Allora, semplicemente descrivi quello di cui ho parlato io: in qualche modo ti viene assegnato l'incarico, per cui parti alla volta di Kusa.. Fra le informazioni in tuo possesso, circa l'incarico, sai solo che devi scortare un qualcosa da Kusa a Oto, per il resto descrivi a piacere e finisci raggiungendo la nostra posizione e presentandoti.
narrato pensato parlato parlato Gwen parlato Al parlato John
Come ogni giorno. Un normale lunedì, normale e abbastanza impegnativo. Ma non ricorda perché. Ricorda solo che doveva andare a Kusa. No, non ha idea del motivo. Se ne è dimenticata proprio adesso. Adesso che ha attraversato le porte. Dovrebbe avere dei parenti qui. Forse dei cugini, o dei nonni. Niente di peggio. Con un sorrisetto nervoso avanza quasi correndo nelle vie, scansando persone e chinando la testa ogni qual volta che passava un jonin. Vedeva sempre suo padre farlo, quindi, per lei è normalissimo.
Aspetta... ma quella li non sarà mica... !!!
Si blocca, con gli occhi spalancati e le mani a mezz'aria, il piede sinistro leggermente più indietro dell'altro, come se dovesse correre a gambe levate. Gwen. Sua cugina Gwen. Il peggio è che quella ha quattordici anni, è una chunin e, come se non bastasse, abbastanza prepotente quanto scherzosa. È sul punto di girarsi e correre via quando...
Tetsuya? si guarda in torno La mia cuginetta preferita!
E neanche tempo di vederla arrivare che quella la mette sotto braccio e le scombina i capelli. Il sorrisetto nervoso di prima torna in viso alla genin
Gwen! Ma che coincidenza...
Cercando di liberarsi, senza troppi risultati.
Vieni! Conosco un posto dove fanno del ramen delizioso! Li potremo parlare un po'..... caspita quanto sei fatta l'ultima volta che ti ho vista eri alta così!
Entrano nel ristorante, mentre il profumino del ramen caldo le invade le narici. Tetsuya adora quel piatto, il sugo in particolare. Gwen invece si interessa solo degli spaghetti e dei pezzi di manzo, il sugo lo lascia sempre. O almeno, così ricorda la dodicenne. Vanno a sedersi in un tavolo e la chunin ordina subito due piatti di ramen, pagando subito.
Ma... potevamo pagare ognuno il suo piatto... non dovevi....
Scherzi? Non ci vediamo da otto anni, questo è il minimo!
Si mettono a ridere, iniziando a parlare di quando erano piccole, delle zie, dei nonni, degli altri cugini. A quanto pare non solo i suoi genitori sono morti, due suoi zii sono stati uccisi in missione, un cugino più grande invece era stato assassinato. Intanto che loro parlano, arriva il ramen. Quindi Tetsuya prende le bacchette e le spezza, impugnandole proprio come faceva sua madre e iniziando subito a mangiare. Gwen scuote la testa con un sorriso.
Niente da fare, sei tutta tua madre!
Ridacchiando. Anche Tetsuya, subito dopo aver ingoiato, si mette a ridere. Non è come quei ragazzi che appena si parla di parenti morti inizia a intristirsi, e sinceramente non vuole che Gwen lo sappia. Continuano a mangiare, quando, la chunin indica il coprì fronte della cugina.
Sei genin sorridendo
Tetsuya fa un sorriso, prendendo il copri fronte bianco e guardandolo.
Si, da circa tre giorni.
Gwen fa un sorrisone, mentre si tira su la manica della maglietta e mostra il simbolo di Oto sul braccio.
Ti hanno già assegnato delle missioni?
E qui, Tetsuya si blocca, le bacchette a mezz'aria, la bocca semiaperta, lo sguardo vago come a dover ricordare qualcosa. Poi, come una scossa improvvisa, si ricorda il perché della sua visita a Kusa. La missione. Era venuta qui per una missione. A quanto pare doveva portare un qualcosa da portare da Kusa a Oto, e che aveva un appuntamento con dei ninja di Taki. Si sbatte la mano sinistra sulla fronte.
Oh cazzo...
Tetsuya... che succede?
Mi sono dimenticata della missione! Ho un appuntamento con dei ninja di Taki, a quanto pare devo portare un qualcosa da Kusa a Oto, ma me ne ero totalmente dimenticata! Devo scappare, non posso fare tardi alla mia prima missione! Noiosa, ma pur sempre una missione! vado, ci vediamo un'altra volta, Gwen, e salutami tutti! detto questo correrebbe a gambe levate verso il luogo dell'appuntamento.
Ansimando, si dirige verso il magazzino, l'edificio sigillato dove, a quanto pare, doveva incontrare i due genin con cui doveva portare a termine la missione. Va davanti ai due piegata sulle gambe e ridendo. Si rimette composta. Il copri fronte bianco parla da solo, non ha bisogno di dire che viene da Suna. Si indica
Io sono Tetsuya Akasuna, genin. Voi dovreste essere Alphonse Elric e John, giusto?
Il villaggio del Kusagakure sembrava il luogo ideale per mettere su famiglia: come un enorme quartiere residenziale, giardini, parchi e negozi di ogni genere erano facilmente raggiungibili e usufruibili dai tutti i cittadini, con estrema comodità, invogliandoli a riversarsi nelle strade con i propri cari ed i propri bambini, e a vivere, nelle piazze, il valore della comunità. Gli infanti giocavano spensierati, correndo per le varie stradine e infilandosi nei più tortuosi cunicoli, senza destare preoccupazione o ansia alcuna nei rispettivi genitori, certi che nulla potesse minare la loro sicurezza, fintanto erano circondati dalle imponenti mura. Nel loro errare per quelle vie, a loro estranee, i due Ninja del Takigakure, Alphonse e John, avevano incontrato anche una serie di scolaresche muoversi in ordinate file, dirette dalle loro maestre, per visitare chissà quale attrazione culturale la ridente cittadina potesse offrire loro: nonostante fossero stranieri, e per di più originari della Cascata, Villaggio che, nel recente passato, si era invischiato in una serie di situazioni spiacevoli agli occhi della politica internazionale, gli abitanti li salutavano con estrema cordialità, ignorando eventuali forme di pregiudizio o di xenofobia nei loro confronti. Al aveva sempre idealizzato la vita, in patria, come perfetta ed idilliaca, eppure questo luogo sembrava eclissare le buone, anzi ottime, condizioni in cui la sua città natia si trovava attualmente.
Forse sono i lasciti della guerra..
A questa conclusione giunse il giovane combattente, ipotizzando che il tragico evento avesse, in qualche modo, cambiato l'attitudine dei sopravvissuti, riducendo drasticamente la loro propensione alla socializzazione; oppure, più semplicemente, la differenza nel comportamento si poteva spiegare in base al contesto geografico scelto dalle due popolazioni: da una parte prati sconfinati, senza ostacoli o strutture in cui nascondersi, dunque una completa esposizione a qualsivoglia evento, e dall'altra una cittadina chiusa e circondata da una fitta foresta, il cui unico ingresso era dietro una cascata poderosa e minacciosa. Non c'era bisogno di appellarsi ad antropologi o psicologi per capire che la natura del territorio scelto fosse anche causa ed effetto dei diversi comportamenti dei due popoli. Il magazzino designato ad ospitare il carico cui avrebbero dovuto garantire l'integrità di presentava piuttosto fatiscente: l'edificio era di enormi dimensioni, probabilmente custode di più box, affittati a diverse persone, le finestre erano incrostate dalla sporcizia e l'intonaco del muro pericolante ed in più punti danneggiato, per non parlare delle numerose piante rampicanti che, in pratica, avevano conquistato l'intera facciata. In realtà la presenza vegetale non era segno dell'incuria, tutti i palazzi sembravano esserne dotati in abbondanza, conferendo al quartiere e all'intera città, un' aspetto un po' naturalistico. Improvvisamente, davanti ai due Takiani, evidentemente annoiati, apparve una ragazzina che, giunta in prossimità, si piegò in avanti, incerta se riprendere fiato oppure concedersi una grassa risata: quello che uscì fuori fu un suono tutt'altro che armonioso.
Io sono Tetsuya Akasuna, genin. Voi dovreste essere Alphonse Elric e John, giusto?
L'entrata in scena del terzo componente del Team lasciò i due senza parole, e, per un momento, tacquero, scambiandosi un'eloquente sguardo interrogativo: il vantaggio di vivere insieme era quello di poter comunicare semplicemente tramite lo sguardo, le parole risultano superflue e devianti. Al rimase in silenzio, incerto su cosa dire: era sempre stato il ragazzo più educato e gentile, fra i suoi coetanei, i convenevoli erano il suo forte, sapeva come trattare le persone e come comunicare nella maniera più pacifica e al contempo proficua. Eppure il suo "potere", in quel frangente, non si attivò. Dal comportamento, risultava evidente che fosse fresca fresca di Accademia e, per giunta, al suo primo incarico ufficiale. Sulla carta, sarebbe dovuta essere la copia al femminile di John, eppure la maturità nei suoi occhi e nei lineamenti del suo viso, dovuti alla sua età, lo rendevano decisamente più professionale ed affidabile, forse anche più di Alphonse stesso.
Ciao, ti stavamo aspettando! Esatto, io sono John e il tipo silenzioso è Al, lo puoi chiamare così.. è lui il grande capo, non scordartelo!
Iniziare con una battuta, tipico del neo-Genin. Al ricambiò la frecciatina con un sorriso, poi si staccò dal muro, cui era poggiato con la schiena, in modo da far capire loro che era tempo di muoversi.
Non lo stare ad ascoltare, non sono a capo di niente, sono solo quello con un po' più di esperienza sul campo.. E' ora di entrare e capire definitivamente il nostro ruolo, in tutta questa faccenda..
Detto questo, girò sui propri tacchi, guadagnando l'umile e rovinata porta in legno posta al lato della saracinesca: l'interno era completamente desolato, cartacce e batuffoli di polvere e sabbia giacevano sul suolo, chissà oramai da quanto tempo. Sembrava che l'uomo fosse stato sconfitto, sul campo di battaglia, e lo sporco ed il degrado si erano insediati come padroni incontrastati. Chino su una scrivania di incerta stabilità, un uomo di mezz'età stava scribacchiando qualcosa su un foglio di carta: il trio vi si avvicinò, capendo, passo dopo passo, quale fosse realmente la sua occupazione.
7, verticale.. "Scritto da mano ignota".. mmh.. Ah, "Anonimo"!
Mi scusi?! Stiamo cercando il sig. Yamada, avevamo appuntamento qui, al suo box..
Aah, salve, sig. Ninja, si controllo un momento.. mm si eccolo, Yamada... si, si, bene.. Aveva detto di mandare i suoi shinobi al numero 21..
Ringraziando con un cenno del capo, Al si incamminò verso la propria destinazione, seguito a ruota dal compatriota. Il sig. Yamada era un uomo affascinante e decisamente più giovane di come se lo era immaginato, vestiva abiti eleganti e apparentemente costosi, un ossimoro, rispetto alla miseria del luogo in cui si trovavano.
Ah eccovi qui, Shinobi, grazie per essere giunti puntuali, nonostante il poco preavviso. Io sono Yamada, e ho richiesto i vostri servigi per un motivo ben specifico, come ben saprete: ho bisogno di trasportare un bene dalla mia dimora estiva al mio Paese natio, ovvero Otogakure.. Sono un uomo che viaggia molto, e, nei miei lunghi soggiorni, mi piace essere circondato dai miei, come dire, "piccoli tesori". Questo è forse quello a cui tengo maggiormente, non ho intenzione di affidarne la protezione ad un branco di bifolchi armati fino ai denti.. voi Shinobi, naturalmente, siete su tutt'altro livello.. ammirate
Detto ciò, l'uomo, dai modi e dagli atteggiamenti un po' particolari ed inconsueti, sollevò una logora serranda, mostrando l'oggetto in questione: un arca in legno, intarsiata abbondantemente con oro e gemme preziose, era poggiata su un'impalcatura in faggio e sigillata al di sotto di una campana di vetro: dalla superficie superiore della cassa, si ergevano due figure alate, due angeli, interamente modellati nel più puro dell'oro. L'artefatto sembrava brillare di luce propria, tanto era prezioso e nobile. Gli occhi aurei di Alphonse si persero in quella magnificenza, il capolavoro di chissà quale artigiano, arricchitosi a dismisura, dopo la creazione e la vendita dell'opera: il prezzo poteva tranquillamente viaggiare sui milioni di Ryo, un quantitativo di denaro che il Genin non riusciva neanche a concepire. Riottenuto il controllo di sé, tornando a rivestire il ruolo ufficiale, nel massimo della professionalità, Al notò un particolare di notevole importanza, riguardo la logistica dell'incarico.
Ho già predisposto un carro per il suo trasporto, e la manodopera necessaria per il suo maneggiamento. Voi non dovrete assolutamente toccare nulla, né permettere ad altri di scalfire neanche il più piccolo particolare..
Un gruppo di energumeni irruppe nella stanza, e, presentatisi al committente, sollevarono la preziosa icona e lentamente la portarono all'esterno, caricandola su un carro ed assicurandola con una serie di cinghie in pelle.
Buona fortuna, valorosi Ninja, mio fratello vi aspetterà a Oto, non deludetemi!
E così la bizzarra combriccola si mise in marcia, guadagnando l'uscita dal Kusagakure ed imboccando il sentiero per la capitale del Paese dei campi di Riso
Pensavo: dato l'abbandono dell'altro utente di questa PQ (su cui tralascerò commenti..), non mi è possibile finirla con un altro post oppure chiuderla qua ( per motivi di logica ON GDR) e avere il minimo di exp? Ho fatto 2 su 3 post, mi pare un po' "ingiusto" essere penalizzato per un evento indipendente dalla mia volontà
GDR, gioco di ruolo. Sei un personaggio, un personaggio che non ha limiti. Può fare quello che vuole. Mettersi a scavare buche in giro. Molestare la gente con le ginocchiate, sbattere la testa sulle porte. Ovvio che in un combattimento ci sono dei turni da rispettare. Ma questa è una PQ. Puoi fare lo stracazzo che vuoi Ci sono ALCUNE regole restrittive in questo gioco. Ma mi rendo sempre più conto che la maggior parte delle regole ve ne imponete voi. Uscire dagli schemi non è facile, ma provarci almeno
Si, se fossi solo. Ma con la presenza di un altro utente non sono poi così libero. O meglio, potrei farle capitare quello che voglio, ma opterò per il solito richiamo in patria per un motivo "X", anche se fa acqua da tutte le parti. Ma d'altronde perché preoccuparsi, non penso l'utente tornerà presto o recriminerà l'esclusione dalla ruolata. Bene, cerco di buttare due righe, allora.
Le missioni di scorta forse si collocavano fra le prime posizioni, in termini di noia e frustrazione. Erano incarichi effimeri e volubili, la cui difficoltà e complessità erano studiate in base alla merce o alla persona affidate dal committente al mercenario, il cui compito era semplicemente la protezione e la tutela dell'incolumità del carico. Era certamente ovvio che più il "Carico" in questione fosse stato prezioso, tanto più probabile sarebbe stato l'incappare in briganti o addirittura shinobi di altri Paesi, interessati a depredare, saccheggiare e rapire il prezioso obiettivo. Ma era comunque il Caso, dopotutto, a decidere le sorti dell'incarico e a piazzare trabocchetti e tranelli lungo la via percorsa dal convoglio: poteva capitare che il viaggio fosse particolarmente problematico, con un susseguirsi di scontri feroci e letali, ma anche che la missione avvenisse nella completa tranquillità, senza che alcun ostacolo si frapponesse fra gli shinobi e la meta. Ma era la voce dell'inesperienza a parlare, non la ragione o la verità dei fatti: il giovane Alphonse ignorava infatti come fossero anche screzi di questa natura, il mancato pagamento di un tributo, la prigionia di un importante ostaggio o la ritrattazione nel cedere un bene od un'opera d'arte particolarmente pregiata, a causare attriti fra le Nazioni, asti che potevano facilmente culminare in inutili guerre. La guerra mondiale in corso sembrava essere scaturita da un pretesto simile.
Il tempo scorreva lentamente, e forse il lento e ritmico dondolare e oscillare del carro, su cui si erano accomodati, rendeva tale sensazione ancor peggiore: John, al suo fianco, stava combattendo una furiosa battaglia contro Morfeo, resistendo alle sue lusinghe ed ai suoi tentativi di indurlo al sonno. Ma, d'altra parte, il Genin non poteva biasimarlo, dato che versava nelle stessa situazione, le palpebre pesanti e la vista annebbiata. Con loro c'era una ragazza, una giovane ed inesperta Kuinoichi del Sunagakure, fresca di Accademia ed aggiunta alla scorta della preziosa Arca, sebbene Alphonse sottovalutasse l'effettivo contributo che la giovane avrebbe potuto fornire loro, in caso di un attacco da parte dei briganti. La giovane, però, sembrava essere più vigile dei due ragazzi, gli occhi attenti e spalancati, intenti a scrutare l'orizzonte ed eventuali minacce: non poteva però sapere che il senso più affinato del "capitano" della spedizione era l'olfatto, abilità che permetteva lui di individuare ogni singolo odore in un raggio piuttosto ampio e dunque capire se fossero inseguiti. Un odore acre e secco si manifestò improvvisamente, tracciato con estrema precisione da quel radar infallibile che mai lo aveva abbandonato: nella complessità di quel sistema di molecole sapide, caratteristica inscindibile dalla propria essenza, Al riuscì a riconoscere delle note conosciute, degli elementi avulsi dall'identità dello sconosciuto ma conferiti dall'ambiente di vita. Al diede un colpetto sul petto dell'amico, destandolo dal suo torpore, ed immediatamente balzò fuori dal carro ordinando al cocchiere, tramite un lungo fischio, di fermare l'animale fino a nuovo ordine.
Dovrebbe essere qualcuno del Sunagakure, ma stiamo all'erta, potrebbe comunque trattarsi di un camuffamento..
Le dita della mano destra carezzarono l'impugnatura della sua corta lama, forse non dotata di un grandissimo potere offensivo, di per sé, ma capace di mirabili imprese, se sfruttata a dovere. Uno shinobi della sabbia correva con passo svelto ma comunque posato e leggero, tanto che l'udito non avrebbe potuto aiutarlo, in caso vi avesse fatto affidamento. La ragazzina raggiunse i due con un leggero ritardo, distratta probabilmente dal flusso dei suoi pensieri, ma fu determinante nel riconoscimento del suo compatriota: gli appellativi come sensei e sama fecero pensare ai due Takiani che l'uomo fosse come minimo di grado Chuunin e che avesse già collaborato con la novella kuinoichi. I due parlottarono per un paio di minuti, talmente a bassa voce da impedire ai due stranieri di carpire il senso delle loro frasi, come se poi i due fossero veramente interessati alla loro conversazione. Quando Alphonse, in qualità di leader e stanco di perder tempo inutilmente, decise di interrompere la coppia in modo da poter riprendere il viaggio, l'uomo annunciò loro il rientro della ragazza. Riformatosi dunque il team originario, Alphonse e John ripresero il viaggio, oramai prossimo al confine del Paese dei Campi di Riso.
[...]
Il sole era tramontato da oramai qualche ora e le uniche luci visibili sulla via erano quelle artificiali del ridente Villaggio del Suono, illuminazione che nascondeva alla vista le numerose stelle del firmamento ed infiacchiva la luminosità della bella luna, la cui sagoma sempre più rotonda e regolare annunciava l'avvicinarsi del plenilunio. Un lussuoso cancello, intarsiato con venature dorata, presidiava l'entrata di un'altrettanta sfarzosa villa, sengo delle ingenti disponibilità economiche del loro cliente. Ad accoglierli fu un team di maggiordomi e domestici, tutti vestiti in maniera elegante, nonostante nel loro lavoro la possibilità di sporcarsi era tutt'altro che remota. Il fratello del committente si precipitò per le scale in marmo dell'ampio cortile, vistosamente ansioso ed eccitato per l'arrivo della raffinata opera d'arte: evidentemente anche l'uomo aveva investito una bella somma di denaro del manufatto.
Ah bene, puntualissimi! lo avevo detto a mio fratello di ingaggiare degli shinobi, il minimo per l'Arca.. Voi quattro, sollevatela con molta cautela e ponetela sul piedistallo all'ingresso..
Quattro giovanotti vestiti con abito scuro si precipitarono verso il carro e, una volta assicurata l'opera su di una spalla ciascuno, diligentemente i quatto si mossero coordinatamente, ultimando in questo modo il loro incarico.
E' perfetta, neanche la teca di vetro mostra segni di imperfezione, sublime. Ecco la vostra ricompensa, spero vi siate imbattuti in problemi, venendo qui ad Oto
Magari? Almeno un combatt..
La ringraziamo, signore. Adesso dobbiamo tornare in Patria. Arrivederci.
Al scoccò un'occhiata furente al compagno, che alla vista dei suoi occhi severi si morse la lingua, troncando a metà un pensiero che però anche lui condivideva: quell'incarico non sarebbe potuto essere più noioso di quanto non fosse stato. Congedandosi, i due lasciarono il calore della Villa, per rimettersi sulla strada, alla volta di Taki.