Sagome di fiducia

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    Maschere


    Quanto il passo di una "guitarra" può parlare di un uomo il cui volto è decennalmente divenuto l'anatema di una maschera? Solo il Matador può saperlo; lui, la cui identità è sinonimo di distruzione per egli stesso; lui, il cui sguardo vede da tempo immemore solamente sagome di chakra; lui, El Matador.
    L'assolo sulle movenze di ritmi e note ispaniche circonda me e il ragazzo legato a uno sgabello di puro selciato. L'abbiamo preso, rapito e trasferito qui, nella nostra dimora segreta per uno scopo, che rappresenta non più nè meno il motivo della nostra partecipazione al Torneo mondiale.
    Da quanto aspettiamo? La domanda più opportuna sarebbe: "da quanto dura il sonnellino del Senju?". Ripercorro i momenti precedenti a questo, l'Iseki inaspettato che si è abbattuto sulla vittima, scombussolandola e facendola svenire nel trasferimento. Il resto è ciò che osservo.
    Seduta sulle ginocchia mi crogiolo nella bellezza del Matador, un fascino tutto suo baciato dalle crome e dalle biscrome che strimpella come se si facesse da colonna sonora per una battaglia. Un solo interminabile, lungo almeno quanto lo svenimento dell'ostaggio. Poi le note cessano in un prepotente re minore dissonante dal resto della composizione...


    - Acceleriamo questa cosa. Provvedi tu? -

    E' un'idea, un ordine più che altro, che percependolo come tale accetto annuendo. Ed è presto detto: una secchiata d'acqua gelida investe in toto il ragazzo, immergendolo nella simulazione di un annegamento.
    Trasale, di corpo e di mente, respirando a pieni polmoni soltanto dopo averli liberati con due colpi o più di tosse. Ed è lì che intuisce dov'è stato portato...


    teatro-mancinelli-la-location-del-fantasy-horror-award-148801



    - Espero que os de tu gradimento esto teatro. Yo lo trovo..."eccezionale". -

    Espone con i tipici toni di un ipotetico Antonio Banderas, il tutto dandosi di spalle al prigioniero. Dall'altro lato io sto dietro quest'ultimo, trattenendogli le spalle ancorate sul posto.
    Andare troppo per le lunghe è decisamente rischioso, perchè ad ogni secondo passato a tergiversare il ninja potrebbe trovare il modo di scoprire l'ubicazione del luogo in cui si trova. Ecco perchè El Matadar deve essere chiaro e conciso su ciò che vuole:


    - Estoy soy claro y conciso: voglio il tuo Dna, el DNA Senju! -

    Libera nell'aria il panneggio purpureo in cui è avvolto. Gli occhi dipinti della maschera fissano il poveretto in modo similmente truce, come sul punto di non offrirgli una scelta...ma al contrario fu proprio quella a non mancare!

    - Podemos farlo con le buone o con le cattive: Yo no soy un ninja, quindi potrei procurarti cualquier cosa al mercato nero, a cambio del tuo DNA; oppure también hay otras maneras... -

    Per quanto incomprensibili accento e parole, il senso generale di quell'"oppure" fu chiaro allo strisciare della mia lama sulla sua giugulare. Un patto apparentemente equo, benchè obbligato.
    Uno sguardo all'improvviso mi scappa sulla pergamena mistica che pende dalla vita del Matador, simbolo della sua vittoria al Torneo...


    - Decidi pure con calma...! -

    Ironia portami via. Ogni secondo perduto è un millimetro guadagnato dalla mia lama sul suo collo...
     
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  2. Edd
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    Precipitavo in un limbo di pace, avvolto dall'oscurità e flagellato dall'aria tiepida. Volteggiavo lentamente a giudicare dalla sensazione variabile che avevo sulla pelle mentre penetravo nel vento. Oltre a ciò, non percepivo alcunché. La mia mente era piacevolmente intorpidita, presto mi sarei addormentato. O forse stavo già dormendo, ma che importa... Non mi facevo domande, cadevo e basta. Poi ci fu l'impatto, gelido ed istantaneo. Mi ritrovai immerso nel ghiaccio liquido, superato da una scia di bollicine. Trasalii qualche attimo dopo, nel mondo reale...
    Rimasi col capo chino cercando di reprimere la contrazione febbrile dei polmoni ed i brividi che mi ballavano su e giù per la spina dorsale, mentre realizzavo d'essere fradicio dalla testa ai piedi. Mi liberai dei capelli appiccicati sul viso scuotendo energicamente il capo, e nel farlo mi sembrò di sentire il cervello rimbalzare nella scatola cranica. Una fitta tagliente e costante mi trafiggeva le tempie. Ricordai il torneo, la lama alla gola, una voce all'orecchio e poi più niente. Anzi, prima del vuoto totale, ero stato investito da una sensazione a me non del tutto nuova. Si, avevo già provato quello sballottamento paranormale che mi aveva strappato dalla premiazione del torneo. Qualcosa di simile alla Dislocazione Istantanea ma più rozzo, violento, indotto a forza. Tanto forzato da farmi perdere i sensi.

    - Espero que os de tu gradimento esto teatro. Yo lo trovo..."eccezionale". -

    Heem?

    Alzai lo sguardo allucinato su quella sagoma improbabile: l'accento incomprensibile di una voce stranamente ovattata, un mantello avvolto su tutto il corpo, la chitarra abbandonata lungo il fianco. Era lui, il tizio del torneo, quello che aveva combattuto contro Samui! Aggrottai la fronte e mi costrinsi a pensare, a ragionare. Si, l'avevo notato subito. Era eccentrico, faceva vibrare le corde ad ogni occasione e lo ricordavo a prodigarsi nel fare la corte alle croniste. Eppure in tutto il suo apparire aveva un nonsoché di sfuggevole, tanto efficace dal sortire l'effetto contrario nella mia mente; attirava l'attenzione, eppure non abbastanza da mettermi in guardia, dal farmi domande su chi fosse. Il clown ad una festa è al centro dell'attenzione, ma quando la festa finisce nessuno lo ricorda. Nonostante avessi seguito tutto il suo scontro dagli spalti, non vi avevo dedicato abbastanza dei miei pensieri. Forse se l'avessi fatto avrei notato strane occhiate nei miei confronti, indugi nel rivolgersi a me. Mi aveva rapito, dannazione! Ed ora?
    Feci correre lo sguardo sugli spalti del teatro, sui lampadari, sulle poltrone vellutate. No, non lo trovavo affatto eccezionale. Puntai le pupille sul Matador. Mi dava le spalle, ingenuo. Ritrassi la mano lungo la coscia per farla scivolare nel borsello, ma una pressione decisa alla spalla destra mi fece desistere. Quasi in risposta ai miei legittimi interrogativi, una lama mi si posò con dolce crudeltà sulla gola. Possibile che mi trovassi sempre con la dannata carotide a rischio?!
    Digrignai i denti di degna frustrazione.

    No, no, niente panico!

    Una via d'uscita c'era sempre, bastava scovarla. E mentre la cercavo tra la platea, ripercorsi con la massima concentrazione i ricordi del torneo. Chi aveva avuto a che fare con il Matador? Chi gli era stato accanto? Chi stava collaborando con lui nel rapimento? Niente da fare, non sapevo chi fosse lui e nemmeno chi mi tenesse incollato al mio scomodo giaciglio. Ero nelle mani di due perfetti sconosciuti e non avevo nulla su cui fare leva. Di certo non mi sarei arreso. Il tizio mi dava ancora le spalle; un mio dito sfiorò la pietra dello sgabello, infondendovi il chakra e dipingendovi il mio simbolo. Un passo mosso verso il controllo della situazione ed un altro millimetro della lama sulla mia gola.
    Il mantello del Matador sventagliò verso l'alto e finalmente lo vidi in faccia. Un volto privo di colore e forma, traslucido, due spennellate nere per occhi ed una terza per la bocca. Un volto molto caratteristico a cui molti, probabilmente, non avrebbero creduto. Ma chi ero io per giudicare? La mia maschera mi avrebbe riso in faccia.

    - Estoy soy claro y conciso: voglio il tuo Dna, el DNA Senju! -

    Dovetti ricredermi: forse la secchiata d'acqua non era stata abbastanza gelida da ripescarmi dal mondo onirico. Che assurdità era mai quella? Il mio DNA?!

    - Podemos farlo con le buone o con le cattive: Yo no soy un ninja, quindi potrei procurarti cualquier cosa al mercato nero, a cambio del tuo DNA; oppure también hay otras maneras... Decidi pure con calma...! -

    Mi allungai verso di lui in uno scricchiolio di nodi tesi, facendo sgorgare un rivolo di sangue lungo la pelle della gola. E gli mostrai i denti, in un accenno di divertimento.

    E del mio DNA cosa te ne fai? ...

    Una domanda spavalda, buttata li con tono di scherno. Ma poi mi ci soffermai ed il sorriso scomparve. Quella era proprio la domanda giusta. Non ero uno sprovveduto, tra le mie altre conoscenze vantavo una certa preparazione nel campo medico. Sapevo che chi va alla ricerca di un particolare DNA lo fa per impossessarsi di una Kekkei Genkai. Ora la domanda era: perché quell'individuo faceva tanto per impossessarsi del Mokuton? Cosa c'era nella Manipolazione del Legno da renderla così ambita? Cos'è che lui sapeva sul mio potere che io stesso ignoravo?
    Un'ondata sconclusionata di pensieri mi travolse. Gli occhi caddero sul mio braccio destro, rigenerato per mia spontanea volontà, un mistero su cui spesso mi ero concentrato. Poi vagarono a quella notte in cui mi era stato sradicato; l'avevo visto allontanarsi con il mio arto in spalla. Ed ora ero minacciato di morte pur di avere una minima particella del liquido che mi correva a litri nelle vene.

    No... no, davvero, perchè il DNA Senju? Voglio saperlo. E... devi dirmelo e poi parleremo della tua "offerta"!

    Già perché nonostante il linguaggio a stento comprensibile, non mi era sfuggito l'accenno al mercato nero. Durante i miei studi nelle arti mediche, il pensiero costante che lì, in quella biblioteca, ci fosse un intera ala in cui nessuno oltre al Kage potesse aver accesso, ancora mi rodeva. Ed ora mi si presentava la possibilità di darvi una sbirciata, di ottenere una parte di quella conoscenza proibita. Non mi sarei fatto sfuggire una tale occasione. Ma il desiderio di accoglierla non era superiore alla smania di avere risposte.
     
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    E' un frusciare, una speranza incomprensibile, forse l'ultima...per sconfiggerlo.
    Il gelo della secchiata d'acqua serve a risvegliarlo, eccome se serve, cionondimeno dall'atteggiamento che ostenta il tipo, non da l'aria di essere spaesato o a disagio. Sarà colpa dell'insindacabile eleganza del "Teatro delle Menzogne", o magari del confortevole posto a sedere vellutato che gli abbiamo riservato, fatto sta che la scena scorre rapida come il rivo di un fiume...


    E del mio DNA cosa te ne fai? ...

    Accorcio le distanze tra lui e la vita con l'affilata lama, arrecandogli una trascurabile traccia di sangue. E' tutto un bluff, una montatura per fargli capire con chi ha a che fare e che siamo noi a stabilire le trattative; al contempo tuttavia dobbiamo fare bene attenzione a non sfilarci i guanti di velluto dalle mani. Non siamo criminali...almeno quanto siamo determinati nel nostro scopo.
    Torno con lo sguardo su di te, Matador, che sembri voler interrompere la veemenza degli sviluppi. In un primo momento accosto la direttiva all'evitare che la situazione appaia come una minaccia, ma poi sei tu stesso a sfalsarmi ogni dubbio:

    - Abbassa el arma, Rosalita: nuestro amigo es capaz de manipular el legno, ricordi? Qué crees que estas sillas se hacen?! -


    "Di cosa credi siano fatte queste sedie?" è all'incirca la traduzione. E' un modo come un altro per avvisarmi del pericolo che corro stando così prossima al sedile del Senju. I tuoi toni cadono sempre più nel formale, praticamente colloquiale: vuoi metterlo davvero a suo agio, non è vero?
    Accetto di buon grado - come sempre d'altronde - le tue direttive, negando alla lama la sua preda.
    Il "prigioniero" non era stato legato, ed ora men che meno è vincolato alla sua sedia, eppure resta ancora qui con noi. Probabilmente è la curiosità di non aver ricevuto risposta alla sua domanda a trattenerlo:


    - No... no, davvero, perchè il DNA Senju? Voglio saperlo. E... devi dirmelo e poi parleremo della tua "offerta"! -

    - Tu mi chiedi "perchè"...ed io ti rispondo: "Se io ti chiedessi di spiegarmi come fare il pane senza che io conosca la farina, cosa mi diresti?".
    Ci son tante cose che ignori, mariachi Senju, e troppe che ti sfuggono, come per esempio la tua impossibilità nel nascondere la mutilazione del tuo braccio destro. -


    Ci spiazzi tutti con questa intuizione da Oscar, e lo fai accovacciandoti sulle gambe, reggendoti al contempo la testa nella mano...

    - Esta maschera che porto mi ha enseñado a veder oltre le apariciones: benchè a prima vista sembri sano di corpo, il chakra che ti ha tranciato il deltoide es inconfundible... -

    Non ti riferirai mica a lui!
    Indietreggiando con spalle e piedi focalizzo l'attenzione sull'arto del Senju citato e noto solo ora, col sigillo della tigre imposto, che vi è un sottile residuo di chakra estraneo in quella zona...


    - Minato, tu no eres un prisionero aquì, però ti sarei mui grato se collaborassi con noi...

    Gli porgi il rotolo magico vinto al Torneo, offrendoglielo in cambio del suo aiuto. Grazie ad esso otterrà in cambio del DNA Mokuton la conoscenza di un qualunque ninjutsu. La cortesia e la maniera con cui interagisci con lui fa trasparire una fiducia indotta, quasi ipnotica. Credo che sia decisamente più efficace questo che le minacce in senso stretto. Continui:

    - Per adesso non posso dirti oltre, ma verrà il tempo in cui ci rincontreremo, e per allora sarà tutto nitido.
    Ti basti sapere che noi non siamo mukenin. Nè ninja.
    Siamo solo "Sagome"... -


    Con il rotolo ancora porto, abbandoni l'accento ispanico, forse per aumentare il tasso di fiducia, o semplicemente per naturalezza.
    Concludi infine:


    - ..."Sagome di Fiducia". -
     
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  4. Edd
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    - Tu mi chiedi "perchè"...ed io ti rispondo: "Se io ti chiedessi di spiegarmi come fare il pane senza che io conosca la farina, cosa mi diresti?".
    Ci son tante cose che ignori, mariachi Senju, e troppe che ti sfuggono, come per esempio la tua impossibilità nel nascondere la mutilazione del tuo braccio destro. -


    Quelle parole agirono su di me come fossero i versi di una formula magica, smontandomi del mio autocontrollo e colpendomi dritto nella ragione. Qualunque sistema o recettore del pericolo abitasse il mio corpo si attivò. Mai insinuazione era riuscita a penetrare così a fondo nel mio cervello da raggiungere quella parte di esso danneggiata dal passato ed aggredirla in questo modo. Mi si sbarrarono gli occhi tanto che la figura del Matador vacillò difronte a me. Un'improvvisa ondata di freddo mi investì il viso; la vasocostrizione dei capillari doveva avermi privato il viso di ogni barlume di colorito umano. Sudavo freddo. L'allarme e lo spavento, di certo, mi si leggevano in faccia come vi fossero impressi a caratteri cubitali. E lo strano individuo mi si era accovacciato difronte, così vicino che lo spostamento d'aria dei suoi movimenti mi solleticò la pelle. Non seppi come riuscii a sopprimere l'impulso di scattare, di esplodere in una raffica di chakra espulso sotto forma di Jutsu letali, di reagire in qualsiasi modo pur non soccombere nuovamente sotto il potere di un essere superiore. Era nella mia natura, una natura deviata anni prima dal suo corso prestabilito. Non mi sarei sorpreso se, nella situazione che mi stavo prospettavo di vivere di lì a poco, sarei stato capace di arrivare ad annientare me stesso a causa della furia che covavo. Ma riuscii a sopprimerla, senza però abbassare la guardia per un solo istante, fremente da capo a piedi. Quanto era difficile starsene lì seduti ad ascoltarlo...
    Dove ero finito? Ma soprattutto: in compagnia di chi? Nessuno al mondo poteva sapere chi io fossi realmente. Nessuno poteva collegarmi al Senju che ero prima, alla vittima di Konoha. Quel uomo, invece, l'aveva appena fatto. Il sangue dei discendenti di Hashirama scorreva nelle mie vene, questo lo sapeva chiunque mi avesse visto combattere. Non si poteva mettere in dubbio la mia identità calcando su ciò; la famiglia di Minato Muramasa, del cui padre persino la madre non sapeva dire nulla, non lo permetteva. E la mia cicatrice, vistosa e spiacevole, poteva essere collegata senza troppi dubbi ad una ferita di grave entità. Ma un insinuazione sputata con tale certezza, senza la minima sfumatura di esitazione, fu estremamente significativa per me. Stavo scrutando il volto nascosto della traccia più vicina a Sefiro Mitarashi che avessi mai scovato. Quanto fosse vicina, non potevo dirlo.

    - Esta maschera che porto mi ha enseñado a veder oltre le apariciones: benchè a prima vista sembri sano di corpo, il chakra che ti ha tranciato il deltoide es inconfundible...

    Ora più calmo di poco prima perchè consapevole che le intenzioni di quell'individuo, per il momento, non fossero ostili, dominai nuovamente un certa lucidità mentale. Non potei trattenermi dall'abbassare lo sguardo disgustato sul mio braccio destro. Mi chiesi se veramente fosse rimasta traccia del mio carnefice in me. Ne ero quindi rimasto lordato, infettato irrimediabilmente. Non c'era modo di sfuggirgli. Alloggiava nei miei ricordi e nella mia ferita. Era penetrato dentro di me come un virus. Potevo agguantarmi la spalla in quello stesso momento, e sradicarla dal mio corpo. Ma sarebbe davvero servito a qualcosa se non a rivivere indescrivibili sofferenze? Improbabile.

    - Minato, tu no eres un prisionero aquì, però ti sarei mui grato se collaborassi con noi...

    Le mie pupille scattarono sulle due linee di pittura che donavano fattezze umanoidi alla sua maschera. Ne fui inspiegabilmente rapito come un insetto che, attratto dalla luce, si getta nelle fiamme di una torcia. Ma il Matador non mi offriva la morte, non imponeva la minaccia di alcuna scelta. Mi porse invece un rotolo, un semplicissimo rotolo bianco, che fissai attonito. Una tentazione contro cui era difficile opporsi. La mia indole affamata di potere e di conoscenza avrebbe fatto tesoro di ciò che un guerriero del calibro suo poteva conservare nei suoi archivi mnemonici. Ma stavo trattando con l'incognito fatto a persona. Non sapevo nulla di lui, se non che mi offriva uno scambio quando avrebbe potuto pretendere una cessione vista la sua potenza mostratami al torneo, e che sapeva fin troppo persino sul mio conto. Non ero persona dai saldi principi morali. Ma come potevo scendere a patti con qualcuno di cui magari, conoscendolo meglio, avrei potuto desiderare una morte atroce? Ma più fissavo quella maschera, più l'indecisione si scioglieva.
    I suoi modi, la sua ragionevolezza, erano qualcosa di raro. Ed a quel punto il suo tono parve cambiare, fu singolare:

    - Per adesso non posso dirti oltre, ma verrà il tempo in cui ci rincontreremo, e per allora sarà tutto nitido.
    Ti basti sapere che noi non siamo mukenin. Nè ninja. Siamo solo "Sagome"...
    .."Sagome di Fiducia". -


    Trattenni il respiro, ultimo atto di una strenua difesa. Ma non c'era verso, era sincero. Era riuscito a leggermi nella mente, sbattendomi in faccia la mia consapevolezza di essere allo scuro di un infinità di cose, le cose veramente importanti, e mettendomi a confronto con la mia quasi inesistente capacità di provare fiducia se non in me stesso. Lui era diverso. Ne Ninja, ne Mukenin... non difficile da credere. Un'ombra, una figura indefinita. Chissà che ruolo avrebbe avuto nel corso degli eventi. Impossibile fare previsioni.

    Ci sto.

    Mi abbandonai in un profondo respiro che mi rilassò i muscoli di tutto il corpo ed il mio viso assunse un espressione assorta mentre, quasi tra me e me, dissi:

    Nella biblioteca del mio villaggio c'è un intera ala proibita, sono davvero pochi quelli che possono entrarci... Nemmeno i miei studi di medicina mi hanno permesso di farlo, ma in essi ho incontrato un particolare accenno ad una tecnica. Era brevemente descritta come qualcosa di formidabile e fuori dal comune. Ho saputo poi che è custodita proprio in quell'ala proibita. Ho cercato parecchio, ma non sono riuscito a scoprire nient'altro. Si chiama... Souzou Saisei no Jutsu. Se le tue conoscenze potessero arrivare a tanto...
    Il mio DNA cola dalla lama del tuo pugnale.


    Edited by Anselmo - 15/3/2014, 23:33
     
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    - Ci sto.
    Nella biblioteca del mio villaggio c'è un intera ala proibita, sono davvero pochi quelli che possono entrarci... Nemmeno i miei studi di medicina mi hanno permesso di farlo, ma in essi ho incontrato un particolare accenno ad una tecnica. Era brevemente descritta come qualcosa di formidabile e fuori dal comune. Ho saputo poi che è custodita proprio in quell'ala proibita. Ho cercato parecchio, ma non sono riuscito a scoprire nient'altro. Si chiama... Souzou Saisei no Jutsu. Se le tue conoscenze potessero arrivare a tanto...
    Il mio DNA cola dalla lama del tuo pugnale. -


    - No problema, mariachi Senju.

    Ritraendo la pergamena mistica riversi gli occhi accigliati della maschera sul nastro che la lega, quindi lo sbrogli. Fai sfoggio del lenzuolo che libera il vincolo, meravigliandoti - credo - a tua volta dall'oggetto. Per quanto avessimo architettato tutto nei minimi dettagli, dalla partecipazione al Torneo al rapimento del Senju, è stata una casualità la reliquia donataci in cambio della vittoria. Assisto alla scena affilando la lama di un wakizashi con un kunai, e dando uno stridio come sottofondo agli eventi. Sali sul palcoscenico e, stendendo bene sul mogano la carta, componi la Tigre in ginocchio su di essa per comprenderne il funzionamento.

    - Esta cosa deberia funcionar a chakra. Uhm...Rosalita, ven aquí y dame una mano: tu sabe esta tecnica, no?

    Più contrariata che perplessa nel divulgare il mio sapere, rinfodero le lame dall'affilatura per recarmi rimbrottando tra me e me verso di te. Sai benissimo quanto son gelosa delle mie cose, perchè devi mettermi in mezzo?!
    Volente o nolente però devo seguirti in ogni circostanza, indi mi tocca rimboccarmi le maniche e pensarci io: scostandoti, mi fornisci lo spazio per mettermi carponi sull'immensa pergamena; dopodichè affilo due dita con un bisturi di chakra e scrivo morte e miracoli di quel jutsu medico, una conoscenza che di rado può entrare nel bagaglio dei regolari shinobi. Tra loro è considerato un tabù, un processo riservato solo a chi non ne abusa. Del resto è stato chiaro questo "Minato": mira all'apprendimento della Creazione Rigenerativa, un'ascia a doppio taglio per chi la utilizza. E mentre incido i caratteri bucando la carta laddove necessario, penso che questo stolto non ha idea verso cosa va incontro. La Souzou Saisei è vero che rilascia energia nell'organismo tale da rigenerarlo e rinvigorirlo, tuttavia dall'altra parte affatica l'organismo in modo irreversibile. Una smodata esibizione di questo sapere porta...alla morte. Stupidi ninja bramosi di ottenere ciò che non possono controllare!
    Faccio comunque il mio dovere, e stilo gli ultimi Kanji. Riavvolgo dunque nella canapa il rotolo e lo consegno a te, affinchè ne faccia ciò che ritieni giusto.


    - Como promesso, ecco a te. -

    Distolgo lo sguardo dalla sciocchezza che stai commettendo nell'affidargli quella tecnica, e te la faccio pesare tutta imbracciando gli arti.

    - Rosalita è uno pochito contrariata dalla faccenda. Deve riguardare qualcosa che ha a che fare con questa tecnica. Yo no soy médico, però so che è un Kinjutsu. Fanne buon uso. -

    Ed ecco fatto il misfatto. E' tempo del suo congedo, un evento apparentemente affrettato poichè privo dello scambio col suo DNA.
    Posi semplicemente la mano sulla sua testa e lo saluti con un cenno di indice e medio sulla fronte. Scompare, nello stesso modo in cui l'avevamo portato qui, udendo in lontananza un ultimo tuo avvertimento...


    L'astro nel cielo



    - Ricordati che quando la Terra appare come il luogo più buio, c'è ancora il cielo. Alza la testa e guardalo con la speranza nel cuore. -

    Parole ridondanti come la morale di una fiaba finita male, ma con un seguito e positivo e negativo. Magari se Minato se le fosse impresse a fuoco nella mente, un giorno l'avrebbero tirato fuori dai guai.
    Il teatro è nuovamente silenzioso, melanconico, perchè se non parli tu, Matador, di certo non posso provvedere io a tale mancanza. Non posso più farlo da tempo. Dovresti saperlo.
    Abbasso finalmente il cappuccio, e presa da un'amarezza contagiosa mi stringo forte al tuo petto


    - Dici che se ne sarà accorto? Infondo siamo noi nel torto: lo abbiamo privato del codice genetico mentre dormiva. Non gli abbiamo mai dato veramente una scelta.
    Non sono solito fare queste cose, ma quanto ci attende è davvero più grande di lui...e di noi.


    Non prendiamo exp, ma io aggiungo alla scheda del Matador il Senju primo Stadio. Tu puoi aggiungerti la Creazione Rigenerativa. Ricorda che hai proprio la pergamena, e che quindi possono rubartela.
    Fai l'ultimo post di congedo.
     
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  6. Edd
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    Probabilmente una persona qualsiasi, una del gregge, non avrebbe avuto nessuna particolare reazione nel udire tale storia. Quelli "normali", con i loro fallaci codici morali, non avrebbero trovato per nulla incredibile il racconto di un simile incontro. Dare per ricevere, chiedere ed avere, offrire qualcosa in cambio... consuetudini di tutti i giorni, talmente frequenti da averne la nausea. Ma per me la cosa non valeva. In tutta coscienza potevo affermare di non aver mai incontrato un individuo simile. Forza spaventosa, carisma particolarmente spiccato; cose rare davvero. Ma non erano queste ad avermi riempito di stupore fin nel midollo. Era stato l'atto generale in sé a significare molto. La prima volta è una scoperta per tutti, e questa lo era per me. Quel che per altri rappresentava la normale quotidianità, era per me invece una novità. Nella mia vita non c'era mai stato nessuno a trattarmi in tale modo. Sapevo di essere sempre stato d'intralcio, di troppo, o motivo di odio. Non ero capace di definire con una sola parola quel che lo Shinobi mascherato mi aveva donato con i fatti e soprattutto con le parole, ma ero sicuro non si trattasse di alcuna di quelle cose.
    Sperai quindi che Rosalita ed il suo uomo fossero stati capaci di perdonarmi quando, nel loro impegnarsi per soddisfare la mia richiesta, li fissai con estrema intensità senza però riuscire a proferir parola. Non un commento, non un "grazie" uscì dalle mie labbra. Anche se avevo tutte le intenzioni di esprimere la mia riconoscenza, non ne fui capace. Purtroppo non vi riuscii nemmeno quando il rotolo cadde tra le mie mani, stranamente compatto, come se la volontà di potere di cui era pregno ne aumentasse la densità stessa. Ma quel che non espressi a parole, lo esprimevo con gli occhi, con il viso e tutto il resto del corpo. Difficile non accorgersene, specie per uno capace di tracciare i residui di chakra dell'artefice di una ferita nel corpo di chi l'aveva subita. Ed infatti nulla passò inosservato ai suoi occhi celati. Una mano guantata mi si posò sul capo. Alzai lo sguardo su di lui e colsi l'eloquente gesto di saluto. Questa volta la sensazione di violento trascinamento in un'altra dimensione non fu del tutto inaspettato e non persi conoscenza nel brutale processo dell'iseki. Potei quindi udire chiaramente le ultime parole, proprio come fossero state sussurrate appena dietro di me:

    - Ricordati che quando la Terra appare come il luogo più buio, c'è ancora il cielo. Alza la testa e guardalo con la speranza nel cuore. -

    Rimasi immobile nel punto in cui fu deciso che dovessi arrivare, lo sguardo piantato a terra ed il rotolo stretto in pugno. Le gocce di pioggia mi colarono addosso, ma non avevo ragione che per quelle parole. Quasi di conseguenza, guardai verso l'alto, esponendo il viso alle intemperie. Dominava un cielo coperto da un mare oscuro e tumultuoso. Un cielo privo di qualsiasi speranza, privo di vie da intraprendere per fuggire dal buio. Un cielo che precipitava verso terra. Non vedevo alcuna salvezza in esso. Che il mio cuore fosse troppo oscuro per riflettere la luce del sole?...
    Ma decisi di non dimenticare quelle parole. Non erano state buttate al vento; provenivano da una sagoma verso cui provavo per la prima volta fiducia.
     
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