Boys don't cry

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    Più viaggiavo il mondo, più egli notava come Suna fosse ostinatamente attaccata a risolvere alcuni antichi problemi in maniera altrettanto antiquata: ad esempio, di notte la gente preferiva restare a casa, piuttosto che uscire, a causa dell'estrema escursione termica. Quindi non mi sorpresi molto quando notai di essere l'unico viaggiatore su nuvola di sabbia. Il che mi rincuorò un minimo, perché placava la mia irrazionale paura che qualcuno mi riconoscesse, e soprattutto riconoscesse la busta che portavo con me, ovvero il resoconto dei medici che mi avevano seguito dopo l'incidente nell'arena virtuale.
    Per farla breve, credevano che fosse un blocco mentale, non avendo trovato problemi nel flusso del mio chakra. Neanche a dirlo, a me questa diagnosi mi trovava profondamente in disaccordo, specialmente per la dissonanza tra le tecniche che avevo usato (il magnetismo) e quelle che non riuscivo più ad usare (la sabbia dorata). Ma non c'era stato modo di perorare la mia causa, ed ora ero di nuovo a casa.
    Un piccolo movimento nel mio senso magnetico mi fece sobbalzare, e strinsi con più forza i fogli che avevo in braccio. Sapevo benissimo che c'erano alcune persone a cui non avrei potuto nasconderlo, ma avrei preferito morire piuttosto che annunciare al mondo la mia nuova disabilità. Grazie al cielo il viaggiò non si prolungò ancora a lungo, e senza neanche accorgermene ritornai in un luogo molto speciale, che non visitavo da tempo. Ma proprio in quel momento, una notifica del Seras mi avvisò di una notizia ancora peggiore di quella che avevo sentito di recente...
    [...]
    "Non è davvero cambiato niente"
    Dissi, sospirando sconfitto. Oramai erano un paio di giorni che sostavo (non proprio legalmente) in quella che era stata, per lunghissimo tempo, la casa mia e dei miei genitori. Era molto più polverosa dell'ultima volta in cui ci avevo messo piede, ma per il resto, quelli erano i muri che mi avevano visto crescere. Quando ero piccolo, essi mi avevano visto piangere, ridere, crescere, in una parola, vivere. Invece ora vedevano un ragazzo dall'aria sconfitta e dalle spalle gobbe, mentre cercavo di razionalizzare che Haruki non era più nel mondo dei vivi. Quel povero ragazzo aveva avuto una vita difficile, orfano di genitori mai conosciuti, costretto a crescere in un paese lontano da quello del suo clan. Si era tutto sfortunatamente rispecchiato nella sua visione del mondo a dir poco manicheista, non capace (o forse non volente) di vedere oltre alla dicotomia tra bianco e nero, tra bene e male.
    "se solo... "
    Molti se passarono la mia mente: se non fosse stato abbandonato dai suoi genitori? Se non fosse diventato un ninja? Se non avesse incontrato Kyoshi?
    La mia mente viaggiò infiniti scenari, in cui Haruki non era dentro una delle armature che potessero il controllo. In cui era circondato da una famiglia. In cui era felice.
    Ripensai al giorno in cui noi due ci incontrammo, quando venni a sapere della sua situazione, e di quando mi chiesero di vigilare sudi lui. Eppure, non ero lì con lui quando perse il senno, iniziando a creare distruzione su qualsiasi cosa mettesse i suoi occhi.
    Se fossi stato presente, avrei potuto limitare i danni.
    Se fossi stato presente, avrei potuto provare a liberarlo dall'armatura.
    Se fossi stato presente forse avrebbero scelto me come cavia, non lui, e ora le situazioni sarebbero invertite.
    Stavo velocemente spiraleggiando nel pozzo profondo che ora era la mia mente, ma due pensieri mi tenevano, anche se di poco, a galla: primo, ero sollevato che la sua esistenza così ingiusta e sfortunata, non potesse più recargli dolore. Un pensiero forse inumano, ma chi conosceva la sua tormentata vita lo avrebbe condiviso.
    Secondo, ora avevo un motivo personale per schierarmi contro Fury, anche se essere un sottoposto dell'Osu in quel momento mi faceva accapponare la pelle
    Digrignai i denti, mentre rabbia, confusione e lutto vorticavano nella mia testa.
    E in tutto questo, quello che era successo a me non aiutava la situazione.
    Mogio come poche altre volte lo ero stato in vita mia, decisi che sarei tornato nella base Oni di Suna. Era una decisione che feci fatica a prendere, perché sapevo che non avrei avuto fiori e complimenti al mio ingresso. Ma era necessario, per quanto il mio spirito di preservazione mi dicesse l'esatto opposto.
    Nel tramonto di Suna, uscii per la prima volta da giorni dalla mia vecchia casa, e mi diressi verso il luogo in cui l'intelligence riguardante i Bujiu passava quando arrivava a Suna. Io, Haruki, Izumi ed il nostro sensei una volta eravamo un gruppo di aspiranti élite, ora uno di essi era morto, l'altro aveva perso parte delle sue capacità in un incidente poco chiaro, e il sensei, forse per vergogna, era sempre più assente in missioni sempre più lunghe e segrete. E a completare il quartetto... In effetti, non avevo sentito notizie su Izumi. La ragazza col potere dello Shakuton sembrava proseguire imperterrita nella sua via del ninja, al contrario di tutti gli altri intorno a lei.
    Dopo venti minuti di camminata, mi trovo finalmente davanti alla nostra base. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi, o come comportarmi. Ma sapevo che lì avrei trovato persone con la mia stessa mentalità, e capacità di un certo livello. Percorro a passi timorosi gli ultimi metri che mi fanno arrivare davanti alla porta. Non avevo dietro con me le chiavi, ma in realtà non le avevo mai; esattamente come tutte le altre volte, usai il mio magnetismo per spostare i cilindri del lucchetto di lato, per poter aprire la porta ed entrare in quella che era stata, negli ultimi mesi la mia casa.
    "Permesso..."
    Quasi come se fosse un riflesso condizionato, un rumore ritmato di piedi che sbattevano sul pavimento su fece sempre più veloce e più forte, fino a quando una massa di capelli mori e due occhi fiammeggianti fecero capolino da una delle porte che davano sul corridoio principale
    "Maestro Renji! Buon..."
     
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    Izumi's pov:
    Il futon accolse più che volentieri il suo corpo stanco, demolito da una giornata intera di allenamento. Non c'era un singolo muscolo che non doleva, ma non le dispiaceva, anzi, adorava questa sensazione. La faceva sentire viva, compiuta. Inoltre, permetteva ad Izumi di tenere la sua mente occupata per non pensare a... Beh, tutto il resto. La sera però era una situazione diversa: lasciata sola, la sua testa la costringeva a tornare contro la sua volontà, e a rimuginare sui se e sui ma.Ultimamente, l'argomento preferito sembrava il suo team. Haruki aveva lasciato questo mondo in cause tragiche, e forse anche evitabili. Il maestro Ren oramai li aveva lasciati a loro stessi, dovendo mettere il suo lavoro da militare davanti a quello di maestro. E Kyoshi... Le notizie non erano reperibili da fonti "ufficiali", ma sembrava che avesse avuto un incidente riguardante il suo chakra, ma fosse rimasto illeso in tutti gli altri aspetti. Izumi faceva fatica a credere a ciò... C'era nel passato un gruppo di persone che toglieva ai possessori di innata le loro kekkei genkai, ma che ciò accadesse a causa di un semplice incidente? E perché era irriperibile? Izumi si sfegò la fronte col dorso della mano, corrucciata. Aveva un po' di mal di testa, e aveva saltato la cena perché era troppo stanca per farla, ma non le importava. Ci avrebbe dormito su, poi domani avrebbe ricominciato il suo regime di allenamento. Le distoglieva la mente dal fatto che fosse sola, e lo fosse oramai da tempo. Non una volta dalla creazione della squadra Oni di Suna il team aveva funzionato come tale, anzi sembrava aver esacerbato le individualità dei suoi componenti. Potevano fare di più? Avrebbero dovuto cercare il loro spirito di squadra con ancora più forza? Lei ci aveva provato, con tutta la sua forza. Allenarsi insieme, imparare di loro, capire come coprire le debolezze e come unire le loro forze, che altro poteva fare? Anche Renjii ci aveva provato, non si poteva negare. Haruki ci aveva messo un po' a scaldarsi alla vita con i suoi compagni, ma anche grazie ad alcune esperienze a Tetsu, sembrava ci stesse riuscendo. Kyoshi ci aveva provato, ma a modo suo. Come lei, era un po' troppo orgoglioso e testardo per fare bene in un team, volendo spesso fare come lui credeva fosse più giusto. Haruki le raccontò che una volta alla prima prova dell'esame chuunin, al posto che creare una strategia di gruppo, convinse lui e il terzo esaminando a rimanere a guardia della bandiera mentre lui andava in avanscoperta. Era sicura che non fosse stata la prima o l'ultima volta che una cosa del genere sarebbe successo. Però da lì a dire che avesse trattato qualcuno male, o che la avesse fatta sentire esclusa era falso.
    "Chissà che c'è nella... Uh?"
    I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta di casa che si apriva.
    "Maestro Renji! Buon..."
    Per la sorpresa non riuscì neanche a finire la frase. Davanti a lei, in carne ed ossa, c'era Kyoshi Jiki. O meglio, una sua ombra. Cosa gli era successo? La sua faccia era smunta, i suoi capelli erano insabbiati quasi quanto i suoi logori vestiti, la sua postura era non era quella dritta e fiera con cui era abituata a vederlo, tenendo ora le spalle più abbassate. Ma soprattutto, gli occhi. Quegli occhi, con una luce tutta loro, sempre pronti a sfidare chi era davanti a lui, fosse egli vincente o ad un passo dallo svenimento, ora erano... Spenti, rassegnati. E proprio quelle due parole potevano essere usate anche per descrivere Kyoshi come era ora, davanti a lei; un guscio di chi era pochi giorni fa.
    "Kyoshi... che ci fai qui?"


    La reazione di Izumi era comprensibile, almeno razionalmente. Ma ammetto che mi fece male in ogni caso. Un tuo compagno manca da giorni e quando torna lo squadri e gli chiedi le sue intenzioni? Immagino possa essere considerata una colpa più mia che sua. In fondo il gioco di squadra non era mai stato il mio forte.
    "Ciao Izumi, è bello rivederti. Sono tornato a casa"
    Mi incamminai lentamente verso la cucina, assetato.

    Le sorprese sembravano non finire, perché a sentire la sua voce e il suo modo di parlare sembrava l'esatto opposto del fortemente ironico ed abrasivo Kyoshi. Strisciando i passi, egli si spostò in cucina. Lo seguii a ruota, curiosa e un po'preoccupata di cosa gli fosse successo.
    "Posso almeno sapere perché sei scomparso? Eravamo tutti preoccupati"
    Istintivamente, gli prese il braccio con una mano.
    "Che cazzo Kyoshi, potevi almeno avvisare... In questo ultimo periodo l'Osu è in subbuglio, ti pare prendere e fuggire in un momento così delicato?"


    La mano di Izumi si avvolse attorno al suo avambraccio, richiamando la sua attenzione sulla ragazza che aveva appena superato.
    "Va bene, sediamoci"
    Dissi laconicamente. Probabilmente perché soddisfatta dalla sua proposta, Izumi lasciò il mio braccio e mi seguii in cucina. Una volta arrivati lei si sedette vicino al tavolo al centro della stanza, mentre io, una volta arrivato davanti al frigo iniziai a cercare una bottiglia specifica, che trovai dopo qualche secondo.
    Qui a Suna, nonostante lo sviluppo delle tecnologie di conservazione degli alimenti, l'usanza dell'alcool non ha mai preso completamente piede, esattamente come quella della carne non secca. È molto semplice anche capire il perché, vista la posizione geografica del Paese. Ciononostante, il sensei aveva ricevuto qualche tempo fa una bottiglia di sake da Oto, in occasione di un incontro con un suo vecchio collega. Non ci aveva dato esplicito consenso per berlo, ma qualcosa mi diceva che non gliene importava troppo. Inoltre, sia io che Izumi avevamo già compiuto 18 anni, quindi neanche la legge poteva fermarci.
    Normalmente anche solo l'idea di provarlo mi avrebbe rivoltato, ma avevo davvero bisogno di qualcosa che mi liberasse un minimo da tutti i pensieri che mi stavano impaludando la testa. L'alcool aveva questo effetto, giusto?

    Kyoshi si sedette dall'altro lato del tavolo, con una bottiglia di sake in una mano, e due Ochoko nell'altra.
    "Non credevo bevessi"
    Mi ignorò, e dopo aver posato i due bicchieri,ci versò dentro il contenuto della bottiglia. Neanche il tempo di prenderlo in mano che lui lo aveva già bevuto tutto di un fiato. Il bruciore era stato probabilmente istantaneo, perché iniziò immediatamente a respirare pesantemente con la bocca, classica reazione di chi non sapeva reggere bene gli alcolici.
    "Ah... Vuoi sapere cosa mi è successo?"
    Feci un cenno con la testa, e presi un sorso di sake. Il liquido era come fuoco liquido per chi come noi due non era abituato a bere queste bevande, ma a differenza del ragazzo di fronte a me, io col il calore ci sapevo fare.
    "Hai presente l'esame chuunin? Quello a cui non hai potuto partecipare? Ti ricordi la finale del torneo?"
    "Sì, mi ricordo dello scontro virtuale contro il cyborg, che c'entra?"
    "E ti ricordi che c'erano stati dei problemi a causa del fatto che avevano usato un Cyborg?"
    "Giusto..."
    "Apparentemente, quello non è l'unico problema che quella macchina ha."
    Si interruppe un secondo per svuotare nuovamente il contenuto del suo Ochoko, e riempirlo una terza volta
    " Ah... Qualche giorno fa ho incontrato una mia vecchia conoscenza, e mi ha proposto di fare un allenamento virtuale, durante il quale..."
    Chiuse un secondo gli occhi, e rabbrividì. Vedendo dove si stava dirigendo il discorso, iniziò seriamente a temere che le voci che le erano arrivate fossero fondate. Il pensiero le creò una piccola goccia di sudore sulla fronte.
    "Durante il quale ho usato il magnetismo al massimo delle mie capacità... Questo ha creato problemi con la macchina, che ha avuto un malfunzionamento e mi ha fatto svenire. Una volta tornato in questo mondo, ero in un letto di ospedale, e non riuscivo più a usare il magnetismo. Dopo qualche giorno, il magnetismo mi è tornato, come normale ma... "
    Ulteriore pausa, ulteriore bicchiere di sake. Iniziai seriamente a preoccuparmi della suo stato psicofisico, a mia memoria era stato astemio fino a quel momento
    "...Ma non riesco più a comandare la sabbia dorata"
    L'ultima frase, detta da Kyoshi con una faccia che non gli aveva mai visto prima, la lasciò con gli occhi sgranati. Quindi era vero... Era possibile per un ninja perdere la sua abilità innata. Izumi ammise che dopo l'incidente avvenuto alla finale dell'esame chuunin, l'arena virtuale era velocemente diventata parte integrante dell'allenamento di molti ninja.
    "É come se mi avessero tolto parte di me... I dottori dicono che non c'è niente di grave col mio chakra, io faccio fatica a crederci."
    La storia di Kyoshi era certamente sfortunata, nessuno lo avrebbe negato. E senza dubbio da questa esperienza lui ne era uscito completamente sconfitto. Izumi empatizzava col suo dolore, ma aveva bisogno di capire un'ultima cosa. Aveva bisogno di capire se c'era ancora il vecchio Kyoshi Jiki.
    "E quindi? Ora che farai?"
    Incalzò. Tutto quello di cui avevamo discusso era il passato, ma la cosa importante, specialmente in un periodo di instabilità come quello presente, era pensare al futuro.
    Sorreggendosi con le braccia, Kyoshi si alzò, per poi traballare fino al muro più vicino. Anche per me, che avevo bevuto meno di lui il mondo era estremamente offuscato, facevo fatica a mettere a fuoco le cose più vicine, e la testa mi girava più di quanto avrei voluto. Ma non lo avrei fatto andare via, non prima di avere un risposta.
    "Allora?"
    "Credo mi ritirerò dalla vita ninja, e andrò a fare il mercenario o simile"
    Rispose Kyoshi, dopo aver pensato qualche secondo. In quel momento, forse l'acool o forse la frustrazione prese il controllo della mano destra di Izumi che come se si fosse animata da sola, si mosse verso la faccia del ragazzo davanti a lui.

     
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    Per quanto l'alcool mi avesse destabilizzato, i miei sensi erano pur sempre appartenenti ad un corpo allenato per essere una macchina da guerra. inoltre, Izumi era sempre stata più portata ai ninjutsu che ai taijutsu, quindi il suo schiaffo non aveva neanche tutta quella velocità.
    Il mio chakra si mosse più velocemente di me, iniziando a fare i movimenti allenati da anni di pratica, e modellò la sabbia per creare una paratia contro la mano di Izumi. Quello di cui non mi accorsi però, era che il mio chakra aveva provato ad usare il sakin, dandomi la stessa sensazione di mettere la mano in una scatola di dolci, e sentirla vuota. Ergo, niente si frappose tra me e la mano, permettendole di arrivare fino alla fine del suo percorso dove

    SLAP


    Non potei che constatare, con mia sorpresa, che la mia testa era ruotata di novanta gradi rispetto al suo corpo, e che la mia guancia sinistra era decisamente più calda del resto della faccia. Il colpo, unito alla sorpresa, mi fecero fare un paio di passi indietro, durante i quali incespicai finendo inevitabilmente con il sedere per terra. Alzai lo sguardo verso l'alto, verso Izumi. Ella aveva i denti serrati, e i pugni stretti.
    "Quindi dato che il principino ha SOLO una abilità innata, vuole fuggire? Ovviamente quella non basta, se non hai almeno un quarto ulteriore elemento, tanto vale mollare!"
    Era palesemente ferita dalle mie parole che implicitamente dicevano "avere solo una abilità innata fa schifo"
    "Lo sai che non volevo dire que...umph!"
    Neanche finii la frase, che in risposta ricevetti un pugno. Izumi mi era saltata addosso, ed ora mi stava seppellendo di botte, da cui a malapena riuscivo a proteggere la faccia grazie all'uso di entrambe le braccia.
    E per quanto non riuscissi a vederli in maniera chiara, anche un cieco avrebbe perfettamente capito cosa dicevano gli occhi della ragazza che mi stava crivellando di colpi: non la solita ardente rabbia, che avevo imparato a conoscere grazie al tempo passato accanto a lei, ma qualcosa di più freddo, di più... rassegnato. Sembrava triste... Sembrava in lutto. Ma cosa c'entrava Haruki in tutto questo?
    Nel mentre che questi pensieri passavano per la mia testa, Izumi continuava a cadenza ritmica a colpirmi, inveendo contro me e i miei difetti.
    "... E sei uno stronzo... Bastardo... Egoista... Infame... Pieno di sé"
    Nuovamente, mi sarei aspettato un tono di voce urlato, o quasi, tipico di Izumi quando era alterata. Invece, il suo volume era contenuto, ed il suo tono piatto, come se stesse parlando mentre stringeva i denti.

    Tutto attorno a me stava cadendo a pezzi. Il gruppo di élite di cui aveva fatto parte, una volta promessa di raggiunta di vette più alte per i tre ragazzi, ora si era distrutta, lasciandomi sola come quando ero una Genin. Alla fine anche Kyoshi, l'ultimo membro in cui nutriva un minimo di speranza, aveva ceduto al fallimento, come Renjii. E in quel momento, un crudele pensiero passò nella sua testa: che Haruki, tecnicamente, non aveva "abbandonato" la squadra, per quanto nell'ultimo periodo stesse passando molto tempo a Tetsu. Però, tra alcool, dolore e stanchezza psicologica, le parole che le uscirono di bocca portavano un messaggio un po'diverso.
    "perché non potevi morire te al posto di Haruki!?!"
    Si rese conto di cosa aveva appena detto immediatamente dopo aver completato la frase. La casa, scese in un silenzio tombale mentre, paralizzata, guardava Kyoshi mentre lui a sua volta la fissava con stupore. Senza dire una parola, egli strinse i denti e incominciò ad accumulare una grande quantità di chakra fuuton sul suo braccio destro. Ci misi un secondo a capire che tecnica stava per lanciare, ma appena capii che quel jutu era il palmo dell'onda della bestia, mi tolsi da suo percorso con un veloce salto indietro, evitando per un soffio una mano artigliata di fuuton che Kyoshi non riuscì a fermare prima di scalfire leggermente il soffitto.
    "Credi che non avrei voluto la stessa cosa?
    Credi che non mi sarei sacrificato se avesse significato avere una minima possibilità di salvargli la vita? Credi davvero che non avrei tentato con ogni oncia del mio chakra di togliergli quella maledetta armatura di dosso? Credi non avrei fatto lo stesso per te?!
    "
    "!"
    Per un secondo, anche se flebile, anche se annacquato dall'alcool, mi parve di vedere la scintilla del vecchio Kyoshi. Forse, non era completamente scomparso.
    Provò anche ad alzarsi in piedi, ma i suoi piedi lo fallirono un'altra volta, e collassò sul pavimento, questa volta definitivamente. Da parte mia, avrei voluto provare ad aiutarlo, ma anche il mio corpo iniziò ad accusare l'alcool assunto. Appoggiai la schiena sul muro lì vicino, mentre tenevo gli occhi su Kyoshi. Il suo respiro sembrava stabile, era un buon segno. Mentre le mie palpebre si facevano pesanti, c'erano tanti dubbi che le passavano per la testa e anche un po' di vergogna per come mi ero comportata. Scivolai in un sonno profondo, ma non riuscì a sognare.



    La prima sensazione che provai una volta tornato nel mondo degli svegli fu un generale indolenzimento di tutto il mio corpo, unito ad un particolarmente acuto dolore alla testa. Qualche secondo, abbastanza per sollevarmi puntellandomi con le mani sulle ginocchia, e capii che il dolore derivava da due diverse fonti: l'alcool, e i colpi di Izumi che nel frattempo avevo individuato con la coda dell'occhio a massaggiarsi la testa mentre mangiava un dattero.
    "Buongiorno..."
    "Ben svegliato... Come ti senti?"
    "Ho un mal di testa lancinante"
    "Non intendevo in quel senso..."
    Gli occhi di Izumi mi fissarono con sguardo penetrante, e l'atmosfera si fece paurosamente simile a quella della sera prima. Cercai dentro di me la forza per un'ulteriore discussione, per far capire alla ragazza davanti a me che non senza le capacità del Terzo, io ero solo un peso in questo gruppo. Eppure, quella forza, non la trovai. Anche l'animo di Kyoshi Jiki, che solitamente riusciva a tirar fuori energia anche dalle sconfitte più sonore, era stato annichilito, la caratterizzante sicurezza in lui stesso introvabile.
    Stanco, sconfitto, e con le spalle al muro, Kyoshi alzò bandiera bianca.
    "Non... Non lo so"
    Affondai la testa tra le mani. L'aria era viziata, ma non era per quello che mi sentivo soffocare.
    "Non so cosa fare... "
    La mia voce si ruppe a metà della frase, e le mie dita iniziarono a tremare.
    Ogni strada davanti a me sembrava impraticabile. Riprendere il sakin? Non sapevo neanche dove incominciare. Continuare a proteggere i demoni? Senza il sakin, il mio potere era fortemente limitato, quindi ero un anello molto debole della catena. Andare via dall'Osu, e per fare cosa?
    Il senso di impotenza che avevo imparato a odiare ora permeava tutta la mia vita, e non ero né in una simulazione né in un genjutsu.
    "Hey..."
    Ammisi che fui leggermente spaventato dalla voce di Izumi, ora seduta di fianco a me. Quando si era spostata? La mia bussola interiore sembrava funzionare, quindi ero stato solo... Disattento? Cazzo, stavo diventando sempre più patetico.
    Probabilmente anche lei si era accorta che mi aveva sorpreso. Bene. In quel momento sperai che riprendesse da dove aveva finito ieri sera: me lo sarei meritato, per quanto in basso ero caduto.
    "Se hai bisogno di una mano, basta chiedermi e io verrò a darti una mano, lo sai vero?"
    L'incredibile potere di poche parole, di un gesto di vicinanza. Piccolezze, che però si infilarono tra le maglie della mia armatura, distruggendola in un solo colpo: per la prima volta da innumerevoli anni piansi. Lasciai scorrere copiose lacrime dai miei occhi, sopraffatto.
    Quelle che scendevano erano lacrime amare, nervose, di chi non vedeva una vita di uscita.
    Restammo in quella posizione per qualche minuto, mentre di tanto in tanto Izumi stringeva con un po' più di decisione la presa sulla mia spalla, per farmi capire che era ancora lì, che quello che aveva detto prima era ancora vero.
    "Gr... Grazie, Izumi. E scusa per ieri sera, non volevo offenderti: sei estremamente forte, per davvero"
    "Scusami anche te. Ho esagerato come al solito, vero?"
    "No, hai fatto bene"
    Probabilmente Izumi avrebbe pensato che stessi ripetendo una frase fatta, ma ero serio. Izumi si era trovata in team le due mine vaganti (emotivamente parlando) che eravamo io e Haruki, e nonostante quello essa non si era mai lamentata, continuando a svolgere il lavoro assegnatole dall'Osu con precisione e competenza, e diventando probabilmente più forte dei suoi due compagni. E nel momento in cui il figliol prodigo torna a casa, invece che cacciarlo via, gli dà una spalla su cui piangere, e una mano con cui aiutarlo. Aveva fatto molto di più che quello richiesto da un semplice compagno di squadra, e decisi che da quel momento in avanti, la avrei sempre supportata, standole a fianco e dandole il mio più totale aiuto non per ripagare il mio debito, non perché fossi romanticamente interessato a lei, ma perché era la cosa giusta da fare. Nel mio momento più buio, lei per me c'era stata, e se mai fosse capitato che la situazione si ripresentasse a ruoli invertiti, avrei fatto lo stesso per lei.

    Dopo un po' di tempo, Kyoshi si calmò, e io tornai al mio posto a sedere. Il ragazzo continuò a tenere la testa rivolta verso il basso. Fu un bene per me, perché così non vide la mia faccia, dipinta con un'espressione a metà tra la confusa e l'imbarazzata.
    Non sapevo esattamente perché avessi fatto quello che avevo fatto, ma sapevo che Kyoshi ne aveva bisogno. Le persone sofferenti, anche solo psicologicamente come lui, andavano aiutate, non biasimate.
    Finimmo la colazione in silenzio, e dopo aver sparecchiato, mi diressi verso la porta. In fondo, anche oggi era giornata di allenamento, e visto che probabilmente Kyoshi doveva ancora riprendersi completamente, sarebbe stata solitaria.
    Ma non feci neanche in tempo a salutarlo che lui prese con la sua mano la mia manica, similmente a come avevo fatto io la sera scorsa.
    "Izumi, se ti va, possiamo... allenarci insieme?"
    Era forse la sua maniera per dirmi che voleva esserci per me, e che sperava che io ci fossi per lui? Difficile a dirsi, non aveva detto niente del genere e leggere dentro Kyoshi era sempre stato difficile.
    Eppure la mia intuizione mi diceva che questa volta ci avevo preso.
    Sorrisi, e prendendo a mia volta il suo braccio, lo spinsi vicino a me, in maniera che la mia nuvola di sabbia sollevasse entrambi una volta creata.

     
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    Puoi prendere il massimo.
     
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