La Strada per la Montagna

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    Ishivar's Warriors
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    Anno del cavallo, giorno 188
    Tutto sommato il nuovo gruppo mi piace, il tempo speso coi miei nuovi compagni mi fa spesso dimenticare le questioni irrisolte che turbano la mia anima, togliendomi sonno e pazienza da fin troppo tempo. Siamo piuttosto attivi sul campo, a quanto pare trai più impegnati in missioni e compiti di variabile importanza che non ci lasciano mai più di uno o due giorni liberi tra uno e l’altro incarico, a meno di casi particolari come ad esempio l’ultimo.

    Eravamo nei pressi di Iwa, in missione per sventare un gruppo di ribelli intenzionati a metter su un bel casino in praticamente tutto il villaggio, un complotto violento da parte di estremisti rivoluzionari che, secondo informazioni ricevute, volevano far saltare in aria un paio di edifici pubblici di istruzione, politica e sanità. Alla fine li abbiamo intercettati, mettendo le mani sui loro piano e su alcuni di loro, per giungere infine al loro covo, situato in una grotta in direzione nord-est a circa mezz’ora di cammino dal confine delle mura. Non avevano scampo, il nostro arrivo gli era del tutto inaspettato e presi alla sprovvista non erano altro che un branco di ninja di mediocre livello, carne da macello. Con gente del genere non c’è da aspettarsi un bel trattamento, chiunque metta a repentaglio la sicurezza del paese e di coloro che pacificamente vi abitano viene trattato come il peggiore dei nemici, qualcuno con cui, se combattuto lontano da occhi indiscreti, si può anche esagerare un po’… ma anche più di un po'.

    KAABOOOOM!!!



    AAARGH!

    AAAAH!

    OOOOUUUH!



    Shuashuashua, un bel botto… come al solito, no?

    Hai intenzione di far saltare per aria anche noi, o posso star tranquillo, Ja-Kab? Un altro paio di sbombardate e questa cazzo di caverna ci sarebbe finita addosso-

    -e con un altro paio si sarebbe riaperta. Non aver paura, X, so quel che faccio

    Adesso basta ragazzi, pensiamo piuttosto a dare una bella ripulita e andarcene alla svelta, stasera ho da fare se non mi fate star qui ancora molto…

    Uuuu, scommetto che c’entra quella ragazza, come è si chiama…

    Fatti i cazzi tuoi Jak!


    Con Ja-Kab andiamo d’accordo il giusto, io rispetto lui perché in fondo so che è un ninja valoroso e le sue capacità parlano per lui, lui rispetta me perché sa che in fondo siamo uguali e che un giorno non lontano, che lo voglia o no, io gli salverò il culo. Se quel ragazzo ci mettesse un terzo dell’impegno che ci mette a cazzeggiare per allenarsi e migliorare a quest’ora sarebbe di certo uno dei migliori shinobi in circolazione, ad Iwa e in tutto il regno. Ma è così, un cazzone, e che ci vuoi fare, sempre meglio averlo dalla propria parte. In ogni caso la missione si è conclusa per il meglio, abbiamo fatto rapporto ed ognuno è tornato alle proprie dimore. Ed è qui che ha inizio la mia storia.


    Era un giorno d’inverno, freddo e umido, la neve si faceva ancora attendere, al suo posto un vento gelido e tempestoso stava per riversarci addosso uno dei più grossi temporali della stagione ed io, sulla strada di casa, correvo per sperare di giungervi prima di venirne investito. Sentivo il maltempo alle mie spalle starmi addosso come un segugio, avvicinarsi a me a tal punto che qualche gocciolina iniziava già a bagnarmi la coppa e le caviglie, affrettandomi ancor di più nella mia corsa verso un’asciutta salvezza casalinga. Quella strada ripercorsa quasi ogni giorno sembrava stavolta non avere mai fine, finché la mia umile dimora ha fatto capolino dal bordo del colle che la accoglie e ne nasconde l’immagine. Era li, come al solito, leggermente in obliquo sulla discesa ma solida ed immobile come la roccia granitica che la costituiva per la maggior parte. Sembrava doversi cappottare da un momento all’altro, eppure non c’era dubbio avrebbe resistito a quella ed altre tempeste. Ad attendere me ed il maltempo, sull’uscio come una moglie che aspetta il marito reduce dalla battaglia, vi era Claire, la ragazza salvata dal mio maestro che dopo la sua scomparsa era rimasta nelle mie mani, sotto la mia protezione perché l’addestrassi a stare al mondo. Diceva Jackdow che ella aveva del potenziale, un grande potere sopito, che avrebbe potuto essere grande e per me ogni sua parola era legge, anche ora che non c’è più. Era cresciuta da quando ci eravamo conosciuti la prima volta, a quel tempo era solo una ragazzina sulla via della giovinezza, ora era una piccola donna, il vestito le cadeva addosso fino alle ginocchia, svolazzando agitatamente nel vento che ne percorreva le pieghe. Guardava il cielo, come a cercare di capirne la rabbia, come a chiedersi “ma che succede?”, con le mani raccolte sul petto in segno di preoccupazione. Poi mi ha visto, scorgendomi all’orizzonte e sventolando la sua mano per farmi notare che mi aveva riconosciuto. In quel momento il suo volto si è rassicurato, tranquillizzandosi nel mio ritorno, sapendo che non avrebbe dovuto affrontare da sola quell’inferno.

    XAAAVIER, sbrigati o finirai per bagn--!

    Le parole le si sono fermate in gola, sbigottita da qualcosa che aveva appena visto. A quel punto un’ombra nera si è abbattuta sulla mia corsa, facendo notte sul mio cammino e allungandosi fino ed oltre la mia meta. Non ho potuto che alzare gli occhi, spaventato da qualcosa di oscuro che stava prendendo forma alle mie spalle. In realtà non era altro che una nuvola, scura come la notte senza luce e carica d’acqua a tal punto da sembrare un grosso sacco, dalle forme e i tratti appesantiti dal proprio contenuto. Poi è arrivata l’acqua, sentivo scrosciarla alle mie spalle come riversata in massa sul terreno, come una gigantesca onda che si abbatte sugli scogli in un fragoroso e continuo infrangersi, ancora e ancora, inarrestabilmente. Claire se l’era già svignata in casa, lasciando la porta aperta perché vi potessi entrare per trovare riparo prima di venire investito, c’ero quasi quando un’abissale folata di vento ha iniziato a chiudere l’anfratto, smuovendolo dalla sua posizione spalancata, all’inizio lentamente, poi sempre più forte. Per fortuna quello stesso vento ha trasportato anche me nel mio salto verso l’asciutto, spingendomi a gran forza nel varco rimasto aperto e permettendomi di finire in casa ancora asciutto, sebbene atterrato di faccia sul marmo.

    SBAM!



    La porta mi si è chiusa alle spalle talmente forte da far tremare le mura di casa e far crollare dagli spigoli più in alto la polvere accumulata nei giorni. Uno sbattere così potente da farmi tremare i timpani, abbastanza violento da permettere a una lettera incastonata chissà dove di disincastrarsi dal suo ingegnoso nascondiglio, rivelando la sua presenza dopo chissà quanto tempo passato ad aspettare il momento di venire alla luce. La busta bianca è comparsa quasi per magia sopra la mia testa, notata per prima dalla stessa Claire mentre cadeva nel bel mezzo della volta come una foglia in autunno, lentamente, oscillando a destra e a sinistra in una silenziosa e soffice discesa. Vedendo la fanciulla con la testa per aria e la bocca aperta in espressione di sorpresa mi sono quindi voltato a mia volta, scoprendo il misterioso foglio mentre mi veniva incontro, per depositarsi poi perfettamente nelle mie mani.

    Ma che diavolo…??

    Non restava che aprirla e svelare quello strano mistero, srotolando incuriosito lo spago dal centrino che la teneva sigillata in maniera approssimativa ma efficace. All’interno vi era un foglio, un manoscritto piegato su se stesso, un messaggio di poche parole scritto in inchiostro nero da una strana ed arcuata calligrafia, abbastanza difficile ma non impossibile da comprendere.

    CITAZIONE
    C’è un locale nel lato est del villaggio, si chiama “il piccone”. Porta li la tua mappa.

    Jackdow


    Era firmato Jackdow, era l’ultimo messaggio che il mio sensei aveva voluto lasciarmi, nascondendolo il più possibile ai miei occhi, forse nella speranza che non lo trovassi mai, ben sapendo in che guaio mi stessi cacciando. Beh, avrei dovuto ascoltarlo.
     
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