontana la figura con una spallata, dirigendosi verso la porta con foga ed aprendola con violenza. Avrebbe anche continuato dritto se non fosse per altre due figure proprio lì davanti: sua madre ed un'altra donna tutta truccata ed imbellettata. Riflette qualche istante e poi il cigolare della porta lo fa ritornare alla realtà: la donna della sua vita ha un'espressione stranita e dispiaciuta.
    Uno sguardo viene lanciato verso la finestra, dalla quale proviene la fioca luce della nuvolosa giornata ed il rumore della pioggia. La rabbia sta rapidamente scemando in impazienza e confusione: i pugni si rilassano leggermente, così come i denti smettono di strisciare gli uni contro gli altri. La sua espressione interrogativa ritorna sulle due figure femminili, in particolare su quella materna, tanto che il giovane prova a carpire i segreti di quello sguardo con il suo, non riuscendoci.
    Fortunatamente la locanda è semi-vuota, così da evitare anche che la gente fissi i propri sguardi su di loro, ed il buon locandiere fa finta di farsi i fatti suoi, anche se ogni tanto ci butta palesemente l'occhio per capire che diavolo stia succedendo. Lo sguardo supplice del giovane shinobi è rivolto a sua madre, e la stessa identica espressione gli rimbalza addosso come si stesse guardando allo specchio. La situazione puzza di scomodità.

    Com'è diventato bello il mio Ban, nevvero? Tu avevi anche provato a fargli del male. Gli hai mai chiesto scusa?

    Era un periodo difficile quello.

    Sì ma su, era pur sempre tuo figliuolo.

    Anche il tuo, eppure.

    Eh?

    Un attimo di pausa.

    No, ripeto: EH?
    Scusami tanto se te lo chiedo, drag queen da quattro soldi, ma chi diavolo sei tu? E perchè questo rincoglionito di un padre ha detto che son tuo figlio?
    Mamma, che succede?


    Come ti perm...


    Va tutto bene, è normale che sia scosso! Ihih.

    Ma da sua madre non ha risposta se non una scrollata di spalle ed uno sguardo basso, colpevole. Quella strana donna e quello che una volta era suo padre parlano in maniera tranquilla di un qualcosa che non esiste in nessun mondo, e l'altra donna è semplicemente lì, silente, una presenza colpevole in un teatrino di goffi burattini innalzati a dignità di persone mediocri. Un ultimo sguardo verso sua madre, e finalmente ella decide di parlare.

    Okay, parlerò io. Ma almeno possiamo sederci?


    Il giovane scuote la testa, vitreo ed imperturbabile.

    Lui lo conosci. Lei, mio piccolino, lei è... tu-tua m-madre, nonché mi-mia sorella. Lasciami parlare, ti prego, perché non oso nemmeno immaginare quanto questo possa essere confusionario. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, eppure ho sempre sperato di no. Lei troppo occupata per avere un figlio indesiderato, lui troppo frustrato per dover far finta di vivere con una donna che non è sua moglie e... ed io sterile, che ho deciso di amarti come il figlio che sei per me.

    Oh suvvia, così mi fai passare per la cattiva di turno! Ero solo occupata e sei stata un'ottima mamma fino ad ora no? Hai fatto un bel lavoro sorellina, ed ora che ho tutti i soldi del mondo posso occuparmi del mio pargoletto, non credi?

    Io...

    Andiamo dai! Pensi davvero che voglia continuare a fare questa vita? Mi avete detto che sogna di fare il cuoco, evvero? Ebbene, frequenterà le scuole più prestigiose del mondo ed avrà per sé un'intera cucina. Sapete bene che lo vorrebbe no? Apparte te, che non sei manco stato capace di trattarlo come un figlio, perchè sei un uomo mediocre.

    E "suo padre" sbuffa leggermente, facendo un segno di noncuranza con la mano ed andandosi a sedere su uno dei tavolini lì vicino. Sua madre se ne sta lì, con gli occhi pronti ad esplodere in una cascata di lacrime ed i pugni chiusi. La faccia rivolta al terreno è coperta da lunghe ciocche di capelli castati e rossicci. Tutto il suo corpo trema leggermente, il respiro della donna è pesante, incostante. Poi un leggero singhiozzo.
    L'altra, la fantomatica drag queen che dichiara al mondo la sua latente maternità, se ne sta invece lì in piedi, fiera nel suo fare e nelle sue parole, il suo sguardo vince su tutto, le sue mani guantate gesticolano come se potessero governare il mondo. Labbra rosse e gonfie, trucco perfetto, postura magistrale ed una padronanza di linguaggio fuori dal comune. Un'eleganza oscurata dalla stessa sua presenza, così nera da far concorrenza alla pece.
    Silenzio.
    Tutto ciò che c'è nella mente del ragazzo in questo momento è un silenzio fuori dall'umano. I suoi occhi seguono i movimenti della bocca delle due donne, senza recepire le parole: osservano gesti, osservano sguardi, osservano ogni singolo movimento. Poi tutto quanto si rompe quando la sua di bocca è a muoversi, una semplice parola che passa subito in secondo piano, eclissata dalle altre parole.

    Scusate?

    ... E quindi è comprensibile, ma io sono sicura che questo sia meglio per lui.

    Io vorrei che lui decidesse da...

    SCUSATE?! VOLETE FARMI IL SANTISSIMO FAVORE DI CHIUDERE QUELLA CAZZO DI BOCCA?

    Ed il mondo si congela per un istante mentre il sangue riprende a pulsare vivo e violento sotto la pelle del ragazzo. Occhi di ghiaccio i suoi, gli occhi bianchi del suo potere innato, che non si sa per quale motivo adesso siano ben brillanti sulla sua faccia. Un color ghiaccio da far paura, un colore così vuoto eppure così pregno di significato da mettere a tacere qualunque creatura sulla faccia della terra. "Sua madre" non l'ha mai visto così, eppure ha vissuto con lui per diciassette anni. Lei si porta una mano alla bocca, trannenendo a stento il pianto, mentre la sontuosa e superba "signora" sembra semplicemente un pochetto scandalizzata.

    Fatemi capire un attimo la situazione. Ok, no, la situazione l'ho capita. Ma vorrei farne il punto: tu. Tu chi cazzo sei per presentarti qui e pretendere di sapere COSA io voglio fingendo di sapere CHI sono e COME lei mi ha cresciuto? Potrò anche essere uscito dal tuo antro delle meraviglie, ma tu non sei mia madre. La vedi quella donna? Li vedi i suoi occhi? LEI è mia madre, lei mi ha dato amore, lei mi ha cresciuto, lei mi ha asciugato le lacrime, cambiato i pannolini, curato le ferite, insegnato a cucinare ed andare in bici. Lei è tutta la mia vita fino ad oggi. Tu non sei nulla, lui non è nulla. Voi siete sconosciuti, persone senza volto per me. E sarà lei a raccontarmi tutto quando saremo a casa NOSTRA, senza di voi. Mi arrabbierò? Può darsi, ma non lo farò con quest'aria schifata. Ci vediamo a casa.

    Come diavolo ti permetti?! Bell'educazione che ti ha insegn...

    Puoi anche morire.

    E senza che nessuno abbia la possibilità di rispondere cerca ogni singola forza per prendere il suo zaino e scomparire all'esterno, sotto la pioggia fredda, con la velocità massima consentita dai suoi muscoli. Il temporale sta peggiorando, ma pare nulla in confronto alla tempesta che in questo momento gli tuona nel cuore.

    Continua!
     
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    BOOM.
    Mi ritrovai al freddo, al gelo, con la pioggia che mi batteva in faccia.
    Per un istante mi dimenticai anche tutto quello che fosse successo, l'acqua lavava via ogni rabbia per un istante. Un solo istante di pace, volevo solo quello. Solo quello.
    In certi casi dicono che tu debba sentirti come se tu non avessi più nessuna certezza, eppure no, non era così. Io sapevo chi fosse mia madre, io sapevo che mio padre era una merda. Nessuno mi avrebbe tolto questo dalla testa. Nessuno. Eppure quell'acqua sembrava voler buttare via tutto.
    Un brivido gelato strisciò lungo la mia schiena e la pelle s'intorpidì, non dovevo stare lì fuori a lungo. Dove andare? Non avevo nient'altro in mente se non quella piccola locanda ai confini della città: ci andavo quando litigavo con mamma, ci andavo quando qualcosa non andava. Ci andavo e basta, senza un motivo particolare, perchè mi piaceva, perchè era calda.
    Sembrava quasi che le gambe si muovessero da sole: non mi accorsi nemmeno di essere arrivato davanti a quella porta di legno putrefatto. Ero fradicio, incazzato. Tremavo leggermente, eppure buttai su un flebile sorriso ed entrai. Non era necessario che tutto il mondo sapesse dei miei problemi.
    Mi tolsi la giacca e la sciarpa, rimanendo sull'uscio per qualche istante a guardarmi intorno.
    E nel frattempo una piccola pozzanghera nasceva ai miei piedi. Colsi per caso il mio stesso sguardo nel riflesso dell'acqua: a chi volevo darla a bere? Certe maschere son dure da distruggere. E poi io non ci ero mai riuscito.
    Bere, bere. Ecco cos'ero venuto a fare in quel trogolo inondato di fumi e puzza di chiuso. Nessuno badava a nessuno, tutti immersi in un mondo proprio dettato dall'alcool. Il posto perfetto, in quel momento. Il posto migliore in molti momenti, a dirla tutta. Camminai fino al bancone e mi ci poggiai con tutto il peso che il mondo avesse potuto darmi fino a quel momento.

    Un boccale di rossa al doppio malto. Ho i soldi.

    E nel giro di pochi istanti mi ritrovai a sorreggere quel pesante bicchiere. Puzzava vagamente di formaggio quella birra, eppure l'odore ne tradiva il gusto. Ed il primo lungo sorso fu giù. Non mi bruciava nemmeno la gola, a dirla tutta, così ne presi un altro. Secondo sorso. E poi il terzo, il quarto, il quinto. Nel giro di due minuti il boccale era ormai vuoto.
    Ne ordinai ancora. E ancora. Ripetevo quel gesto meccanico come se fossi costretto. Su e giù col bicchiere, e giù con la birra. Un paio di rutti a coronare il tutto, eppure continuavo ad avere sete, sempre più sete. Sembrava quasi che più bevessi e più avevo voglia d buttare giù alcool. Sostanzialmente era la cosa che sapevo fare meglio, forse.
    Cucinare? Sì, sapevo anche cucinare, è vero, ma a parte lavorare in un ristorantino del villaggio questo non mi aveva mai portato altro. Non che bere birra potesse aiutarmi, per carità, ma in quel momento mi faceva sentire bene.
    Ed un altro bicchiere scivolò lungo il gargarozzo.
    Perchè non riuscivo a spegnermi? Più mi si alzava la temperatura e più i pensieri fluivano veloci come schegge. L'affanno e la stanchezza che sopravvenivano come due maledetti uccelli del malaugurio. Dovevo pisciare, ma dopo l'oretta appena passata avrei evitato i bagni per un po', questo era poco ma sicuro.

    D-dammene un altro...


    Non pensi di aver esagerato?

    Ho.. i soldi.

    Ripeto, non pensi di avere esagerato?

    Dammene un altro...

    E continuai a ripeterlo, sempre più piano, sempre più piano. Lo sussurrai fino a quando non fu tutto quanto buio e la testa mi faceva male.
    Mi ritrovai a terra, con le mani giganti del locandiere che battevano sulla mia faccia. La nuca mi doleva, l'osso sacro anche. Mi alzai lentamente, barcollando da lato a lato della stanza, lasciando cadere la piccola sacca di monete che mi ero portato appresso. Era più di quanto gli dovessi, in realtà, ma la mente era già altrove.
    La pioggia mi fu di nuovo compagna, e tutto il calore dell'alcool si disperse nell'aria come se non fosse mai esistito. Puzzavo di fradicio ed emanavo vapore. Danzavo altalenante da un lato all'altro della strada, diretto chissà dove. Dovetti necessariamente fermarmi.
    Poggiai la mano su un muro mentre la gola pulsava ed il diaframma mi premeva il petto in maniera pesantissima. Primo conato, secondo conato. Con un colpo secco di reni cominciai a vomitare per strada: adesso sì che sentivo la gola bruciare. Il corpo svuotarsi, la testa pure.
    Cominciai a piangere, mentre strusciavo i lati della bocca contro la maglietta, sputando per terra ogni qual volta ne avessi l'occasione. Mi fermai barcollante davanti ad una porticina di legno e forzai il pugno sulla sua superficie, scivolando per terra e rimanendo lì in ginocchio, con la testa china ed i capelli bagnati.
    La sua voce e la sua immagine furono come l'apertura delle porte del paradiso. Nonostante l'espressione preccoupata ed i suoi gesti rapidi e goffi, quella ragazza mi aveva rapito il cuore e continuava a farlo in quel momento. Continuai a guardarla mentre mi trascinava dentro ed imprecava come un camionista.

    Io ti... ti...

    Non saprei dire cose volessi sussurrarle in quel momento, i ricordi si confusero fra di loro in una corsa frenetica, gli occhi stanchi si chiusero. L'unca e ultima cosa che ricordo furono le sue braccia e il calore del suo seno.
    Ah, le tette di quella ragazza.

    Fine! Ho cambiato un po' stile in quest'ultimo post ma... boh, apprezzatemi ed amatemi
     
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    Solo perché preferisco la terza persona. E' stato divertente leggere i tuoi primi 2 post. Al contrario, con la prima, punti più a dare enfasi al personaggio, come si sente eccetera. Non so, per divertimento personale preferisco la terza, anche perché la prima alle volte è noiosa. Però la prima, come già detto, da un'idea più introspettiva che con la terza non vengono espressi perfettamente.
    Scegli tu, per divertimento personale però preferisco la terza
     
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3 replies since 3/4/2015, 13:46   133 views
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