La verità dietro la nebbia

PQ Koda Akame

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    "Io sono responsabile di ciò che dico, non di cosa tu capisci"

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    Quando avevo 5 anni la mia vita era magnifica, la mia casa era la più bella del villaggio, il mio clan il più utile, i miei genitori i migliori che ci potessero essere e tutti i colori del mondo erano ugualmente fantastici. Le giornate passavano all'insegna dei giochi con gli altri bambini del villaggio, le passeggiate per i boschi con mio padre e le ricche abbuffate di famiglia alle feste. Tutto era perfetto e mi sarebbe piaciuto che fosse rimasto tale, fino a quella sera in cui mio padre mi convocò nella sala da pranzo.

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    "Figliolo, vieni. Mettiti seduto, ho qualcosa da raccontarti"

    Quell'incipit non mi piacque sin da subito, mio padre non mi aveva mai chiamato in privato per parlare. La sua faccia era seria e contratta in un'espressione di gravezza che non mi dava a sperare in bene.

    "Cosa succede, padre? Perché avete quella faccia, ho forse fatto qualcosa di male?"

    Il mio pensiero corse subito a qualche scherzo innocente che avevo fatto quella mattina con i miei amici al mercato. Avevamo iniziato a correre tra le gambe della gente facendola spaventare e a rovesciare i carrelli della spesa carichi di ogni sorta di vettovaglia per poi scappare e goderci la scena della collera che saliva sul volto di anziane signore che ci minacciavano con il pugno chiuso per aria esclamando cose come "giovani impertinenti" oppure "chi vi ha insegnato l'educazione". Erano cose innocenti, non facevamo del male a nessuno e le risate tra noi erano sempre tante.

    "Vieni qui, è ora che tu sappia di più sul nostro clan e su quello che fa all'interno del villaggio. Tra un po' di tempo inizierai l'accademia ninja e voglio che tu capisca l'importanza di diventare un ninja illusionista come me e tua madre"

    "Fiuuu, meno male! Per un attimo ho pensato al peggio."

    Mi misi a sedere di fronte a lui con le gambe incrociate e la schiena dritta, attento a tutto ciò che stava per dirmi. La storia del mio clan mi era ancora oscura e non vedevo il motivo di conoscerla a fondo, eravamo persone normali con attività amministrative all'interno di Taki come tutti gli altri clan. Nulla di speciale o di maggiore importanza rispetto alle altre persone.

    "Bene, iniziamo. Innanzitutto perché ci sono dei clan all'interno di ogni villaggio e a cosa servono?"

    Non ci avevo mai pensato, io vi ero semplicemente nato all'interno e non mi ero mai posto questo problema. La mia faccia doveva far trasparire la mia perplessità a tale domanda perché mio padre accennò un leggero sorriso e continuò nella sua spiegazione.

    "Molto tempo fa, quando il ninjutsu erano ancora all'inizio e non c'era ancora tutta la conoscenza di oggi, persone con predisposizioni genetiche simili che manifestassero una determinata abilità nell'uso di un elemento o di una tecnica si unirono insieme per far si che tale caratteristica genetica non si disperdesse, affievolendo la sua potenza, o che andasse perduta. Così nacquero i primi clan ninja, persone in grado di utilizzare il chakra per modificare l'ambiente a loro circostante e avere un vantaggio bellico sui loro avversari. Inutile dire che i clan erano sempre in guerra tra loro per poter rubare le tecniche avversarie e usarle a proprio favore, facendo si che gli shinobi si dividessero in coloro che combattevano contro gli altri clan per la supremazia del proprio e coloro che proteggevano e sviluppavano la propria caratteristica di appartenenza per renderla sempre più letale."

    Ascoltavo incantato le parole di mio padre, respirando a malapena per non rompere quell'atmosfera magica che si era andata a creare. Non osavo fare domande per non interromperlo, lo guardavo solo con una voragine in testa che bramava essere chiusa dalla sua conoscenza. Lui mi guardava attentamente negli occhi e scandiva ogni singola parola perché mi si imprimesse nel cervello per sempre, affinché anche io, in futuro, potessi raccontarla ai miei figli esattamente come lui aveva fatto con me. E continuava quell'epico racconto della storia ninja.

    "Ovviamente il tempo andava avanti e sempre più sfumature si aggiunsero alla peculiarità di ognuno, nuovi sviluppi sul controllo del chakra, nuove tecniche, nuovi usi delle armi ninja, ma nessuno aveva ancora trovato il modo di usare le illusioni al di fuori di un clan, gli Uchiha. Il loro clan era in testa con quello dei Senju e si contendevano il dominio sugli altri. Uno famoso per la qualità del suo chakra, l'altro per la resistenza e la forza fisica, ambedue padroneggiavano jutsu abominevoli, in grado di sconvolgere la morfologia del terreno circostante i loro scontri. Nessun altro ninja osava affrontarli in campo aperto, piuttosto facevano a gara a chi si accaparrasse prima la loro alleanza per avere più possibilità di vittoria in quella sanguinosa guerra che stava logorando tutto il patrimonio posseduto. Fu solo alla fine della prima grande guerra ninja che si iniziarono a vedere i primi sviluppi dell'arte illusoria al di fuori del clan. Ormai tutti vivevano in pace all'interno del nuovo paese formato dall'alleanza tra i Senju e gli Uchiha, il neo-paese del Fuoco, ma non tutti gli Uchiha erano a favore di tale unione e decisero di migrare altrove, disperdendosi negli altri paesi. Così il tempo passò e la caratteristica genetica tipica del clan, lo Sharingan, andò affievolendosi al di fuori del villaggio di Konoha fino a sparire del tutto. Eppure non tutti i geni andarono perduti, alcuni subirono una mutazione e si ibridarono, creando qualcosa di completamente nuovo, anche se meno potente dell'originale. Puoi immaginare da solo cosa sia, figliuolo."

    "Il Magen, la nostra abilità oculare!"

    Questa la sapevo, noi siamo il risultato dell'ibridazione del fondatore del nostro clan, un Uchiha, e una donna, che si diceva appartenesse al clan degli Hyuga, ma mai stata confermata come diceria. Il risultato è stato il clan Akame, possessore di un'abilità oculare propria che si incentrava sulle illusioni e sul controllo del circolo del chakra avversario.

    "Ma padre, perché ci chiamiamo Akame e non Uchiha? Discendiamo comunque da uno di loro"

    Mio padre mi guardò meravigliato, era una domanda non scontata per un bambino di cinque anni. Sorrideva divertito dalla mia curiosità e nei suoi occhi vidi una scintilla di orgoglio per me, cosa che mi fece un po' arrossire e chinare il capo.

    "Figlio mio, hai fatto una domanda a cui non c'è proprio una risposta giusta. Si pensa che il fondatore cambiò nome per nascondersi da possibili ninja traditori intenzionati a prendere il suo sharingan e decise di cambiarlo in Akame. Un'altra teoria è che possa aver preso il nome dalla moglie, per onorarla e per dare un segno di cambiamento nella vita di entrambi, ma così facendo si screditerebbe l'appartenenza al clan Uchiha e Hyuga. Così è nata una terza possibile spiegazione, una bellissima storia d'amore, ma te la racconterò a tempo debito."

    "NOOOOOOOOOOO!"

    Quella parola riecheggiò nella mia testa con una forza inaudita, non mi poteva lasciare così, non lo accettavo.

    "Per favore, padre, raccontatemi la storia. Mi avete incuriosito moltissimo, non riuscirei a dormire stanotte se non la sapessi"

    Mio padre alzò una mano come a fermarmi subito, chiuse gli occhi e scosse la testa. Era testardo e non mi accontentava mai.

    "Ho detto a tempo debito. Quando reputerò che quel tempo sia giunto allora parleremo ancora di questa storia. Ora devo continuare con la nostra storia e tu starai a sentirmi attentamente come prima, intesi?"

    Feci cenno di si con il capo in segno di obbedienza ma dentro ero triste e arrabbiato all'unisono. Volevo sapere della terza possibilità sulla nascita del nostro clan, anche questa mi sembra che dovesse far parte della storia. Non me ne sarei dimenticato e lo avrei incalzato in futuro su questo argomento.

    "Ottimo, continuiamo. Adesso è la volta di raccontarti come il nostro clan si scisse in due fazioni e perché ha sede in due villaggi diversi, uno qui a Taki e l'altro a Kiri.

    "Ragazzi è pronto a tavola, andatevi a lavare le mani e venite subito prima che si freddi"

    La voce della mamma proveniva forte dalla cucina e dal tono non sembrava accettare repliche. Mio padre si alzò in piedi e si diresse verso il bagno.

    "Continueremo dopo cena. Stasera hai il permesso di restare alzato fino a tardi, ma solo per questa volta"

    Mi alzai a mia volta e lo seguii in bagno per lavarmi anche io. Avrei preferito saltare la cena pur di continuare la storia, ma andava bene anche così, avevo il permesso di restare sveglio fino a tardi come i grandi e la cosa mi eccitava parecchio.
     
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    La cena si concluse in fretta, o almeno per me fu così. Non mi stavo gustando neanche il cibo che aveva preparato mia madre con tanta pazienza, avevo altro a cui pensare. La storia andava avanti e prima mio padre finiva, prima poteva ricominciare.

    "Mangio in fretta così gli faccio capire che deve muoversi anche lui. La notte è lunga, è vero, però vorrei anche dormire, cosa che non mi sarà facile se non so come va a finire!"

    Aspettai un paio di minuti e mi alzai da tavola per scapicollarmi di nuovo in sala da pranzo seduto al mio posto con tutta la mia attenzione rivolta al vuoto. Mio padre mi raggiunse poco dopo con fin troppa calma e prese posto anche lui.

    "Che cena frettolosa, mi sa che vuoi sapere come continua la storia, vero?"

    I miei occhi si posarono fissi sui suoi, non c'era neanche bisogno che parlassi per fargli capire che era esattamente come diceva lui.

    "Allora, eravamo rimasti alla scissione del clan. In realtà non fu una vera e propria rottura, fu più un lento allontanamento reciproco avvenuto a distanza di anni. Inizialmente i fondatori del nostro clan si stabilirono nel Paese della Nebbia e lì avviarono la loro nuova vita nascosta agli occhi indiscreti del mondo. La fitta nebbia caratteristica di quella regione offriva un sicuro riparo a chi lo cercasse ed era anche il posto migliore dove nascondere qualcosa di valore, come la propria famiglia. In quei tempi c'erano ancora disordini intestini nelle varie regioni, una sorta di scossa di assestamento. La fine della guerra, la nascita di una nuova forza militare e l'equa distribuzione dei Bijuu a tutti i Paesi aveva creato un po' di confusione e malcontento e molti moti rivoluzionari avevano preso vita nell'ombra. All'inizio il clan Akame se ne tenne fuori, poiché inferiore numericamente e ancora molto debole, preferendo dedicarsi alla ricerca e allo sviluppo delle proprie potenzialità. La nuova abilità oculare dei discendenti doveva essere studiata a fondo e anche lo sharingan del fondatore era ancora un mistero per il suo possessore, così iniziarono gli esperimenti per vedere il reale potenziale di entrambi e ciò che ne venne fuori fu straordinario. Il Magen era un ottimo catalizzatore di chakra, come lo sharingan, ma riusciva ad agire solo a livello circolatorio, disturbando i segnali e i flussi dell'energia. Il fondatore, notando questo particolare, decise di lasciare la via del ninjutsu e di sviluppare una branca dell'arte magica conosciuta come genjutsu, l'arte dell'illusione. La sua scelta fu molto sofferta perché per generazioni nel suo clan il ninjutsu era stato alla base dell'insegnamento e ogni ninja conosceva una miriade di tecniche differenti che gli assicuravano la supremazia in battaglia. Per lui essere ninja voleva dire essere un grande utilizzatore di tecniche magiche e di arti marziali, ma il mondo stava cambiando e con esso anche il ruolo dello shinobi. Avendolo capito, accettò il cambiamento di rotta molto più volentieri e diede vita a qualcosa di nuovo, a un nuovo ruolo chiave all'interno di una strategia militare, l'illusionista. Iniziarono gli studi sul controllo del sistema circolatorio e della mente avversaria, di tecniche per sfuggire a tale controllo e sigilli per rendere il tutto più efficace e veloce possibile. In poco tempo la fama del clan iniziò a crescere e i suoi facenti parte trovavano spazio nella polizia investigativa, nella medicina e nella forza militare. Il nostro potere accrebbe molto e molto in fretta e questo ultimo particolare segnò l'inizio della scissione"

    Mio padre fece una pausa e mi fissò per vedere se stavo ancora attento e stavo capendo quell'intreccio mostruoso che stava subendo la trama.

    "Proseguite pure, padre. Ho capito tutto, non vi preoccupate"

    Il cenno di capo che mi fece era segno che aveva capito e si schiarì la voce per continuare.

    "Giunse il momento critico: l'elezione del successore. Il capostipite ebbe tre figli dalla sua bellissima moglie, ma solo due di loro avevano manifestato il Magen, e ora che la fine dei suoi giorni si stava avvicinando, doveva scegliere il più adatto alla guida del clan. Il primogenito aveva una grande predisposizione alla battaglia, aveva manifestato il suo Magen in ritardo, ma era scaltro, atletico, aveva la stoffa del leader, sarebbe stato un perfetto Uchiha; il secondogenito aveva un'indole allo studio, si era gettato nel campo della medicina e della ricerca sin da giovane e aveva portato a un rapido accrescimento dell'influenza esercitata dalle illusioni; il terzogenito, invece, non aveva manifestato la sua abilità oculare neanche da adulto, ma proprio per questo aveva sviluppato senso sociale ed era circondato sempre da brave persone, si era buttato nella politica e ricopriva un ruolo importante nell'amministrazione pubblica e nel progetto di ricostruzione del villaggio. La scelta non era facile e il fondatore aveva paura di possibili dissensi tra i fratelli. Già troppe volte aveva assistito a scene di fratricidio solo per la successione al clan e non voleva che queste si ripetessero con i suoi figli. Ci pensò a lungo ma non riusciva a trovare una soluzione, tutti si aspettavano che scegliesse il primogenito, per tradizione e per qualità, ma aveva paura che così facendo il clan Akame si sarebbe trasformato in un clan di guerrieri crudeli e subdoli, shinobi senza onore. Lui avrebbe preferito il secondogenito, calmo e pacato, non avrebbe portato scompiglio, si sarebbe dedicato sempre di più alla ricerca ma non sarebbe stato in grado di mantenere tutti uniti. Il terzo figlio avrebbe compensato ad entrambi, ma non possedendo il Magen non era molto adatto alla figura del clan e questo avrebbe generato malcontento non solo tra i fratelli, ma anche tra le loro famiglie. Solo l'aiuto della sua adorata moglie mise fine a tutti i suoi dubbi, ella era buona e voleva ugualmente bene a tutti e tre i suoi figli, così propose un azzardo al marito, una cosa non molto tradizionale o convenzionale. Il giorno della successione si presentarono ai loro figli e conferirono a ognuno una parte del clan, in modo che non ci sarebbero stati litigi e il loro legame si sarebbe rafforzato ulteriormente: al primo figlio andò il compito della sicurezza e della protezione del clan, la sua famiglia e i suoi discendenti avrebbero perpetrato quest'opera fino alla fine della stirpe e in mano loro veniva riposta la vita, la speranza e la segretezza di tutti loro; al secondo figlio e alla sua stirpe veniva data la ricerca e lo sviluppo del genjutsu, al fine di svelare sempre di più questo campo e di farne diventare i padroni indiscussi; al terzo figlio e alla sua discendenza venne affidato l'aspetto politico e relazionale con il mondo, affinché il clan potesse essere d'aiuto agli altri e non restasse nell'ombra, indifferente alle sofferenze altrui. Presa questa decisione si ritirarono in un altro villaggio e chiesero al secondogenito di venire con loro, affinché avesse la dovuta calma e quiete per proseguire gli studi con la sua famiglia. Il villaggio che scelsero era nascosto e isolato, appena nato agli occhi del mondo e oscuro a quelli delle forze belliche, circondato da vaste radure erbose, fitte foreste e grandi corsi d'acqua che cadevano a strapiombo formando bellissime cascate, Taki sarebbe stata la loro nuova casa. Ora capisci come ci siamo spostati?"

    "Quindi state dicendo che noi discendiamo dal secondo figlio e che siamo destinati a occuparci della ricerca? Per sempre? Ma se io volessi fare altro?"

    Non mi era piaciuta molto questa parte, mi sentivo legato a un destino che non avevo scelto. È vero che non mi dispiaceva leggere e studiare, anzi avevo una grande predisposizione a farlo, però scoprire l'esistenza di altri scopi nel nostro clan mi aveva messo in corpo la voglia di indagare e provare. La mia risposta non era piaciuta a mio padre che mi guardava un po' sbigottito da quelle domande.

    "Forse si aspettava maggior entusiasmo da parte mia per la nostra discendenza...

    Così decisi di aggiustare subito la mira e aggiunsi qualcosa che gli avrebbe fatto piacere

    "Non metto in dubbio che sia grandioso il percorso storico che abbiamo affrontato, la decisione di separarci dal resto della famiglia per proseguire la volontà del capostipite e la scelta del villaggio, nonché l'importanza che ricopriamo al suo interno, ma se io volessi fare altro?"

    "Ovviamente questa questione era balzata in testa già ai tre fratelli e così decisero che se uno dei loro figli, o nipoti, o pro nipoti e via discorrendo, avesse avuto la volontà di fare altro all'interno del clan si sarebbe semplicemente trasferito nel ramo scelto, venendo adottato. Non si poteva precludere la possibilità a nessuno, metti caso che un guerriero Akame dimostrava una predisposizione allo studio e un'intelligenza straordinaria per la ricerca? Non possiamo permetterci di perderlo in battaglia inutilmente, o viceversa, se uno studioso Akame avesse avuto voglia di entrare in politica? Perché costringerlo a fare qualcosa che non gli riuscirebbe? Capisci ora l'importanza di aver diviso in tre parti il clan?"

    Non mi era ancora molto chiaro, però abbozzai comunque una risposta

    "Credo che sia stato meglio perché si da a ognuno la possibilità di brillare in quello che riesce di più, senza doversi preoccupare di fare altro"

    Ma continuò mio padre, non contento della risposta a metà

    "E soprattutto perché così facendo le tre parti dovranno sempre appoggiarsi una all'altra e il loro legame sarà indissolubile, proprio come voleva la fondatrice"

    Mi soffermai un attimo su queste ultime parole che disse, c'era qualcosa che non mi quadrava.

    "Padre, perché abbiamo anche noi la nostra parte politica e la nostra parte di guerrieri a protezione? Vengono dagli altri rami? Non dovremmo essere solo ricercatori?

    I suoi occhi brillarono d'ammirazione per me, era come se vedesse il sacro Graal dell'infanzia, un piccolo Buddha che emanava saggezza. Sinceramente mi sembrava esagerata come reazione a quelle domande, però mi faceva piacere sapere di essere motivo d'orgoglio per lui.

    "Non avrei neanche bisogno di dirtelo se sei arrivato a chiedermelo. Ti avevo detto come premessa che non fu una rottura, ma una lenta separazione e con il tempo che avanzava i membri dei tre rami si mischiarono fino a creare una miniatura del clan originale, così ci distaccammo del tutto dagli altri due, ma non siamo in cattivi rapporti. Ci sarà sempre quel senso di unione che ci accomuna e saremo sempre pronti a correre in loro aiuto e loro in nostro se ce lo chiederanno. Figlio, per questa sera abbiamo finito, si è fatto fin troppo tardi"

    Alzai gli occhi e vidi l'orologio sulla parete che segnava le 02:15 del mattino. Rimasi un po' stupito dall'orario e dalla mia assenza di sonno. La storia mi aveva preso a tal punto che il tempo si era dilatato e la stanchezza scomparsa del tutto, avevo l'animo sazio per quella sera e ora potevo dormire sereno. Mi alzai in piedi e diedi la buonanotte a mio padre, ringraziandolo per avermi raccontato quella storia e non vedendo l'ora di sentirne qualcun'altra.

    "Domani andiamo a fare una passeggiata nel bosco, c'è un'ultima cosa che devo raccontarti e credo che il tempo sia giunto"

    Rizzai le spalle come se mi avessero punto, quelle parole mi fecero tornare in mente che mancava un dettaglio molto importante.

    "La terza ipotesi!"

    "La terza ipotesi? Credete che sia giunto il momento, ma fino a poco fa dicevate di no, siete sicuro?"

    Mio padre si alzò e se ne andò con un sorriso sulle labbra, l'unica risposta che mi diede fu la sua buonanotte.
     
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    Il sole non tardò a sorgere tra il fogliame degli alberi. La serata si era conclusa da poco per me e la mattina era arrivata senza troppi complimenti. Mia madre entrò in camera e aprì le finestre per far cambiare aria e lasciare che la luce del sole mi baciasse il volto facendomi svegliare il più naturalmente possibile. Mi si avvicinò all'orecchio e iniziò a sussurrarmi dolcemente

    "Koda è ora di alzarsi, avete fatto molto tardi ieri sera?"

    La mia risposta fu un mugugno in segno di assenso e di richiesta di prolungare il mio riposo, ma il messaggio non sembrava essere arrivato a destinazione e la donna continuò a incalzare.

    "Tuo padre è già pronto di là che ti aspetta, non dovevate andare nel bosco oggi? Forse è meglio rimandare..."

    "No! Sono sveglio, sono sveglio..."

    Mi alzai di scatto dal letto, spalancando gli occhi. La testa prese a girarmi vorticosamente e il sonno si faceva ancora sentire come un dolce angioletto che mi invitava a coricarmi nuovamente sotto le lenzuola, incurante della giornata che doveva arrivare. Scostai le coperte e aspettai un attimo che la mia vista si stabilizzasse, poi infilai i piedi nelle pantofole e mi alzai del tutto. Avevo poco tempo a disposizione e mi attendeva una lunga passeggiata con mio padre chissà dove. Mi diressi al bagno con i vestiti che avevo preso dall'armadio sotto braccio e iniziai a lavarmi il viso, l'acqua gelida mi aiutò a connettere il cervello e a sentire meno la stanchezza. Uscito da lì andai in cucina e vidi mio padre comodamente seduto a tavola che stava finendo di mangiare la sua colazione.

    "Buongiorno dormiglione, allora com'è essere grandi, ti piace fare tardi la sera?"

    Quella sua ironia di prima mattina non era molto gradita e non mi capacitavo di come facessero loro due ad alzarsi così presto ogni giorno, nonostante gli orari improponibili che facevano la sera.

    "Non mi piace molto essere grande, mi sa che resterò bambino per un bel po' ancora"

    La risata fragorosa dell'uomo riempì la stanza e mi rimbombò nelle orecchie, segno che i decibel emessi erano decisamente troppo alti per me. Finimmo di mangiare e ci andammo a preparare lo zaino per la nostra escursione. La mamma ci aveva preparato anche il pranzo e lo aveva avvolto in un bellissimo fazzoletto di seta blu, tramezzini assortiti e girelle al cioccolato ci avrebbero tenuto compagnia e dato le forze necessarie lungo il nostro viaggio. Era una giornata incantevole fuori, soffiava una leggera brezza che aveva il profumo dell'erba e il sole ti riscaldava senza scottarti, era il tempo ideale per una scampagnata all'insegna della conoscenza tra padre e figlio. Non stavo più nella pelle, mi ero completamente svegliato e avevo preso a correre da una parte all'altra del cortile di casa aspettando che mio padre uscisse fuori e che la mamma ci venisse a salutare.

    "Piano, giovane, non ti stancare troppo che abbiamo molta strada da fare e io non ti porto sulle spalle se ti stanchi"

    "Non sarà necessario, sono abbastanza grande da poter resistere"

    "Ma non volevi restare bambino ancora per molto tempo?"

    "Infatti ho detto "abbastanza grande", ciao mamma, ci vediamo stasera. Forza papà!"

    Mi voltai e presi a camminare per il viale di casa, che ci avrebbe immesso nella strada principale del villaggio e, da lì, portati al varco più vicino. Mio padre mi veniva dietro con lo zaino in spalla e mi osservava affinché non mi perdessi in mezzo alla folla di gente che si era riversata per le strade quella mattina. Arrivati alla porta del villaggio due shinobi ci fermarono chiedendoci dove fossimo diretti, mio padre tirò fuori un pezzo di carta e lo fece leggere a uno dei due che, dopo una rapida occhiata al foglio, ce lo restituirono e ci lasciarono passare augurandoci buon viaggio. Da lì in poi non facemmo altro che camminare per delle ore, senza mai fermarci, lungo la strada sterrata che collegava il villaggio al resto della regione. Quando il sole fu alto in cielo e il mio stomaco iniziò a brontolare, mio padre decise di fermarsi in una radura lì vicino e di gustarci il nostro pasto comodamente seduti sull'erba.

    "Sai figliolo, una terza leggenda del nostro clan narra che fu proprio così che iniziò la storia d'amore tra il nostro fondatore e sua moglie"

    Il racconto era iniziato, ora non bisognava fare altro che sentirlo e ricollegare tutti i tasselli.

    "In che senso, padre?"

    "Si narra che i due si conobbero in una radura sperduta vicino al loro villaggio natale e che si innamorarono con il tempo. Sapevano di appartenere a due clan distinti e che non avrebbero mai potuto stare insieme, così decisero di far rimanere segreta la loro unione, fino a quando non li scoprirono e li costrinsero a lasciarsi. Ovviamente la cosa ebbe risvolti inaspettati e colpi di scena vari, ma aspetta un altro po' e lo scoprirai. Ti basti sapere questo per ora, erano due giovani del villaggio del Fuoco che dovettero lottare aspramente per amare chi volevano davvero"

    Ancora tutto quel mistero, ma non ero pronto a sapere? Lui stesso me lo aveva detto. Finimmo di mangiare e ci rimettemmo in marcia, dopo un altro paio di ore arrivammo a una deviazione e mio padre si fermò. Iniziò a guardarsi intorno con fare sospetto e solo dopo che si fu accertato che eravamo soli praticò due sigilli velocemente con le mani e rilasciò il chakra. Come per incanto si materializzò una stradina più piccola tra le due principali che portava in cima a una collina. Io rimasi sbalordito da quella magia, ma mio padre si voltò verso di me e alzò semplicemente le spalle.

    "Cosa ti aspettavi? Siamo pur sempre degli illusionisti"

    Riprendemmo a camminare e arrivammo in cima alla strada passando per gli alberi del bosco che ci offrivano riparo dagli sguardi indiscreti dei passanti. Alla fine dello sterrato si apriva una piazzola con al suo centro un tempio di piccole dimensioni con una statua del Buddha a troneggiare nella posizione del loto.

    "Benvenuto nel tempio degli Akame, dove teniamo nascosti i nostri segreti e le nostre storie. Qui è dove io ti nominerò successore del clan quando sarai grande ed è qui che è custodita la preziosa leggenda di cui vai tanto in cerca"

    I miei occhi luccicarono alla vista di quel posto, era così mistico e tranquillo, sarebbe diventato subito il mio nascondiglio perfetto se non fosse stato per la distanza dal villaggio. Iniziai a girare intorno alla statua della divinità e mi soffermai sui dettagli della struttura dietro di essa. Sembrava una pagoda in miniatura con le tegole di un bellissimo color blu oltre oceano e i muri bianchi come l'avorio, l'edera che percorreva i muri esterni indicava il tempo immemore da cui era stata costruita e anche le crepe sull'altare dove era posta la statua sembravano confermare lo scorrere inesorabile degli anni in quel luogo. La mia eccitazione andava sempre più aumentando, chissà quanti segreti nascondeva quel posto, chissà quante altre illusioni c'erano tra quelle pareti che celavano il loro vero aspetto, chissà i passaggi segreti che magari avrebbero condotto in qualche grotta sotterranea dove erano custoditi immensi tesori e ricchezze accumulati in secoli di storia dal nostro clan. La mia immaginazione era partita, ma ci pensò mio padre a riportarmi con i piedi per terra.

    "Vedo che apprezzi l'aspetto spartano che abbiamo mantenuto, però è ancora presto per te per comprendere cosa si cela dietro a tutto questo. Koda, devi promettermi una cosa. Se io dovessi mai morire prima di averti svelato tutti i segreti del nostro clan, tu dovrai tornare qui solamente quando avrai sbloccato il tua Magen e dovrai vedere e studiare ogni singolo frammento che troverai qui dentro, perché nulla è come appare qui, capisci cosa intendo?"

    Altro mistero! Mi piaceva sempre di più quel posto, ma perché preoccuparsi tanto del futuro, lui non sarebbe andato da nessuna parte e mi avrebbe tramandato tutto il suo sapere, eppure la sua faccia triste e preoccupata mi spinse a prometterglielo

    "Padre, non dovete temere nulla, vi prometto che tornerò qui solo quando avrò il mio Magen attivo, ci torneremo tutti insieme così passeremo un'altra giornata fantastica come questa!"

    Il suo volto si rilassò in un sorriso e incrociando le braccia si diresse nuovamente verso l'uscita.

    "Dove andate? Dov'è la pergamena con la storia?"

    "Ah, quella? Beh a tempo debito la avrai, tanto non potresti leggerla con i tuoi occhi ora, né posso farlo io per te. A ognuno di noi si presenta sotto forma diversa e con una storia differente, i fondatori hanno voluto così. Si impegnarono molto per creare questo sigillo e ogni abilità oculare è in grado di leggere solo una parte, quindi dovrai aspettare e sperare di trovare qualcuno che ti possa aiutare. Ora torniamo a casa che la notte si avvicina"

    Finiva così la storia, non avrei ricevuto nulla se non la promessa che un giorno avrei avuto tutto, molto filosofica come mossa, ma cosa si aspetta da un bambino di cinque anni, comprensione? Per tutto il viaggio di ritorno feci i capricci e piansi a dirotto perché avevo faticato tanto e avevo deciso di essere grande per ottenere quello che volevo, ma la realtà era un'altra. Essere grandi fa proprio schifo!
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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