Imai Juzo

Personal Quest

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  1. Anselmo
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    «Non c’è caccia come la caccia all’uomo, e quelli che hanno cacciato a lungo uomini armati, provando piacere nel farlo. Non hanno più interesse per nient’altro.»

    -[ X ]-



    Bi... bi... biii... bi... bi... biii...

    I tendini affiorarono sul mio avambraccio mentre premevo e torcevo la punta del Kunai nella spessa corteccia del ramo su cui stavo seduto. Un platano ben cresciuto ed antico quello che mi ero trovato. Lo testimoniava la ventina di metri di vuoto che separava le mie gambe a penzoloni dall'arido terriccio argilloso in cui penetravano le radici della secolare creatura di legno. Scaglie di corteccia mi solleticavano il torso della mano mentre lo sperone d'acciaio incideva con forza nella fessura. Dove il cuneo si bloccava, facevo leva con una torsione del polso liberandolo tra mugolanti scricchiolii e schiocchi secchi delle fibre legnose che cedevano sotto la mia forza. Fui soddisfatto solo quando quel singolo carattere che le mie labbra continuavano a mormorare non fu inciso abbastanza profondamente nel ramo da causare la lacrimazione di lucente resina ambrata. A quel punto staccai il Kunai dalla materia viva, lo feci scorrere sulla ruvida corteccia per scrostarlo e con una pugnalata decisa lo piantai pochi centimetri più in là, per dare vita alla lettera successiva.

    Mmmh... u... u... uuu... u...

    Il vento filtrava tra i rami, intonando note come fossero corde pizzicate dalla natura. Tra le ciocche di capelli che mi frustavano gli occhi, intravedevo piccoli volatili cinguettanti che si esibivano in strettissime virate attorno alla chioma del planato, sibilando nell'aria. Quella era la vera quiete. In un mondo fatto di grandi Villaggi, gerarchie, missioni, folla, non era l'isolamento che cercavo, non il silenzio. La pace assoluta esisteva solo per chi era capace di immergersi nella natura. In fin dei conti attorno a quel singolo platano c'era più movimento che in qualsiasi luogo di Konoha, ma non mi disturbava. Eppure continuavo a percepire una costante morsa alle viscere. Avevo perso la capacità di godermi il mio elemento, non v'era più pace per me in quel mondo. Continuavo a pensare alle cose, e pensare e pensare e pensare senza sosta...
    Stavo per terminare l'ultimo carattere della parola quando la punta del Kunai sollevò una scaglia di corteccia e dalla fessura sgusciò fuori uno scarafaggio. Deambulò col fare sinuoso ma affannato tipico degli insetti, finché pollice ed indice della mia mano non lo afferrarono, privandolo del contatto rassicurante di una superficie stabile. I miei occhi ne scrutarono l'esoscheletro nero e lucido, le esili antenne e le minacciose mandibole dentate che ondeggiavano alla ricerca di qualcosa da dilaniare. Osservavo ogni particolare, ma era come se vi guardassi attraverso, tanto la mia mente era presa dai pensieri che la assillavano. Arrivai al punto di non accorgermi che la pressione delle mie dita stava gradualmente aumentando. Ma quando fu tale da fratturare quell'esile esoscheletro e vidi le umide viscere verdastre schizzare in due getti ben definiti a destra ed a sinistra, il flusso di pensieri si arrestò. Mi sentii meglio; molto... molto meglio.
    Tornai alle mie incisioni e finalmente terminai l'ultimo carattere. Ero fiero dell'opera di alto artigianato che avevo compiuto.

    Nonubu!

    Sussurrai passandoci sopra una mano e soffiando via i resti di corteccia.

    Hm...

    Poggiai lo sguardo sul Kunai, ora adagiato sui palmi aperti delle mie mani. Ne seguii le linee decise, spigolose, quasi come se volessero esprimere la propria severità nei confronti di qualsiasi nemico. Mi soffermai infine sul riflesso che il metallo donava al mio volto. Avevo difronte due labbra sorridenti, ma occhi incavati in pozzi di nera apatia. Le cicatrici divoravano un fianco del viso, avvinghiandosi alla tempia, allo zigomo ed al mento. Provai ad immaginarmi privo di quel segni che mi ammorbavano il volto, a ricordare com'ero prima. Ma troppo tempo era trascorso.
    In quel momento, attraverso le dita vidi una figura avanzare. Qualcuno stava camminando per il sentiero che serpeggiava alla base del platano, parecchi metri sotto di me. Difficile dire cosa mi spinse a farlo, non avevo idea di chi egli fosse, sapevo solo che oltre a lui molto probabilmente non c'era nessun altro nel raggio di miglia. Impugnai nuovamente il Kunai e lo scagliai verso di lui. Sfrecciò nell'aria con un sibilo che si perse subito nel vento, e si conficcò esattamente dove volevo io: al centro del sentiero, pochi passi davanti all'individuo. Questo si fermò, ma non pareva allarmato; rimase lì a fissare l'oggetto che era piombato dall'alto, senza nemmeno sollevare lo sguardo. Poi si mosse in avanti, chinandosi ed allungando la mano per raccoglierlo.

    Hiraishin no Jutsu!

    Sparii dal mio trespolo in un lieve frusciare e nello stesso istante feci la mia comparsa difronte all'individuo, faccia a faccia. Prima che le sue dita sfiorassero il Kunai, il mio scarpone vi si era adagiato sopra.

    Nah nah nannah, quello è mio.

    Dissi sorridendo, con un chiaro intento provocatorio. Poi me ne accorsi...

    SPuzAUS



    Edited by Anselmo - 6/2/2015, 00:53
     
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  2. Anselmo
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    Poi me ne accorsi, era una ragazza. Ritirava ora lentamente la mano ed alzava lo sguardo su di me. Una bella ragazza. La mia mano destra tremolò, presa dal'impulso quasi istintivo di sollevarsi ed andare a carezzare il mio volto, quello coperto di cicatrici, per nasconderle. Ma non osai farlo. Tsk, che segno di debolezza sarebbe stato. Ed a quel pensiero fu invece una smorfia disgustata quella a deformarmi i tratti. Incrociavo lo sguardo di un volto grazioso baciato dalla natura, e la mia reazione era un leggero sollevamento del labbro superiore e l'aggrottarsi della fronte. Chiunque mi avesse visto da una qualsiasi prospettiva che non fosse la mia, lei compresa, mi avrebbe ritenuto un individuo disturbato quanto meno. Nessuno poteva sapere che a disgustarmi ero io stesso, la mia reazione. Segreti intimi che rimangono sepolti nell'animo, immaginai. Era davvero bella. Lo ero stato anch'io un giorno, molto tempo prima. Ma poi ero cambiato, ero stato segnato nel profondo. Qualcosa mi aveva reso... l'attuale me stesso. Non potevo definirmi in altro modo. Cattivo, forse qualcuno mi avrebbe definito così, ma io avevo un'idea ben diversa della cattiveria, e quando pensavo ad essa non era certo uno specchio ciò che mi figuravo nella mente.
    Fu una sensazione infinitesimamente microscopica sull'immensa estensione della mia cute: un capello sospinto dal vento che mi sfiorava la guancia. Aprii gli occhi, anche se in realtà mai si erano chiusi. Mi accorgevo ora che la ragazza mi aveva sfilato accanto, per continuare il suo cammino solitario. E ricordavo di aver ancora l'espressione schifata stupidamente stampata in faccia. Mi affrettai a cambiarla in qualcosa di più contrito e mi voltai verso di lei che si allontanava.

    Da dove vieni...?

    Vado al Villaggio della Foglia.


    Fu la risposta, ed effettivamente a fare da sfondo alla sua figura in cammino vi era proprio la sagoma di Konoha, lontana qualche miglio nella direzione da lei percorsa. Ma non era la risposta giusta, o forse l'errore era situato nella mia domanda? Perplesso, feci:

    A far cosa?

    Si fermò, fortunatamente, e si voltò verso di me. Ora mi guardava come se ancora non mi avesse visto. Ma nel suo volto c'era qualcosa, o meglio, era quel qualcosa di mancante a farmelo apparire piacevole. I miei occhi vagavano su quei lineamenti dolci e si perdevano nel sangue dei suoi occhi profondi senza che nessun pensiero mi infettasse la mente. Mi sentivo libero, leggero, quel viso riusciva a calmarmi come solo il sopraggiungere della morte potrebbe fare.
    Batté una volta le palpebre, con delicata lentezza, e nel modo più quieto che si potesse adottare, mi rispose:

    Sto cercando i miei genitori...

    In quel momento decisi che l'avrei fatto. Annuii sorridendo vagamente ed allungai qualche passo verso di lei, finché a separaci non ci fu che una lama di vento obliquo. Il mio sorriso si fece più radioso, stavo sollevando lentamente la mano. I capelli di lei, così intensamente blu, ne solleticavano il torso mentre questa si avvicinava al suo mento. Si fermò prima di raggiungerlo, e lì i muscoli del mio braccio si attivarono quando afferravo improvvisamente la ragazza per i bavero. La tenni così, stretta, e prima che potesse reagire in alcun modo, l'altra mia mano si chiuse a pugno per poi abbattersi con inaudita violenza lì, su quel viso. Lei fu a terra, a sputare sangue dal labbro spaccato. Un vero lago ad impregnare i ciottoli del sentiero, a cui contribuiva un setto nasale probabilmente fratturato.

    P-Perchè l'hai fatto...

    Fui investito da una cascata di euforia, non potevo smettere di ridere.

    D'AAHAHAHAHA HA HA HA!! Vedi... vedi io...

    Scavalcai con un piede la sua gamba abbandonata al suolo, mentre posizionavo l'altro nel mezzo della pozza di sangue. La afferrai nuovamente per il bavero, trascinandola in alto, verso il mio volto.

    Io... eh eh... volevo soltanto distruggere qualcosa di bello!

    Ma non sortì l'effetto sperato. Quella ragazza restava impassibile. Dolorante, ferita, ma imperturbabile. Ricambiò il mio sguardo senza esprimere il minimo sentimento. Non capivo, non era possibile. Poi un sibilo familiare, e mi trovai la lama di una Katana premuta contro la gola. Doveva essere dannatamente affilata perchè bastò una leggera pressione a far sgorgare il sangue, il quale gocciolò su di lei. Ora il suo volto era fradicio anche del mio sangue. Agì con fluente rapidità, torcendo il corpo per donarmi un calcio dritto nelle viscere. Venni sollevato da terra ed andai a rovinare nell'erba qualche metro più in là, rotolando al suolo prima di riacquistare l'equilibrio. Sorreggendomi con le punte dei piedi e le dita della mano destra piantate nel morbido terreno, dovetti afferrarmi lo stomaco con l'altra; un colpo davvero poderoso che mi lasciò con il fiato mozzato ed un forte senso di nausea, non avrei saputo fare di meglio. Ma sorrisi, sollevai il volto puntando lo sguardo su di lei come un cane rabbioso e sorrisi. Quella era la reazione che cercavo! La violenza...
    Lei era già in piedi, gli occhi socchiusi come se davanti a lei non ci fosse un pericolo mortale, come se io non fossi là. Si passò la manica sulla bocca, liberandosi del fluido animale che gocciolava dal naso. Fendette l'aria con la Katana, e questa fu nuovamente pulita e luccicante. Poi fece scorrere la parte non tagliente sul pollice che funse da guida per indirizzare l'arma nel suo fodero. Si era appena disarmata; quali erano le sue intenzioni?
    Aprì gli occhi, quella dannata espressione di pura quiete ancora stampata in faccia!

    Pensavo fossi una sentinella di Konoha, ma evidentemente mi sbagliavo. Se vuoi vivere, lasciami andare, non ho tempo da perdere. Non sono una preda per voi fuorilegge, cerca qualcuno del tuo calibro.

    Mi aveva preso per un Mukenin, ma questo non cambiava le cose. Più si ostinava a voler evitare l'affronto, più cresceva in me il desiderio di indurla ad una reazione violenta. Volevo combatterla, volevo causarle dolore e unirmi a lei in esso, ero a caccia di prede umane! Abbassai anche l'altra mano aggrappandomi all'erba e con un ringhio degno di una iena, mi lanciai all'attacco. Scattai in avanti, roteando su me stesso per dare la giusta potenza al calcio rotante che caricai verso il suo capo. Ma andò a vuoto in un cupo vibrare, quando lei si abbassò. Toccai terra con la punta del piede che usai come perno per compiere un'altra mezza rotazione e portare un calcio a mezzo corpo, ma questo venne totalmente assorbito dalle braccia incrociate che frappose tra me e se stessa. Persi quasi l'equilibrio nell'impatto, ma lei non accennò a sfruttare l'occasione per passare al contrattacco. Mentre sferravo una serie di pugni senza successo, capii che era necessario fare sul serio. Spiccai un piccolo salto, sollevando i piedi ad un metro da terra e flettendo le gambe, per poi scaricare un colpo a piedi pari. Come avevo previsto, parò facilmente l'offensiva schermandosi con il braccio e ciò mi permise di sfruttarlo come appoggio per eseguire una capriola aerea all'indietro che mi portasse ad una decina di metri da lei. Ancora in volo, misi mano ad entrambi i borselli, afferrando due Kunai per mano che lanciai compiendo due rapide mezzelune con le braccia. Le armi coprirono la distanza in un istante e gli furono addosso. Fu incredibilmente rapida nel girare su se stessa torcendo il corpo in una posa flessuosa per evitare le quattro armi d'acciaio, così fulminea che parvero passargli attraverso. Ne fui meravigliato e compiaciuto al tempo stesso, perchè non aspettavo altro; i Kunai andarono a piantarsi dietro di lei, proprio dove li volevo io. Sorrisi lanciando una fuggevole occhiata al simbolo che vi era dipinto sopra, un sigillo che per me rappresentava un punto di connessione tra quel luogo ed il mio corpo. Mi bastò attingere all'energia spirituale che mi scorreva copiosa nelle vene e...

    Dietro di te!

    Un sussurro, mentre apparivo esattamente dove avevo annunciato, dislocandomi istantaneamente. La mano era già alzata per afferrare l'impugnatura del Wakizashi che mi spuntava da sopra la spalla. Lo sollevai sopra la testa afferrandolo con entrambe le mani come fosse un pugnale, e lo calai con vigore dritto tra le sue scapole, con un ghigno di pura soddisfazione in volto...
     
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  3. Anselmo
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    -[ X ]-


    Uh... che riflessi!

    La punta acuminata del mio ferro si era improvvisamente arrestata ad un soffio dalla fronte della donna, che aveva infatti compiuto una piroetta abbassandosi nel contempo ed aveva afferrato il mio polso prima che calasse il Wakizashi nelle sue membra. Le era bastato un singolo braccio per fermare le mie. Ciò che mi rapì nel profondo fu però l'espressione del suo volto; finalmente pareva provare qualcosa. Leggevo le contrazioni muscolari di chi ha preso una decisione seria.

    Ti avevo avvertito...

    Senza mollare la presa sul mio polso, mi mollò due potenti gomitate nello stomaco, culminando con una ginocchiata al mento che mi sollevò da terra. Percepii immediatamente il sapore del sangue, poi la gravità mi trascinò verso il suolo che stranamente non mi parve più tanto morbido.

    Ugh, cazzo!

    Non intendeva darmi tregua. Comparve nel mio campo visivo, in netto contrasto col cielo luminoso che ero costretto ad osservare dalla mia posizione distesa. Stava precipitando come un falco in picchiata, la gamba tesa appositamente per piantare le mie membra sfracellate nell'erba. Feci appena in tempo a rotolare lateralmente, ed il suolo esplose accanto a me. C'era mancato davvero poco, non avrei fatto una bella fine se fossi stato colpito. Mi vidi afferrare per una caviglia, trascinare in mezzo alla polvere e poi sollevare. Tutto cominciò a muoversi, stavo roteando ad incredibile velocità. Contrassi fino allo spasimo i muscoli addominali per contrastare la forza centrifuga e riuscire a guardarla. Ottenni solo una breve immagine della sua fronte corrugata, la mascella tesa ed i denti snudati in un espressione di pura determinazione. Ora ne avevo la certezza: voleva uccidermi! Provai un brivido adrenalinico, potevo finalmente combattere un vero avversario, uno che non si sarebbe risparmiato nel colpirmi.

    SPARISCI!

    Lasciò la presa, e mi trovai a sfrecciare ad un metro da terra, avvicinandomi con pericolosa velocità al possente tronco dell'albero su cui poco prima me ne stavo comodamente seduto.

    Merda, devo f-fare qualcosa! Suiton, SUIDANHA!

    Dalle mie labbra socchiuse eruttò un filo d'acqua sparato a pressione elevatissima, che direzionai con una torsione del collo verso il tronco. Una lama obliqua lo investì, aprendovi uno squarcio da parte a parte. Passai quindi attraverso quattro metri di legno senza procurarmi un graffio, per poi toccare il suolo con mani e piedi ed arrestare la folle corsa in una scivolata che tracciò quattro nitide linee nell'erba sradicata. Ci fu qualche secondo di silenzio, che fu infine rotto brutalmente dal fragore di tonnellate di legno che precipitano al suolo. Il platano moriva, e la terra tremava. Sorrisi...

    KgWz2fi


    Anf... Anf... Anf...

    La morsa lancinante del dolore a quel punto arrivò dritta nelle zone colpite, riducendomi ad ansimare. Feci fatica ad ergermi in piedi, ma la mia espressione non cambiò affatto.

    Tutto qui? Mi avevi detto di non essere una preda facile, eh eh.

    Godei della sua espressione infuriata. Reclinò la testa mettendo in ombra il volto sotto la chioma e divaricò le gambe, portando entrambe le mani al fianco, una sull'imboccatura del fodero che accoglieva la Katana, l'altra sul suo manico. Ma rimase lì, in posizione difensiva, pronta ad accogliermi. A quanto pareva non ero ancora riuscito nel mio intento, e l'impazienza cominciava a sopraffarmi.

    Bene, se la metti così...

    Sollevai lentamente un braccio stendendolo in avanti, poi seguì l'altro. Flettei i polsi cosicché i palmi delle mani fossero rivolti verso l'obbiettivo e presi la mira.

    Fai attenzione, perchè a questo attacco non si sopravvive. Mmmhh... ihihihi... Mokuton...

    Il sopracciglio della donna si sollevò, le palpebre si dilatarono. Era spavento quello che le leggevo in volto? Oh si... Ma poi chiuse gli occhi, divenne calma. Una serie di particolari balenarono nel mio sguardo. Particolari che mi lasciarono basito, perchè denotavano una tranquillità profonda oltre l'immaginabile, una calma assurdamente fuori posto. La vena giugulare smise di pulsare, il rossore scomparve dalle sue morbide guance, i muscoli di tutto il corpo di rilassarono, parve persino divenire più leggera, quasi fluttuare nel vento... Che stava facendo? Sceglieva la morte? Nemmeno mi stava guardando, dannazione!

    Grrr... SASHIKI NO JUTSU!

    Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. Gli avambracci si gonfiarono dando origine al loro interno a due robusti paletti lignei che vennero espulsi dai palmi delle mani. Sfrecciarono con indicibile rapidità; un attimo prima spuntavano dalla mia pelle, un istante dopo avevano coperto metà distanza, ed in un baleno le erano già addosso. Si sarebbero piantati in profondità in quelle molli membra di donna, e ne avrebbero fatto una poltiglia liquida ed irriconoscibile, ramificandosi con inumana truculenza. Ma ciò non accadde. Lei non si mosse minimamente ed i paletti...

    Le sono... p-passati... attraverso... com'è possibile?!

    Poi guardai con maggiore attenzione: i paletti giacevano ai suoi piedi, entrambi sezionati in due metà perfette. Ed in quel istante percepii lo scatto della Katana che rientrava nell'ultimo tratto di fodero. Li aveva intercettati prima che la coprissero, entrambi, con una singola arma. Sbarrai gli occhi, ma poi fu la rabbia ad invadermi, e li ridussi a due fessure. Ora ne ero sicuro: quel gioco era appena diventato un vero combattimento per la vita, ed accoglievo con garbo l'idea.
    Scattò in un turbinio di foglie verso, di me, con il chiaro intento di affettarmi per bene. Io di contro balzai indietro per guadagnare tempo, e nel darmi lo slancio con il piede rilasciai chakra elementale nel suolo. Si formò una spaccatura nel suolo che si aprì man mano che avanzava incontro alla ragazza. Prontamente la vidi balzare lateralmente per evitare il vuoto che si sarebbe creato sotto di lei, ed io sapevo già come sfruttare quell'occasione:

    Katon, Karyuudan no Jutsu!

    Un gesto della mano e dei proiettili di fango partirono in massa da una pozzanghera generata accumulandovi acqua dall'aria stessa. Proiettili che un istante dopo s'infiammarono divenendo piccoli globi di roccia portata all'incandescenza. I Proiettili Terrestri del Drago di Fuoco avanzarono dritti verso di lei, che trovandosi sospesa dal suolo non aveva modo di evitarli, ed erano troppi per difendersi con la sua arma.

    Tutto questo ovviamente è ambientato prima della missione di trama a cui partecipo.
    Attendo valutazione.
     
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  4. ~Dan
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  5. Anselmo
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    Deviò la sua direzione in volo, con un complesso movimento rotatorio. Le risorse di cui disponeva erano incredibili, ma non era il momento di adularla. Se mi avesse raggiunto, non si sarebbe fatta alcuno scrupolo. Non fu però in grado di schivare tutti i proiettili. Vidi distintamente un rigurgito di denso sangue sprizzare verso il cielo, e quando atterrò una smorfia di dolore le attraversò il viso. Dovette afferrarsi la coscia, già fradicia di sangue, e ne fui profondamente compiaciuto. Ma ciò non bastò ad arrestarla, nemmeno per un attimo. Era nuovamente al mio inseguimento.

    Schifoso bastardo!

    Belò con la ferocia di un segugio da guardia. Le distanze si accorciavano rapidamente, dovevo guadagnare altro spazio; era evidente che sulla corta distanza dominava lei, ma finché la tenevo lontana era in balia delle mie tecniche. Poggiai una mano al suolo e pronunciai:

    Doton Ninjutsu, Chidōkaku...

    Quattro linee si delinearono nel suolo formando attorno a me un quadrato che si distaccò dal substrato e mi sospinse verso l'alto. In breve mi trovai sulla cima di un'alta colonna di roccia. Senza perdere un istante raggiunsi l'orlo e guardai giù, per individuarla.

    Oh dann...

    Feci ricorso ad ogni singolo muscolo per torcere il mio corpo in modo da spostarmi in dietro quel tanto che bastava ad evitare l'attacco. Appena in tempo: la lama mi passò a filo del naso, riempiendo l'aria con una pioggia di capelli mozzati di netto. Una spinta leggera al centro del petto, che mi mandò al centro del Ring sopraelevato. Riacquistai controllo ed equilibrio sul mio corpo, e tutto ciò che vidi fu un bagliore metallico con la coda dell'occhio. Lanciandomi in avanti, resi liquido il mio corpo. Pura acqua che venne attraversata dalla Katana senza conseguenze, ed intanto già mi ricomponevo alle sue spalle. Ma lei era dannatamente rapida, ed una gomitata mi prese in piena fronte. Fu come una martellata sulla scatola cranica, e tutto prese a girare. Caricò indietro la Katana, accanto al corpo, ed eseguì un affondo diretto alle mie viscere. La lama si arrestò improvvisamente poco prima di trafiggermi. Per qualche istante l'unica cosa a muoversi fu il vento che fischiava tra di noi. Poi le sue pupille scattarono verso il basso; ai nostri piedi si diramavano complessi sigilli che ricoprivano l'intera colonna. Cominciò a forzare la barriera di confinamento con la pura potenza dei suoi muscoli, cui contrastavo tentando i tutti i modi di mantenere controllo sul mio chakra. Entrambi sfoggiammo espressioni di fatica, le fronti gocciolanti sudore ed i volti lerci e lividi. Sentivo chiaramente che stavo per cedere, dovevo escogitare qualcosa.
    Rilasciai leggermente la presa sul sigillo, quel tanto che bastava per permettermi di muovere il braccio. Lo spostai lentamente e con tremendo sforzo verso il borsello legato in vita. Inevitabilmente un movimento analogo fu permesso a lei, e la lama proseguì verso il mio ventre. L'avevo tenuto in conto, e mi preparai al dolore mentre la Katana cominciava a farsi strada tra le mie vesti. Arrivò alla pelle quando le mie dita sfioravano il borsello. Tenni duro e continuai. La punta metallica cominciò a farsi strada nelle carni, millimetro dopo millimetro. Grugniti di dolore mi sfuggirono dalla gola, uniti ai mugugni dell'immenso sforzo compiuto dall'avversaria. Il sangue prese a colare sulla lama, gocciolando ed arrivando a bagnare l'elsa della sua Katana. Ma oramai stringevo in pugno il premio per i miei sforzi. Lo estrassi lentamente, sentendo il freddo acciaio oramai piantato abbastanza in profondità. Quando il suo sguardo si posò sulla carta-bomba, strabuzzò gli occhi e tentò di sottrarsi alla barriera di confinamento.

    C-Che cosa vuoi fare?!

    Un bel botto, eh eh.... P-Preparati!


    E nel dirlo, rilasciai la barriera di confinamento, mentre contemporaneamente attivavo il Jutsu che avrebbe causato una violenta esplosione a catena con una combinazione di detonazioni e replicazioni di carte bomba, capace di radere al suolo qualunque cosa nel raggio di decine di metri. Entrambi rischiavamo di non uscirne vivi, ma era un rischio che ero disposto a correre.
    Avvenne tutto in un istante: lasciai andare il foglietto esplosivo, che rimase sospeso tra noi due, entrambi intenti a lanciarci giù dalla colonna di roccia. La seconda carta bomba fece la sua comparsa accanto alla prima, mentre io mi trovavo appena oltre l'orlo. Poi una luce mi avvolse intensamente, e tutto divenne buio. La deflagrazione generò un immenso globo di fumo nel cielo, da cui i nostri due corpi vennero proiettati fuori in due grigie scie, mentre precipitavamo a gran velocità verso terra in direzioni opposte.
    Quando ripresi conoscenza, ero riverso a terra, incastrato tra due macigni. Attorno a me un mare di detriti rocciosi ed in lontananza quel che rimaneva della colonna di roccia su cui ci trovavamo prima dell'esplosione. Attraverso il fumo che veniva trascinato via dal vento come un fiume sospeso, vidi comparire la ragazza; zoppicava, le vesti sbrindellate ed ancora fumanti. Ma avanzava con decisione, un espressione di disprezzo misto a rabbia in volto e la lama sguainata al fianco. Una visione apocalittica da torcere le budella. Feci forza sul macigno che mi teneva inchiodato al solo, smuovendolo centimetro dopo centimetro finché non fui libero. Mi alzai in tutta fretta, portando nuovamente lo sguardo su di lei ed accorgendomi che era vicina, molto vicina. Indietreggiai, accorgendomi solo in quel momento delle condizioni non proprio favorevoli in cui anch'io versavo: l'intero corpo mi doleva, ma in particolare braccio e gamba destra. La mano nemmeno rispondeva ai comandi, penzolando priva di vita dal polso, annerita e scorticata in più punti. E nonostante ne fossi capace, non avevo il tempo di curarla. Lei stava per ingaggiare nuovamente. Anzi, sollevò la Katana afferrandola con entrambe le mani e prese a correre, non più con la stessa rapidità di prima ma era comunque questione di secondi prima che mi raggiungesse. Ed io, per la prima volta in quel combattimento, non avevo idea di come reagire. La mente come bloccata, non riuscivo ad elaborare una difesa e mi trovai ad osservare impotente quella che ritenevo una preda con cui giocare trasformarsi in predatore.

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  6. Anselmo
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    Fu una reazione puramente istintiva, per nulla congegnata. Doveva essere così, io non ero capace di una cosa simile. Quindi come avrei mai potuto premeditarla. Eppure la compiei, non c'era alcun dubbio. Istinto di sopravvivenza, che rende capaci di qualsiasi cosa. Il braccio mi si sollevò in avanti, stendendosi orizzontalmente, con la mano aperta in modo da rivolgere il palmo verso di lei, ad un passo dal suo volto. E poi il grido inorridito:

    JIKUKAN KEKKAI!

    La Barriera Spazio-Temporale si era attivata a partire dal sigillo di dislocazione che tempo addietro mi ero impresso sul palmo della mano. Frapposi quindi questo muro temporale tra me e lei, prima che potesse raggiungermi. Ma nel momento stesso in cui lo facevo, la mia mente negava incredula l'accaduto, perché era impossibile attivare la Barriera Spazio-Temporale senza un secondo sigillo di collegamento che si unisse al primo. Chi mai sarebbe capace di generare una distorsione spaziale tra due punti, senza avere due punti punti a disposizione? Eppure in qualche modo la Barriera si attivò e quando abbassai la mano, attorno a me non c'era anima viva; la ragazza sparita nel nulla. Un silenzio angosciante mi circondò. Mi guardai attorno, cercando di scovarla, ma era inutile negare l'evidenza. Abbassai lo sguardo sul mio palmo, chiedendomi cosa fosse realmente accaduto. E non passò molto prima che lo capissi perché in fin dei conti, seppur con l'inconsapevolezza di una creatura che si fa guidare dall'istinto, ero stato io ad ideare tutto ciò.

    Disutōshon no Chikuro... un Ciclo di Distorsione...
    Una sorta di evoluzione della Barriera Spazio-Temporale anche se, più che "evoluzione", la definirei un alterazione che ne distrugge le caratteristiche, mantenendo però invariati i principi su cui si fonda. La barriera permette di far scomparire in un nulla alternativo offensive di varie entità, per farle ricomparire laddove risultino inoffensive. Ma con questa tecnica posso distorcere il trasferimento da un sigillo all'altro incuneando l'oggetto del trasferimento in un ciclo infinito. Quindi mi permette l'utilizzo della Barriera Spazio-Temporale in assenza di un secondo sigillo da cui far fuoriuscire l'attacco catturato. Esso rimane bloccato durante la dislocazione, in un loop che inganna il tempo e lo spazio. Di per se l'attacco continua la sua corsa, ma lo fa in un sistema di riferimento in cui tempo e spazio diventano relativi: il primo si dilata tendendo all'infinito, mentre il secondo deve per forza restringersi fino all'annullamento, per rimanere coerente con le leggi della fisica che governano l'universo. Il risultato è un Jutsu che disloca un altro Jutsu, il quale viene intrappolato in un loop senza fine in cui il tempo sembra fermarsi, mantenendo quindi il Jutsu alimentato, e lo spazio si dilata, impedendo qualsiasi collisione che lo consumerebbe.
    Solo che io non ho fatto sparire una tecnica offensiva... ma la ragazza! Come diamine faccio a farla tornare? Uhm... Devo cercare di rompere il ciclo di distorsione che ho appena creato e collegare il suo corpo a questa dimensione. Lei non si accorgerà di nulla, perché nella sua dimensione il tempo è fermo, e ricomincerà a scorrere solo quando ritornerà qui, se mai ritornerà! Vediamo...


    Ripetei il movimento di prima, distendendo il braccio in orizzontale e rivolgendo il palmo col sigillo in avanti, pur consapevole che non era il movimento in se la chiave dell'esecuzione di quella tecnica. Poi spremetti le meningi dando fondo ad ogni neurone per districarmi tra i ricordi confusi di quel istante in cui la mia mente era stata capace di ideare quello che fino a quel momento ritenevo impossibile. Dopo qualche minuto di tentativi inutili, l'intuizione ritornò ed il ciclo di distorsione si attivò quasi spontaneamente. Dal palmo della mia mano ebbe origine un disco simile ad un grande vetro dalla superficie irregolare e da esso venne proiettata nella sua dimensione d'appartenenza la ragazza. Fendette l'aria con la lama compiendo qualche passo in avanti, poi si piantò sul posto guardando a destra ed a sinistra, probabilmente immersa nella più totale confusione.

    E'... è sparito...

    Come pensavo, non si è accorta di nulla.

    Dietro di te...

    Eh?!


    Gemette incredula, facendo per voltarsi. Ma l'occasione di coglierla di sorpresa non me l'ero lasciata sfuggire, e stavo agendo ancor prima di aver proferito parola. Con la mano buona colpii violentemente il suo polso, mandando la pericolosa Katana a conficcarsi alcuni metri più in là. Ma sapevo per esperienza che era ugualmente letale anche a mani nude, perciò mi affrettai ad immobilizzarla. Dapprima la feci inginocchiare colpendola tra coscia e polpaccio, poi ne afferrai i capelli con una mano, tirandoli verso l'alto e con l'altra impugnai il Wakizashi e glielo poggiai a fil di gola. Avevo la sua vita in pungo. Mi sarebbe bastato un piccolo gesto per far si che la sua linfa vitale sgorgasse a fiotti dal sorriso cremisi tracciato sulla gola. Nonostante le ferite, sentii una scarica di piacere percorrermi le membra. Una sensazione ineguagliabile, la sensazione di controllo sulla vita altrui. Potevo decidere di cancellare per sempre quella creatura dalla faccia della terra, rendere vana ogni azione compiuta da ella fino a quell'istante, distruggere totalmente il suo mondo. Potere supremo... Sorrisi smanioso. Quasi in risposta, anche se non poteva vedere il mio volto, giunse alle mie orecchie la sua voce tutt'ora sprezzante:

    Che aspetti ad u-uccidermi, schifosa f-feccia?!

    Ti accontento subito.

    Risposi in modo altrettanto scontroso, stringendo l'impugnatura della lama fino a far affiorare le vene lungo tutto il braccio. Ovviamente non l'avrei fatto; ero lì semplicemente per divertirmi, non c'erto per mietere vittime senza motivo. Ma non mi fu dato nemmeno modo di farle credere che ne fossi davvero intenzionato, perché ancora una volta mi disarcionò senza pietà dal mio cavallo di arroganza. Si lanciò in avanti con tanta violenza da strapparsi i capelli. Ma ciò che più mi sorprese fu il fatto che lei stessa sembrò volersi sgozzare quando il suo movimento causò lo scorrimento del Wakizashi sulla sua gola. Eppure ne uscì totalmente illesa. Me la trovai nuovamente difronte, disarmata, ma più minacciosa che mai. Abbassai lo sguardo sull'arma che impugnavo nella sinistra e la lasciai cadere al suolo, deluso dalla sua inefficienza. Poi tornai ad incrociare i suoi occhi e, ancora una volta ghignando, dissi:

    Direi che possiamo divertirci ancora un po' assieme.
     
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  7. Anselmo
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    Ed aprii le dita della mano destra, lasciando che il vento portasse via i fluenti capelli blu di cui l'avevo privata. Godei brevemente di quel momento, quando due avversari si fronteggiano faccia a faccia, senza sotterfugi, maschere o secondi fini. L'uno vuole uccidere l'altro e viceversa, niente di più semplice. Una cosa elementare, forse la definizione di natura umana ridotta ai termini più minimi, quella sincera e non contaminata da falsi ideali. Ogni problema, ogni dubbio scompariva. Mi sentivo più leggero ed in pace con me stesso, perchè era in situazioni come quella che potevo esprimere me stesso nella più totale libertà. Non c'erano freni a ciò che potevo fare. Mi credeva un fuorilegge in cerca di vittime e non avevo la minima intenzione di dissuaderla da questa errata intuizione. L'avrebbe spinta a non limitarsi nel combattere. Se credeva che era giusto uccidermi, ed era inoltre spinta a farlo per garantire la propria sopravvivenza, allora ne conseguiva che pur io potevo fronteggiarla con lo stesso animo. Certo, in realtà non avevo intenzione di uccidere, ma potevo andarci molto vicino e poi sparire nel nulla. Godei di quel momento; mi sentivo bene, e felice.
    Di contro lei sfoggiava in tutta se stessa un aspetto che in qualsiasi ambulatorio sarebbe stata ricondotta per sintomi e comportamenti all'affezione della rabbia; ostilità, pallore, scatti nervosi, perdita di controllo sul proprio corpo, bava mischiata a sangue che colava dal lato della bocca quasi fosse idrofobica. In realtà si trattava della necessità di farmi fuori, incrementata dal forte desiderio di farlo e mischiata alla frustrazione per il fatto di non riuscirci. Spostò per un istante gli occhi sulla sua arma che ancora vibrava a pochi metri da lei, conficcata nel suolo. Intercettai quello sguardo,le intenzioni non erano difficili da interpretare, e la avvertii:

    Non provarci nemmeno. Con quella gamba non muoveresti un passo prima di me. Non sei nelle condizioni per un simile azzardo ed io non te lo lascerei fare.

    Tu credi?!


    Abbaiò lei fulminandomi con un'occhiata di puro odio. E si lanciò in avanti, dritta verso di me. Mi sorprese, non era ciò che mi sarei aspettato, ma ero preparato. Con uno schiocco sonoro unii le mani a formare il sigillo del serpente ed una linea di terreno ai miei piedi si spezzo, lasciando spazio alla fuoriuscita di un robusto muro legnoso che si frappose tra noi due. Sapevo che l'avrebbe scansato, era troppo robusto per abbatterlo a mani nude, perciò ero già in procinto di scomparire nel sottosuolo di modo che mi credesse nuovamente volatilizzato. Ma non tutto andò secondo i piani: lo schianto del legno che va in frantumi giunse alle mie orecchie un attimo prima che vedessi il suo pungo trapassare la parete come fosse carta, aprirsi ed afferrarmi la gola stringendola in una morsa soffocante. Non potevo vederla, si trovava ancora dall'altra parte del muro, ma vedevo la pelle del suo braccio. Era nera come il carbone e al contempo traslucida, la percepivo fredda come metallo a contatto con la mia pelle. Non avevo mai visto nulla di simile. Era raro incontrare un individuo con tante risorse. Il combattimento l'aveva sfiancata, eppure riusciva ancora a tenermi in pugno. Strinse più forte, percepii la pressione sanguigna aumentare nel capo dandomi l'impressione di scoppiare da un momento all'altro. Se non reagivo, sarei svenuto ancor prima di morire soffocato. Ma non mi allarmai affatto. Riconoscevo in lei l'agire di una creatura messa alle strette. Il suo spirito stava esalando gli ultimi respiri, presto avrebbe ceduto come aveva fatto già da tempo il suo corpo. Oramai era mossa solo dall'emozione. Era ancora temibile, ma sapevo di poter concludere lo scontro con facilità. Ma non era ancora giunto il momento: dalla ragazza avevo ottenuto tutto ciò che desideravo, non sarebbe più stata capace di darmi niente quel giorno, ma da me pretendevo di più. Nello scontro avevo scoperto di possedere le conoscenze necessarie a dar vita a nuovi Jutsu. Era accaduto per un moto istintivo, ma ora mi accorgevo di poterlo fare con consapevolezza delle mie capacità. Più di ogni altra cosa volevo mettermi alla prova, e per farlo dovevo necessariamente trovarmi in pericolo. Con ogni probabilità non avrei cavato un ragno dal buco standomene piantato alla scrivania nel tentativo di ideare nuove tecniche. Ma nella situazione in cui mi trovavo, cambiava tutto...

    Se la voglio attaccare di sorpresa, devo farlo sfruttando il fatto che c'è una parete a dividerci... Non resisterò a lungo, devo pensare in fretta... in fretta...
    Potrei... si, potrebbe funzionare...


    L'Accumulo Molecolare Acquatico, capacità acquisita anni or sono, mi permetteva con la sola volontà di trarre dalle molecole d'acqua presenti nell'atmosfera la materia necessaria ad eseguire Jutsu dell'elemento corrispondente. L'esperienza mi insegnava che con tale processo la quantità d'acqua ottenibile era pressochè infinita, perchè agiva in un raggio vastissimo.

    E se io, invece di arrestare il processo una volta ottenuta l'acqua, lasciassi che la condensazione continuasse...?

    Lo feci. Percepii l'umidità aumentare attorno a me. Volevo creare l'acqua dall'altra parte della parete, difronte a lei, di modo che qualsiasi cosa accadesse, non coinvolgesse anche me. Non vedevo quindi cosa stava accadendo. Dovevo aver creato una sorta di globo acquatico. A quel punto capii che continuare con lo stesso processo avrebbe solo ingigantito il globo. Cominciai quindi ad intensificare la forza esercitata dall'Accumulo Molecolare Acquatico. Mi fu subito chiaro che ciò avrebbe richiesto enorme concentrazione e tanto chakra, ma non potevo tirarmi indietro; avevo superato il punto di non ritorno, pochi istanti ed avrei perso conoscenza. Quindi lo feci, aumentai la pressione d'esercizio, continuai senza sapere se l'avrei scampata. Ma più aumentava la concentrazione d'acqua in quell'unico punto, più era arduo controllarla. Ed infatti sfuggì al mio controllo. Ci fu un suono assordante, la presa sulla mia gola venne rilasciata e nel contempo una potente forza mi investì frontalmente, scaraventandomi lontano. Mi schiantai al suolo e con fatica mi rimisi in piedi. Nel punto in cui mi trovavo s'era formato un cratere di qualche metro, della parete non c'era traccia e nemmeno della donna.

    Hm... eh eh eh eh... si, posso fare di meglio.

    Ero dolorante e quasi allo stremo delle forze, ma spinto dalla consapevolezza di poter perfezionare la tecnica. Ora che sapevo come eseguirla, era tutta questione di concentrazione e dimestichezza. Intravidi la ragazza alzarsi tra le macerie. No, cadde al suolo. Tento di nuovo di rialzarsi, doveva sostenersi con le mani sul ginocchio per stare in piedi, era conciata davvero male. Ghignai, mi si prospettava una nuova sfida. Lei distava almeno una cinquantina di metri, volevo vedere se il nuovo Jutsu poteva agire a tali distanze. Delineai il punto di pressione sopra di lei, e cominciai a concentrarvi vapore acqueo. Ma mi accorsi che non si formava alcun globo acquatico, il vapore sfuggiva via, la distanza era troppa. La diminuii sempre più, finché non vidi una sfera cristallina fluttuare a due metri da terra. Quella era la distanza limite, quaranta metri. Ma l'esplosione che avevo creato la prima volta non era stata controllata, potevo fare di meglio. Un esplosione abbastanza grande avrebbe colpito la ragazza anche a quella distanza.
    Aumentai la pressione, continuai ad erogare chakra senza sosta osservando l'enorme massa d'acqua concentrsi in un globo delle dimensioni di una biglia. Capii che ero arrivato al limite quando il controllo che avevo sul mio chakra non bastò più ad aumentare la già enorme pressione formatasi. Quindi...

    Fuoco alle polveri...

    Rilasciai il Jutsu ed assistei alla distruzione. Il boato fu eccellente, e questa volta ne derivò un cratere di parecchie decine di metri. Capii che il divertimento era giunto alla fine quando notai che la ragazza non si alzava più. Aveva toccato il limite. Camminai tra i detriti, verso di lei. Scesi giù per il cratere e risalii dall'altra parte. Infine la trovai, riversa al suolo con le membra abbandonate tra polvere e schegge. Il petto le si alzava ed abbassava molto lentamente, e quello era l'unico segno di vita. Quando la raggiunsi, la colpii con un leggero calcio alla gamba. Quella aprì debolmente gli occhi e mi fissò.

    -[ X ]-


    Tenace...

    Sussurrai sorridendole, ma non ci fu risposta. Allungai un braccio rivolgendo il palmo della mano verso di lei e facendo per chinarmi, ma a quel punto un sussurro roco riuscì a farsi spazio tra le sue labbra spaccate:

    T-Ti sei divertito a-abbastanza... no? Allora... uccidimi... e falla f-finita...

    Non risposi ma continuai a sorridere, e quando mi fui chinato, composi con la sinistra una serie di sigilli ed immediatamente la destra venne ammantata da un'aura verde e vibrante. Con lenti movimento della mano, passai quell'aura sulle ferite della sua gamba, se quali presero a fumare mentre si rimarginavano. Continuai con il processo di guarigione, fermando ogni emorragia potenzialmente letale e quando ebbi finito, mi rialzai e feci un passo in dietro. Lei si trascinò al suolo per distanziarsi e. senza mai distogliere il suo sguardo confuso da me, si rimise in piedi a fatica.

    Tutto questo... perchè?

    Bhe...


    Non potei continuare, perchè venni interrotto da una voce alle mie spalle che riconobbi immediatamente per quella di Hanzo, il mio diretto sottoposto.

    Capitano, ti ho cercato dappertutto dannazione! Devi tornare immediatamente al Villaggio!

    Capitano...?!

    La sua espressione confusa, se possibile, si fece ancora più sconvolta. Fino a quel momento aveva creduto di combattere contro un qualsiasi fuorilegge, ma ora si accorgeva di aver difronte uno Shinobi ufficiale della Foglia. Decisi di non dargli alcuna spiegazione; volevo rincontrarla, e nel tempo avevo scoperto che una delle più potenti forze capaci di smuovere l'animo umano era il bisogno di svelare gli arcani. Mi avrebbe cercato.
    Quindi mi voltai e presi a camminare, direzione Konoha, percependo il suo sguardo trafiggermi alle spalle.

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    Fine PQ. Exp, grazie.
     
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