Esecuzione

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    Konoha. Ipotetico precedente anno alla conquista del mondo ninja.
    Zero viene trascinato a forza alle porte della Foglia, e gettato senza riguardo ai piedi del consiglio degli anziani, attuali reggenti del villaggio in assenza di un Hokage.
    Imbrigliato tra i fori di una gogna assiste in piazza pubblica ad uno spettacolo atipico, ma probabile: metà villaggio lo denigra, lo condanna per aver stroncato numerose vite innocenti, gli lancia addosso ortaggi, ma il resto della popolazione appare compatire la sorte spettatagli dopo aver salvato il villaggio dalla minaccia del Nove Code. Nessuno lo acclama. Non ha parenti, non ha amici o qualcuno che lo difenda.
    Con occhi assuefatti guarda, eppure non osserva, nè ascolta le filippiche tuonate dagli anziani. Chiedono, Pretendono, non patteggiano. Alle sue orecchie giunge un vacuo "blablabla", indice del grande interesse di collaborare.
    Ai piedi di Nonubu, il suo accalappiatore, gli agguantano il mento, gli strattonano i capelli, gli sbattono il viso per terra, costringendolo a versare sangue sul granito della piazza. Vogliono sapere da lui tutto ciò che sa su Kishikumo, su Sakkaku, sull'attacco di Konoha. Sembrano aver dimenticato chi ha salvato loro la pelle.
    Ma Zero niente. Lancia una mezza occhiata al Senju che lo trattiene per la casacca. Per il resto ascolta il vento.
    Insoddisfatto del silenzio, il consiglio "arma" la squadra degli Yamanaka affinchè si occupino di lui, ma la lettura del pensiero è l'ultimo dei suoi problemi...


    CITAZIONE
    - Natan, prima di agire ho bisogno che tu mi blocchi i ricordi. -

    - Perchè mi chiedi questo? -

    - Nella breve vita che mi separa dall'amnesia, ho appreso troppi segreti per poter essere intercettati. E non solo questi. -

    - Mi avevi assicurato che saresti riuscito a darci una casa, a trovarci un luogo dove non essere braccati! -

    - E sono ancora di quel parare, ma non ho alcuna garanzia che sopravviva così a lungo.
    Mettiamola così: nella mia mente si annidano le immagini tue e dei tuoi bambini. Bloccarle significa tutelarli. -


    - Un riscatto? -

    - Maledetto! CHI?! CHI HA MESSO BARRIERE COSI' IMPONENTI NELLA TUA MENTE?! -

    - Sicuramente non uno Yamanaka. -

    - BASTARDO! -

    - Andiamo, lascialo stare! -

    Gli Yamanaka. Anch'essi sono scissi tra chi vede Zero come un abietto traditore, e chi serba per lui metodi di maggior riguardo. E questi dettagli, seppur apparentemente insignificanti, scuotono l'interesse del mukenin, che osserva e osserva di continuo cosa significa lui per la sua gente.
    [...]
    Viene sbattuto in carcere, anzi scagliato in esso. Lo trattano come un cane bastonato. Non gli danno cibo, non gli danno acqua, lo denudano da capo a piede e lo innaffiano con idranti di acqua gelida. Escoriazioni, ematomi, lividi. Sul suo corpo deperito, dopo appena cinque giorni non v'è più alcuna traccia di pelle sana. E tutto questo perchè a occuparsi di lui è il "punitore", un anbu specializzato nel settore della tortura interrogatoria. Da come parla è straconvinto che sarebbe capace di far cantare un muto dopo appena tre ore di trattamento. Ma Zero non parla. Mai. Urla, si dimena, trema dal freddo, ma subisce senza esitazione. Ripete di quando in quando solo una frase "voglio il mio aguzzino", non ricordandosi il suo nome. Vuole Nonubu Senju, solo a lui parlerà. Ma al punitore non frega niente di ciò che vuole, si limita a "punirlo".
    A tre settimane non si muove più. O meglio non ha più la forza di farlo. Le torture non gli fanno più nè caldo nè freddo, perchè quando il dolore è routine, si riduce ad una semplice sensazione corporea quotidiana, come l'aver fame. Come l'aver sete.
    Le ferite sul suo corpo si aprono e si chiudono in una frequenza stabile, all'interno di un ciclo infinito. Nelle sue vene, nella sua anima il mukenin non avverte neanche più la presenza del chakra. Ciò che è stato fino a un mese prima, gli sembra distante una vita, ma, seppur fioco, continua a far echeggiare nelle carceri: "voglio il mio aguzzino".
    Subisce l'elettroshock, e vuole il suo aguzzino.
    Subisce il simulato annegamento, e vuole il suo aguzzino.
    Dentro di sè guarda alla ferocia con cui i "ninja buoni" lo stanno trattenendo...ma ancora lì vuole semplicemente il suo aguzzino.


    - Tutto questo e ancora non parli. Perchè, Sefiro Mitarashi? -

    - Voglio il mio aguzzino... -

    - Cosa stai difendendo? Cos'hai più da perdere a parte la vita? -

    - Voglio il mio aguzzino... -

    Nuovamente al cospetto del consiglio, tra gli strascichi della sua stessa pelle, Zero biascica sempre la stessa identica cosa. Non vuole sentire ragioni, o più semplicemente non vuole sentire e basta. Molti ninja attorno a lui non riescono a sopportare l'immagine in cui un mese di tortura lo ha trasformato. Difficile stabilire se si tratta di pietà, compassione o disgusto.
    Il governo di Konoha tiene sempre il coltello dalla parte del manico e, guardandolo sul deturpato volto, la più anziana tra i vecchi asserisce infine:


    - Parlerai a lui? A Nonubu Senju Il tuo "aguzzino"? -

    - Sì, a lui dirò tutto, ogni cosa. -

    Il punitore, lì presente, indietreggia a quel flebile sibilo diverso dall'unica frase ripetuta fino a quel momento. Arrabbiato, ferito nell'orgoglio compie pesanti passi in suo direzione e gli inclina tre costole con un pestone. Nessuno lo ferma, nessuno lo trattiene. Arrecato quell'ultimo torto, va via sbuffando maledizioni.

    - Sai perchè abbiamo assegnato al "punitore" il tuo caso? Perchè tu hai ucciso una persona a lui molto cara, quando sei scappato da Konoha.
    Qualunque cosa dirai al tuo "aguzzino", sappi che non ti salverà la vita.
    Domani a mezzogiorno avverrà la tua esecuzione sul patibolo. Puoi immaginare da te le accuse.
    Tuttavia ci sono molti modi per giustiziare un criminale. In base alle informazioni che ci passerai, chiameremo o meno il "punitore" come boia.
    E' tutto, portatelo via, dopodichè mandate a chiamare Nonubu. Che faccia parlare questo mukenin! -
     
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  2. Anselmo
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    Grattare con l'uncino nella fessura, soffiare via lo sporco, strofinare attorno e passare alla fessura successiva. Ed avanti così, senza sosta. Sul tavolo a cui sedevo giaceva il mio intero equipaggiamento, disposto in varie file a seconda del tipo. Era dal giorno precedente che, nella penombra del mio umile appartamento, cercavo di ingannare il tempo facendo pulizia e manutenzione delle mie armi. Le avevo lucidate una dopo l'altra, rimuovendo ogni residuo di sporcizia, ripassandone la lama, smussandone le intaccature e grattando le macchie di ruggine. Ma presto quel lavoro inutile sarebbe terminato, e mi sarei inesorabilmente ritrovato a torcermi nuovamente le mani nell'impaziente attesa. "Per il momento non sono concesse visite" dicevano, "Questioni legali, torni un'altra volta". Era così che mi avevano respinto giorno dopo giorno, impedendomi di incontrarlo. Avrei potuto lasciarlo libero, avrei potuto gettarlo in un qualsiasi buco con le sbarre di un qualsiasi Villaggio. Ma l'avevo trascinato alla Foglia, perchè lì ero riconosciuto come Jounin e Capitano delle Armate Ricognitive di Konoha. Avevo sempre avuto libero accesso ad ogni cella del penitenziario, e non avrei mai pensato che i miei privilegi potessero essere demoliti così facilmente. Avevo confidato troppo nelle autorità e nella gerarchia di cui facevo parte. A quanto pareva qualcuno in alto voleva tenerlo totalmente isolato dal mondo, ed io mi ero ritrovato a passare lunghe notti insonni con la consapevolezza che Zero era lì, nel mio stesso Villaggio, ma che mi era vietato vederlo, e parlargli. Più e più volte mi ero recato alle prigioni, ma mai avevo potuto varcarne la soglia. Mi avevano fregato. E quindi eccomi a lucidare i miei ferri, come se non fossero già abbastanza puliti, e ad imprecare tra me e me come un vecchio frustrato sulla sua sedia a dondolo. Ma il tempo non passava. Quanti giorni erano che giacevo come un relitto alla deriva, bloccato alla Foglia in tremenda attesa? Settimane, sicuramente due, forse tre. Cominciavo a soppesare l'idea di irrompere nell'edificio, e non si trattava di una falsa iniziativa, di quelle che "tanto non porterai mai a termine". L'avrei fatto davvero, ancora un paio di giorni e l'avrei fatto. Meglio quello che impazzire.
    Questi ed altri pensieri oramai mi ronzavano nella testa come uno stormo di rondini in frenesia da parecchi giorni. Ma cessarono improvvisamente quando i miei occhi videro la lama di luce arancione che filtrava dalla porta d'entrata socchiusa, spegnersi e poi riaccendersi ad intermittenza. Era il crepuscolo, nemmeno me ne ero accorto, e qualcuno aveva appena stazionato sulla soglia di casa mia. Mi paralizzai, lo straccio che pendeva dalla mano destra ed il Kunai nella sinistra che si appannava investito dal respiro delle mie narici. Silenzio, bisbigli, poi un debole battere...

    E' aperto.

    Osservai di sottecchi la porta che veniva sospinta lentamente e due individui in divisa apparire sulla soglia. Si guardavano attorno, probabilmente i loro occhi non si erano ancora abituati abbastanza al buio e non mi vedevano.

    Signor Nonubu Senju...? Ehm... Dovrebbe seguirci alle carceri del Villaggio, è stato...

    Oh, merda, vi aspettavo!

    Mi alzai ribaltando la sedia e con una manata raccolsi tutto l'equipaggiamento disposto in file ordinate, gettandolo di fretta nei rispettivi contenitori legati in vita. Aggirai il tavolo e spintonai via i due tizi, varcando la soglia in tutta fretta e gettandomi nella fioca luce del tramonto. Camminavo a lunghe falcate, ripercorrendo la strada fatta decine di volte negli ultimi giorni. La conoscevo benissimo, non avevo bisogno di seguire nessuno. La domanda che avrei dovuto pormi subito giunse solo nei minuti di camminata che seguirono: come mai venivano a convocare proprio me? Avevo sperato che prima o poi mi permettessero di entrare, ma non mi era mai passato per la testa che potessero richiedere proprio la mia particolare presenza. Che fosse stato il prigioniero stesso a chiedere di me? Un brivido mi percorse la schiena; quel che sarebbe accaduto di lì a poco mi era totalmente oscuro.
    Quando giunsi al penitenziario, seguito dai due che erano venuti a chiamarmi, le porte mi spalancarono difronte senza che dovessi dare alcuna spiegazione. Venni condotto attraverso una certa quantità di sale e cancelli chiusi a chiave, fino ad una zona che aveva tutto l'aspetto di essere un reparto speciale. Poca illuminazione, vecchio acciaio dappertutto e pareti in solida roccia uniforme, non alternata in mattoni. Non v'erano celle, solo un lungo corridoio di cui non riuscivo ad intravedere la fine. Prima che potessi imboccarlo, venni portato difronte ad un secondino dall'aria minacciosa che mi chiese di deporre tutte le armi. Non potei trattenere un sorrisetto incredulo:

    Credete che voglia ucciderlo? Se ne avessi avuto l'intenzione, sarebbe già morto.

    Non è la sua incolumità a preoccuparci...

    Ringhiò in tutta risposta quella sottospecie di cane da guardia.

    Ti ricordo che sono stato io a catturarlo.

    Quello non si smosse, e continuò a fissarmi con le chiavi in mano. Capii che laggiù erano loro a comandare e, uno dopo l'altro, slegai tutti i contenitori e foderi che mi portavo appresso e li lasciai sul tavolino. Il cancello vene quindi aperto e richiuso alle mie spalle appena lo varcai. A quanto pareva, sarebbe stata una visita molto intima. Non ci speravo affatto; come il prigioniero fosse riuscito ad ottenere un incontro con me senza che nessun altro assistesse, era un mistero. Ma non desideravo altro. Quindi mi incamminai, con le budella ritorte in un tripudio di sgradevoli sensazioni: trepidazione, timore, rabbia... Ma il mio volto era impassibile ed il mio corpo perfettamente sotto controllo, non un tremito lo assaliva.
    Il corridoio si allargò e sotto una lampada ronzante trovai una sedia pieghevole. Difronte ad essa una fila di robuste sbarre in ferro battuto, così esageratamente massicce da essere ridicole, ma capaci di mettere in soggezione. Ciò che celavano era totalmente immerso nel buio. Girai attorno alla sedia emi avvicinai alle sbarre, noncurante del mio corpo che tentava di dissuadermi dall'avanzare ancora. Afferrai con le mani il freddo metallo, il mio volto ad un palmo da esso, e parlai senza nemmeno rendermene conto, rivolto all'oscurità:

    Hai tradito Konoha... Sei tornato per salvarla... Mi hai risparmiato... Ti sei arreso...

    Il motivo, il perchè, lo scopo di tutto ciò, la verità che si celava dietro quelle azioni. Volevo sapere tutto!

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    Hai tradito Konoha... Sei tornato per salvarla... Mi hai risparmiato... Ti sei arreso...

    Una decina di sbarre, mezzo metro di oscurità e due mani agganciate ai ferri. Questo e qualche pugno di polvere dividono Zero dal suo "aguzzino", e viceversa.
    Tremano le falangi. Vibrano le nocchie. Sorridono i denti. Quell'incipit di Parkinson non è altro che il "risveglio" del mukenin dal mese passato a subìre dolori e umiliazioni solo per incontrare lui.
    Sporge la testa dalla gogna e dalle tenebre della cella, quel che basta per leggere la forma che gli parla. Prima un piede, poi un altro e infine eccolo lì. Nonubu Senju.
    E' esattamente come lo ricordava. No, non come il Jinchuuriki del due code, o come l'anbu venuto a intascare la sua taglia, bensì come l'uomo deciso e inarrestabile pronto a tutto pur di conseguire il suo scopo. Persino a rinnegare la sua natura.
    Al contrario Zero è l'opposto di quando è stato fermato. Deperito, sciupato, consumato da coloro che aveva protetto vuoi per un motivo, vuoi per un altro. Perchè al mondo esistono eroi, non gesta eroiche. Un criminale per antonomasia non può voltare pagina. Nè Zero ne è interessato...


    - Coff...coff! -

    Tosse e saliva gli colano dalle labbra. Serpeggiano lungo la pelle nuda e scendono addominali e pube, sino a raggiungere il polveroso terreno per infine perdersi in una chiazza di sangue. La prolungata agonia l'ha reso anche così: malato di un male non ancora diagnosticato, ma non per questo meno forte nella mente...

    - Nonubu..Senju... -

    Preme con vigore la faccia sulle sbarre, ignorando il dolore delle cicatrici e dei lividi sulle guance. I suoi occhi, dapprima spenti si riaccendono con la stessa intensità di un disperso nel deserto davanti a un'oasi...

    - Finalmente quei bastardi...coff*..ti hanno lasciato entrare. Coff*.
    Vedo che te la passi....*cof coff*...piuttosto bene. Ti hanno "promosso" per la mia cattura? Coff*... -


    Deglutisce cercando di inghiottire più saliva possibile. Deve farlo se non vuole morire di sete. Ha persino imparato a bere dal suo piscio pur di restare in vita. L'istinto di sopravvivenza è contemporaneamente il miglior amico e il peggior nemico dell'uomo, che lo abbassa a bestia.
    Ascolta e non ascolta la risposta, ma a un certo punto gli cedono le ginocchia e si accascia per terra, strisciando i connotati sul freddo della gabbia.


    - Ti hanno già detto di domani? Dell'esecuzione? Cofff* coff* Se mi andrà bene sarà veloce...*coff*...e indolore. Dipende da questa nostra conversazione *coff*...
    Eppure qualcosa mi dice che a te...*coff coff* non interessa quello che ho fatto. Almeno non quanto il "perchè" l'ho fatto. *Coff coff*
    Dico bene?


    Nuovo e violento colpo di tosse. Nel suo respiro si sente la pesantezza dell'organismo compromesso, l'affanno delle ossa che stentano a reggerlo sulla colonna vertebrale. E di fatto si costringe a poggiare la schiena sulla prima superficie disponibile. Tanto per cambiare, il metallo.
    Tossisce una, due, tre...quattro volte, imbrattandosi tutto il torace di muco e sangue. Uno spettacolo già trito e ritrito nelle antiche carceri, ma fa sempre impressione a chi ne è nuovo...


    - Loro....vorrebbero sentirmi pentito, colmo di giustificazioni travagliate e riti inerenti a uno scenario..*coff*...già visto, già sentito.
    Ma non è questo che voglio offrirti oggi..*coff*...prima della mia esecuzione.
    Al contrario sarei più interessato a un "lascito". *coff* -


    [...]

    - Vedi, io ho visto in te tutto quello che ha mosso *coff coff* la mia mano sino ad ora *coff coff*.
    Un movente. E mi piacerebbe farti capire che non è importante quale esso sia, bensì che ce ne sia uno. Reale. Concreto. Tuo. Nostro. *Coff*
    Un "perchè", tale che dica il vero su di te, e che non ti etichetti come un ninja...*coff coff* o nel mio caso come un mukenin. -


    Discorsi fumosi, apparentemente inafferrabili, privi di un senso che sia uno, ma Zero è più che convinto di sapere con chi sta parlando. E' stato un filo rosso a legarli, un sottile filamento che oggi li ha portati qui, l'uno di fronte all'altro.

    - Tu, Nonubu, ti alzi la mattina e ti sembra di vivere una vita che non è tua *coff coff*, ristretto in dei confini troppo evidenti per essere i tuoi. *coff* Alla stessa stregua di un pesce nella sua teca di vetro. *coff*
    Ma tu sei consapevole che esiste un oceano di possibilità oltre quelle *coff coff* che ti mettono davanti.


    Schiacciato dal peso della gogna Senju, Zero si arma di tutte le sue forze per rimettersi in piedi, e avvicinarsi nuovamente ai limiti della sua prigionia. Scruta Nonubu, poi fa ruotare le pupille in senso orario, quindi pone fine alla parentesi precedente:

    - *Coff coff* sai perchè sei qui, davanti a me? Te lo dico io: ti sei accorto delle sbarre che ti circondano e ora vuoi sapere come liberartene. *Coff*
    L'unica cosa che differenzia le tue dalle mie è l'evidenza, ma non la sostanza.
    Qua dentro il mio nome era Sefiro Mitarashi, lì fuori, Zero il mukenin. Quale tra i due appellativi pensi mi abbia caratterizzato? *Coff coff coff* -


    L'unica tirata di fiato gli ha devastato i polmoni, costringendolo per l'ennesima volta a tossire l'anima, fino a rimettere lì davanti, nel primo angolo disponibile. Le energie si consumano istante dopo istante, inducendo a pensare che non sarà l'esecuzione a stroncargli la vita. Ma non è ancora finita per Zero, lui deve riuscire a scrivere un ultimo capitolo della sua storia, il cui titolo lo farà Nonubu....

    - Nonubu Senju, comunque finirà questa discussione, sappi che domani sul patibolo saremo in due a morire. Ma anche in quel caso ci sarà una differenza: il mio cuore si fermerà lì, in quel preciso momento, mentre il tuo continuerà a battere avvinghiato a delle catene di cui a questo punto avrai capito la natura. *Coff coff coff*
    Perchè uno scopo di vita rappresenta la vita stessa dell' uomo. E' la sola cosa che gli appartiene veramente. Va via quella, va via l'uomo. -


    Verità? Menzogna? Qual è il confine tra le due cose?

    - Ma ora veniamo a noi *coff coff*
    Vuoi davvero sapere chi è Zero? Cosa rappresenta questo nome? *Coff coff*
    Rispondi prima ad una domanda: sei davvero sicuro di voler scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio? *coff coff*
    Ti porterò ai confini più sottili del mondo... -


    China la testa, prende il respiro e distrugge!

    - Ai confini del bene e del male! -

     
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  4. Anselmo
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    Pensato
    Parlato

    Parlato Zero


    - Coff...coff! Nonubu..Senju... -

    Il velo d'oscurità, l'unica vera barriera a separarci, venne strappato da due mani che si avvinghiarono debolmente alle sbarre. Scheletriche e rachitiche, coperte da spaccature incrostate nel lerciume. Erano persino prive di alcune unghie. E così il volto, che comparve tra di esse appiccicandosi al freddo metallo. Era come se un qualche demonio assetato avesse succhiato via la forza vitale da quell'uomo, lasciandosi dietro soltanto una carcassa rinsecchita. Mossi un passo indietro coprendomi bocca e naso con l'avambraccio, per proteggermi dall'orribile tanfo che mi aveva investito provocandomi un'ondata di vertigini. Mi scrutava con degli occhi a palla iniettati di sangue, mostrandomi i denti come fosse una bestia idrofoba. Abbassai il braccio e tornai in posizione, osservando quella strana creatura a me sconosciuta con una smorfia di disgusto a sollevarmi il labbro superiore. Ciò che provavo, nemmeno io riuscivo a spiegarmelo. Amarezza, un profondo senso di disillusione; forse era questo il sentimento che gravava come un blocco di ghiaccio sul mio cuore. Ma nel contempo torcevo inconsciamente le dita della mano destra in un moto di collera, che però non riuscivo a spiegarmi. Ero anche profondamente deluso, questo lo riconoscevo. Spaziai rapidamente con lo sguardo nei dintorni di quella gabbia buia, per poi tornare a posare lo sguardo sul recluso. In quel momento riuscii a decifrare parte dei miei sentimenti: capii che erano rivolti unicamente a ciò che lo circondava, in senso generale ma anche in senso stretto, riferendomi alle ferite da cui era ricoperto ed all'alone di morte che lo ammantava. Ero in collera con chi gli aveva fatto questo, profondamente deluso da tutto ciò che lo aveva ridotto così nel mese di prigionia. Al cospetto della costituzione quello altro non era che un fuorilegge, ed andava quindi giudicato e punito con la giusta sentenza. Questo era il messaggio che mi era stato inculcato dal sistema, ed a questo mi aspettavo di assistere incontrandolo. Ma ciò che avevo difronte non era il senso di giustizia che i governi di tutto il mondo promulgavano alacremente. Mi trovavo piuttosto al cospetto del prodotto di qualcosa di marcio e schifoso, qualcosa che non funzionava come doveva, qualcosa di sbagliato. Ero in collera con chi gli aveva fatto questo...
    Un sentimento strano, che mi lasciò stordito... No, mi convinsi che in me non c'era alcuna traccia di pietà per quella creatura, e mi ripetei che tutto ciò che provavo era da ricondursi al Villaggio della Foglia, ed a chiunque avesse dato l'ordine. Ma ancora mi pareva folle che Zero potesse aver fatto una simile fine. Non mi parve più il mostro invincibile che aveva mosso ogni mio singolo passo fino a quell'istante. Potevo guardarlo dall'alto verso il basso, ora.

    L'hanno piegato...

    - Finalmente quei bastardi...coff*..ti hanno lasciato entrare. Coff*.
    Vedo che te la passi....*cof coff*...piuttosto bene. Ti hanno "promosso" per la mia cattura? Coff*... -

    ...ma solo nel fisico.


    L'ironia della sua affermazione, e quel luccichio nelle profondità delle sue iridi sbadite, mi fecero capire che dentro di lui nulla era cambiato. Piegato nel corpo, ma non nella mente. Ed ero convinto che la forza di quest'ultima, da sola, avrebbe potuto soggiogare un'intera nazione.

    La Volontà del Fuoco... E' così che la chiamano nei libri di storia? Ma in lui c'è il vero fuoco, non quella stupida convinzione che Konoha spaccia per l'essenza dei suoi falsi eroi.

    In ogni caso raccolsi la provocazione e me la intascai senza pronunciare risposta. Certo che mi avevano promosso, dannazione! Lui sapeva come funzionavano certe cose, sapeva che in me la Foglia vedeva un soldatino di cui andare orgogliosi, un'arma brandita dalla parte del manico. Accecati dal loro potere politico, gli Anziani del Consiglio mi avevano liquidato con una promozione ed una ricompensa, come se ciò fosse tutto quel che io potessi desiderare. Il ricordo delle loro vecchie bocche che sputavano parole arroganti ancora bruciava nelle mie viscere.

    - Ti hanno già detto di domani? Dell'esecuzione? Cofff* coff* Se mi andrà bene sarà veloce...*coff*...e indolore. Dipende da questa nostra conversazione *coff*...
    Eppure qualcosa mi dice che a te...*coff coff* non interessa quello che ho fatto. Almeno non quanto il "perchè" l'ho fatto. *Coff coff*
    Dico bene?


    Domani?!

    Serrai la mascella, realizzando solo a quel punto la realtà del fatti. Tutte le torture testimoniate da ciò che rimaneva del suo corpo non avevano dato i risultati sperati dai suoi aguzzini. E così avevano giocato l'ultima carta, un'attimo prima che la partita volgesse al termine con la testa del Mukenin che rotolava dalla ghigliottina: io. Come avevo previsto, il carcerato aveva chiesto di me.
    Abbassai il capo e cercai di domare l'impulso che mi spingeva a rendere l'intero Villaggio un cimitero senza nomi.

    Dici bene.

    Dissi. Aspettai che le convulsioni del suo corpo terminassero il loro canto anemico e tornai ad incrociare il suo sguardo fisso.

    Sono qui per...

    ...ucciderti, era questa la cosa che la spontaneità mi avrebbe fatto pronunciare, perchè era la frase che più e più volte, per lunghi anni, avevo sognato di dire. Ma non era la verità, non più. Il mostro che volevo uccidere era quel bastardo che mi aveva sradicato il braccio dalla spalla come fosse un ramo marcio, era lo stronzo che mi aveva deturpato il volto, il pezzente che mi aveva distrutto. Non era l'uomo che, incontrandomi sul campo di battaglia, pronunciava parole capaci di sondarmi nel profondo, quello che poi si arrendeva prima che potessi combatterlo e soddisfare la mia sete, quello che si faceva ridurre in tal stato da un branco di picchiatori.
    Digrignai i denti e chinai il capo, tacendo nel silenzio frustrante di chi non conosce la risposta. A spingermi laggiù, in fin dei conti, era un bisogni esistenziale radicato tanto nel profondo da essere a me sconosciuto.

    - Loro....vorrebbero sentirmi pentito, colmo di giustificazioni travagliate e riti inerenti a uno scenario..*coff*...già visto, già sentito.
    Ma non è questo che voglio offrirti oggi..*coff*...prima della mia esecuzione.
    Al contrario sarei più interessato a un "lascito". *coff* -


    Il mio cuore mancò un colpo. Lanciai uno sguardo di puro stupore in direzione del mio interlocutore. Cosa avesse in mente, in quel momento, era tutto ciò che avevo intenzione di scoprire. Ma non mi lasciai accecare dalla sorpresa e feci lavorare la mia mente, che mi fece presente quanto tutto ciò fosse assurdo. Bastava guardarlo: oramai non possedeva nemmeno uno straccio per coprirsi gli attributi. Che genere di lascito poteva mai offrirmi?

    E di cosa si tratterebbe...? Non penso che tu abbia oramai più niente da darmi. Sono venuto qui in cerca di qualcosa, è vero. Ma ti hanno tolto tutto... Zero. Non c'è nulla che puoi offrirmi, hai le ore contate.

    Non fu con tono sprezzante che parlai, ma con l'amarezza di chi crede di aver perso irrimediabilmente qualcosa. Ciò che seguì, però, investì le mie parole riducendole in brandelli.

    - [ X ] -


    - Vedi, io ho visto in te tutto quello che ha mosso *coff coff* la mia mano sino ad ora *coff coff*.
    Un movente. E mi piacerebbe farti capire che non è importante quale esso sia, bensì che ce ne sia uno. Reale. Concreto. Tuo. Nostro. *Coff*
    Un "perchè", tale che dica il vero su di te, e che non ti etichetti come un ninja...*coff coff* o nel mio caso come un mukenin. -


    Parlava come si trovasse tra le fila di un esercito, a caricare i suoi uomini, dandogli un motivo per donare la propria vita in un'imminente battaglia feroce. Parlava come se non esistesse alcuna prigione, nessuna esecuzione imminente, nessun morbo a consumargli la vita, come se fosse ancora sulla sommità dell'immenso Dai Burukami, a sventrare Villaggi interi. Come se per lui ci fosse un futuro prospero, e tutta quella situazione ne costituisse soltanto il preludio.

    - Tu, Nonubu, ti alzi la mattina e ti sembra di vivere una vita che non è tua *coff coff*, ristretto in dei confini troppo evidenti per essere i tuoi. *coff* Alla stessa stregua di un pesce nella sua teca di vetro. *coff*
    Ma tu sei consapevole che esiste un oceano di possibilità oltre quelle *coff coff* che ti mettono davanti. -


    Gli occhi presero a bruciarmi, dovetti sfregarmeli con la mano destra mentre la sinistra si poggiava su una sbarra, a pochi centimetri da Zero. La puzza, era quel dannato olezzo penetrante a farmeli lacrimare. Ma no... chi volevo prendere in giro. Era quella sensazione di vulnerabilità a pugnalarmi l'animo. La consapevolezza di aver difronte qualcuno capace di leggere dentro di me. Una persona che non aveva bisogno spiegazioni, il silenzio sarebbe bastato. Una come non l'avevo mai avuta. Ma come potevo identificarmi in Sefiro Mitarashi? Tra tutti, proprio lui, quello che avevo etichettato come mia nemesi, la cui esistenza era per me motivo di rabbia, e la morte il più profondo dei sollievi. Ma ora tutto pareva ribaltarsi e acquistare un altro senso. Mi mancava il respiro...

    - *Coff coff* sai perchè sei qui, davanti a me? Te lo dico io: ti sei accorto delle sbarre che ti circondano e ora vuoi sapere come liberartene. *Coff*
    L'unica cosa che differenzia le tue dalle mie è l'evidenza, ma non la sostanza.
    Qua dentro il mio nome era Sefiro Mitarashi, lì fuori, Zero il mukenin. Quale tra i due appellativi pensi mi abbia caratterizzato? *Coff coff coff* -


    Sostenni il suo sguardo, fregandomene della fragilità che stavo mostrando a lui come a nessuno. Quelle parole erano per me l'ordine tanto atteso che si concretizzava nei miei pensieri. Più le ascoltavo, più diventavo veramente consapevole di me stesso.

    - Nonubu Senju, comunque finirà questa discussione, sappi che domani sul patibolo saremo in due a morire. Ma anche in quel caso ci sarà una differenza: il mio cuore si fermerà lì, in quel preciso momento, mentre il tuo continuerà a battere avvinghiato a delle catene di cui a questo punto avrai capito la natura. *Coff coff coff*
    Perchè uno scopo di vita rappresenta la vita stessa dell' uomo. E' la sola cosa che gli appartiene veramente. Va via quella, va via l'uomo. -


    La mia... ragion d'essere... io... io la disconosco. Non ho più uno s-scopo... Sono...

    - Vuoi davvero sapere chi è Zero? Cosa rappresenta questo nome? *Coff coff*
    Rispondi prima ad una domanda: sei davvero sicuro di voler scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio? *coff coff* -

    - Ti porterò ai confini più sottili del mondo... Ai confini del bene e del male! -

    Io... s-sono pronto!



    Consiglio caldamente di cliccare la X a metà post e godervi la melodia più bella di sempre.
     
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    E di cosa si tratterebbe...? Non penso che tu abbia oramai più niente da darmi. Sono venuto qui in cerca di qualcosa, è vero. Ma ti hanno tolto tutto... Zero. Non c'è nulla che puoi offrirmi, hai le ore contate.

    La mia... ragion d'essere... io... io la disconosco. Non ho più uno s-scopo... Sono...

    Io... s-sono pronto!


    Cos'è un nemico? Cos'è un alleato?
    Nonubu ha sempre creduto di saperlo, perchè l'evidenza è il peggior nemico della verità. Konoha ha cresciuto prima Sefiro e poi lui, all'insegna di valori scontati, troppo semplici da accettare per essere criticati. La giustizia, la solidarietà, l'uguaglianza, la pace, ma oggi gli occhi del mukenin sono diventati diversi, mutati in qualcos'altro, capaci di penetrare la vera essenza dell'esistenza.
    Si dice che gli Uchiha siano i migliori manipolatori tra i ninja, riuscendo con lo sharingan persino a far togliere la vita ad un nemico, ma Zero da dietro le sbarre sta utilizzando qualcosa di molto più forte: la dialettica, la maieutica.
    Scorge diritto negli occhi il suo "aguzzino", guardando in lui un'immagine riflessa di sè, per quanto ancora troppo giovane. E' suo dovere guarirlo dall'ignavia, e lo fa col sorriso più malevolo e ironico di sempre.
    Aggrappa le falangi alle sbarre e cerca di star su, per recuperare quella poca dignità rimastogli in corpo. Cerca di convincere l'interlocutore di stare indossando le spoglie errate, ma cos'ha veramente in serbo per lui?


    - Il tuo scopo, Nonubu...coff* coff*...è ben distante da tutto questo. Non è nulla di ideale, nè trascendente. E' qui, di fronte a te. -

    Riferisce guardandosi il corpo. Indica se stesso con la punta del naso come la futura via del ninja, andando a distruggere ogni preconcetto di sè. E' il nemico, la nemesi, l'obbiettivo da assassinare...oppure una nuova strada da intraprendere, seguire, fino alla fine del mondo. Solamente una delle due cose, una scelta che spetta unicamente a Nonubu stabilire.
    Gli si rivolge come a un pupillo fedele, instaurando un clima totalmente dissonante dal contesto realmente vigente. Dal canto suo Nonubu è in perfetta coscienza di sè, giacchè la gogna mokuton inibisce qualunque emanazione di chakra proveniente dal prigioniero. Ed è questa la cosa più sconvolgente: la consapevolezza di stare vivendo una crisi di ideali non plagiata da nessuno...


    - Zero. Non è un nome, non è una persona, nè un simbolo.
    Vuoi sapere cos'è? Chi sono io? Il frutto marcio di un mondo malato. Coff coff*
    Sono il risultato di una misura preventiva...coff coff*, un ninja sempre tenuto sotto controllo, manipolato da Tristania Uchiha, la burattinaia della Quinta Guerra Ninja, ma anche da Nube.
    Da piccolo sono stato soggiogato dallo sharingan di Tristania, ricevendo l'ordine di avvicinarmi col tempo sempre più a lei, distanziandomi contemporaneamente dal mondo ninja. Di contro l'Hokage, consapevole della cosa, ha fatto di tutto per tirare la corda in senso opposto. Bada a quel "tutto", perchè è importante ai fini della storia.
    Tuttavia, si sa: al destino non manca di certo il senso dell'ironia. Qualche tempo fa, prima di poter compiere qualsivoglia atto criminoso, ho perduto la memoria. Mi son risvegliato fuori dai confini, a pochi passi da Kishikumo. Ho seguito le tracce del mio passato, fino a giungere a Konoha. Volevo capire chi fossi, cosa mi attendesse a "casa", ma non trovando nulla per me qui, ho deciso di non rimanere. Nube, interpretando la cosa come il definitivo distacco, mi ha mandato contro ogni forza del Fuoco per impedirmi la fuga, voleva uccidermi, estirpare alla radice un male non ancora germogliato, e ci sarebbe anche riuscito se Tristania non fosse intervenuta per salvarmi, seppur con un braccio perduto nella caccia. Il resto è soltanto storia. Ma che vale la pena di essere riassunta. Coff Coff*
    Per Tristania dovevo essere l'adamo che avrebbe dato il via alla nuova stirpe degli Uchiha assieme a lei, dopo lo sterminio planetario da parte dei bijuu, ma io non accettavo l'idea di essere stato controllato, indipendentemente dal potere offertomi. Ho quindi intercettato i suoi piani, e sono tornato per l'ultima volta a Konoha. Per difendere me, e difendere il mondo intero dallo sterminio. Coff Coff*
    Avrei potuto scegliere di governare ogni cosa con lei, ma sapevo...*coff coff*...di avere qualcosa di diverso da dare al mondo *coff coff*


    Zero ansima, stanco di parlare, di dar motivazioni alle sue gesta. Il perchè lo sta facendo? Coincide precisamente con l'ultima testimonianza fornita: ha ancora qualcosa da fare prima di tirare le cuoia.
    La scacchiera è tutta predisposta per vincere la partita, ma il primo pezzo dev'essere mosso da una persona in particolare, che il mukenin ha accuratamente selezionata nel momento in cui si è arreso al Paese del Fuoco....
    Poggia la fronte sul metallo, spegnendo lo sguardo nei calzari di Nonubu...


    - Credi nel destino, Nonubu?
    Non ci credevo neanche io, finchè non ho scoperto che il mio aveva un nome e un cognome. Il Genjutsu che mi manovrava per certi versi gli somigliava: una forza invisibile, inintercettabile, eppure più reale di ogni mio libero arbitrio. Ho fatto di tutto per distruggerlo, e ci sono riuscito. Ma poi ho letto l'epitaffio di Sasuke Uchiha: "Stolti che combattete il fato, deponete le armi: il corso degli eventi non può essere cambiato. Cambiare lui significa cambiare la natura."
    Coff coff coff coff COFF!!!* -


    Stallo.
    E' come se Zero se ne sia reso conto solamente adesso. Ed esplode, di rabbia, di ira, di grida!


    - CAPISCI COSA SIGNIFICA?! UNA VITA TRASCORSA A LIBERARMI DALLE SUE CATENE E POI....SCOPRIRE QUESTO! -

    EPICITA'



    Da di matto, come se quella frase fosse l'eterna verità, non solamente un'incisione in una vecchia roccia logora.
    Zero piange, lacrima dagli occhi, mandando per l'ultima volta a puttane tutto quello che era stato. Si spoglia di tutto agli occhi di Nonubu, e di un qualcosa ben più profondo dei vestiti di cui è già privo.
    Lui non è un mukenin, non lo è mai stato, ma neanche un ninja. Adesso il Senju poteva capire perchè. Il fantasma a cui ha dedicato la sua vita, non è altro che...un fantasma. Zero, l'assassino, il mukenin, il ladro, il sadico, non esiste. Ma neanche Sefiro Mitarashi.
    Chi sta dietro le sbarre è l'uomo comune consapevole, l'uomo per antonomasia, colui che sfida ogni ideale, ogni tempo, ogni cultura, principio, etica e religione, pur di gridare al mondo di non essere un'etichetta, ma un convoglio di emozioni, di scopi, di voglia di vivere fuori da ogni schema partorito dalla storia. Il suo sguardo emana questo, il più enorme fuoco che i tempi abbiano mai partorito. E' l'obbiettivo a cui ciascuno di noi dovrebbe mirare in vita...ed anche sul letto di morte. Vivere un'esistenza piena, di cui non pentirsi, di cui non avere alcun rimpianto.
    Zero è la voce che grida al mondo "CI SONO ANCH'IO, FIGLIO DI PUTTANA!!" e che poi, si estingue, consapevole di non aver lasciato niente, e di aver lasciato così tutto.


    - Tu ed io, possiamo sgretolare il sistema, distruggere i concetti stessi di utopia e distopia. LO CAPISCI CHE DOBBIAMO CAMBIARE LE COSE?! -

    Urla a squarciagola attraverso le sbarre e pur di afferrargli il colletto si rompe il polso, si sloga il carpo, e nel dolore ci riesce.

    - SVEGLIATI NONUBU! LA MAGGIOR PARTE DEGLI UOMINI NASCE PER MORIRE, NOI DUE NO!
    Mostreremo al mondo il suo vero volto, renderemo agli individui ciò che appartiene loro per definizione: IL VERO LIBERO ARBITRIO!


    - COSA RISPONDI A TUTTO QUESTO?! -

     
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  6. Anselmo
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    - [ X ] -


    Lo guardavo ora con occhi diversi. Non più quelli di una creatura affamata di risposte, in cerca di qualcosa che colmi il vuoto senza fondo dentro il proprio animo. Ero finalmente consapevole di me stesso, e tutto grazie a lui, Zero. Era stato capace di tradurre per me gli enigmi criptici che avevano tenuto serrata la porta della verità, la verità su me stesso ed il mio scopo.
    Quella barriera che io stesso, reagendo a ciò che mi circondava, avevo eretto tra me e l'espressione della mia vera natura. Fin dal principio mi era stato negata la mia reale essenza. Io stesso avevo inconsciamente accettato tale privazione come tutti, d'altronde, prima o poi fanno. Ma uomini come noi, come me e Zero, rimangono connessi ad essa. Un filo sottilissimo e minacciato dal continuo pericolo di rompersi, facendo perdere all'individuo quel barlume di umanità che risplende in lui; vera ed autentica umanità, non il concetto artificiale che si ha di essa osservando le formiche che popolano i Villaggi. Uomini come noi, per miracolo, possono riscoprirla.
    Possono ergersi al di sopra di tutto e tutti, spaccando il guscio che ci tiene rinchiusi nell'esistenza di chi vive nell'attesa di morire. Quel sottile filo mi aveva tormentato per tutta la vita fino a quel momento. Esso mi opprimeva con la costante sensazione di essere ad un passo dalla Verità, ma con un muro invalicabile a separarmi da essa. C'è chi, rinchiuso nelle strette celle costruite dalla società, passa l'intera vita senza porsi il minimo dubbio su cosa possa esserci al di fuori di esse. Questo è l'uomo ideale, quello di cui il mondo ha bisogno per continuare il suo patetico corso inconcludente. Ma non l'uomo vero, non quello degno di esistere, non quello che ha il diritto di vivere, di muovere la propria esistenza e di dominare su quella degli altri. Creature false, ecco chi mi circondava. False ed inconsapevoli di esserlo, troppo concentrate a seguire l'indottrinamento che veniva loro inculcato. Ma le anomalie capitavano anche fra di essi, e se qualcosa permetteva a queste anomalie di svilupparsi, ecco che nasceva un essere oltre l'artificialità. Un individuo realmente in contatto con la propria natura, perchè sopravvissuto alle metamorfosi che lo hanno reso tale. Un Signore degli uomini. Non più compiere il volere degli altri, ma assoggettare gli altri al proprio volere. In questo, io e Zero, eravamo forse un unico essere, ora, in quell'istante.
    Decisi che andava fatto. Ogni cosa andava obliata. Più nessun dubbio a muovere passi contrari ai tuoi. Niente titubanze. Si passava oltre, si evolveva. Laggiù, nel sottosuolo del Villaggio della Foglia, rinascevo. Chi aveva varcato quelle porte, moriva lì. Un nuovo essere faceva la sua comparsa.
    Chi vaga nelle tenebre come io avevo fatto, è alla costante ricerca della luce. Ma quando vi giunge, distoglie gli occhi perchè ne è abbagliato, tanto brutalmente da provare dolore, un dolore profondo come l'animo umano. E lo stesso vale per la verità. Nel mio destino era scritto che un giorno la luce della verità mi avrebbe ustionato gli occhi donandomi la consapevolezza del buio eterno. Ed in quell'istante sarebbe stato il mio giudizio: luce o buio, luce o buio... Ma sceglievo la luce. Avevo dato un nome al mio dolore, e quel nome era Zero. Ora la luce scacciava le tenebre della falsità che aveva guidato la mia e la sua vita. Scoprivo che il mio dolore derivava dalle barriere che io stesso avevo posto tre me e me stesso. Quelle barriere Zero le aveva demolite con la propria forza, liberandosi dalle catene che individui superiori avevano avvolto attorno alle sue membra, e divenendo egli stesso superiore ad essi. Il mio destino invece voleva che per rompere le mie catene dovessi incontrare lui, destino scritto da egli stesso nella notte del nostro primo incontro. Il battito del risveglio... l'evento più importante della mia intera esistenza. Ora lo sentivo.
    Sfidavo la morte della mia anima, quella che tutti gli altri avevano già sepolto nei primi istanti di vera vita. E sfidandola conoscevo la vita, l'altra faccia della stessa medaglia. Traghettavo in me stesso entrambi gli aspetti, e per questo ne ero un emissario.
    Ero giunto al mondo della realtà. Quello che avevo cercato a lungo. Ora, dovevo affrontarlo... ma l'avrei fatto con lui... Ora, dopo lungo tempo, il vero genere umano stava facendo ritorno sulla mondo che rinasceva in me. Ora, cominciava la vera battaglia. Io, Nonubu Senju, l'Emissario della Morte.

    - Tu ed io, possiamo sgretolare il sistema, distruggere i concetti stessi di utopia e distopia. LO CAPISCI CHE DOBBIAMO CAMBIARE LE COSE?! -

    Lo capisco...

    Risposi pacatamente, pervaso finalmente dalla profonda pace d'animo che mi si addiceva, che mi meritavo. Il braccio disarticolato dalla furia emozionale di Zero mi scosse per il colletto, ma io non reagii, se non chiudendo gli occhi e chinando il capo, i capelli a mascherarmi il volto. Lui sfoggiava l'essenza dello spirito che l'aveva spinto tanto avanti, ed io mostravo invece la mia nuova anima. Non c'era significato nella differenza dei nostri attuali stati d'animo, se non che che per scuotere il mio spirito nella giusta direzione, Zero aveva dovuto dal fondo a tutte le questioni che avevano plasmato la sua persona. E ciò era forse il modo più inoppugnabile per dimostrare quanto fossimo simili, se non uguali, identici.

    - SVEGLIATI NONUBU! LA MAGGIOR PARTE DEGLI UOMINI NASCE PER MORIRE, NOI DUE NO!
    Mostreremo al mondo il suo vero volto, renderemo agli individui ciò che appartiene loro per definizione: IL VERO LIBERO ARBITRIO!

    - COSA RISPONDI A TUTTO QUESTO?! -


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    Alzai lentamente una mano, la avvolsi attorno al suo polso e gli abbassai il braccio, per poi rilasciarla. Non v'era più traccia in me della foga che aveva dominato lo scorrere delle mie parole prima di allora. Statico ed impassibile, replicai con tutta la sincerità che avevo in corpo:

    Rispondo che domani non avverrà nessuna Esecuzione. Tu.. non... morirai...
    Ti tirerò fuori di qui. Dimmi come fare, e lo farò, Zero.



    Post un po' strano. Non ci ho inserito dentro i tuoi discorsi, perchè l'ho scritto di modo che fossero fusi al suo interno. Per farla breve, ho narrato ciò che frullava nella testa del mio Pg mentre ascoltava il tuo, parola per parola. Ci sta questa variazione nel posto conclusivo.
    Zero, non so da dove tiri fuori certi frasoni, ma sono incredibili. Roba che in pochi sono capaci di formulare, davvero. Almeno, così la penso io. Mi sono divertito un sacco.

    Ora qualcuno che ha seguito la PQ potrebbe valutarcela :si2: Questo era l'ultimo post.
     
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    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

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    La valutazione è massima per entrambi, e nonostante non sia mio solito, voglio aggiungere un commento personale.
    Non sto qua ad elogiarvi per i post, sono ottimi ma è qualcosa che ci si aspetta da roler della vostra risma e preferirei evitare i complimenti sulla struttura. I post di Zero, non i post per come sono scritti o per come lui è riuscito a farmi toccare la sbarra di ferro davanti alla faccia lercia di Sefiro, no. La nota malinconica che pervade la P.Q. e la resa di quei post, è quasi magico, leggerli è una presa sul cuore, come se un gorilla mi stesse stritolando la laringe.
    Era da tanto che non mi ritrovavo così coinvolto in una P.Q., non per come è scritta, ma per come è resa, le emozioni che vengono sottolineate, il ritmo dei dialoghi e l'alternarsi delle descrizioni che non sono fondamentali ma fanno di contorno a questa musicale epicità che si sviluppa in crescendo fino a culminare col post finale.
    Penso sia una lezione che serva a parecchie persone, ma penso che nessuna leggerà questo commento: Il roler non è colui che ti descrive in due almanacchi i peli del culo di Sefiro, ma colui che con una singola parola ti fa sognare, libera le ali della tua fantasia.
    Quindi si, il massimo.
    E l'ergastolo a Zero, il massimo.
     
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6 replies since 28/2/2015, 17:18   268 views
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