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"Chi sia io non è importante - è il mio messaggio ad esserlo."
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SPOILER (clicca per visualizzare)Poca Fantasia
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»Nico..
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Erano passati quei tre giorni famosi. Non aveva ancora incontrato nessuno e questo le dava veramente fastidio. Puntava su quei tre giorni per riuscire ad eliminare in tutti i modi le sue brame di moti corporei diversi da quelli che aveva messo in pratica l'esatto giorno dopo l'incontro con Dorian, il giovane di Ame dai capelli di bronzo con cui aveva svolto un veloce scontro, da cui ne era uscita vittoriosa senza aspettarselo. Ed in quei tre giorni non faceva altro che cercare qualcuno per sperare di dimenticare quel ragazzo come giocattolo da letto, oggetto sessuale, desiderio carnale, ma voleva semplicemente tenerselo vicino come buon amico, con cui avere dei rapporti decenti. Non era stata ripresa dalla sua Sensei perché lui era, in quelle circostanze, un nemico politico dell'alleanza tra tutti i villaggi contro un nemico comune che non vedeva nel suo rivale. Non le sembrava una persona cattiva, a prima vista, con quegli occhi e quel sorriso che aveva sfoggiato in poche occasioni durante quella piccola sfida. Non si erano create tensioni di alcun genere e quello le piaceva, perché se qualcuno se la prendeva per aver perso uno scontro a lei non andava affatto bene e rompeva i rapporti praticamente subito. Fin ora non le era mai successo, però in quel caso era già pronta, avrebbe concluso la vicenda esattamente come qualsiasi altro Ninja, mettendo al tappeto il suo rivale ed andandosene. Era di nuovo mattina, come in ogni altro giorno della settimana, del mese, dell'anno, del decennio, del ventennio, del secolo, del millennio. Il sole aveva fatto di nuovo capitolo sopra i tetti del villaggio, creando nuovamente l'aura di ogni altra mattina da ormai due settimane di vera primavera. Il cinguettio degli uccellini, il leggero e quasi impercettibile, anche per lei, fruscio delle foglie che venivano lambite da colpi di vento nel giardino posteriore dell'abitazione, la rugiada che crollava sui vetri immobili, qualche beccata di volatile qua e là ed altri suoni della natura che si diffondevano all'esterno. Il suono più bello lo sentì al momento giusto, quando quei raggi filtravano e si scontravano sul suo corpo seminudo, che scostava le coperte finché non sentiva che quel calore leggero e bello che portavano quei pochi barlumi di sole che superavano la barriera delle tende non le pervadevano ogni singola parte del corpo. Si alzò senza ancora essersi completamente svegliata, come testimoniavano i suoi occhi. Il mal di testa le era passato, quello di due giorni prima, dopo la sbornia che si era presa senza ragione per un'altra volta. Anzi, la ragione c'era, non aveva trovato nessuno con cui ritrovarsi a farlo! Lo desiderava come non mai. Ed in quei momenti, finendo per coincidere con l'incontro con Dorian, ovviamente finiva per desiderare persino lui. Lo aveva fatto... Veramente, cinque volte, però lo voleva sempre di più, come la droga per un cocainomane o l'alcol per un alcolista. Si nutriva in parte di quello, in parte di vanità ed in parte della propria bellezza. Si alzò, si fece largo, prese qualche vestito a caso dal guardaroba e scese i gradini. Si erano ripromessi di incontrarsi allo stesso posto di dove si erano scontrati qualche giorno prima. Dopo aver preso possesso del vestito assurdo, quello da cameriera decisamente sensuale, un po' di colazione e prese la strada per tornare alle praterie. Era sola. Probabilmente lui si sarebbe presentato con gli stessi vestiti quasi sicuramente. Prima di uscire, però, fu fermato da lei. Ogni volta che si girava e la vedeva sembrava sempre più bella, sempre più disponibile, più pronta per lei, sempre meglio, talmente vicina alla perfezione da non esserle nemmeno ad un centimetro da lei. Fujiko muoveva passi sempre più pesanti, sotto i suoi sessantatré chilogrammi di pelle, muscoli ed ossa, fino ad arrivarle davanti, abbracciarla. Sentiva che i loro cuori erano connessi praticamente alla perfezione. Perfezione. La parola che ricorreva nella sua mente sempre di più, fino a sfiorare l'estremo. Sentiva che le due carni si fondevano assieme come quando erano a letto, quando giocavano o quando si allenavano assieme da un paio di giorni. Il suo corpo era indolenzito dagli sforzi dei giorni precedenti, a differenza dell'amorevole sedicenne che l'abbracciava davvero forte, forse anche troppo. Lei sentiva acciacchi praticamente ovunque. Quella giovane era davvero titanica. Era fredda, distaccata, calma, con chiunque, si curava davvero poco degli altri tranne che della sua Inohana. Aveva una forza mostruosa, non sentiva mai alcun tipo di problema fisico in nessuna ragione. Era un mostro. Chiunque la vedeva come un mostro, quasi certamente. Lei no. Lei l'amava. Per lei non esisteva nulla eccetto lei. Fujiko. L'abbraccio durò un po', qualcosa come cinque secondi. Verso la fine le sembrava di essere stritolata. Ridacchiava per cercare di avvertirla di togliersi perché stava arrivando al punto di farle male. Ma non erano le ossa a dolerle, bensì tutti i muscoli del corpo che le dolevano da un sacco ormai. Pensava che il dolore passasse nel giro di un paio d'ore. Balle, a quanto pare. La perfezione si raggiungeva soffrendo... Se ne rendeva conto solo ora. La sua compagna aveva toccato la perfezione nelle Arti Marziali, lei nel nulla.
- Devi farmelo conoscere, questo Dorian! -
- Amore, è diverso... -
- Aaaaah, rimpiazzo per far sesso eh? Furba...! -
- N...Non lo so... C'è... Dipende... Insomma... -
- Cilecca? Non è abbastanza per te? Ricordati che io per te ci sono, sempre. -
Disse, concludendo con un bacio. La sua lingua bucò la membrana delle labbra, entrando in contatto con quella della rossa, la quale rispose senza problemi. Un abbraccio ed un lungo bacio. Le labbra delle due al contatto estremo, i capelli rossi e quelli neri si fondevano tra loro, i due corpi si univano in una sincronia quasi perfetta, tra bellezza estetica ed atletica. Tutto di quel momento, come degli altri con Fujiko, era perfetto. Tempo, luogo, spazio mistico e qualsiasi cosa esistente diventava perfetto, senza problemi, senza incappi, senza nulla, con tutto. Si separarono, uscirono entrambe da casa e, lontano da qualsiasi occhio indiscreto, vicino a quello di Sakura, si separarono, forse per breve, forse per l'intera mattina, nessuna delle due era sicura. Sorrisero, si salutarono con la mano e presero vie diverse.
Inohana giunse al prato, si sedette ad aspettare. Giocava con l'erbetta fresca, con le gocce che scivolavano sulle sue dita, sul suo piccolo stelo verde con cui si stava divertendo a passare quei pochi secondi prima del probabile arrivo di Dorian. Scrutava intensamente l'orizzonte, aspettandolo. Lo vide giungere, nel suo sfarzo bianco, con i suoi capelli bronzei presi da chissà quale posto nell'ancestrale mondo Ninja. Ancora una volta era bagnato, non molto stavolta, però la pioggia di Ame lo funestava ogni volta che lo vedeva. Scivolava dalle sue vesti zuppe quasi sempre, fino a che non era assorbita dal Kimono o dalla pelle. Appena arrivato, egli le chiese come stava, salutandola.
- Molto bene, grazie! Ti vedo in forma! -
Disse, alzandosi e notando che era tornato perfettamente in salute dopo il veemente scontro con lei avvenuto qualche giorno prima. Sorrise non appena gli riferì del tempo pessimo al Villaggio della Pioggia. Il nome era tutto un programma. Il tempo era devastante in quel villaggio. Lo sapeva soltanto perché glielo avevano riferito che pioveva un bel po' in quel posto. Si erse, nella sua statuaria bellezza, ed abbracciò il ragazzo in modo quasi fraterno, ma sicuramente amichevole e calmo, divertita nel bagnarsi leggermente con l'acqua sui suoi vestiti. Passò su tutte le carni, provò leggermente freddo. Ridacchiò leggermente, prendendo il ragazzo e portandolo con quel bel po' di forza che serviva per spostare il suo metro e novanta di ossa e chissà altro. Lo portò in un posto assolato, a scaldare la sua pelle ed i vestiti. Era fradicio! Si chiedeva come riusciva a non ammalarsi con quelle botte di freddo che doveva prendere ogni volta che usciva da casa sua.
- Dannazione, sei fradicio. Sicuro che non hai bisogno di un cambio? Rinfrescarti? Lasciare ad asciugare i vestiti? Se vuoi, casa mia è libera... Molto libera! -
Disse, sfiorandolo con due dita, cercando ossessivamente il contatto fisico.
- Oppure, possiamo andare a berci qualcosa, fare un giro, cose che però si possono anche fare a casa mia, ihih! A te la scelta! -
Fece al ragazzo con fraternità, complicità, semplicità, tranquillità... Tante sensazioni per un solo ragazzo, da usare come giocattolo sessuale. Non voleva ferirlo, ecco la realtà. Rimaneva ferma ad osservarlo ed aspettare le sue scelte.
Edited by »Nico. - 29/4/2014, 22:13. -
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L'incontro non pensava si sarebbe limitato ad una piccola scintilla di pochi secondi di emozioni che, alla fine, riportavano tutte in una sola direzione. Più lo guardava in faccia e più gli sembrava strano approcciarsi in quel modo con un ragazzo del genere, che davanti a lei sembra così carino, tenero, un cucciolo, ed ad un chilometro da lei quegli occhi le danno un'impressione decisamente strana, che non ha mai riconosciuto altrove. Lo aveva incontrato di nuovo, dopo quello scontro anche abbastanza violento alle praterie di tre giorni prima, più che altro perché glielo comandava la sua astinenza, che si faceva sempre più grande, più veemente. Quella voglia continuava ad aumentare esponenzialmente giorno dopo giorno da ormai un mese. Non le bastava condividere quel metro, più o meno, di letto con la figura della sua fidanzata, doveva spingersi oltre, estinguere quell'esigenza. E pensava di aver trovato in Dorian l'ingenuo che l'avrebbe assecondata, per essere abbandonato al limite della semplice amicizia qualche istante dopo il rapporto. Le faceva diversi strani effetti quella figura, ma la sua coscienza si focalizzava solo su quello relativo al sesso. Voleva portarselo a letto e nulla sembrava poterlo fermare. Il loro discorso era cominciato in un modo che lei non si aspettava, finendo immediatamente per parlare di casa sua e dell'"essere vuota" ogni mattinata. Aveva parlato praticamente d'impulso, però sembrò che lui non fece moltissimo caso alle parole. Sembrava arrivato a Kusa per una tranquilla chiacchierata, qualcosa per passare il tempo lontano dal suo paese d'origine. Era ciò che vedeva nei suoi occhi. Ancora, come tre giorni prima, un primo colpo di sguardo le diede un'impressione di tristezza, di differenza da ciò che appariva a lei, abbastanza semplice siccome per lei era semplice "merce". Era tutto tranquillo quella mattinata di... Boh, primavera, probabilmente. Il sole aveva già fatto capolino, superando con largo anticipo quel cielo nuvoloso che si era presentato tre giorni prima. Inohana dava uno sguardo continuo al giovane in cui si mischiavano tutti i suoi dubbi per quella relazione. Non voleva fidanzarsi con lui, non sapeva nemmeno lei perché ma ciò era escluso a priori, al contrario però voleva portarsi a letto quel ragazzo e ritrovare quelle sensazioni che le mancavano da tantissimo tempo, eliminare finalmente quel desiderio impellente, quella voglia che le distruggeva piano piano lo stomaco. Le sembrava fosse passata un'eternità fissando quei due occhi marroni, quando in realtà ogni orologio batteva solo un paio di secondi in più rispetto a quando aveva parlato lei stessa. Lei era ancora seduta quando il giovane cominciò a ribadire che non aveva fatto altro che incassare dei colpi abbastanza duri, ma che tutto sommato stava bene e non aveva alcun problema fisico rilevante. Ma già lo sapeva, lo aveva intuito quando il giovane era tornato sui suoi passi con le proprie gambe, abbandonando il luogo di scontro che aveva visto la sua schiacciante sconfitta. Rimase seduta ancora in terra. Era da tempo che non apprezzava la natura del suo luogo natio per quel che realmente era. Non le rimaneva altro da fare che aspettare la decisione del ragazzo, che si concretizzò qualche istante dopo. Le due dita che avevano sfiorato il Kimono bianco del... Ragazzo, forse, erano diventate una piccola "casa" per svariate gocce d'acqua. Il vestiario del ragazzo sgocciolava sull'erbetta verde e sul terriccio sotto essa. Era un'immagine strana, quasi tenera, di quell'acqua che veniva assorbita dal terriccio e trovava un'altra, calda, confortante casa nell'enormità del terreno su cui poggiavano tutti gli uomini e tutte le donne i loro piedi, ed a sua volta finiva in un lungo cammino che avrebbe aiutato coloro che la calpestavano. Era strano, romantico, assurdo. Si alzò, lasciando perdere quel rivolo d'erba con cui stava giocando tanto per ricordarsi almeno com'era fatta, che consistenza aveva e tutte le proprietà legate al tatto. Il suo sedere, generoso sotto un certo profilo, abbandonò quel piccolo cerchio di terra che era diventato praticamente una sua residenza. I piedi atterravano a ritmo sul selciato, sul terriccio e sugli altri svariati terreni che condivano Kusa, prima uno, poi l'altro, tutto per circa cinque minuti di silenzio in cui lei non faceva altro che camminare al contrario, sorridere e guardare Dorian, mentre evitava persone di ogni età e corporatura con una precisione quasi millimetrica, riconoscendo i loro passi fino al momento in cui i loro piedi sbattevano sul terreno che lei stessa poteva ammirare. Ci mise pochissimo ad arrivare a casa, senza proferire una parola, facendo soltanto la scema, o la bambina, a seconda di come si voglia definire. Aprì la porta di casa, fece accomodare il giovane e cominciò a parlare, finalmente, come se una divinità le avesse regalato il dono della parola per una seconda volta.
- Lei è la mia Sensei, Sakura. Andiamo decisamente d'accordo, quindi sì, potrebbe anche essere una sorella acquisita, eheh! -
Fece, come se per lei quell'estraneo che aveva appena portato a casa. Non se ne curava, sembrava che avesse vicino a lei la sua ragazza, o insomma qualcuno con cui conviveva da anni. La sua calma, la sua trasparenza, la sua tranquillità... O la sua voglia, come traspariva dall'improvvisa sparizione della giacca che indossava quando era uscita, rimanendo solo in gonna e reggiseno. Fece un paio di passi, appoggiò la giacca in pelle marrone su una sedia e si slacciò gli stivali che, per una strana ragione, le davano fastidio.
- Torno subito, vedo se trovo qualche vestito che ti sta... Mah! -
Disse, girandosi, chiudendo gli occhi e facendo una linguaccia. Percorse un piano di scale verso il sotterraneo. Afferrò qualche capo del vecchio padre, per la precisione una giacca abbastanza pesante e dei pantaloni larghi con cui lui lavorava. Erano abiti grezzi, poco impolverati ed ancora puliti, eccetto per una o due abrasioni di cui non si era accorta. Ripercorse le scale e consegnò gli abiti al ragazzo.
- Fai pure! Dovrebbero starti... Erano di mio padre. Forse saranno addirittura larghi, era un po' più grosso di te, o forse no, non mi ricordo più! Intanto io prendo... Questo...! Mettiti comodo, fai come se fossi a casa tua. Gli alcolici sono in cucina, a sinistra, sul terzo ripiano, nascosti dietro le pentole, ihihih! -
Disse, sfilandogli il Kimono e sapendo che si sarebbe riempita d'acqua in pochi istanti...SPOILER (clicca per visualizzare)Ci sono buchi di narrazione qua e la perché devo studiare storia per la verifica di domani Ma non sono rilevanti, quindi puoi postare come e quando vuoi.