Survival Game sull'isola

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    Questa volta il titolo è ingannatore, lo ammetto. Basta con le giornate oziose e strane che vedono come protagoniste un gruppo di svampite. Oggi le ragazze in questione, neanche tutte tra l'altro, sono in missione per il paese del vento, hanno un compito importantissimo da portare a termine e dovranno impiegare tutte le loro energie ed abilità per riuscirci. Oggi Yuka, Sakuya, Momo, Ino e Kamo, sono in partenza per il paese degli uccelli.

    Che nome di merda.

    Bonjour finesse. Lo scenario, del resto, era rilassante come pochi. Immaginate di trovarvi di primo mattino sul ponte di una bellissima nave ed osservare il mare in lontananza che si sposa con il cielo azzurro e il sole alto e caldo nel cielo. Le piccole isole verdi in lontananza sembrano nuove terre da scoprire e la tranquillità che si respira è pari solo alla freschezza della brezza marina. Yuka, poggiata sulla ringhiera del ponte, osserva quel magnifico panorama con gli occhi brillanti e una sensazione di inebriante serenità. Persino il commento di Sakuya non è riuscita a turbare quell'armonia interiore che si era creata in lei, neanche il rumore dei conati di vomito di Momo, mezza morta dall'altra parte del ponte, ci erano riusciti. Per l'occasione si erano messe persino in costume, in modo da approfittarne dei raggi del sole e prendere un po' di colore su quella loro pelle bianca come il latte. L'unica che non ne aveva bisogno era Momo che aveva di suo una pelle bronzea. Il rumore dei gabbiani in lontananza che dal ponte si levavano in volo e quello delle onde era musica per le orecchie della ragazza dai capelli argentei. Pensò che quella era in assoluto la missione migliore che le fosse mai capitata. Quale incarico prevedeva di starsene mezza giornata su una nave privata, al sole e in completo relax? E l'arrivo non sarebbe stato affatto traumatico: il loro compito era quello di esplorare un vecchio edificio andato in fiamme qualche mese fa per ritrovare dei documenti importanti, nulla di pericoloso o faticoso. Avrebbero impiegato si e no venti minuti per riprendere quei fogli e poi si sarebbero godute il ritorno in pace e tranquillità. Ah, questa sì che è vita!

    Sul serio: è un nome da pervertiti. "Ehi, dove vai?" "Io? Nel paese degli uccelli!" Sembra una di quelle cose che direbbe Samantha.

    E basta con 'sta storia, dai! C'è il sole e il mare e siamo qui a non far nulla, che te ne frega di dove andiamo? Persino Kamo si sta divertendo!

    Quaaaack!

    Fece l'ornitorinco giallo, tutto preso ad abbronzarsi sul lettino al centro del ponte sgombro. Sakuya ignorò l'amica, continuando a guardare annoiata l'orizzonte davanti a se. Erano in viaggio da un po' perché il paese degli uccelli si trovava su un'isola a sud, poco lontana del paese del vento, tuttavia, il villaggio sorgeva dall'altra parte rispetto all'attracco delle navi, quindi avrebbero dovuto muoversi in carrozza una volta arrivate. Il paese degli uccelli era abbastanza famoso per il commercio sia con Suna che con Konoha che durava da centinaia di anni. Era un paese che si stava ancora sviluppando ma economicamente e urbanisticamente non aveva nulla da invidiare ad alcuni dei paesi meno vasti delle terre ninja. Il paese degli uccelli, in particolare, aveva questo nome perché si dice che siano udibili i versi degli uccelli anche quando non ci siano. Insomma, nel paese degli uccelli si sentono sempre gli uccelli. Ok, in effetti è un po' da pervertiti questo nome. Ad ogni modo, la tranquillità generale (se si esclude la povera Momo che continuava a rimettere per il mal di mare) fu turbata dall'arrivo di Ino, la strana e pestifera kunoichi dai capelli arancioni, nemica d'infanzia delle ragazze. Anche lei era in costume e aveva persino la tavoletta sottobraccio.

    Che hai da guardare, Rosso Malpelo?

    Credimi, se avessi avuto i braccioli mi sarebbero scoppiati guardando la tua faccia.

    Vuoi litigare? Ti prendo a schiaffi a due a due finché non diventano dispari.

    Vi prego, non anche qui! E fatemi rilassare porca miseria!

    Non è colpa nostra se non dormi abbastanza.

    Infatti. Vai a riposarti e vedrai come ti rilassi.

    Deficienti! Lo sapete che non posso!

    Ah. Ok. Comunque io sto andando a fare una nuotata, c'è qualcuno che si aggrega?

    No. Sei libera di affogare da sola.

    Fottiti.

    E con un gestaccio spiccò un balzo e si gettò dal ponte, tuffandosi dritta dritta in acqua. Puff! Si sentì e subito dopo riemerse la ragazza, cominciando a nuotare con la sua bellissima tavoletta rosa. Si era aggregata al gruppo anche se non aveva alcun incarico, semplicemente non le andava di annoiarsi da sola e voleva farsi una nuotata. La nave continuava ad andare e Ino era convinta che battendo forte le gambe l'avrebbe raggiunta. Rimase un bel po' indietro finché non divenne un puntino all'orizzonte. Ed una era andata. Yuka chiese se non fosse il caso di avvertire il capitano e tornare a prenderla ma Sakuya scosse la testa dicendo che se Ino voleva farsi una nuotata quello era il modo migliore per accontentarla. La nave approdò nel Paese degli Uccelli una trentina di minuti più tardi. Intanto le ragazze si erano rivestite e Momo aveva finalmente smesso di vomitarsi l'anima. Erano vestite leggere perché faceva davvero caldo e inizialmente il tipo che avrebbe dovuto accompagnarle con il carro pensò che fossero turiste. Dovettero convincerlo, o meglio, minacciarlo, per farsi caricare a bordo. L'uomo aveva si e no vent'anni e sembrava visibilmente imbarazzato nel portare quelle tre, carine ma chiassose come non mai, neanche fossero una scolaresca in gita. Il Paese degli uccelli era circondato da altissime e giovani montagne verdi e un grande e quieto lago si affacciava sul villaggio più importante che avrebbero dovuto raggiungere in circa due ore. Era un paese abbastanza grande, quello degli uccelli, ma alle tre sembrava solo importare del sottofondo singolare che si udiva distintamente. La leggenda era vera: si sentivano sempre versi di uccelli in lontananza! Attraversando le foreste, le ragazze tenevano le teste alte ma, nonostante di volatili non ve ne fosse traccia, sentivano quel rumore costantemente, come una litania. Questo le divertiva perché era piacevole quel suono a loro quasi del tutto sconosciuto. Abitavano nel deserto, non c'erano alberi, ergo, c'erano pochi volatili. Giusto al mattino il cinguettio flebile delle rondini le svegliava ma per il resto c'era solo il rumore del vento che sbuffava forte. Il percorso, seppur lungo, era tranquillo procedeva per il meglio, finché Sakuya non iniziò ad annoiarsi.

    Ehi, tipo. Come ti chiami?

    I-io? Ah, mi chiamo Chikao..

    Oh, capisco. E fai questo lavoro da molto, Chikao-kun?

    Questo mise in imbarazzo il giovane che arrossì e tentò di distogliere lo sguardo dalla ragazza seduta al suo fianco. Yuka aveva capito cosa avesse in mente l'amica. Sakuya aveva tanti difetti tranne che per l'aspetto, e la gentilezza le mancava dalla nascita. Era ruffiana e stava agendo così per ottenere qualcosa. Sorrideva con la bocca ma non con gli occhi grigio scuro, e sebbene avesse i capelli corti aveva conservato il suo fascino. Chikao, povero lui, balbettò qualcosa in risposta ma la ragazza neanche lo sentì. Si avvicinò un po', sorridendo, forse un po' troppo. Il ragazzo doveva scegliere se buttarsi di sotto o restare con quella ragazza appiccicata. Fortuna che una confusa Momo se ne uscì con una delle sue frasi poetiche, piene di significato e sopratutto adatte alla situazione.

    Ragazze, ho fame..

    Eh? E che me ne frega?

    Smettila, dico sul serio! Ho una fame da lupi...

    Il tono con cui lo disse fece rabbrividire Chikao che si accorse con orrore dei canini innaturalmente affilati di Sakuya, vicina a lui. Guardandola con la coda dell'occhio, si accorse di come la pelle bianchissima faceva da contrasto con i capelli neri e gli occhi altrettanto scuri. Si ricordò allora delle storie sui vampiri che sua madre gli leggeva da bambino, quelle storie in cui un povero bambino veniva avvicinato da una bella donna che però se lo mangiava all'istante. E quella donna indovinate a chi assomigliava?

    Potrei mangiarmi anche una persona tanto ho fame...

    No! Non mangiarmi, ti prego! MAMMA!!!

    E si lanciò giù dal carro, piangendo come non mai. Le tre ragazze restarono di sasso ma non ebbero il tempo di farsi delle domande perché i due cavalli si imbizzarrirono e cominciarono a correre molto velocemente. Il mezzo di trasporto sbandava e le ragazze dovettero reggersi per non cadere. Si sarebbero schiantate se una di loro non avesse fatto qualcosa.

    Sakuya! Prendi le redini!

    Ci puoi scommettere, era proprio quello che stavo cercando di fare! CORRETE PIU' VELOCI, DANNATI BASTARDI! IHA!

    DEVI RALLENTARE, DEFICIENTE!

    Ragazze, non mi sento molto ben... Sbluaaarhhh!!

    E così, con Chikao fuori dai piedi e Ino in mezzo mare, le tre protagoniste lasciavano una scia di vomito lungo il cammino, dirette chissà dove alla velocità delle luce.
    Intanto, al porto, un povero ornitorinco solitario si guardava intorno, confuso.

    Quaack?

    continua
     
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    "Viaggiava lento lento un battello in mezzo al mare che un sacco di persone doveva trasportare. Un bambino di sei anni stava sul ponte tutto eccitato perché era il suo primo viaggio da quando era nato. Ma guardando verso il basso, sperando in un delfino, si accorse che qualcosa galleggiava pian pianino.

    Mamma, mammina! Che cos'è quell'affare?

    Non lo so, tesoro, ma è meglio non guardare.

    E sulla tavoletta rosa che seguiva la corrente, con il sedere al vento se ne stava Ino, morente."


    In un'isola a Sud di Suna, nel Paese degli Uccelli, qualcosa sta turbando la quiete pubblica e quella della foresta. Un carro trainato da due cavalli impazziti e governato da una ragazza ancora più svalvolata. Una vera amante della velocità. Peccato che le altre due ragazze a bordo non lo fossero affatto. Momo continuava a vomitare senza sosta, assumendo un colorito che variava dal verde al blu, Yuka piangeva disperata, pregando la folle amica di arrestare quella corsa contro il nulla. I cavalli rispondevano ai comandi della ragazza ma l'unica cosa che faceva lei era spronarli per andare ancora più veloci fino a raggiungere il limite. Qui si toccava il limite della violenza sugli animali! Il carro di legno, piuttosto vecchio anche, attraversò la foresta in men che non si dica, risparmiando quasi il doppio del tempo. Gli alberi scemavano così come l'alta erba e il sole prese ad illuminare un villaggio in lontananza, che sorgeva su di un lago. La vista era meravigliosa ma non lo era affatto il tragitto: dovevano scendere attraverso stradine brulle e ripide per arrivare fino a laggiù e Yuka pianse ancora di più. Momo non ne parliamo, stava vomitando aria ormai. Sakuya, con lo sguardo folle e la bava alla bocca, scuoteva le redini e i cavalli galoppavano a comando, catapultandosi per le strade dapprima solitarie. Quando i primi pedoni si intravederono, la ragazza dai capelli neri non ci pensò neanche a fermarsi. Era la padrona della strada.

    Levatevi di mezzo, bifolchi! Sono la padrona della strada! Vi acciacco tutti! AHAHAH! Ehi, tu, nonnetto! Ti affosso se non muovi quel culone!!

    Giuro che era molto peggio di così ma rischiarei di turbare i lettori se riportassi le vere parole della ragazza. Yuka si nascose per la paura di vedere qualcuno schiacciato dalla furia di quei cavalli, e anche per evitare di farsi riconoscere, diciamocelo. Momo non era neanche più cosciente, penzolava dal carro come un sacco di patate. Sakuya continuò la sua corsa, dimostrando all'intero paese degli uccelli che era nata in una fattoria. No, era davvero nata in una fattoria. Suo nonno la faceva montare a cavallo e prendere le pecore al lazzo, lo so che di solito si prendono altri tipi di animali ma con le pecore era più facile e Sakuya non era certo un genio. Forse quel carro le aveva ricordato i suoi anni ruggenti. Comunque sia la storia, arrivarono poco dopo al villaggio, parcheggiando (ovvero mollando il carro contro un muro qualsiasi) nella piazza principale, tra lo stupore generale di tutti. Era pieno di vecchietti in quel posto, neanche un moccioso o un adolescente. Solo nonnetti dall'aria stanca e burbera. I cavalli si fermarono e le tre figure spuntarono dal carro. Sakuya saltò giù energica, sorridendo al mondo intero.

    E' stato faaaaaaavoloso!

    Yuka, tremando, fece capolino dal retro, ancora con le lacrime agli occhi. Si caricò Momo, inerme, sulle spalle e scese giù, sulla benedetta terra ferma. In realtà non andò così: Momo era troppo pesante quindi la lasciò cadere a terra e atterrò sopra di lei. Si trascinò fino a Sakuya e si arrampicò su di lei per rimettersi in piedi. Intanto, la bionda si era svegliata e, rendendosi conto di essere viva e finalmente scesa dal carro della morte, cominciò a baciare il terreno. Una folla di curiosi si era radunata lì davanti e osservava le tre creature misteriose (lo erano perché, ripeto, che lì c'erano solo vecchi) con un brusio concitato.

    Chi siete? E cosa volete?

    Chiese improvvisamente uno di loro, il più grosso e grasso, supportato da una dozzina di anzianotti da bingo. Lo squadravano sospettosi, non come altri che, semplicemente, erano curiosi di quella novità.

    E tu chi sei, lo sceriffo? Facci un favore, zietto, dicci dove si trova la casa che è andata a fuoco qualche mese fa. Abbiamo fretta.

    Momo si riprese miracolosamente, spuntando affianco della ragazza. Sembravano una coppia di delinquenti e Yuka, lì vicino, la povera ragazza che non sapeva nulla. La risposta di Sakuya non piacque affatto ai vecchietti che subito iniziarono a borbottare come solo i vecchietti sanno fare.

    Attenta a come parli, mocciosa! Io sono un anziano, devi portarmi rispetto!

    Le due ragazze si avvicinarono in un lampo al vecchiaccio, squadrandolo dal basso verso l'alto con due facce da carcerate che impaurirono lui e i suoi seguaci. Il silenzio si fece pesante e i cittadini si intimorirono. La sfida era vinta e le due fecero dietro front con un sorriso sfacciato.

    Leviamoceli dalle scatole.

    Esatto! Meglio non mettersi contro il nostro swag!

    Yuka si chiese per l'ennesima volta perché aveva a che fare con due cretine. Senza il coprifronte si sentivano libere di atteggiarsi a teppiste ma non lo erano affatto, erano così cretine da fare spavento, punto e basta. Il gruppo di vecchietti, comunque, si dileguò e le ragazze attraversarono la piazza sperando di trovare qualcuno a cui chiedere informazioni. Dovevano arrivare in quella casa, del resto. Alla fine, Yuka abbordò una vecchina persino più bassa di lei, riuscendo ad ottenere le informazioni. La via per raggiungere la casa era semplice: dovevano proseguire per la strada principale e girare a sinistra al dodicesimo incrocio. Non era così difficile. Sì, potevano farcela!
    Impiegarono quasi un'ora ma finalmente giunsero al decimo incrocio, stanche come non mai. Momo più di tutte che in corpo non aveva più nulla a sostentarla. Le case erano recintate da muretti di granito bianco e non levigato e circondate da giardini curati. Le case erano delle villette basse e chiare, illuminate dall'interno e tutte curate. Più si allontanavano dal centro del villaggio più quelle casette divenivano sempre più solitarie, ma quando giunsero al dodicesimo incrocio qualcosa le incuriosì. Davanti a loro le ville a schiera continuavano ma a sinistra, come detto dalla vecchietta, c'era una stradina diversa dalle altre, piccola e impolverata. Era lunga e portava nella foresta che aveva qualcosa di lugubre nel suo aspetto mite. Le tre ragazze si scambiarono un'occhiata ma procedettero senza proferire parole. Si erano trovate più volte in situazioni strane o da brivido e quella non rientrava nella categoria. Forse fu solo un'impressione quella che ebbero addentrandosi nella foresta, quella strana sensazione di pericolo in vista. La stradina si addentrava sempre di più nella foresta che diveniva sempre più selvaggia. Il rumore costante degli uccelli diveniva sempre più cupo, finché anche il sole non fu completamente oscurato dagli arbusti verdi.

    S-siamo s-sicure che questa è la strada e-esatta?

    Sì, la stradina ancora si vede... Ma non mi piace, ho una brutta sensazione...

    Ma non dite sciocchezze! Di cosa avete paura?

    Esclamò Sakuya con fare seccato, tirando un calcio ad un sassolino che volò di qualche metro prima di ritornare al suolo. In silenzio, le ragazze camminarono e più si avvicinavano alla presunta meta più l'agitazione cresceva in due sole di loro. Finalmente, qualcosa si parò davanti ai loro occhi. Una cosa, o meglio, i resti di quella che fino a poco tempo fa era una casa. Il legno era scuro e corroso dalle fiamme, il tetto mancava per metà e tutta l'erba intorno era secca. Il cancelletto era aperto e la recinzione semi distrutta. I vetri non esistevano neanche più e il silenzio regnava sovrano. Era una casa da mettere i brividi, era la loro casa. Nell'osservarla Yuka si sentì un po' meglio, se l'era immaginata molto peggio. Momo, invece, sembrava star per svenire ma probabilmente era al fame. Sakuya osservò con curiosità i lineamenti dell'abitazione.

    Sembra che non ci sia nessuno. Forza, entriamo, prendiamo 'sti documenti e torniamocene a casa. Questi volatili mi stanno facendo impazzire...

    Il rumore, in effetti, era costantemente presente ed iniziava a infastidire le ragazze. Una alla volta, con Sakuya in testa, le ragazze varcarono il cancelletto e si addentrarono nel giardino. L'aria iniziava a farsi pungente d'improvviso. La porta era aperta anche se poggiata allo stipite, la ragazza dai capelli neri semplicemente la prese e la spostò di lato, permettendo alle altre di passare. L'interno era anche peggio dell'esterno. Era tutto bruciato: pavimenti, soffitti, muri, mobili, oggetti. Era davvero una brutta visione. Momo ebbe un brivido e si strinse a Yuka che tentava di apparire tranquilla nonostante anche lei avesse un po' di fifa. L'aria che si respirava era pesante, marcia e sapeva di bruciato. Dopo un po' di tempo iniziarono a controllare tutte le stanze del piano di sotto, Sakuya da sola e le altre due assieme. Separarle sarebbe stato impossibile oltreché dannoso. Gli oggetti scricchiolavano all'improvviso, i quadri ancora appesi cadevano e un corrente gelida attraversò improvvisamente la stanza, facendo sobbalzare Momo.

    AH! I FANTASMI!

    C-che dici, M-momo? I f-f-fantasmi non esistono!

    Erano poco convinte entrambe. Ritornarono in fretta e furia nell'atrio in contemporanea a Sakuya, con le mani vuote. Improvvisamente sentirono un tonfo provenire dalla scala sopra di loro ed alzarono lo sguardo. Qualcosa di bianco, quasi etereo, qualcosa dalla forma di bambino si nascose velocemente. Ma ormai l'avevano visto.

    AAAAAAAAAHHH!! IO ME NE VADO DA QUI!! NON CI RESTO UN ALTRO SECONDO!!

    Smettila di urlare! I fantasmi non esistono.

    L'ho visto anche io, Sakuya... Era un fantasma, te lo giuro!

    Di tutta risposta la ragazza sbuffò e corse verso le scale tra le urla generali. Come poteva andare incontro al fantasma? Momo piangeva e Yuka la pregava di scendere giù ma l'altra era già arrivata in cima e guardò qualcosa per terra, alla sua destra. Lanciò un'occhiataccia alle amiche e si chinò, tornando su con un gatto bianco e ciccione. Le urla cessarono.

    Ritardate. Muovetevi a venire su, dobbiamo trovare i documenti.

    Imbarazzate le due ragazze si dissero che forse avevano esagerato. Del resto i fantasmi non esistevano davvero! Insomma, no? Non esistevano mica... Con le gambe ancora tremanti, le due ragazze si aggiunsero alla terza. Questa volta non si divisero ma esplorarono tutte la stanza alla loro sinistra. Era una vecchia camera da letto, piuttosto grande. Metteva i brividi, però, vedere la grande collezione di bambole di porcellana completamente bruciate ma dagli occhi spalancati verso di loro. Qui anche Sakuya si sentì a disagio e chiuse velocemente la porta dopo aver dato un'occhiata molto superficiale in giro. Stavano per uscire dalla porta quando, dall'altra parte del corridoio, una porta si chiuse velocemente, con un gran tonfo. Questa volta lo videro tutte. E tutte divennero blu dalla paura, anche se tentavano di darsi un contegno per non fare la figuraccia di poco prima. percorsero tutte appiccicate il corridoio e, dopo aver tirato a sorte, toccò alla povera Yuka il compito di andare davanti. Con Sakuya e Momo dietro, la ragazza tentò di guardare dallo spioncino ma qualcosa schermava la visuale. Allora si stese a terra, cercando di guardare da sotto la porta. Vide delle ombre. Si alzò tremando. Dovevano entrare in quella stanza ma sembravano avere compagnia. La ragazza dai capelli biondi, che paradossalmente era la più alta e forte, si nascondeva dietro le piccole amiche e Sakuya, che fino a quel momento aveva fatto la coraggiosa, adesso sembrava sull'orlo di una crisi di panico. Yuka non stava affatto messa meglio. Tremando allungò la mano, posandola sul pomello bruciato e tuttavia freddo della porta.

    C-chi è?

    Yuka, che diavolo sta succedendo?

    Ho paura che... ci sia qualcuno lì dentro...

    C-come q-qualcuno?!

    Sarà un altro gatto... I gatti sanno chiudere le porte... no?

    C'è un solo modo per scoprirlo....

    E trattenendo il respiro aprì la porta.

    continua
     
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    La porta si spalancò lentamente e con un cigolio sinistro, rivelando una stanza completamente vuota salvo per una cassa bianca, in ottimo stato, poggiata sulla parete di fondo. La cassa si mosse di botto, facendo sobbalzare le ragazze. Qualcosa di vivo si agitava lì dentro e le tre se ne erano accorte. I loro cuori cominciarono a battere forte mentre la cassa si agitava sempre di più, con cattiveria. Con il cuore in gola, le tre ragazze rimase immobili ad osservare quello spettacolo terrificante. Cosa conteneva quella casa? Un mostro? Un fantasma? Un demone? La serratura scattò improvvisamente e... uno strano coso bianco saltò fuori con una posa da balletto.
    N3679Wm


    Fanculo era un coso di gomma!

    Lo fissarono in silenzio e il coso rimase immobile. Era la creatura più ridicola che avessero mai visto. Non meritava né le loro risate né i loro insulti. Bianco e vestito male che più male non si può: col cilindro chiaro e il bastone da passeggio, con il capotto ma senza pantaloni (il senso?!). Il muso era allungato e non aveva la bocca ma due occhi a palla spalancati e senza palpebre. Occhi capaci solamente di far saltare i nervi alla gente. Però dai, magari l'aspetto era ridicolo, ma chi diceva che era malvagio?

    Cretine!

    Odioso. Si mosse prendendo a ballare da un piede all'altro, esibendosi in un balletto stile anni di guerra, usando persino il bastone. Era agghiacciante. Le ragazze si guardarono negli occhi, indecise se corcarlo di botte o andarsene senza dire una parola. Nessuna delle due fu la scelta giusta perché quel coso non sembrava intenzionato a starsene zitto.

    Cretine! Che mi guardate imbambolate? Sono io! Astaroth! Il demone bianco della sapienza! E' chiaro che sapete tutto di me, no? Bene, se proprio insistete ve lo racconterò! La mia storia affonda le sue origini tempo e tempo addietro, quando c'era solo un albero a popolare la terra e quell'albero diede i primi frutti. Erano mele rosse e quando un uomo e una donna si avvicinarono, un serpente strisciò sotto l'albero e fu spiaccicato dalla donna che disse "che schifo ho schiacciato?" e si pulì sul tronco facendo cadere una mela marcia che tirò all'uomo. Così i due presero a tirarsi le mele finché l'albero non morì e anche loro morirono di fame. E così inizia un'altra storia. Questa è la storia di Astaroth, il demone bianco della sapienza! Chi sono io? Un letterato, un filosofo, un filantropo, un matematico, uno scienziato, un ricercatore del sapere. Volete acquisire la conoscenza anche voi? No che non potete e sapete perché? Perché siete cretine! Sembrate una più cretina dell'altra e la bionda è la più cretina! Non siete adatte a contenere la sapienza che potrei trasmettervi, perché io sono Astaroth! Mi conoscete, per caso? Mi esibisco in un locale ogni martedì sera. E' parecchio squallido ma ho i miei clienti abituali che mi pagano abbastanza da permettermi di pagare gli alimenti alla mia ex-moglie. I tempi sono cambiati, ormai. Prima ero un pozzo di scienza e la gente pagava purché gli impartissi importanti lezioni. Invece ora sono qui dentro e vengo risvegliato da voi cretine! Volete la sapienza eterna? Allora dovete comprare il mio libro! Ha 13458 pagine ed è diviso in comodi paragrafi! Se volete dare un'occhiata ve lo lascio fare ma per ogni minuto passato a leggere dovete pagarmi 10.000 ryo. Non fate quelle facce, c'è crisi! E poi il mio è un prezzo ragionevole. Ve lo dico io che ho la sapienza eterna! Anche in marketing e contabilità, per questo vi dico che il prezzo è quello giusto. Oh, ma come sono buono e modesto, un vero signore! Potrei imbrogliare facilmente tre cretine come voi e invece preferisco comunque la legalità! Ah, sono proprio un angelo! Sapete, io ho conosciuto un angelo una volta, si chiama Bae...

    HAI ROTTO LE PALLE! CHIUDI QUELLA BOCCA!

    YUKA, TIENIMI! IO LO AMMAZZO QUESTO COSO!

    COL CAVOLO! LO SCORTICO PRIMA IO!

    Era diventato il panico. Quell'insopportabile mostro se l'era cercata davvero e si ritrovò tutte e tre le ragazze addosso. Lo avrebbero crocifisso se ne avessero avuto l'occasione ma non ci riuscirono perché quel maledetto Astaroth era dotato di una forza che superava il limite umano. Agitò il bastone e tutte e tre si ritrovarono a gambe all'aria.

    Cretine! E' così che mi ripagate per avervi offerto la sapienza eterna! Vergognatevi!

    Sta zitto, coso di gomma!

    Ti facciamo fuori, bastardo!

    Ah, si? Allora beccatevi questa, la mia ira funesta! Anime dei sapienti del libro della sapienza, tormentate queste ragazze impudenti!

    E dal nulla comparvero degli strani mostri che sembravano cadaveri ambulanti sbucati dalla terra. Erano terrificanti e in un attimo erano già una ventina. Strisciavano e zoppicavano verso le tre ragazze che, blu dalla paura, tremavano dalla testa ai piedi. Si precipitarono fuori dalla stanza in mezzo secondo, urlando a squarcia gola per le scale. Inciampavano su loro stesse e tentavano di spingersi a vicenda per arrivare per prime. Yuka, che rimase indietro grazie alla suo solita fortuna, inciampò sulle scale e finì sopra dei fogli bruciacchiati. Li raccolse al volo e, sempre correndo, scoprì che si trattava, fortunatamente, dei documenti da ritrovare.

    Ragazze! Li ho trovati! I documenti! Abbiamo i documenti!

    Ma che me ne frega! Pensa a correre, idiota!

    COSA SONO QUEI COSI?!

    I cadaveri li rincorsero anche fuori ed erano diventati un vero esercito. La voce fastidiosissima di Alasthor risuonava nella casa come un'eco, mischiandosi a quella degli uccelli.

    Cretine! Vi pentirete di essere così stupide!

    Furono inseguite per ore ed ore, finché, arrivate in prossimità del porto, il coso bianco non si ruppe le scatole e ritornò nella scatola, lasciando che i suoi cadaveri concimassero a mo' di margherite. Smisero di correre e, ancora col fiatone, si guardarono intorno, ringraziando Kamo (che per loro era una specie di nuova divinità) di averle salvate. Si gettarono a terra e per poco non piansero dalla contentezza.

    Fanculo al mondo. Mi hanno rotto le palle 'sti uccellacci di merda!

    Se rivedo quel coso lo uccido! Che vacanza di merda!

    Ho scoperto che l'agitazione vi fa divenire scurrili, sapete?

    Non ce ne frega.

    Oh, c'è Kamo.

    L'ornitorinco si avvicinò confuso alle ragazze sudate e dall'aspetto grottesco. Yuka, però, stringeva i fogli bruciacchiati in mano e questo era un buon segno.

    Quaaack!

    Sì, hai ragione, Kamo. E' ora di tornare a casa..

    Il viaggio di ritorno fu breve ed intenso. Pioveva a dirotto e tirava vento. Kamo, Sakuya e Yuka non presero il sole ma Momo continuò a vomitare. A metà strada ripescarono Ino e la sua tavoletta rosa. Tornati al villaggio la missione fu conclusa e le ragazze tornarono alla loro oziosa normalità. L'unica cosa davvero piacevole fu non avere più nelle orecchie quel maledetto cinguettio.

    finita
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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