Survival Game a teatro

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    Yuka
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    Un’altra noiosa giornata nel villaggio della sabbia, tutto scorre lentamente con pigrezza. Sembra che le persone, in questo giorno, si dividano in quelli che non hanno voglia di far nulla e chi, invece, si annoia a morte ma non trova nulla da fare. Yuka e l’allegra combriccola a quale delle due categorie possono appartenere? Naturalmente alla seconda (sembra strano, eh?). Dopotutto sono tutte kunoichi, costantemente impegnate e dentro al pericolo, mai con le mani in mano. E invece ora si stanno davvero annoiando. Si trovano al solito posto, un po’ il ritrovo delle ragazze, casa di Yuka. Invaderla è il loro passatempo preferito, soprattutto per Momo che ama planarle in salotto. Ma questa volta il numero è decisamente aumentato. In realtà in più c’è solo Ino, ma, come direbbe Sakuya, la sua presenza è ingombrante quindi non vale uno ma un po’ di più. Le quattro ragazze se ne stanno nella stanza della ragazza, chi per terra, chi sul letto, chi a fissare la veranda. Fa decisamente troppo caldo per pensare, e il caldo ha da sempre fatto un brutto effetto sulle ragazze. Momo soffre in silenzio nel letto di Yuka, guardando il soffitto senza battere le palpebre, tipo cadavere. Sakuya e Ino si guardano male come al solito e Yuka, che non riesce a capire perché casa sua diventi peggio di un covo di criminali, osserva sconsolata le sue cianfrusaglie. Il silenzio si fece pesante e Yuka aprì la veranda, lasciando che un venticello afoso entrasse nella stanza disordinata. Forse fu in quel momento che Sakuya trovò finalmente qualcosa da dire, anche se non sembrava avere molto senso.

    … Una volta mia madre mi ha mandata a comprare il latte perché non ne avevamo più in casa. Così ne ho comprato un cartone e sono tornata a casa. Quella sera dovevamo fare un dolce così ho preso una grande ciotola e ci ho versato il latte dentro … Ma tra il latte c’era una lumaca senza guscio che tentava di scappare.

    Mio dio! Ma che schifo! Evita di dire certe cose, Sakuya!

    Tsk, questo è nulla in confronto alla mia storia del terrore!

    Non è una gara …

    E’ irrilevante! Dunque, sentite qua. Una volta mi sono svegliata presto e sono andata a fare colazione, però mio fratello stava ancora dormendo in camera, così mi sono avvicinata alla porta e gli ho chiesto se volesse anche lui la colazione. Mi ha detto di sì ed ha continuato a dormire. Il fatto è che non si alzava e il tempo passava, così sono andata da lui per dirgliene quattro … E ho scoperto che non c’era nessuno in casa.

    A Momo vennero i brividi e Yuka si strinse nelle spalle, tentando di non pensare alla scena. Sakuya sbuffò per dimostrare che non era una storia paurosa proprio per niente ma Ino non la degnò di uno sguardo. Rimasero un po’ in silenzio ma Momo non aveva nulla da fare quindi disse la sua.

    Tocca a me! Allora … Ah, ecco! Quando ero a Konoha mia zia decise di portarmi al lago per fare un bagno tutte insieme. Nulla di che, ci immergemmo e l’acqua era anche tiepida, così nuotammo per un bel po’. Poi mio zio, che era rimasto fuori, ci fece una foto. Quando due giorni dopo la portammo a far stampare scoprimmo che, nella foto, c’era qualcuno dietro di noi, che spuntava dall’acqua!

    Questo fece rabbrividire le ragazze e Momo più di tutte, nonostante la storia fosse sua. Dopo la terza storia si decise che era il turno di Yuka ma la poverina non ne sapeva proprio di storie dell’orrore, o meglio, le uniche che sapeva le aveva già raccontato tempo fa. Tra le proteste delle amiche, decise che avrebbe raccontato una storia divertente, tanto per cambiare aria. Nessuna sembrò entusiasta perché, a detta loro, Yuka non faceva così ridere. E anche a detta mia, eh. Non era questa gran cabarettista. Ma comunque insisteva ed insisteva perché per lei era importante risultare divertente! Da piccola si scriveva le battute prima di andare a dormire ma avevano sempre un effetto sbagliato sulla gente. Probabilmente la pulzella pensò che era il momento buono per rifarsi. Alla fine, Sakuya, Momo e Ino si misero sedute davanti a lei, preparandosi al peggio. Yuka, un po’ emozionata, prese un respiro e cominciò.

    Fiuuu …. Bene, questa storia si chiama “Ho paura dei Manju!”

    Per chi non lo sapesse, i manju sono dei dolcetti tipici giapponesi. Il titolo, quindi, è strano, perché non si capisce cosa abbiano di pauroso. Bha.

    C’era una volta, in un’era lontana, un gruppo di monaci che vantavano di conoscere l’arte del combattimento come nessun altro. C’era uno in particolare, tra loro, che si chiamava “A”. Questo A era diverso dagli altri, era il più forte e il più temerario, tanto che un giorno disse “Io non ho paura di niente!”. I suoi compagni, però, non gli credevano e continuavano a chiedergli cos’è che lo spaventasse davvero. Così, una sera, disse: “In effetti ho paura di solo una cosa … Ho paura dei Manju!” e si ritirò nella sua stanza. Tutti gli altri monaci erano curiosi, così, mentre lui era in bagno, misero dei Manju nella sua stanza e si nascosero in attesa che tornasse. Quando la porta si aprì non sentirono urla ma solo un gran ciancicare, così uscirono allo scoperto e trovarono A che mangiava tutto contento i Manju. A quel punto dissero: “Ci hai mentito! Dicci la verità: cosa ti fa paura?” e A rispose: “Ora ho paura di un bel caffè!”







    Eh? Ma come non l’avete capita?! Che pazienza con voi … Allora, lui dice che ha paura del caffè ma a quel tempo il caffè neanche ci stava!

    Non farlo mai più, Yuka.

    E’ stato agghiacciante …

    Fortuna che non siamo amiche …

    Fu davvero terrificante. Yuka se ne stette in disparte per un po’ mentre le altre tentavano di dimenticare quella terribile storia e il modo ancor più terribile in cui l’aveva raccontata la ragazza. Fortuna che ci si mise Yomi ad aiutarle con le sue stramberie, difatti si precipitò in camera della sorella con il suo solito vestiario bizzarro e l’occhio destro con la lente rossa.

    Mia metà, sono qui per reclamare il tuo aiuto in quanto consanguinea di primo grado. Sono Kaiser de Emperana Beelzebub IV, tremate di fronte a me!

    Yomi-chan! Come sei carina, oggi!

    Momo si lanciò contro la ragazzina, stringendola in un abbraccio stritolatore. Yomi tentò di liberarsi ma preferì ignorare l’angosciante e strana ragazza, concentrandosi sulla sorella maggiore. Yuka era leggermente preoccupata: Yomi che chiedeva il suo aiuto? Non presagiva nulla di buono. Magari non era nulla di che ma non si poteva stare tranquille con una sorella come quella.

    Cosa hai combinato questa volta?

    Nulla! A scuola stiamo per fare la recita scolastica ma non mi va di farla!

    E perché?

    Perché mi fanno fare il cespuglio! E io non voglio! Così ho detto alla maestra che poteva andarsene al diavolo lei e lo spettacolo!

    Sei terrificante, a volte.

    Degno del re dei vampiri!

    Yomi … Uff. E lei che ha detto?

    Che se non mi sta bene il mio ruolo potevo fare una recita tutta mia. E le ho detto che l’avresti fatto!

    Aspetta … Forse vorrai dire “che l’avrei fatto”. No?

    No! Ho detto proprio “la mia onee-chan mi aiuterà sicuramente! Così devi aiutarmi a fare una recita scolastica. Altrimenti dice che mi boccia.

    Yuka cadde a terra dalla disperazione. Ci mancava solo quella! Come diavolo faceva a inventarsi una recita scolastica? Basata su cosa? E dove avrebbe trovato gli attori? La povera ragazza si chiese perché Yomi continuasse ad andare a scuola, non era troppo piccola? In ogni caso, tentò di trovare una soluzione. Senza successo.

    Coraggio, onee! Le sorellone ti aiuteranno! Vero?

    No.

    Non è mia amica, mi spiace.

    A me non va, Yomi-chan!

    Fu allora che la bambina tirò fuori tutto il suo spirito vampiresco. Mentre Yuka non guardava, la bambina si limitò a sorridere con un’espressione agghiacciante, così brutta e spaventosa da far torcere le budella. Le tre ragazze si spaventarono e cambiarono idea all’istante. Kamo, che passava lì per caso, per innata sfortuna incrociò lo sguardo del piccolo demone.

    Quaaaaack!

    Cominciava così un’altra insensata e breve avventura.

    continua
     
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    Maria

    Ed ecco la compagnia teatrale più incasinata del mondo tutta intenta a sgattaiolare nell’accademia del villaggio, dirette in un’aula in particolare. Attraversarono i corridoi sgombri e, aprendo la porta della stanza in questione, trovarono una graziosa bambina vestita da suora che dormiva sul divano. Yomi arretrò con disgusto davanti alla “serva di Dio”, ma non fiatò. Preferì che fosse Sakuya a farlo visto che Maria aveva una particolare paura nei suoi confronti. La ragazza dai capelli neri raccolse un cuscino e iniziò a picchiarla forte, con uno sguardo impassibile. La bambina si svegliò con le lacrime agli occhi e tutta spaventata.

    Ah! I fantasmi! Lasciatemi in pace, io non porto cappelli! Ma … Oh! Sei Sakuya! Che cosa vuoi, cacca?

    Aiutaci. Dobbiamo fare uno spettacolo teatrale e ci servi. Sbrigati.

    Eh? Neanche per sogno! Sto facendo il riposino!

    Fa nulla. Abbiamo già Beelzebub che recita per noi. E in ogni caso tu sei troppo piccola. Continua a dormire.

    Cosa? Quel diavolo che recita?! Uuuurgh! E va bene! Recito anche io!

    Se ti rimangi la parola ti fotografo nuda e appendo le foto in bacheca.

    Capito!

    Non era stato così drammatico. Il gruppetto di ragazze, Kamo compreso, si lasciarono l’edificio alle spalle per dirigersi dall’altra parte del villaggio o giù di lì. Insomma, arrivarono a scuola di Yomi, ok? Si stazionarono nel teatro piccolo ma confortevole, pronto per essere provato. Ma prima di tutto dovevano pensare a cosa rappresentare. Soprattutto, chi di loro avrebbe fatto la regista. Tra il palco e la platea c’era un lungo tavolo dove sedie sgangherate servivano probabilmente da poggio per le riunioni, ma c’era una sedia in particolare, quella centrale, che era diversa dalle altre. Non era una semplice sedia, era una sedia poltrona! Di quella in pelle nera e tutta imbottita, di quelle con le rotelle che girano e che si possono anche regolare in altezza. Un capolavoro di sedia. Benedetto sia colui che l’ha inventata. Il gruppo si scambiò un’occhiata mentre osservava desiderosa la bella sedia. Decisero telepaticamente che il capo sarebbe stato chi fosse riuscito a sedersi sulla sedia. Ma non era affatto semplice. Improvvisamente la scena si tramutò: non erano più sei ragazze ed un ornitorinco, ora erano sei mafiose ed un ornitorinco. Nella loro mente ognuna di loro sembrava un esponente della Yakuza, con tanto di completo da delinquente e armi da fuoco pronte all’uso. Yuka si sistemò gli occhiali da sole, rivolgendosi a Sakuya e Momo che fumavano una sigaretta finta, poggiate alle pareti.

    Mhe, è meglio che vi togliete dai piedi, quella sedia è mia.

    Addirittura? Come siamo diventate cattive, Yukarin.

    E’ meglio se scendi dal piedistallo. Sai che ti faccio fuori, eh?

    In quel momento spuntò fuori Ino, con tanto di catenine d’oro e giacca aperta. Si frappose tra Yuka e Momo, fissando quest’ultima dritto negli occhi. Si squadrarono in silenzio, facendosi gli occhi duri. Erano davvero delle teppiste da quattro soldi. Yomi e Maria erano troppo impegnate a minacciarsi a vicenda per rendersi conto che la situazione stava davvero degenerando. Yomi, con tanto di stuzzicadenti in bocca, teneva per il colletto la suora che, vestita da teppista più delle altre, agitava un dito con una moltitudine di anelli in direzione dell’altra.

    Levami le mani di dosso o sei morta!

    Come no! Abbassa la cresta, nanetta!

    Due spari risuonarono nell’aria e le ragazzine caddero a terra, una sopra l’altra, immobili. Naturalmente era tutto frutto della loro fantasia, ma comunque erano morte. Sakuya ripose la pistola nel cinturino e si infilò le mani in tasca, squadrando con aria furba le altre tre. Kamo era l’unico rimasto in disparte, terrorizzato dalle strane ragazze. La lotta si faceva insidiosa: Sakuya e Momo contro Yuka e Ino, ma nessuna di loro poteva dirsi alleata dell’altra. Eppure, Momo si era appena alleata con Sakuya senza interpellarla.

    Vi diamo cinque secondi, dopo è meglio che cominciate a correre!

    Provaci, racchia!

    Accadde tutto in un attimo. Nel preciso istante in cui Momo si scostò la lunga giacca rivelando un mitra di dimensioni notevoli, Yuka si lanciò contro Sakuya, placcandola in modo da allontanarla dalla sedia girevole. Ino si gettò tra i sedili del pubblico che Momo mitragliava senza sosta, ridendo follemente.

    Ferma! Sto cercando di spararti!

    Sakuya era svenuta e Yuka ne approfittò per tentare di sedersi sulla sedia, ma Momo si voltò e bersagliò anche lei. Si nascose dietro il tavolo mentre Ino si avvicinò senza farsi sentire. Tirò fuori la rivoltella e colpì la biondona dritta nelle tette (anche se non si è ancora capito come). Con un’ultima parolaccia, la sigaretta di Momo si spense, proprio come lei. Sakuya si riprese contemporaneamente a Yuka: entrambe si alzarono velocemente, puntandosi contro le rispettive pistole. Si fissarono con un sorriso ignorante, studiandosi a vicenda. La tensione era palpabile e, se le altre fossero sopravvissute, tutti i loro occhi sarebbero stati puntati su di loro. Si tornava alla resa dei conti.

    Sei sveglia, Yuka, ma non quanto me.

    Tsk, tu dici?

    Ovviamente. Puoi essere svelta quanto vuoi ma non lo sarai mai più di m …

    BANG! Sakuya cadde con gli occhi sgranati e le parole ancora in bocca. Yuka non le aveva dato il tempo di finire la frase e aveva premuto il grilletto. Una mossa davvero scorretta. Ino, a quel punto, la raggiunse contenta perché finalmente avevano vinto contro quella megera di Sakuya. Ma Yuka sparò anche a lei, senza pensarci un attimo e senza il minimo rimorso, sebbene lei l’avesse aiutata.

    Coff! P-perché?!

    Scusa, Ino, ma c’è posto per un solo boss in questo teatro.

    Nel completo silenzio della vittoria, Yuka si avvicinò alla sedia con un sorriso spavaldo stampato in volto. Ed ecco che saltava fuori il vero carattere della ragazza, un carattere orribile, capace di pugnalare alle spalle persino le amiche. Tutto pur della vittoria. La tiranna si fermò davanti alla sedia nera, voltandosi per ammirare la platea vuota. Inspirò e si sedette sulla comoda pelle nera, stringendo con forza i braccioli. Era quella la sensazione della vittoria! Peccato che la sedia fosse vecchiotta e lo schienale cedette, facendo battere la testa di Yuka contro lo spigolo del tavolo. Così anche la ragazza tirò le cuoia. E tanti saluti.

    Smettetela di cazzeggiare! Muovetevi e cominciamo con la recita!

    Le ragazze si alzarono e tutto tornò alla normalità. Adesso arrivava la parte difficile: dovevano scegliere cosa rappresentare. Ci fu un breve dibattito durante il quale Momo non fece altro che giocare con Kamo, Maria litigò con Yomi e Yomi litigò con Maria. Era una decisione difficile perché non erano neanche tante. Quale poteva essere una rappresentazione adatta? Nessuna di loro era pratica di teatro, nessuna aveva mai recitato né avuto a che fare con testi, quindi la situazione era critica. Idee su idee vennero fuori ma nessuna sembrava adatta. Poi, all’improvviso, Yuka se ne uscì con la prima cosa che le venne in mente. Una vecchia favola che tutti i bambini conoscevano.

    E se facessimo Momotaro?

    Cosa? Ma è per bambini, Yukarin!

    Mica male, però! E’ semplice e per bambini, si può fare, abbiamo anche il numero adatto!

    Io voglio fare Momotaro! Visto che ha le mie stesse iniziali!

    Giusto tu puoi voler fare una pesca.

    Chiudi il becco!

    Yomi smise di giocare con Maria e si concentrò sul discorso. I suoi occhi di colore diverso brillavano mentre un sorriso vampiresco le colorò il volto. L’idea le piaceva dunque era deciso. Erano d’accordo sull’opera, ora restava solo … tutto il resto. Ma Yuka era ottimista.

    Bene! Ed ora … Si va in scena!

    continua
     
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    La storia di Momotaro è piuttosto vecchia, una di quelle che si racconta ai bambini. In breve, un giorno una vecchina pescò una pesca e la portò a casa per mostrarla al suo vecchio marito. Insieme tentarono di aprirla ma ne uscì un bambino di nome Momotaro, mandato dagli Dei per sconfiggere i demoni dell’isola di Onigashima. Divenuto più grande inizia il suo cammino assieme ad un cane, una scimmia ed un fagiano e, arrivato sull’isola, riesce a sconfiggere il capo degli orchi e rubò il suo bottino, vivendo prosperosamente con la sua famiglia. Una storia semplice, insomma. Adatta alla loro recita. Si era deciso che ad occuparsi della sceneggiatura sarebbe stata Sakuya, a procurarsi i costumi sarebbe stata Ino e a preparare i bastoncini per estrarre a sorte le parti sarebbero state Maria e Yomi. Le altre erano libere di grattarsi. Lavorarono per quasi un’ora, poi decisero che era arrivato il momento di iniziare con il sorteggio. Sakuya era stata piuttosto veloce a scrivere la sceneggiatura, aveva fatto in tempo persino a fare delle copie per le altre. Tutte quante si riunirono in circolo e presero i bastoncini a sorte. Come previsto, Momo avrebbe interpretato Momotaro, Sakuya avrebbe fatto l’Oni, Ino, Maria e Yomi sarebbero state la scimmia, il cane e il fagiano. Yuka era l’albero.

    Ma perché devo farla io la scimmia?!

    Perché sei quella che ci somiglia di più.

    Smettetela e cominciamo! La mia interpretazione sarà fantastica!

    Si provarono immediatamente i costumi che sembravano fatti davvero bene. Come Ino riuscisse a procurarseli in così poco tempo era ancora un mistero. Alla fine, restava solo da provare le varie parti e vedere il risultato finale. Le scenografie non c’erano ma non era un vero problema.

    Forza, cominciamo con la prima scena!

    Esclamò Sakuya, nel suo vestito da demone che le calzava a pennello. Entrarono in scena Momo e Yuka (per la carenza di personaggi secondari avevano deciso di mandare avanti il pezzo iniziale della storia. Momo, vestita da Momotaro, sembrava una gigantesca pesca, mentre Yuka era, come dire, un albero. Al segnale di Sakuya, la bionda cominciò a recitare.

    Mi chiamo Momotaro e sono nata da una pesca! Mi trovò una vecchietta e mi portò dal marito che diventarono i miei genitori …

    Ma aspetta, è un racconto in prima persona?

    Sì, così sorvoliamo sui personaggi mancanti, no?

    Ma potevi far fare il narrator a me invece di fare l’albero, scema!

    … Ah.

    COME HAI FATTO A NON PENSARCI?!

    Albero, taci. Sei contro le leggi di questo mondo.

    Niente da fare, doveva fare l’albero punto e basta. Momo finì il breve monologo che descriveva la sua nascita e si passò direttamente alla seconda scena, quella in cui, durante il suo cammino per approdare all’isola dei demoni, la protagonista incontra i tre animali che la accompagneranno per tutta la sua avventura. Ed ecco che entrarono in scena una scimmia, un cane ed un fagiano. Ino non sembrava proprio in vena di interpretare la scimmia e Maria e Yomi passavano più tempo a lanciarsi occhiatacce che a prestare attenzione alla scena. Sakuya, sotto il palco, osservava come la più esigente delle registe le attrici.

    Oh! Ma che cosa vedono i miei occhi! Una scimmia, un cane e un fagiano! Come vi chiamate?

    Che te ne frega? Pensa al tuo di nome, pesca essiccata!

    Eh? Ma scimmietta … cosa vai mai dicendo?

    Che questa scimmietta si è rotta le palle! Al diavolo voi e Momotaro! Io faccio il cespuglio! Cercatevi qualcun'altra!

    E si alzò, sedendosi vicino a Yuka con le braccia incrociate. Non ci fu modo di convincerla: non aveva preso molto bene il fatto di dover fare la scimmia, eppure era capitato a sorte! Ad ogni modo, tentarono con scarso successo di proseguire la scena perché circa due minuti dopo Yomi e Maria cominciarono ad azzuffarsi. Si decise allora di riscrivere il copione in quel punto. Momotaro giungeva nella foresta e sul suo cammino trovava tre carcasse di animali, simbolo della potenza nemica. Almeno un senso l’aveva! Giunsero infine alla scena finale. Dopo innumerevoli sfide (nessuna in realtà ma tanto è una recita per mocciosi, non si ricorderanno neanche tutti i nomi dei personaggi), finalmente Momotaro giunse all’isola Onigashima. Ad aspettarla c’era il capo degli oni, Sakuya in persona. Lo sguardo che si lanciarono le due ragazze doveva presagire qualcosa ma solo Yuka se ne accorse e, per scaramanzia, si allontanò velocemente dal palco. Il costume a pesca di Momotaro si scontrava con quello nero come l’inchiostro dell’oni, che guardava il protagonista dall’alto di una roccia, con le braccia incrociate e lo sguardo duro.

    Finalemente giungesti, Momotaro. Ti stavo aspettando.

    Maledetto orco! Ora ti ucciderò e porter la pace sulla terra!

    E perché dovresti? Cosa abbiamo fatto noi di male, eh? Voi umani non solo ci avete scacciato dal vostro mondo, segregandoci su quest’isola, ma adesso volete anche sbarazzarvi di noi pochi rimasti?

    Ah …. Ma veramente io ….

    Avete un solo motive per farci questo?

    Ecco … Voi … siete cattivi!

    Tsk. E’ questo sarebbe un buon motive? Ora ti mostrerò cosa vuol dire combattere realmente per il benessere del proprio mondo. Ti sconfiggerò, Momotaro, e vendicherò tutti i demoni che hanno subito un castigo ingiusto da parte di voi sciocchi umani! Trema al mio cospetto: sono Lucifer, il capo degli Oni!

    Uffa! Non è giusto! Il tuo ruolo è più figo del mio, Sakuya!

    L’ho scritto apposta. E ora preparati. Perché morirai.

    Yuka ebbe un dubbio atroce. Senza farsi vedere recuperò un copione, aprendolo verso l’ultima pagina. Nella favola originale è Momotaro a vincere ma Sakuya aveva preso un bastone e picchiava Momo così forte che le venne quel dubbio. Scorse velocemente le righe finché non lo trovò. Un appunto a fine pagina. “Alla fine le due fanno a botte. La prima che piange ha perso.”. Dunque era quello il finale che non ti aspetti. Sakuya era armata mentre Momo cercava di farsi scudo con le braccia ma quell’ingombrante vestito da pesca era un malus nei suoi confronti. Alla fine pianse a lungo e scappò via dal teatro, urlando il nome della rivale seguito da numerosi insulti. E Sakuya, fissando il cielo con le braccia aperte, rise della sua vittoria. Era una risata maligna.

    Gli oni sono stati vendicati. Ora il mondo è mio! AHAHAHAHAAH!! … Fine.

    Sì, era davvero finita così. Di fronte a quello spettacolo non c’erano parole. Il teatro non faceva proprio per loro. Si rivestirono in silenzio, ripensando a quello che era appena successo. Dopo minuti di totale pesantezza, finalmente, Yomi parlò. Si era decisa a prendere una decisione importante.

    Lasciamo perdere questa roba. Sono all’asilo, non posso essere bocciata.

    Era la decisione più saggia della giornata. Lasciarono tutto com’era, cioè nel caos più totale neanche fosse passato un ciclone, presero i testi e li gettarono per aria, lasciandosi alle spalle il teatro. Non era stata una buona idea quella della recita, proprio no. Yomi si pentì di aver chiesto un favore alla sorella e alle sue amiche e si decise a cavarsela da sola da quel momento in poi. Maria si chiese come sarebbe potuto andare il suo pomeriggio se avesse continuato il riposino. Ino era contenta, le bastava non essere una scimmia. Yuka era stanca morta anche se era quella che si era mossa meno di tutti. L’unica soddisfatta era Sakuya che ancora sentiva il pianto di Momo in lontananza. Finiva così anche quel gioco di sopravvivenza tanto inutile quanto senza senso. E una nuova avventura cominciava, ma questa è un’altra storia.

    finita


    Edited by Kerberotte - 5/5/2015, 16:47
     
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  4. ~Dan
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