Giustizia privata

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    Anno del serpente, giorno 198
    Oltre ai tre giorni in cui ho dormito profondamente senza nemmeno accorgermene, oltre alle cure e ai medicinali, mi sono stati prescritti dieci giorni che sono stati definiti dai medici “di recupero”. Questo si traduce in dieci giorni passati a casa, a non far niente. Già perché a casa mia non c’è niente, a parte lo stretto necessario, ovvero il letto, la cucina, un tavolo con due sedie di cui una sempre vuota e un piccolo armadio, poche cose che nell’essenziale sembrano abbastanza, ma che in giorni come questi ti fanno capire quanto siano in realtà poca roba. Oltre a non esserci niente, cosa di ancor più fondamentale importanza, a casa mia non c’è nessuno, a parte me ed il mio gufo, Hook, che essendo muto e vivendo specialmente durante la notte, non è proprio il massimo della compagnia. La solitudine in certe giornate diventa insostenibile, ti schiaccia come un macigno. L’unico vantaggio è che ti permette di pensare. Credevo di riuscire a scrivere, avrei voluto farlo, ma fino ad oggi i nervi della mano, ancora scossi dalle scariche elettriche risalenti al mio ultimo combattimento, mi impedivano di impugnare la penna nel modo in cui più mi aggrada, ovvero l’unico in cui riesco a scrivere in maniera comoda ed efficace. Ci ho provato si, ma dopo un paio di “O” malriuscite ho preferito rinunciare prima che la rabbia mi facesse gettare mesi di appunti dritti nel camino. Già perché a casa mia c’è anche un'altra cosa a pensarci meglio, talmente ovvia che mi era sfuggita. Il camino. Già, ad Iwa ce l’hanno tutti. Il perché? Perché è freddo tutto l’anno, e una casa senza un camino è una casa di morti. Il freddo qui la notte ti ammazza, se non si era ancora capito. Così ho passato gli ultimi non so, sei, sette, o forse otto giorni, ho perso il conto ormai, a pensare. Ho pensato tanto, e tanto a lungo, abbastanza per arrivare a convincermi di alcune cose, giuste o sbagliate che siano. Mi è capitato frequentemente di ragionare sulla linea di confine che c’è tra bene e male, giungendo infine alla conclusione che per quanto si possa combattere per eliminare quest’ultimo, esso non cesserà mai di esistere, poiché per essere sconfitto necessita spesso di azioni che possiamo a tutti gli effetti definire malvagie. È proprio partendo da questo presupposto che mi sono convinto, mano a mano sempre di più in questi giorni, che l’unica giustizia possibile è quella personale, specialmente nel mio caso. Ho chiesto aiuto al capo villaggio, più di una volta, invano. Ho aspettato notizie da Jackdow, invano. La verità è che ognuno ha i suoi problemi da affrontare, specialmente in un periodo turbolento come quello che stiamo vivendo. Quindi se vuoi una cosa fatta bene, come si diceva al monastero, falla da solo.

    Non è difficile immaginare su cosa abbia rimuginato maggiormente in questi giorni, a parte i discorsi filosofici, di concreto ho ben poco a cui pensare. Yokimura Sanada, se volessi riassumere tutto in un solo nome, in una sola persona. La verità è che chissà quanti altri ce ne sono affianco a lui, e chissà quanti al di sotto. La mia unica speranza è che non vi sia qualcuno anche al di sopra, a quel punto un piccolo uomo come me non potrebbe far nulla, in qualsiasi caso. Ma questo è ancora tutto da vedere. Fatto sta che le informazioni in mio possesso sono ancora troppo poche, non so nulla di quell’uomo, del suo piano, nemmeno chi esso in realtà sia. È giunto però il momento di fare qualcosa. Agire malamente, nel nome del bene. Devo solo elaborare un buon piano, e per questo c’è ancora tempo. Non avere fretta Xavier, non avere fretta…
     
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    Anno del serpente, giorno 200
    Certe cose non dovrei nemmeno scriverle. Credo che se questo diario finisse nelle mani sbagliate la mia testa finirebbe molto velocemente su un patibolo, o dietro le sbarre per molto tempo, ancora peggio. In ogni caso voglio che le mie memorie siano scritte su carta, e questa è di certo una delle più importanti decisioni che abbia mai preso. Ho deciso infatti di agire, finalmente. Da solo, almeno per adesso. Vorrei coinvolgere Jackdow nella faccenda, e probabilmente lo farò, ma fino a che non sarò sicuro di avere delle prove concrete nelle mie mani non voglio tirarlo dentro a una storia che potrebbe metterlo in dei seri guai. D’altronde ricopre una posizione non indifferente all’interno del villaggio, e le accuse per lui sarebbero molto più gravi rispetto alle mie. Per questo non l’ho informato della cosa, non voglio che sia coinvolto nemmeno minimamente in questa storia. Probabilmente si arrabbierà, anzi sicuramente, ma alla fine sono sicuro che comprenderà la mia decisione. O forse no. Per prima cosa quindi, passaggio fondamentale del mio piano, sono tornato dalla vecchia signora della Taverna dei Minatori, l’unica persona che sapevo mi avrebbe di certo aiutato. La vecchia, nonostante l’età, e nonostante il numero di clienti che le sono passati davanti in tutta una vita passata dietro al bancone, mi ha riconosciuto subito una volta entrato, sorridendomi vistosamente e salutandomi con un cenno della mano. Incredibile pensando al fatto che sono entrato in quel posto solo una volta nella mia vita. Così mi sono seduto al bancone, lontano dagli altri clienti. La signora ci ha messo un po per servirmi, avrei capito solo pochi minuti dopo il perché. L’arzilla vecchietta infatti ha badato bene a servire prima il resto dei clienti, in modo da ritagliarsi un il tempo per me. Avesse 20 anni di meno le chiederei persino di aiutarmi, maledizione, sono sicuro che tutt’ora accetterebbe. Mai dire mai.

    Bentornato ragazzo, credevo che non ti avrei più visto. Allora, a cosa devo il tuo ritorno? Scommetto che non sei venuto per una cioccolata calda, vero?

    Come biasimarla. Non ho potuto trattenere un piccolo sorriso, quella donna era una continua sorpresa per me, e sono certo che al suo tempo sia stata un ninja coi controcazzi. Ovviamente c’aveva preso, meglio così, avrei perso meno tempo a spiegarmi. Così sono giunto subito al punto, senza girarci attorno.

    Molto acuta, devo ammetterlo. Ho bisogno che mi faccia un favore, signora. Ho bisogno che mi descriva Yokimura Sanada, devo sapere chi è, o meglio, che faccia ha.

    La mia voce era bassa, confidenziale, abbastanza però da non sembrare losca. Doveva sembrare una semplice chiacchierata da bar. La signora, che di certo nella vita ne aveva viste di cotte e di crude, non sembrava sorpresa dalla mia richiesta. Non un sussulto, non una grinza sul volto, non un battito di ciglia. Come se le avessi chiesto un caffè. Poi, dopo un paio di secondi di stallo, si è voltata, iniziando a prepararmi una bevanda calda, prima di tornare alla mia corte.

    Questa te la offro io. Yokimura Sanada… alto, circa un metro e settanta circa, capelli lunghi e scuri, sui 40 anni ma portati bene, non sembra nemmeno pericoloso. Ma non farti ingannare, quell’uomo potrebbe ucciderti in un istante se solo lo volesse, ed il tuo corpo non verrebbe mai più ritrovato, questo te lo assicuro. Che altro? Ha la faccia di una serpe, la faccia di uno a cui non dare mai le spalle. Uno di quelli che te lo mette nel culo mentre lo stai aiutando a raccogliere i soldi che ha fatto cadere apposta dalle sue larghe tasche, non so se ci siamo capiti. Sono anni che non lo vedo più ma di certo il suo volto non è cambiato.

    Terminata anche l’ultima parola e la vecchia si è voltata per andare a servire un altro cliente, quasi scappando, come ormai stufa di ricordare le sembianze di quell’uomo che sicuramente deve odiare tantissimo. Non era la risposta che cercavo, ma era abbastanza. Dovrò affidarmi all’intuito, sono certo che non mi sbaglierò.

    Grazie di tutto. Arrivederci.

    Concluso il discorso in maniera meno sospetta possibile, ed esaurita la cioccolata calda che mi era stata gentilmente offerta, mi sono alzato dal mio posto e me ne sono andato, in preda ai pensieri. Ed ora eccomi qui, a casa, ad immaginarmi che faccia possa avere quell’impostore. Ma mi basta aspettare qualche ora e lo scoprirò. Domani è il grande giorno, ora è meglio se me ne vado a dormire, mente e corpo hanno bisogno del giusto riposo.
     
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    Anno del serpente, giorno 201
    Sveglia presto, prestissimo. Probabilmente ad Iwa nessuno si è svegliato così presto stamattina. All’esterno notte fonda, il leggero rumore del vento era l’unico suono che si poteva sentire per le strade. Buio pesto, una città fantasma. Nel silenzio ho studiato il mio piano, fin nei minimi dettagli, inserendo nella mia analisi ogni particolare mi venisse in mente per elaborare al meglio la mia strategia. Inizialmente poche cose, essenziali, quel che basta per iniziare. Per prima cosa dovevo raccogliere informazioni, quanto più possibile. Così alle prime luci dell’alba sono uscito di casa, proprio quando la città si stava iniziando a svegliare. Ho camminato fino in centro, fino ad arrivare al palazzo del capo villaggio. Eccoci quindi arrivati al “dove”. Proprio qui si è svolta la prima parte del mio piano, necessaria per la raccolta di informazioni. C’è un piccolo locale proprio di fianco all’entrata del palazzo, a poche decine di metri, un bar dove servono colazioni e pranzi per coloro che lavorano nella zona. Un posto tranquillo, ben arredato, gestito da due anziani signori che penso si siano fatti i fatti loro per tutta la vita, gente che non ti guarda negli occhi nemmeno un secondo in più dello stretto necessario. Beati loro, camperanno cent’anni. Ci ero stato un paio di volte prima di stamattina, ed avevo capito subito che quello era il posto giusto per un certo genere di cose.

    Salve, una cioccolata calda per favore.

    In un posto del genere passeranno almeno due o trecento persone al giorno, e la metà di loro si limita a una discussione del genere. Basso profilo. Nessuno mi avrebbe mai notato più del necessario. O almeno lo spero. Sono rimasto li per tutta la mattinata seduto ad un tavolo nell’angolo più lontano del locale, vicino a una finestra, lontano da occhi indiscreti, scrutando chi entrava ed usciva dal palazzo e segnandomi su un foglietto orari e descrizioni fisiche. Maschio, 180 centimetri, capelli neri, lunghi, legati con una coda, 30 anni circa, entra alle 9.00. Per la cronaca uscirà alle 13.00. Gli ho tirato subito una riga sopra per cancellare ciò che avevo scritto. Non è il mio uomo. Maschio, 170 centimetri, capelli lunghi e neri, sui 40 anni, la faccia di uno che non farebbe mai del male nemmeno a una mosca, entra alle 9...Altra riga. Ho perso presto il conto di quanta gente mi sia passata davanti, li ho segnati tutti e poi cancellati, anche se le informazioni restano comunque visibili tutt’ora. Mi saranno utili più avanti. Ecco che però all’una, in netto ritardo rispetto a chiunque altro, quando ormai credevo che tutti coloro che dovevano arrivare lo avessero già fatto, è giunto alle porte del palazzo un tizio che rientrava perfettamente nella descrizione fornitami dalla vecchia della taverna, specialmente per quanto riguardava la storia dei soldi che cadevano dalle tasche.

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    Un uomo viscido, talmente viscido che lo si capiva già da metri di distanza. Non faceva che toccarsi i capelli, ripetutamente, sorridendo a tutte le donne che incrociava lungo il suo cammino, per poi voltarsi a guardane il fondoschiena, ogni volta. Le guardie preposte all’entrata del palazzo lo hanno salutato come si saluta qualcuno di importante, qualcuno di cui si ha timore. Poi, a conferma delle mie supposizioni, la finestra dove teoricamente era collocato il suo ufficio, ovvero al terzo piano del palazzo, lato est, si è spalancata. Non c’era più dubbio, era quello il mio uomo. Entrato alle 13.23. Preso! È poi uscito nel pomeriggio, per la precisione alle 16.15, prima di molti altri. Numeri alla mano, è la persona che è stata meno tempo di tutti all’interno dell’edificio. Buono a sapersi considerando che il suo ufficio sta nella zona meno frequentata del palazzo. Una volta uscito, mi sono permesso di fare qualche passo insieme a lui, pedinandolo a distanza di sicurezza. Non avrei mai rischiato una manovra del genere se non fossi stato sicuro di non essere beccato in alcun modo. A quell’ora infatti per mia fortuna molta gente è in giro per le strade, sono le ultime ore di luce prima del buio e del freddo, prima di chiudersi in casa. L’ho seguito perciò fino alla sua prima meta, ovvero il negozio di liquori, non di certo il posto in cui pensi di incontrare il ministro dell’istruzione del paese. Gli ci è voluto meno di un minuto per uscire, brandendo nelle mani una bottiglia di pregiato vino di importazione, che ha poi stappato in un modo che ancora non sono riuscito a capire, prima di scolarsene almeno un quarto solo col primo sorso. La bottiglia è poi stata magistralmente nascosta negli abiti, per evitare di dare nell’occhio. Ho continuato a seguirlo, in preda alla curiosità. La sua meta successiva è stata alle terme. Questa volta però il servizio non era proprio di qualità, come per il vino. Ha infatti curiosamente optato per le più squallide del villaggio, situate in una piccola traversa del viale principale. Ho sentito dire che quel centro è stato il primo ad essere aperto in queste terre, riscuotendo, come è facile immaginare, un successo non indifferente, che poi ha lasciato però spazio a un lento declino. Si dice che sia ancora frequentato solo perché al suo interno sia gestito un piccolo giro illegale di prostitute, che soddisfano i clienti in cambio di denaro o favori. Difficile denunciare una cosa del genere visto che all’interno comunque tutti stanno sempre nudi. Ecco un altro vizio mica da ridere, d’altronde non c’era da aspettarsi granché. Ovviamente mi sono fermato li col pedinamento, avevo già abbastanza materiale su cui studiare, parecchi luoghi da indagare e fin troppe cose da scoprire. Per essere il primo giorno devo dire che sono più che soddisfatto. Anzi no. Quell’uomo ha i giorni contati. Meglio non scriverle certe cose.


    CITAZIONE
    Continua
     
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  4. "KING"
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    Prendi pure il Massimo del tuo grado -2, puoi arricchire di più le descrizioni delle azioni dei personaggi, aggiungere più dettagli dei luoghi o cose simili, senza però dilungarti troppo in inutili fronzoli ;)

     
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    Grazie K! Non volevo dilungarmi troppo su cose inutili, ma effettivamente il tuo è un buon consiglio.
     
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    Anno del serpente, giorno 202
    Non ho chiuso occhio stanotte, ho continuato a girarmi ripetutamente tra le lenzuola in un susseguirsi di posizioni sempre più assurde, e soprattutto scomode. Non riuscivo a prendere sonno, i pensieri mi assalivano la mente senza darmi tregua, stavo per impazzire. Un milione di domande, e neanche una risposta. Tanti indizi, nessuna soluzione. Non capivo se gli eventi di ieri fossero stati solo una casualità, o se realmente quell’uomo riesca a comportarsi in maniera così immorale senza che nessuno apra bocca a riguardo. Saranno vere tutte quelle storie? Si tratta pur sempre di uno dei funzionari più importanti del paese, non di certo un ruolo di poco conto. Il ministro dell’istruzione che se ne va in giro tracannando vino e ficcando il suo involtino in chissà quali e quanti buchi per tutta la notte, e nessuno dice niente? Non è possibile. Qualcosa mi puzza. Come quel negozio, ancora mi viene in mente se ci penso. Fatto sta che andrò a fondo a questa storia.

    Alla fine così, dopo qualche ora di incubi coscienti, dialoghi immaginari e scenari assurdi, mi sono tirato su dal letto, pronto, anche se non troppo riposato, ad un’altra giornata di investigazione. Stavolta ho scelto un posto diverso per passare la mattinata, un altro locale, situato sulla parte opposta della piazza al cui centro è sta il palazzo del capo villaggio. Si tratta di una tavola calda in cui viene servito specialmente del ramen di bassa qualità, non di certo il posto più frequentato di Iwa a giudicare dallo scarso numero di clienti che si sono susseguiti dal mio arrivo. Per carità, un chiosco ben fatto, curato nei dettagli e senza dubbio molto pulito, ma non proprio il ristorante di lusso che ti aspetteresti in una zona così centrale della città. C’è da dire che al monastero si mangiava di peggio in molti pasti, quindi non mi sono lamentato, ed ho apprezzato quanto più potevo il cibo. Il proprietario è un personaggio dalla carnagione olivastra che a giudicare dai lineamenti e dai tratti somatici non è certamente nato quassù sulle montagne. Un tipo molto tranquillo, una di quelle persone che non ti guarderebbe nemmeno nella faccia se non fosse obbligato dai convenevoli del suo lavoro. Timido e riservato, decisamente qualcuno che non avrebbe mai fatto domande, ne si sarebbe in qualche modo impicciato od interessato ai fatti miei. Anzi, avendo consumato nel suo locale per ben due volte nell’arco di tempo in cui vi ho sostato, non poteva che esserne più che felice. Sono certo che aspetterà, invano, il mio ritorno in questi giorni. Ebbene, come nel mio precedente appostamento, anche oggi l’arrivo del signor Sanada si è fatto attendere fino al primo pomeriggio. Stesso orario più o meno, anzi ancor più tardi di una mezz’ora, e con una faccia decisamente sconvolta, sicuramente attribuibile agli eccessi del giorno precedente. Solo lui sa quante bottiglie si sono susseguite dopo la prima, e non devono esser state poche. Mi sembra uno che si da fare a quanto ho visto. Comunque non ho notato niente di differente rispetto a 24 ore prima, a parte qualche bicchiere di vino in più sul groppone. Come da programma, una volta arrivato in ufficio ha aperto l’unica finestra della sua stanza, affacciandosi per qualche secondo prima di immergersi nei suoi affari, o dormire per quanto ne so. Decisamente metodico. In ogni caso non sono restato ad aspettare per tutte quelle ore che uscisse dalla sua tana, avevo qualcos’altro in mente per la giornata. Ho pagato il conto ricevendo un inaspettato sorriso da parte del gestore della rosticceria, prima di sparire tra le strade del villaggio. Destinazione: negozio di liquori. Sono certo che il mio uomo sia un assiduo frequentatore di quel posto, li ero sicuro che avrei trovato qualcosa di interessante.

    Il luogo di perdizione in questione si trova precisamente sul viale principale del villaggio, e penso sia l’unico rivenditore autorizzato di alcolici che vi sia all’interno delle mura. Sicuramente in questa zona molta gente abusa, anche se in piccole dosi, di alcool, anche e soprattutto perché è uno dei pochi metodi funzionanti per combattere il freddo, in certe occasioni. So per certo che in alcune missioni nelle zone più remote delle montagne tali sostanze vengano fornite come equipaggiamento, e questo fa già capire molte cose sulla questione. Però solitamente chiunque, bene o male, sa fabbricarsi qualche bevanda di questo tipo, e nessuno, o quasi, spende i suoi soldi per assicurarsi bottiglie di qualità. C’è differenza tra necessità e vizio. Così, dopo aver previdentemente mutato il mio aspetto attraverso la tecnica della trasformazione del corpo, assumendo i panni di un vecchietto che avevo incrociato per strada qualche minuto prima, sono entrato.
     
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    DLIIIIN…DLON!
    Aprendo la porta ho fatto suonare la piccola campana posta sull’infisso superiore dell’entrata del negozio, avvertendo i presenti del mio arrivo. Varcando la soglia, ancora prima di entrare completamente, il mio olfatto è stato aggredito da un’intensissima e pestilenziale puzza, talmente forte che sono riuscito a malapena a trattenermi dal vomitare. Per sempre, non scherzo, pensando a quel maledetto posto, mi ricorderò solo ed esclusivamente di quell’odore nauseabondo, acido, insopportabile. Per evitare di riversare tutto il contenuto del mio stomaco sul pavimento, tappo il mio naso con la manica dei miei vestiti, all’altezza del gomito.

    Arrivooo!

    Una voce dalle retrovie mi ha avvertito che non ero solo, doveva essere per forza di cose il proprietario di quella fogna. Mentre aspettavo ho potuto dare un occhiata qua e la, scoprendo il degrado di un posto che ancora mi chiedo perché possa esistere. La stanza era strutturata in maniera molto semplice, era piena di scaffali lungo i muri ed in mezzo alla sala, per un totale di un paio di corridoi tra cui girare. Sopra le scansie, nient’altro che bottiglie, non vi era un solo articolo che si differenziasse da tutti gli altri, almeno per un occhio inesperto come il mio. Infatti, osservando meglio avrei scoperto che ogni etichetta era diversa dalle altre, per un totale di non so quante centinaia di bottiglie diverse. La polvere la faceva da padrona, era ovunque, ricopriva ogni cosa da cima a fondo, sembrava quasi che quel posto non fosse mai stato pulito da quando era stato aperto. Per questo non ero riuscito a capire che le bottiglie erano quasi tutte diverse tra loro, le scritte erano quasi completamente ricoperte, tanto che bisognava soffiare per riuscire a leggere le informazioni scritte su di esse.

    Posso aiutarla signore?

    Stavo osservando una delle tante bocce da cui ero circondato quando finalmente il proprietario del negozio si è fatto vivo, dopo una lunga attesa. Si trattava di un uomo sulla cinquantina, o forse no, difficile giudicare qualcuno del genere. La sua pelle era completamente rovinata, mangiata, rugosa, sembrava cadere a pezzi. Al contrario, i suoi capelli splendevano ancora di un nero corvino molto lucido e vivace, dissociandosi completamente dal viso, che probabilmente doveva risentire di anni ed anni di abusi alcolici. Era mezzo guercio, l’occhio destro infatti non gli si apriva completamente, e quando ci provava ballonzolava su e giù senza riuscire nell’intento di spalancare la pupilla. Mi fissava, impaziente, come se non vedesse l’ora di liberarsi di me per tornare a chissà quali affari. Mi metteva in difficoltà, non sapevo come agire.

    Ehm, si, dovrei fare un regalo e vorrei che mi consigliasse qualcosa di buono per l’occasione.

    L’uomo, che di certo non aveva voglia di certe pugnette, ha dovuto però accontentare la mia richiesta, uscendo dal bancone ed accompagnandomi tra gli scaffali per aiutarmi nella mia scelta fasulla. In quel momento mi sono accorto che la puzza che reganava sovrana in quel luogo in realtà non proveniva altro che dalla sua bocca. Era infatti visibilmente ubriaco, barcollava, e a fatica riusciva a mettere in fila più di qualche parola. Solo dopo averlo ascoltato sbiascicare sui suoi vini a lungo, pensando di esservi ormai entrato in confidenza, ho provato ad indagare su ciò che davvero mi interessava.

    Senta, mi tolga una curiosità, ma il signor Sanada viene spesso qui? Sa, l’ho visto entrare un paio di volte, e mi chiedevo…

    Erroraccio da parte mia. L’uomo, non appena ho nominato il nome di Sanada ha cambiato espressione. Il fatto che io gli avessi posto quella domanda lo infastidiva parecchio, tanto da guardarmi male. Nemmeno mi ha fatto concludere la mia richiesta, interrompendomi a poche parole dalla fine del discorso.

    Non sono affari tuoi. Se hai scelto il tuo vino lo puoi prendere *burp* altrimenti fuori dai coglioni!

    Fingendo di essere rimasto profondamente offeso dal trattamento che mi era stato riservato, ho così lasciato il negozio, a mani vuote in tutti i sensi. Per fortuna avevo un'altra carta da giocarmi, quella delle terme. Così, mascherando nuovamente il mio aspetto con una nuova finta forma, mi sono diretto verso il centro frequentato dal signor Sanada. Appena entrato sono stato accolto da una giovane ragazza, vestita solo di qualche straccio che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Io, che di donne ne ho viste ben poche nella mia vita, vedendone una così bella e così nuda, mi sono sentito un attimo a disagio, rimanendo per più di qualche istante senza parole, a bocca aperta. La ragazza, cogliendo il mio imbarazzo, si è messa a ridere, divertita dalla scena.

    Avanti, vieni con me, ci penso io a te. Devi essere nuovo, non ti ho mai visto qui. Prima volta, vero?

    Alla fine sono riuscito a spiccicare qualche parola, rispondendo in maniera quasi sempre monosillabica alle domande della ragazza, la quale, dopo avermi fatto vedere sommariamente il posto, mi ha invitato ad infilarmi in una vasca idromassaggio, spogliandomi con le sue stesse mani. Ero agitatissimo, era la prima volta che una femmina mi toccava in quel modo, facendomi arrossire ed eccitare come non mai. Dopo avermi sistemato all’interno dell’acqua poi, anch’essa si è spogliata, completamente, per poi raggiungermi. Evito di dilungarmi su descrizioni che resteranno comunque per sempre nella mia mente. Mio dio. In ogni caso, dopo averla assecondata molto volentieri in qualsiasi cosa volesse farmi, sono passato alla vera ragione per cui ero in quel luogo. Ormai mi ero sbloccato da qualche minuto, riuscivo a parlarle in maniera molto tranquilla.

    Senti posso chiederti una cosa… ma il signor Sanada viene spesso qui?

    La ragazza sembrava sorpresa dalla domanda, ma al contrario dell’ultima persona a cui l’avevo rivolta, essa non si è scandalizzata. Si è alzata dalla vasca, uscendovi per affacciarsi sui corridoi, sbirciando a destra e a sinistra per assicurarsi di avere la privacy necessaria. Poi è tornata da me.

    Non so perché me lo chiedi, ne lo voglio sapere. Ma tu mi piaci, e voglio aiutarti, a patto che tu aiuti noi. Quel porco viene qui tutti i giorni, pretende le cose più assurde, non voglio entrare nei dettagli, ed è già la quarta ragazza che manda all’ospedale…

    Sussurrava per non essere sentita, si capiva che quel che stava facendo andava contro le regole. Ma la disperazione nei suoi occhi era grande, riuscivo a percepirla nettamente. Andando avanti nella discussione avrei scoperto alcuni dettagli interessanti, come gli orari in cui Sanada è solito frequentare quel posto. Come quel pomeriggio in cui l’ho seguito, egli torna ogni giorno alla stessa ora. Molto interessante. Alla fine mi sono congedato dalla ragazza, senza approfittare di lei in alcun modo. Ella, colpita dal mio interessamento e dai miei modi gentili, prima di lasciarmi andare, si è alzata dalla pozza in cui eravamo, avvicinandosi al mio viso. Pensavo avesse altro da dirmi, ma proprio quando mi aspettavo una sua parola, lei mi ha baciato, poggiando delicatamente le sue labbra sopra le mie. È la prima volta che una ragazza mi bacia, è stato indubbiamente bellissimo. Ma bando alle ciance, ho altro a cui pensare.
     
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    Anno del serpente, giorno 203

    Stanotte ho deciso come agire, ho deciso cosa fare. È giunto infatti il momento di dare una svolta a questa storia, ho raccolto abbastanza informazioni ed è arrivata l’ora di entrare in azione. Così, oggi pomeriggio, dopo aver aspettato che il signor Sanada uscisse dal palazzo per i soliti giretti poco ortodossi, ho deciso di intrufolarmi nel suo ufficio. Come al solito, giunta una certa ora ed in netto anticipo rispetto agli altri, se n’è andato, lasciando il palazzo con la consueta fretta. Io, che stavo aspettando quel momento nel bar del primo giorno di appostamento, sono così uscito allo scoperto, raggiungendo l’entrata del palazzo. A me, nonostante sia qui al villaggio da quasi due anni, non mi conosce nessuno, passo quasi sempre inosservato. Anche questa volta infatti le guardie non mi hanno riconosciuto, se non fosse per il copri fronte che portavo sulla testa. Si trattava di due ninja enormi, muscolosissimi, di certo due esperti nel combattimento, ma niente di più. Già dalla faccia si capiva che il loro quoziente intellettivo non poteva superare quello di una gallina, e a conferma di ciò vi erano almeno un migliaio di indizi, stampati sui loro volti e raccontati dai loro atteggiamenti. Comunque hanno voluto sapere il motivo per cui ero li, probabilmente era l’unico ordine che gli era stato impartito.

    Fermo! Dove stai andando ragazzo?

    Avrei avuto mille bugie da raccontargli per superare la loro guardia, ma sono andato sul classico, qualcosa che non avrebbe mai dato nell’occhio.

    Devo fare rapporto per una missione.

    I due energumeni, che di certo non brillavano per intelligenza od intuito, mi hanno così lasciato passare. All’interno del palazzo poi la sicurezza è minima, quasi inesistente, dal momento che solitamente si teme maggiormente un pericolo che arriva dall’esterno, senza capire che la maggior parte delle volte i complotti più grandi sono architettati proprio all’interno delle mura, addirittura all’interno del palazzo del capo villaggio. Così, una volta elusi i controlli iniziali, ho potuto muovermi indisturbato all’interno dell’edificio. Ho risalito perciò le scale, giungendo fino al terzo piano. Come l’ultima volta in cui vi ero stato, su quel piano regnava un silenzio e un’atmosfera quasi surreale, se confrontata col casino dei piani inferiori, molto più popolati ed attivi. Meglio così. Sono così giunto davanti alla porta dell’ufficio che mi interessava. Ma quando ho provato ad aprirla, abbassando la maniglia, l’ho trovata chiusa. Inutile tentare di forzarla, avrei di certo fatto un casino indicibile, finendo per attirare l’attenzione di quei pochi funzionari di quel piano. Per fortuna, prima che la rabbia e la frustrazione mi impedissero di ragionare in maniera ottimale, la soluzione ai miei problemi mi è saltata in mente, accendendosi come una lampadina. La finestra! Quindi cosa fare, aspettare e tornare più tardi, o agire immediatamente? Dopo un rapido ragionamento, ho pensato che sarebbe stato meglio farlo subito, visto che ritornando per esempio durante la notte, i controlli di certo sarebbero stati più accurati. Nessuno si aspetterebbe un’azione del genere durante il giorno, e proprio per questo in certe ore la sicurezza è molto più approssimativa. Basta pensare ai due deficienti posti all’ingresso per farsene un’idea. Così sono uscito dalla porta principale, dimostrando che il mio comportamento non aveva niente di anomalo. Mi sono poi allontanato di qualche viale, prima di attivare la mia tecnica del mimetismo, divenendo di fatto invisibile, poi mi sono arrampicato sulla roccia di una delle tante case situate in prossimità del palazzo, in particolare su quella più vicina alla finestra che rappresentava il mio obbiettivo. Da li, giunto sul lato del tetto che dava sul palazzo, ho colmato il vuoto che mi separava dal balcone attraverso la tecnica della stretta d’acciaio, con la quale ho mosso il mio filo di ferro fino a una sporgenza intorno alla quale esso si potesse avvinghiare, prima di fissare l’altro capo nel punto in cui mi trovavo. Fatto ciò, non mi restava che arrampicarmi sul filo, mettendo in pratica una delle numerose tecniche ninja che mi erano state insegnate al monastero. Sono giunto quindi sul tetto del palazzo del capo villaggio. Non mi restava che aprire la finestra. Facendo leva con la punta del mio unico kunai, sono riuscito in pochi secondi a spostare il blocco che tenenva chiusa la finestra, la quale ho poi spalancato lentamente, come se a farlo fosse stata una folata di vento. A quel punto non mi restava che intrufolarmi nell’ufficio.

    A discapito di quanto mi aspettassi prima di entrare, anche se c’era in effetti da immaginarselo, c’era un casino fottuto. Non si capiva niente, era tutto in disordine, senza un inizio o una fine. Trovare qualcosa sarebbe stato impossibile per chiunque, i fogli si sovrapponevano ovunque, per terra, nei cassetti lasciati aperti, sulla scrivania. Quell’uomo non solo non lavora in alcun modo, ma non si preoccupa neanche di far finta di farlo. C’era però qualcosa di buono, almeno infatti non avrei dovuto badare a non far casino, o stare attento a come muovermi, di certo non si sarebbe accorto di nulla in quell’inferno di cartacce. D’altro canto però io, che già di mio non avrei saputo dove iniziare le mie ricerche, mi sono trovato spiazzato. Ho cominciato furiosamente a scartare uno alla volta i fogli che ricoprivano la stanza, anche se per le mani mi sono capitate solo inutili circolari od avvisi, aggiornamenti sull’istruzione e cazzate di cui non mi sarei mai servito. La rabbia cresceva dentro di me, mi prudevano le mani, quand’ecco un particolare che avevo già avuto modo di osservare. Un simbolo, che avevo già visto da qualche parte, più di una volta.



    Mi ci è voluto solo qualche secondo prima di ricordarmi dove lo avevo visto, non potevo non ricordarlo. Era un simbolo del monastero, uno di quelli principali e maggiormente usati, affisso sui tendoni e su qualche bandiera, nonché sulle divise dei padri fondatori. Il fascicolo su cui era affissa l’immagine stava nell’ultimo cassetto della scrivania verso il basso, e sembrava essere l’unica cosa ordinata della stanza. L’ho aperto, al suo interno vi erano rilegati una decina di fogli, cu cui era scritto qualcosa che non sono riuscito a comprendere visto che l’intero testo era criptato, e senza la parola chiave sarebbe stato impossibile per chiunque capirne il significato. Ma non era tutto li. Infatti, proprio sull’ultimo foglio della pila, vi era raffigurata una specie di mappa, anch’essa non molto chiara, ma sicuramente intuibile con l’aiuto di qualcuno. Non potendo portarla via con me, l’ho fotografata, ricopiandola poi a casa, con calma.



    Sono ore ormai che provo a capire il significato di quest'immagine, senza riuscirvi. Credo siano rappresentate le montagne di questa zona, ma senza l’aiuto di qualcuno mi ci potrebbero volere mesi prima di riuscire a capire anche solo il verso in cui essa è indirizzata. Devo assolutamente parlarne con Jackdow, lui è l’unico che potrebbe aiutarmi. Adesso però è meglio andare a dormire, per oggi ho già fatto anche troppo. Sono stanco, appoggio la penna

    CITAZIONE
    Fine


    Edited by cagnellone - 4/9/2014, 13:04
     
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  9. "KING"
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    User deleted


    ancora il massimo del tuo grado-2
     
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8 replies since 30/7/2014, 14:40   129 views
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