[Story Mode] Sotto a chi tocca!

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    Tetsu's Samurai
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    The Spiral

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    Una timida brezza si faceva spazio tra il caldo afoso, lenta e quasi invisibile. Se ne sentiva il leggero sbuffare, come un sussurro lontano, impossibile da cogliere totalmente. Ogni tanto, proprio quando la calura sembra voler inghiottire ogni cosa, essa si mostrava come un eroe si mostra ad un passo dalla fine. Soffiava piano, alzando giusto qualche granello di sabbia, senza ottenere granché. Ma delle volte è sufficiente una brezza capace di smuovere anche pochi granelli di sabbia, che un tornado in grado di smuovere ogni cosa. Così quella brezza scompariva e riappariva, portando con se quel sussurro gelido. Le dune si estendevano per miglia e miglia finché i loro contorni sinuosi non si perdevano all'orizzonte, creando una distesa dorata capace di fondersi con il cielo. Il caldo asfissiante è tipico del luogo, del resto Sunakagure altro non è che una gigantesca landa desertica dove le dune sembrano ergersi a vere protagoniste del mondo. Lento, quasi simulando il moto delle onde dorate, un uomo cammina imperterrito, adagiandosi e confondendosi con lo scenario. La pelle scura come la notte resa lucida delle gocce di sudore, i capelli ricci e nerissimi ad aprirsi come la chioma di un albero. Egli cammina sotto i raggi cocenti del sole, diretto chissà dove. Ciò cheè il suo passato, il suo presente e il suo futuro, sono totalmente sconosciuti. Egli semplicemente cammina scandendo il tempo un passo dopo l'altro, come un pendolo che oscilla nel bel mezzo del nulla più assoluto. Non ha idea del tempo che trascorre mentre lui avanza in quella landa desertica ma, ad un certo punto, i suoi occhi affaticati dal sole scorgono qualcosa in lontananza. Un piccolo villaggio che sorge nel bel mezzo della sabbia. Che sia la sua meta? Non ci è dato saperlo ma è li che l'uomo si dirige. E si ritrova nel bel mezzo della tranquillità del meriggio. Il silenzio è interrotto solo dal mite e regolare sbuffare del vento che rende il tutto più solitario che mai. Sono tutti rintanati nelle loro case di legno e sabbia. Quel piccolo villaggio non ha nulla a che vedere con quello della sabbia, la capitale del paese del vento. Lì non c'è nulla che possa modificare e sconvolgere la noiosissima quotidianità. O almeno, non del tutto. L'uomo dalla pelle scura, forse per rinfrescarsi e fare una pausa, entra in un saloon che sembra quasi il punto di ritrovo del piccolo villaggio, non sapendo che, il suo arrivo, è concatenato ad una serie di coincidenze che incideranno sull'andazzo di tutta la storia.
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    L'interno del locale è abbastanza silenzio da risultare noiosamente piatto. Solo il lieve brusio dei clienti ai tavoli si interrompe all'entrata dello straniero, lasciando che la musica da sala e il tintinnare dei calici di birra facciano da sottofondo. Tutti gli sguardi si voltano a fissarlo, incuriositi. Solo i camerieri continuano a svolgere le loro mansioni, pulendo bicchieri con gli stracci logori mentre gettano occhiate all'ambiente circostante. Loro sono abituati a vedere gente strana, diversa, al limite del normale, di certo non si fanno problemi per uno più nero della pece. Ma ecco che cominciano le nostre coincidenze. L'arrivo di Kaarem è solo la prima fiammella capace di accendere la miccia e farla bruciare. Non abbastanza da far esplodere la bomba, da sola. Ad un tavolo solitario, un uomo scruta il nuovo arrivato con occhi come due fessure. Lo fa spesso per concentrarsi su qualcosa, questo perché in realtà non vede molto bene. I capelli corti e ramati sono stempiati e rendono la faccia larga e squadrata non proprio simpatica. Takayuki indossa abiti forse troppo pesanti per quel tempo ma, in ogni caso, nessuno sembra farci caso, né a lui né al suo sguardo indagatore che percorre il proflo del nero, per poi spostarsi sul suo calice, una bevanda analcolica. L'uomo non è un assiduo frequentatore del saloon, anzi, solo il più vecchio tra i baristi riesce a ricordarsi il suo volto, ma questo perché si ricorda le faccie di tutti. E squadra Kaarem mentre abbassa il bicchiero e lo straccio e si gratta velocemente i baffoni biondi. E' completamente calvo ma sembra voler compensare con i baffi più lunghi e folti che mai. Saluta con un sorriso il nuovo arrivato, sporgendosi nella sua direzione. guardandolo fisso negli occhi. Non è molto alto ma abbastanza piazzato.

    Finalmente una faccia nuova, non ne vedevo da un po'. spiega, con un lieve sorriso. Posso offrirti qualcosa?

    Gli chiede come farebbe qualsiasi barista al proprio cliente. Ma ecco che una voce greve interrompe la conversazione ancor prima che essa possa definirsi tale. Un uomo, seduto sullo sgabello poco lontano dai due, si sporge verso di loro. Un uomo dai capelli neri e lunghi, legati in una coda e dallo sguardo opaco, visibilmente ubriaco.

    Eeh? Scherzi, Jan? A me non hai mai offerto neanche mezzo boccale e al primo negro che arriva..!
    Ma piantala, Suneo!

    Lo rimbecca l'omone, scuotendo la testa, ignorando del tutto l'altro. L'ex shinobi è stato congedato dopo aver riportato una ferita molto grave alla gamba, infatti, è palese che sia una protesi in legno a sostituirla. Eppure il temperamento burbero non lo fa sembrare affatto un Ninja. Borbotta qualcosa contro Kaarem o forse verso Jan, per poi riprendere a sorseggiare la sua birra, che si versa malamente sugli abiti logori, tossendo. E intanto il tempo scorre, finché qualcosa non scuote la quiete del saloon. Dapprima mormorii concitati, poi urla e imprecazioni. Il barista alza lo sdguardo, infastidito, trovandosi davanti ad una rissa vera e propria. Come una scena da film. Il tavolo circolare rivoltato e un gruppo di uomini che tentano di dividere due singoli individui. Il motivo della lite è ancora da capire ma, di certo, quella scena non è normale. In quel posto non succede mai nulla del genere. Takayuki osserva la scena, avvolto nel suo mantello, con il cappuccio calato, in silenzio. Uno dei due guerrafondai riesce a sfuggire alle mani che lo tengono fermo e assesta un destro all'altro, segnando un k.o. istantaneo. Solo a quel punto Jan interviene, cercando di riportare la calma.

    Portate il culo fuori dal mio saloon se volete prendervi a pugni! E per tutti gli dei, rimettetemi in piedi quel dannato tavolo!

    Impreca mentre gli uomin borbottano, apprestandosi a rimettere il tavolo al suo posto, tutti tranne il ragazzetto di bell'aspetto. Alto, dal corpo sinuoso, senza un filo di barba ma con i capelli lisci e biondi e gli occhi grigi. Una faccia da angelo che però è riuscita a sferrare un colpo del genere. Si avvicina al bancone e il barista, vedendolo, lo afferra per la collottola, tirandolo a se con sguardo minaccioso. L'altro non reagisce se non con una risata imbarazzata, ma l'altro sembra davvero seccato dal comportamento.

    Ez, ti pago per fare a cazzotti con questi idioti per caso?
    Ma dai, non mi paghi affatto!
    E questa è la ragione! Babbeo che non sei altro!


    Sembra calmarsi, lasciando il ragazzo che si guarda intorno con un sorrisetto accattivante. Ezreal, un orfano furbo come una volpe che passa le sue giornate a cercare di fregare idioti come quelli che si trovano in quel saloon, usando i suoi trucchetti con le carte per estorcergli qualcosa. Un imbroglione che però ha la faccia da angelo, nonostante picchi come un toro. Il pugno lo ha assestato ad uno dei tanti che si è accorto del trucco e che ha dovuto mettere a tacere, sicuramente verrà scaricato fuori dal locale dal resto della tavolata, giocatori e ubriaconi capaci di vendersi casa e famiglia per una partita a carte. Ed ecco che il prologo della storia è stato presentato. Ciò che accadrà in un secondo momento sarà dettato solo dal muoversi di quei personaggi che, per ora, sembrano navigare in acque solitarie. Ma nessuno di loro sa che, invece, sono accumunati da qualcosa, i loro destini stanno per intrecciarsi. L'evento scatenante? La violenta tempesta di sabbia che imperverserà quando loro meno se lo aspettano.

    Post introduttivo, ho solo descritto la situazione e alcuni dei personaggi. Lascio a te il resto. Per il titolo, penso lo cambierò ma in questo momento non mi viene in mente nulla di decente! Se hai qualcosa da proporre fai pure!
     
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    Ishivar's Warriors
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    “Essere forte ti rende più forte, ragazzo mio. Ricordalo. Sii sempre forte!”


    Ripetere le cose è sempre stato un vizio di famiglia, papà lo faceva sempre, diceva che ripetere le cose serve a memorizzarle meglio, e che le cose importanti nella vita sono talmente poche che è meglio ripetere quelle, piuttosto che perdere tempo a sparare cazzate. Così diceva papà, e aveva ragione, io lo so. Papà aveva sempre ragione. Eppure mi rendo conto da solo che a volte ripetere le stesse parole può risultare fastidioso, specialmente quando queste si riavvolgono e ripartono da sole nella tua testa, senza che tu possa far niente per evitarlo. E più cerci di mandarle via, più queste restano lì a tormentarti. Tipo “ocra”.
    Ocra, una parola cosi strana e inusuale che non verrebbe mai in mente a nessuno così, di punto in bianco. “Dimmi un colore?”, sfido chiunque a rispondere ocra al primo tentativo. Eppure ora è l’unico colore che mi passa per la testa, l’universo è infinito ed è color ocra, non c’è dubbio. Dicono che il deserto ti faccia impazzire, non lo diceva papà ma penso sia vero lo stesso.
    Se il sole non fosse troppo intenso e cocente per permettere alla vista di alzarsi oltre il livello dell’orizzonte vedrei anche dell’azzurro, ma credetemi se vi dico che è più facile camminare con la testa basta e gli occhi socchiusi. Aiuta a dimenticare, dimenticare dove sei, dimenticare per quanto tu debba ancora camminare e quanta poca acqua ti sia rimasta nella sacca.
    Penso di aver dormito, a tratti, mentre continuavo a camminare, avanzo da talmente tanto che anche con gli occhi serrati l’unico cazzo di colore che continuo a vedere è il fottuto ocra. Ocra, una parola che mi dà fastidio.
    Secondo i miei calcoli dovrei essere circa a metà strada, l’importante è seguire l’andamento del sole per evitare di girare in tondo, una cosa che nel deserto può costarti la vita. Bisogna stare attenti nel deserto, come nella vita d’altronde. Porca troia se svagheggio. Sono stanco… mentalmente dico, eh! Noi ishivariani non siamo mai stanchi nel fisico, o per lo meno non lo diciamo mai, né lo diamo a vedere. Per questo, nonostante non ci sia nessuno nel raggio di chissà quante miglia, avanzo col passo deciso, senza barcollare né perdere ritmo tra un passo e l’altro. Intanto penso… mi piace. Già, mi piace il deserto perché ti da tempo di pensare, tutto il tempo di cui hai bisogno.
    Se dovessi scegliere, l’altra parola che mi viene subito in mente è senza dubbio sabbia, ce n’è un sacco, ed io ce l’ho dappertutto, persino in punti in cui mi è difficile spiegare come possa esserci finita. Forse dovrei iniziare ad indossare le mutande. O forse no, avrei ancora più caldo, sebbene al momento mi sembri impossibile averne più di così. Ho la bocca secca, e sebbene cerchi di controllare mentalmente la sudorazione evitando di pensare al caldo infernale che opprime il mio corpo ormai privo di liquidi, una leggera patina fa brillare il mio corpo riflettendo la luce del sole, bruciando la mia pelle e rendendomi, di fatto, ancor più negro del solito.


    SONO TORNAAATOOOOO!!! JEJEJEJEJEJE! Pensavi di avermi seminato, eh!?



    Se fosse possibile seminarti l’avrei fatto da anni… …. ….

    JEJEJEJE! Sei il solito simpaticone… … AAAH, piacevole questo caldo, eh? Ti scalda l’anima!




    Ci mancavi solo tu, Bu. Vorrei accendermi una paglia, ma so bene che fumare in questa situazione non sarebbe la scelta più adatta. Mi metterebbe sete. Ecco, ho sete. Prendo la sacca ed estraggo la “borraccia”, la quale sembra (ed è) più vuota di quanto mi ricordassi. Centellinando le poche gocce rimaste bagno la lingua il necessario per togliermi quella sensazione di deserto da dentro la bocca. Ne è rimasta davvero poca, e questo potrebbe essere un problema. Ma proprio prima che possa anche solo iniziare a preoccuparmi per la mancanza, la figura di un piccolo villaggio fa capolino da dietro una grossa duna. Lo raggiungo in fretta, le gambe volano al solo pensiero di bere qualcosa e in men che non si dica mi ritrovo in mezzo alle poche costruzioni della cittadina. Il silenzio regna sovrano, interrotto solo dal rumore del vento che si infila leggiadro negli spiragli degli edifici in legno, la cui integrità è da tempo andata persa. Sembra un villaggio fantasma, all’inizio quasi mi convinco che sia così, non c’è un’anima neanche a pagarla e il posto stesso di per sé sembra abbandonato, come un vecchio rimasto solo in una camera d’ospedale che aspetta il suo ultimo giorno con pazienza, immobile come se fosse eterno. Si sente scricchiolare qualche asse in lontananza e mi chiedo per quante altre tempeste possano questi ruderi restare ancora in piedi. È un posto del cazzo. Già, proprio come piace a me. Avanzo nel viale principale che di fatto è l’unico presente, cercando di percepire l’odore di qualcosa di interessante nelle vicinanze, e di fatti ci vuole poco prima che il mio naso fiuti qualcosa. Odore di birra e sudore. Non potrei chiedere di meglio. Seguendo la traccia giungo alle porte di un locale in stile saloon con all’entrata una doppia porta a finestra con molla, una cosa che va di moda anche dalle mie parti, tanto che ne ho fabbricate diverse giù all’officina. Porte di certo migliori di questa. Quando la apro spostando una delle due ante questa cigola rumorosamente, avvertendo tutti i presenti del mio arrivo. Di colpo le chiacchere si stoppano e gli occhi di tutti mi piombano addosso, li sento senza nemmeno doverli guardare, ed io come al solito non regalo uno sguardo a nessuno. In posti come questo passa gente di tutto il mondo, ed al mio primo passo il brusio ricomincia, segno che ognuno è tornato ai suoi affari. Niente di strano, niente di nuovo, è solo un negro, tranquilli. Il posto è piuttosto grande, sebbene non tanto affollato da renderlo pieno, mi ci vogliono circa dieci passi per raggiungere il bancone, il quale è posto sul fondo della sala. Li ad aspettarmi c’è un tizio che sembra, ed è, il barista del locale, nonché probabile gestore. È la prima persona che guardo, l’unica che effettivamente mi interessi. Sempre che non ci sia qualche bella donna nei paraggi.

    Finalmente una faccia nuova, non ne vedevo da un po'. Posso offrirti qualcosa?

    Come si addice a tipi del genere, è lui il primo a parlare, lo obbliga il suo lavoro ma sembra contento di farlo e il suo approccio mi piace, anche e soprattutto perché ci tiene ad offrirmi il primo giro. Sembra aver già capito sarà il primo di una lunga serie. È un tipo di quelli che di solito mi stanno simpatici a pelle, cicciottelli e con la faccia allegra, sempre sorridente. Un sorriso sincero, naturale. La sua vera faccia. È pelato ma ha un paio di baffi che potrebbero concorrere col mio afro, vorrei dargli un cinque per questo, e non è detto che non lo farò più tardi, quando sarò sbronzo. Non so perché ma questo posto mi piace ed ho già deciso che mi fermerò qui per una notte, non tanto perché sono stanco, ci mancherebbe, ma perché me lo sento buono. Già, “te lo senti buono”, dannato idiota. Sto per rispondere quando qualcuno al mio fianco mi interrompe sul nascere, dando subito prova della qualità della clientela del locale, che di certo non è d’alta classe se non si era capito.

    Eeh? Scherzi, Jan? A me non hai mai offerto neanche mezzo boccale e al primo negro che arriva..!
    Ma piantala, Suneo!


    È un insulto chiaro e tondo, scandito da un’espressione disgustata sulla parola che dovrebbe offendermi. Purtroppo per questo coglione, o per fortuna forse, non sono il tipo che se la prende per gli insulti, non me la sono mai presa e penso che non me la prenderò mai. Lo guardo giusto per capire con che razza di imbecille ho a che fare, lo fisso negli occhi finché non è costretto a cedere. Sono un drago a giocare “a chi si toglie prima”, eppure questo qui sembrerebbe un degno avversario. Lui è ubriaco visibilmente, perde forse anche per quello, poi farfuglia qualcosa che probabilmente non è chiaro nemmeno nella sua mente e torna al suo bicchiere. Non gli frega un cazzo di me, si capisce subito che deve aver passato giorni migliori, lo dimostrano il ciocco di legno che ha al posto del piede ed i vestiti fradici, bagnati da un misto di piscio e birra.

    Una birra, grazie. E poi mi fai due giri di del tuo miglior invecchiato, uno per me e uno per il mio amico pallido qui affianco. Bicchieri piccoli.

    ...

    Ehi, conosco un tizio che saprebbe farti un bel lavoro la sotto…


    Alzo un pelo i pantaloni e gli mostro la mia protesi, dubito lui riesca a vederla poiché non si volta, anche se ho il dubbio che si sia mosso appena. Un battito d’ali impercettibile. Appoggio del denaro sul bancone ed accenno un sorriso molto vago che solo il mio interlocutore intento ad asciugar bicchieri riesce a cogliere, poiché è un buon osservatore e sta guardando. Altri stanno guardando, lo sento, non tutti sono infatti tornati ai propri affari come dicevo, anche per l’exploit appena messo in mostra dalla spugna che mi sta affianco a qualche metro, il cui volume di voce dev’essere giunto alle orecchie di molti. Il tizio in questione, il quale porta dei lunghi capelli lisci legati dietro la testa e degli occhiali che a causa del sudore non sembrano voler stare fermi sul naso, accetta lo shot che gli offro senza aggiungere parola, almeno per il momento, e lo secca in un sorso per poi tornare ai suoi pensieri sfuocati, sempre più marcio dentro.

    *glu glu glu glu glu glu* AHHH! Un'altra…


    Secco il primo mezzo litro in un’unica gozzata, sento la freschezza del luppolo scendermi giù nella gola e riempirmi lo stomaco, gli zuccheri entrano subito in circolo ed in un attimo sono come nuovo, sebbene lontano dall’essere dissetato. Ne ordino un’altra, stessa fine ma in due sorsi uguali. Un’altra me la porto al tavolo, sedendomi su uno sgabello nell’angolo a sinistra del bancone. Sto un po seduto a riordinare le idee con gli occhi fissi su una pozza di birra sul bacone, una piccola depressione forse causata da un pugno che forma un laghetto con gli scarti dei drink di chi passa di li. Chissà cosa c’è mischiato là dentro? Più tardi potrei assaggiarne un sorso.

    Devo finire...


    Edited by Cagnellone - 4/5/2016, 00:38
     
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1 replies since 28/4/2016, 22:52   1350 views
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