Capitolo V - Omicidio al chiaro di luna

PQ Genpaku Hõzuki

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    Gli assassini si calarono nei giardini del palazzo a mezzanotte: quattro ombre scure contro un muro. Il muro era alto, il terreno duro, ma l’impatto non fece più rumore di qualche goccia di pioggia. Rimasero li accucciati per pochi secondi, quatti e immobili, ad annusare l’aria. Poi tagliarono furtivi attraverso i giardini bui, fra salici piangenti e i ciliegi, verso i quartieri dove riposavo inquieto.
    Camminavano in punta di piedi, senza lasciare tracce nella lunga erba umida. Dietro le schiene i mantelli fluttuavano, riducendo le ombre a brani e stralci. Si vedeva qualcosa? Solo le foglie che si agitavano nella brezza. Si udiva qualcosa? Solo il vento che sospirava tra le fronde dei salici. Niente da vedere, niente da udire. Un soldato a guardia del tempietto rimase imperturbato nonostante gli fossero passati ad un filo di rasoio dalla coda. Niente male, per non essere ninja.
    La calura del giorno era un ricordo; l’aria era gelida. Sopra il palazzo, risplendeva una fulgida luna rotonda, che riversava fiumi di argento fuso su tetti e cortili.
    Aldilà del muro la grande città mormorava nella notte: ruote sullo sterrato delle vie, risate lontane dal quartiere del sakè lungo i moli, la marea lungo la spiaggia. Alle finestre risplendevano le fiamme delle lampade, sui tetti ardevano i tizzoni, in cima alla torre un fuoco lontano bruciava segnalando il porto.
    Nelle loro postazioni, le guardie indugiavano in giochi d’azzardo. Tra le colonne delle sale i servitori dormivano su giacigli di strame. I portoni del palazzo erano chiusi con triplici spranghe, ognuna più spessa del torace di un uomo. Non c’erano occhi rivolti ai giardini orientali, da dove si avvicinava il canto della morte, furtivo come uno scorpione, su quattro paia di piedi silenziosi.
    La mia finestra era al primo piano. Quattro ombre nere si acquattarono sotto la parete. La prima fece un segno. Una dopo l’altra si schiacciarono contro il muro di pietra e cominciarono a risalire apparentemente come se stessero camminando su quella superficie verticale. Tra le labbra tenevano qualcosa su cui si rifletteva un bagliore lunare.
    Il primo degli assassini raggiunse il davanzale, ci saltò sopra come una tigre e spiò nella camera.
    La luce della luna si riversava nella stanza illuminando il giaciglio come fosse giorno. Dormivo disteso, immobile come se fossi già morto. I capelli scuri ricadevano sciolti sui cuscini, la pallida gola si stagliava sulle lenzuola candide.
    L’assassino prese il kunai che aveva tra i denti. Osservò la stanza con calma ed attenzione, valutandone le dimensioni e le possibili trappole. Era ampia, piena di ombre, priva di ostentazioni nonostante il retaggio del ragazzo che in essa riposava.
    Tre colonne reggevano il soffitto di legno. Una porta shoi era chiusa dalla parte opposta alla finestra, stranamente i muri erano tutti di grigia pietra liscia. Una cassapanca piena di abiti giaceva aperta vicino ad una delle pareti. Vide un mucchio di cuscini intorno ad un basso tavolino da tè, dei sandali sul pavimento, un elegante vaso fiorito in un angolo. Nell’aria si percepiva una leggera traccia di profumo. L’assassino, per cui simili aromi erano segno di debolezza, arricciò il naso.
    Socchiuse gli occhi capovolgendo il kunai prendendone la punta tra il pollice e l’indice. Lo fece oscillare una volta, due; stava calcolando la distanza. Ma non aveva mai sbagliato bersaglio finora.


    odBljAl





    Edited by Luck' - 23/3/2014, 21:18
     
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    Fletté il polso; l’arco argenteo del coltello in volo tagliò l’aria in due, piantandosi profondamente nella mia gola.
    PUFF!
    La mia figura svanì in una nuvola di fumo, rivelando sotto di essa un letto intonso come se non fosse mai stato toccato.


    - E così voi sareste i famigerati assassini della nebbia, eh..

    Affermò la mia voce dall'ombra della più lontana tra le colonne. Suonava tranquilla, vellutata persino ma chi avesse ascoltato con attenzione avrebbe potuto notare una nota d’acciaio e rabbia in quelle parole. La stessa rabbia che si prova quando si vuole superare a forza la propria paura.
    L’assassino si fermò, immobile come una statua e scrutò attento il punto da cui arrivava la voce. Sapeva di essere vulnerabile in quella posizione, delineato dal chiaro di luna alle sue spalle, ma non voleva né avanzare né ritirarsi prima di essere sicuro di cosa fosse meglio fare. Non vedeva molto nell'ombra, giusto un profilo più scuro e parzialmente nascosto dalla mole stessa della colonna: una figura dai lunghi capelli biancastri e dall'ampia veste fluttuante. Ad ogni buon conto, non avevo chiamato le guardie, non ero terrorizzato tantomeno non era ancora necessario fuggire, la situazione andava presa di petto.
    Scivolò giù dal davanzale, facendo segno ai suoi compagni di seguirlo e si mosse lentamente estraendo un secondo pugnale da una piega della veste.
    Altre tre figure, assolutamente nere contro l’esterno, lo seguirono fondendosi con le ombre della stanza e si prepararono ad assalirmi in gruppo: codardi.
    Non erano necessarie parole per sapere cosa dovevano fare.
    La mia ombra si mosse, scattando con rapidità inumana ed imprevedibile in mezzo agli assassini e roteò furiosamente su se stessa, creando una piroetta con la gamba tesa che scagliò gli uomini in tutte le direzioni mandandone due a sbattere pesantemente contro il muro. Mi accostai di nuovo ad una colonna, a scanso di equivoci.
    A loro merito va detto che gli assassini non emisero nulla di più di un gemito di sorpresa nel ricevere l’impatto e che si rialzarono prontamente, un paio più doloranti di altri.
    Uno di loro aveva in mano una corta katana nera, un altro un kunai, gli altri due niente altro che le mani nude. Si slanciarono tutti assieme, il buio ed il numero li proteggevano. O almeno così credevano loro …
    Dalla finestra uscì un lampo di luce rossastra, un grido soffocato. Si udì sbattere qualcosa e qualcos'altro andare in frantumi. Un lampo come di un fulmine delineò chiaramente le fronde degli alberi prospicienti al palazzo. Un altro grido, forte questa volta.
    Ombre confuse nel buio improvvisamente divenuto più denso. Un paio di figure barcollanti saltarono giù dalla finestra e rotolarono nelle aiuole spegnendo i piccoli fuochi che divampavano suoi loro mantelli.
    Fuggirono, inseguite dalle guardie accorse al primo grido di dolore.


     
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    - Tutto a posto, Tamaki-sama?

    Chiesi annullando il jutsu che mi aveva consentito di sostituirmi con il giovane nobile e rivelandomi così nel mio vero aspetto. Mi girai a guardare la cassapanca ed il vaso di fiori infranto che spargeva il suo contenuto in nuvole odorose. Dall’ammasso dei vestiti sfatti emerse un ragazzo arruffato ed accaldato per le lunghe ore passate nel nascondiglio che lo guardava con occhi colmi di paura ed ammirazione.

    - Mi dispiace avervi fatto restare là dentro ma tutto sommato si è rivelata la soluzione migliore. Per fortuna, questi uomini non erano dei ninja anche se uno o due di loro si sono rivelati abbastanza pericolosi ed uno sapeva persino utilizzare un jutsu di tipo fulmine.

    Mi guardai afflitto il braccio su cui spiccava un lungo taglio profondo che mi macchiava di rosso l’ampia veste bianca tipica del clan. Dalla borsa poggiata sul letto estrassi delle bende ed una pomata disinfettante e procedetti ad una rapida medicazione temporanea della ferita, pur sapendo che essa sarebbe guarita in fretta vista la lievità.
    Non me lo aspettavo proprio infatti anche se, ovviamente, non era stato un problema gestire innanzitutto il potenziale pericolo una volta che si erano accorti della sua presenza. Tutto sommato, a volerli catalogare nei gradi ninja, quei quattro sarebbero stati appena considerati genin, eppure avevano dimostrato un livello di addestramento più che notevole, da jounin addirittura, in altri campi come dimostrava il fatto che fossero riusciti a passare inosservati a pochissima distanza dalla guardia del tempio.


    Vorrei tanto sapere chi sono questi tipi. Non sono ninja di certo ma se non stronchiamo il problema sul nascere potrebbero rivelarsi delle spine nel fianco. Chi manda questi assassini è chiaro come è chiaro anche il perché. Però questi qui in particolare ono potenzialmente pericolosi e sconosciuti pure. Dovrò avvisare il Villaggio al più presto.

    - Ma come hai fatto a combatterli?

    Chiese il giovane nobile interrompendo le mie meditazioni, curioso ed un po’ rassicurato dalla tranquillità che gli infondevo giacchè, svolto il mio compito con efficienza mi ero immerso in una contemplazione di qualche genere. Ero lieto che non si mostrasse a disagio e cercai di imitarlo, pensando al contrario all’agitazione che avrebbero avuto addosso sua madre o le sue sorelline. Lui doveva essere migliore, era un uomo. Doveva dominare l’ansia e credere che quel Genpaku Hoozuki del Villaggio della Nebbia lo avrebbe protetto lo rassicurava e lo infastidiva allo stesso tempo: perché non era capace di proteggersi da solo? Perché suo padre era stato costretto a ricorrere ai ninja della Nebbia invece delle sue fidate guardie?
    Domande senza risposta, in quel momento.


    - Era tutto buio e non facevano il minimo rumore, io non li ho nemmeno sentiti finché non hanno colpito la copia che avevi messo sul letto.

    - Il saper prevedere attraverso ciò che viene all'apparenza celato è la principale dote per uno shinobi che si rispetti.

    Risposi paziente andando a rimettere a posto cuscini e tavolo, scompigliati in giro nella foga del breve combattimento. Accolsi con compiacimento l’espressione stupefatta del ragazzo ma si guardò bene dal mostrarlo apertamente. Purtroppo per tazzine e teiera c’era ben poco da fare.

    - E’ per questo che sono stato scelto per questa missione: li ho notati fin da quando hanno attraversato i giardini. Ora, mi sa che faremo bene ad accendere una luce e ad avvisare la tua famiglia di quanto successo. Il vostro informatore aveva ragione riguardo al rancore che il vostro vicino sembra nutrire per voi, speriamo che il fallimento di questo attacco lo induca a ripensarci.

    - Ma..

    - Dopo signore, per favore. Le guardie saranno qui da un momento all’altro ed avranno già allertato vostro padre.

    3/3. Expatemi, penso di continuarla più in là spiegando minuziosamente il tutto.
     
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    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

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    Inferno

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    Viste le assillanti richieste sei bloccato per tre giorni e ti è vietato fare qualsiasi P.Q. Al termine dei tre giorni riceverai l'exp per questa P.Q.
    Questo era per farti cagare sotto, alla prossima richiesta però ti banno <3 28 exp
     
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3 replies since 23/3/2014, 20:45   121 views
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