I - Torte, Limoni e Carrozze

PQ

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    Ed eccoci qua, nel villaggio di Kusa, là dove nulla di emozionante succede, dove le piante regnano sovrane e la gente fluisce silente come un ruscello di montagna sovrastato dal vento. E’ quel villaggio in cui poco spesso riesci a vedere chiaramente il cielo senza che qualche foglia t’intralci lo sguardo, quel pezzo di terra nel quale il sole pare più una maledizione che altro, accompagnato dall’acqua: sono loro, in fondo, che permettono alla vegetazione di crescere così folta.
    E’ quel posto in cui mangi o tutto il giorno carne, oppure ti ingozzi di vegetali, solo perché, quando non si trova la selvaggina, allora quelli non mancano mai. I pesci? Nemmeno a pensarci, i fiumi che percorrono tutto il paese dell’Erba sono quasi sacri proprio perché rendono quel posto tale, ed i pesci sono parte di quell’ecosistema: mai sia che qualcuno ne peschi anche solamente uno.
    Come si procurano l’omega tre per il fabbisogno naturale, direte? Beh, semplicemente non lo fanno. O almeno, loro credono di essere ricchi di quel grasso troppo buono per la salute, ma probabilmente nelle loro vene ce n’è così poco che un medico rabbrividirebbe davanti ad un emocromo completo. Comunque, ritornando alla questione principale: pensano di averne tanto. Perché? Beh, perché c’è qualcuno che spaccia le sue torte come ricche di quel componente.
    Sì, proprio un piccolo idiota di sedici anni, dai capelli di un chiaro verde acquamarina o biancastro, se volete, che se ne va in giro ogni giorno con le sue ultime creazioni culinarie a distribuirle per il paese. Non che siano nulla di nocivo, per carità, si dice anche che siano le torte più buone che quegli abitanti abbiano mai assaggiato, e la gente, pur non credendoci, credo si faccia abbindolare piacevolmente se a farlo è qualcuno che ti offre dolci.
    A meno che qualcuno non sia diabetico, come la signora Kanda, e non ti tiri una ciabatta consumata in faccia al posto di farti il tipico sorriso.
    Ed anche oggi, il nostro fiero Genin del villaggio se ne va in giro con il suo grosso zaino da scalatore che sembra più una grossa cassa che altro, ma quello è dovuto al fatto che sia pieno di scatole con le torte ai vari gusti preparate dallo stesso tutta la notte. Si dovrebbero anche notare le occhiaie rosse sotto gli occhi, ma ormai la gente e lui stesso sono così abituati che non ci fanno più caso. Non gli chiedono nemmeno se sia stanco o meno!
    Al solito, indossa la sua bella giacca di pelle marrone ed una maglietta militare, ed i consueti pantaloni neri attillati che gli mettono in risalto le chiappe belle sode. Fischiettando se ne va per il villaggio, salutando tutti quelli che gli capitano a tiro e fermandosi ogni tanto davanti a delle casupole.

    Signor Takahiro! La sua torta alle albicocche!

    L’uomo che si palesa una volta aperta la porta è un vecchietto basso, senza capelli e con la testa chiazzata. Ingobbito dall’età, ma anche solo a sentirlo parlare si poteva notare il vigore crescente nel suo animo, non come gli altri nonnetti del paese, che se ne stavano seduti tutto il giorno a bere thè alla menta e parlare delle guerre, carestie e tutte quelle cose che a lui personalmente non interessavano.

    Oh ma ciao! Grazie Ban!

    Risponde tutto contento l’ometto, attendendo gentilmente che il ragazzo tiri fuori la scatola con la sua torta e gliela porga, ringraziandolo con garbo e rifilandogli quel paio di ryo come ogni giorno. In realtà avrebbe anche potuto non farsi pagare, lo stronzetto, perché sua madre porta a casa interi sacchi di farina e uova ogni giorno, ma il guadagno non dispiace né a lui né a lei, soprattutto da quando suo padre è stato forzatamente allontanato da loro.
    Non si è più nemmeno chiesto che fine avesse fatto, non gli importa, non avrebbe senso andarsi a cercare i guai quando si è già riusciti ad estirparli come le erbacce che infestano una pianta di rose. E qualsiasi cosa faccia non sarà mai così divertente come cucinare tutto il giorno e poi guardare le facce felici della gente, oppure essere rincorsi con delle ciabatte puzzolenti. Perchè sì, quella cosa se l'è legata al dito.
    Saluta il suo vecchio amico e riparte alla volta del centro città, pronto a liberarsi del peso di quelle torte prima di ritornare a casa e dormire per tutto il pomeriggio, come di consueto. Una vita del genere distruggerebbe chiunque: tutta la notte in cucina, tutta la mattinata in giro per il villaggio e giusto quattro ore di sonno pomeridiane. Ma le sue occhiaie sono comunque ottimi testimoni.
    Pensate che quel poveraccio non fa pausa nemmeno la domenica, tanto che se ne va in giro fino all’ora di pranzo a consegnare stufati, torte e dolci che la gente magari va a chiedergli anche una settimana prima. Non che nel villaggio non ci siano gastronomie, per carità, ma fanno tutte pena, al dire del giovane, ed ha diffuso la voce – spudoratamente falsa – che usino prodotti scadenti. Stronzo è, su questo non ci piove.
    O almeno non su quello, perché lentamente il cielo è diventato grigio, o forse lo era da quella mattina, non l’aveva notato, e timide goccioline cominciarono a pianger giù, aumentando sempre più di frequenza ed intensità. Cominciando ad investire tutto il villaggio e il nostro povero piccolo cuoco che, con la faccia più scazzata che mai, prese a camminare verso la locanda più vicina, entrandoci ch’era ormai fradicio e salutando il proprietario con un cenno della mano.

    Continua..
     
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    Seduto al bancone con una bella ciotola di ramen caldo fra le mani, il nostro giovane dai capelli chiari continua ad osservarsi intorno incuriosito, mentre l’uomo apre il pacco che lui stesso gli ha portato, contenente due dozzine di muffin e tre crostate: i muffin sono stati quelli più impegnativi da fare, ma solo perché è stata la prima volta, nella sua mente già vorticano mille idee per migliorare la ricetta originale.
    E come al solito, il locandiere ha deciso di ricambiare quelle commissioni del giovane con una ciotola gigante di ramen ultra condito ed un bel boccale gigante di birra mora, quella che piace a lui. Non ricorda nemmeno quando ha cominciato a bere così regolarmente, anche se una birra al giorno probabilmente non fa nemmeno male. Per quanto ne sa lui di medicina, poi.
    Mangia tranquillo, tastando ogni tanto con il piede il suo zaino per assicurarsi che sia ancora lì: semplice paranoia, non si è nemmeno avvicinato nessuno. Preferiscono tutti stare seduti ai tavoli, negando al locandiere qualche parolina sul tempo o sulle condizioni del villaggio, che rispetto agli altri è decisamente ben messo e senza apparenti problemi strutturali o di fondi. Anzi, a quanto pare la Kusakage si è impegnata ad inviare risorse a Konoha a causa della violenta distruzione subita.
    No, non sa tutte queste cose perché si documenti o si interessi, per carità. Semplicemente ogni volta che passa di lì il locandiere ha così tanto da raccontargli che lui sta semplicemente ad ascoltare mentre mangia il suo più che meritato ramen, raccogliendo informazioni ed immagazzinandole senza un particolare scopo prossimo.

    … E poi hanno aperto un nuovo ristorante in città, proprio sotto il grande albero, e pare che cerchino sta….

    COSA?! E ME LO DICI SOLO ORA?! GLI HAI PARLATO DI ME?! EH EH EH?

    Ma l’ho solo saputo da un viandante, in realtà. Perché non presenti qualche tua creazione da loro? Sono sicuro ti prenderanno! Queste cose sono davvero buone eh! Tutti i miei clienti ne vanno pazzi.

    Uhm, potrei provarci, anche se con questa pioggia arrivare al Grande Alb…

    Il Grande Albero viene da te, con la pioggia.

    Un uomo altissimo e massiccio, con grossi baffi neri e dei capelli del medesimo colore acconciati in maniera improponibile – lisci ai lati ed al centro con due corna che si attorcigliano in una spirale al centro dei capelli – se ne sta adesso accanto a lui, osservandolo con la sua faccia rubiconda, e la mascella possente inchinata in un piacevole sorriso che lascia intravvedere i suoi denti bianchissimi.
    Senza che nessuno dei due possa nemmeno rispondere, ecco che va a prendere un pezzo della crostata senza tagliarlo, con le mani, semplicemente spezzandolo e provocando il disturbo del povero locandiere, che ahimè, decide di star zitto. Mastica ripetutamente, con la bocca chiusa, socchiudendo leggermente gli occhi e strizzando le labbra come fosse un pesce.

    Aspra per essere una crostata alle mele.

    Ehm.. genio, quella è una crostata alla marmellata di arance e limoni, con buccia di limone ad ornare la crosta e la griglia di pasta frolla. Non c’è nemmeno l’ombra delle mele!

    Risponde prontamente il giovane, provocando il gaudio dell’uomo, che batte le mani in maniera tutt’altro che virile, in violenta contrapposizione con la sua statuaria e possente figura nerboruta. Prende un altro pezzo della crostata – metà, per dire quanto significhi “un pezzo” per questo tipo – e se la mangia tutta in un boccone, ingoiandola dopo averla masticata un numero di volte spropositatamente esagerato.

    Allora è deliziosa per essere una torta di limone ed arance! Oh, muffin!

    E prende anche uno di quei dolcetti, uno sul quale c’è il cartellino con su scritto “Kokonattsu”, cocco, e quindi questa volta non può azzardare gli ingredienti come ha fatto prima. E’ un cosetto semplice, l’ultimo che ha fatto il giovane, di un colorito pallido e con delle scaglie di cocco secco che ricoprono la parte superiore.
    L’uomo l’addenta il muffin, anche se con quel morso praticamente se lo getta tutto in bocca, masticandolo all’inverosimile e buttandolo tutto quanto giù, mentre il suo pomo d’Adamo scende e sale per lo sforzo d’ingoiare un bolo così grande. Contento lui ad ingozzarsi così, contenti tutti. Lo sguardo del nostro Ban, comunque, è concentrato sugli occhi dell’uomo, cercando di coglierne ogni singola reazione, anche se quella faccia da poker sembra inespressiva mentre analizza il suo dolce.

    Ottimo! Mi piace davvero! Ma perché non mi hai detto prima della tua esistenza?

    Domanda che non necessita una risposta, e che non viene lanciata per pura educazione.

    Voglio che tu venga a vedere il nostro ristorante, voglio che lavori per noi, ci serve un bravo apprendista! L’ultimo che abbiamo trovato non sapeva nemmeno cuocere un uovo! Mio dio, Kaneki era una piega nel culo.

    La finezza. E sia, andiamo, ma solo se hai un santissimo ombrello, non ho intenzione di bagnarmi ancora!
    Bogah, se vuoi tieni tu questi dolci e rivendili nel negozio, considerali un regalo!


    E l’uomo non può far altro che ringraziare, mentre il giovane finisce in fretta il suo ramen, scottandosi la lingua ed imprecando sotto voce, mentre la birra ghiacciata diminuisce il bruciore e lo rende pronto ad un nuovo viaggio al freddo, probabilmente sotto la pioggia, ed una volta aver ripreso il suo zaino ecco che segue quell’uomo all’esterno, rimanendo piacevolmente sorpreso nel notare come quell’uomo possegga una sorta di carrozza guidata da due grossi cavalli.
    Non si fa domande, rimane semplicemente scioccato, e senza dire nulla segue quel grosso energumeno baffuto sulla sua vettura, posando prima il suo sguardo su una piccola stufetta che scoppietta allegramente, poi sull’ospite che li aspetta all’interno.

    Ehi Ban!

    Che diamine ci fai qua, mamma?

    Continua..
     
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    Si, a quanto pare il nostro giovane ha bisogno di spiegazioni, e mentre la carrozza parte schioccando contro la terra battuta, continua a guardare sua madre strabuzzando gli occhi e battendo il piede sul pavimento ovattato del veicolo. Non se la sarebbe mai aspettata lì dentro, ed il desiderio di conoscere la motivazione adesso quasi lo divora.
    Ed ecco che sua madre, dopo essersi prodigata in un piacevole sorriso, comincia tranquillamente a raccontare tutto, in quello strano e mellifluo modo che solo lei sapeva adottare durante i rapporti od i racconti. E’ stata lei a contattare il proprietario del nuovo ristorante non appena ha saputo la notizia, ed ha detto lui – notando il tempo – di cercare il giovane nella locanda.
    Finita la storia, il giovane rimane per qualche secondo ad osservarla, poi sposta lo sguardo sulla montagna baffuta e nota il suo sguardo soddisfatto e compiaciuto. Allunga un pugnetto verso la madre con un sorriso a trentadue denti, e l’altra risponde, nemmeno ad essere due vecchi compagni rapper che si incontrano dopo tanto tempo e si salutano in stile “Bella zio!”.

    Che forza! Ma vieni con noi o vai a casa?

    In realtà parto per Konoha a consegnare rifornimenti, penso che tu sappia cavartela da solo, non devo nemmeno dirti come cucinare: sai farlo meglio di me!

    E dopo una breve risata condivisa da tutti e tre i presenti, ecco che la carrozza si ferma e sua madre scende, agile come un felino, portandosi dietro lo zaino vuoto e la sua borsa personale. Suo figlio si sporge e l’abbraccia con foga prima che l’altra gli auguri buona fortuna e si volti per dirigersi verso casa: piccolissime e leggere lacrime scendono adesso lungo le guance della donna. Suo figlio sta crescendo, ma soprattutto sta realizzando i suoi sogni.
    Ed il veicolo riprende a cigolare lungo le terree strade di Kusa, ballonzolando ogni tanto su qualche sasso ed inoltrandosi verso il vivo del villaggio, la parte centrale, quella piena di edifici scavati negli alberi e costruzioni di legno, al centro del quale si trova il Grande Albero, quello più maestoso di tutta la foresta, ed ad un circa un terzo di altezza è costruito lateralmente l’ufficio del Kage e tutti i sottouffici, collegati da scale a pioli e scale di legna levigata.
    Tutto quanto è ben illuminato come al solito, nonostante siano a malapena le undici del mattino, ma tutto questo anche grazie alle numerosissime insegne presenti in quel luogo: il villaggio non è mica totalmente estraneo alla tecnologia, semplicemente ha un modo di costruire molto differente rispetto al resto del mondo ninja.
    Comunque sia, mentre Ban osserva tranquillamente l’esterno, ecco che la carrozza si ferma nuovamente proprio al centro della piazza con la fontana, e sotto invito dell’omone egli scende, seguendolo dall’altra parte della strada sin davanti ad una grossa porta di vetro, ai lati della quale due finestre finemente istoriate mostrano un interno a dir poco elegante.
    Tavoli circolari di ebano e sedie di ciliegio sono disposti a forma di fiocco di neve, riempiendo tutta la grossa sala, completamente dipinta di un denso colore verde smeraldo metallizzato, che rifrange la luce dei vetri, creando potenti e suggestive variazioni di colore. Al centro della sala si erge il tronco di un albero che scompare nella soffitta, intorno al quale è stato costruito un bancone di forma circolare ed un bar fornito di qualsiasi cosa.

    Questo è il mio nuovo e già amato ristorante: le Fronde Scarlatte! Pensa che già solo ieri sera ho avuto una ventina di clienti, che hanno già dato delle valutazioni super positive, nonostante quell’incapace di Kanuki fosse in cucina a combinare pastrocchi.
    Comunque sia vieni, seguimi all’interno, così ti faccio vedere le cucine e ti presento il resto dello staff. Ricordati, questo anche per te è un periodo di prova, quindi impegnati. Ed oltre a questo c’è una sola regola: sii te stesso. Questa nostra elegante baracca è nata proprio per far vedere a chiunque che l’eleganza, il buon gusto ed il cibo prelibato non vengono necessariamente da comportamenti falso-galanti e grottescamente nobili. Vuoi urlare? Urla pure, l’importante è che non ci picchi nessuno! Ahahahaha!


    Rise solamente lui, anche perchè al giovane sembrava così ovvio che non dovesse picchiare nessuno, in un luogo pubblico poi! Comunque sia, entrano rapidamente, ed il suono di una campanella annuncia il loro arrivo, facendo accorrere una donna bassa e grassoccia e dalla faccia simpatica, tre gemelle completamente identiche – se non fosse per il colore dei capelli, dato che li avevano blu, rossi e biondi - , un uomo alto e dal fisico prestante con la testa rasata e dei sottili baffi gialli ed un ragazzino magro che potrebbe avere giusto un paio di anni in più di lui, data la folta barba che gli copre il volto.
    E finalmente scopre il nome di quell’uomo quando tutti lo salutano come “Chef Cragbor”: e solo quando realizza che è stato un capo-cuoco in persona a complimentarsi con lui per il cibo che ha prodotto il giovane desidera tanto sciogliersi in brodo di giuggiole, ma non è quello il momento delle smancerie e lo sa, quindi semplicemente si presenta.

    Salve! Sono Ban e.. boh, lui mi ha detto che gli piaceva la crostata, poi il muffin e.. Sono qui!

    Ed è accompagnato da una risata sonora di tutti quei membri, che uno ad uno si presentano in maniera assai simpatica, come se conoscano il giovane da tempo e gli vada pure a genio. Sono: la vecchia Jeyla, Hen, Gen e Pem, Maurice e Scutt. L’ultimo ad eseguire la presentazione è proprio lo chef, e senza perder tempo lo scorta verso le cucine, facendo quasi prendere un attacco di cuore a quel povero ragazzo.
    Quei posti sono letteralmente inondati di cibo, spezie e bevande di ogni tipo, una sorta di gigantesco paradiso. No, non può permettersi di sbagliare ora che ha trovato il suo posto.

    “In culo a te, stronzo di un padre.”

     
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    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

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    Ora, non voglio polemizzare, ma spero che qualcun'altro la legga e mi dica se la pensa come me: è Naruto o Fairy Tail?

    35 per la buona volontà :si2:

    EDIT: Già.
    Kashi è una bella fatina :*):


    Edited by LordScorpio - 3/12/2014, 02:28
     
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    E' FaiRuto :*): Nah comunque sono influenze che non posso negare, io sono una Fata :*):
     
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